67/ BENITO MUSSOLINI
E LE SUE DONNE
Non è niente facile parlare delle donne-amanti di
Mussolini perché è impossibile riferirsi ai vari tipi di “simpatia”
che possano avere avuto con lui senza far riferimento al personaggio. E
riferirsi a Benito Mussolini è ancora oggi un po' un campo
minato. Anche se io vivo adesso, in Latino America, in Uruguay e se pur
siano passati ormai più di sessant'anni e la bellezza di
tre generazioni. O forse proprio perché sono in Uruguay, un bel paese dove
tutto sembra accadere con 50 anni di ritardo. Qualcuno lo disse,
scherzosamente: Se vuoi sapere come si viveva nel mondo 50 anni fa,
vai a vivere in Uruguay e lo saprai subito. Politicamente qui sono ancora tutti entusiasti con la
Unione Sovietica. I vecchi, intendo. I giovani ormai credono di essere
originalissimi e sono uguali in tutto il mondo, incomprensibile specie di
stagisti di un'altra Galassia.
Credo di essere, perlomeno in Uruguay, uno dei pochi
viventi validi che, anche se da giovanissimo, ha
visto personalmente Benito Mussolini nel suo apogeo e nella sua
caduta.
Ma osservo che anche qui, tanto lontani dall'Europa,
non si parla di lui con una certa serenità come dovrebbe accadere allo storico,
come se si parlasse delle cose buone o cattive di Napoleone. Qui, se si parla
ancor oggi di Mussolini, gli animi si surriscaldano.
Appunto, come 50 anni fa.
E ne ho avuto un'esperienza deludente,
non molto tempo fa, a Montevideo, in una riunione amichevole con
giovani con i quali a me in teoria piace conversare ma con i quali non avrei
dovuto parlare di cose "da adulti", perché il giovane è
sempre estremista, fazioso e crede di aver ragione lui, ti guarda come un
dinosauro e per cose da "adulti" intende solo il porno o come
variante culturale parlare di football.
Credo e spero che i miei cari amici lettori sappiano
superare le emotività che ognuno porta dentro di sé. In realtà io
credo di essere sincero, per lo meno con me stesso, perché scrivo come disegno:
dell'argomento o del soggetto che mi ispira in qualche modo...senza
che nessuno venga a dirmi quello che debbo o non debbo fare. Senza censura. No
alla mia età. É solamente ad una certa età che
si può forse raggiungere una qualche obiettività di
pensiero. Sempre che si sappia pensare un po'. Sicuramente aveva ragione quella
buon'anima di Cicerone, che tanto ci divertvamo a burlare da
studentelli al leggere il suo De Senectute.
Ci burlavamo,
ma aveva ragione lui.
Cominciamo. Le vere amanti Mussolini le ebbe tutte,
meno una, nel suo primo periodo. Quello che definisco il periodo d'oro di
Mussolini, dal 1920/22 al 1938. E quando, tra l'altro, era più giovane. Chissà
perché.
Ossia un po' dopo la Prima Guerra Mondiale e un poco
prima della Seconda. Questo é il periodo che i giovani d'oggi ignorano
quasi completamente. In quell'epoca si parlava di un Mussolini giovane ed
energico. Ammirato dalle amanti come uomo e da moltissimi come statista, in
un consentimento mondiale in crescendo per il fascismo.
Gandhi, il pacifista Gandhi, non è forse stato con Winston Churchill
l'unico personaggio, i due unici personaggi che più di una volta, pur
essendo acerrimi nemici tra di loro, accomunati solo dalla loro ammirazione per
Mussolini, cenarono con lui? Non in pranzi ufficiali, ma in casa sua, con la
moglie Rachele che serviva da mangiare? E i ragazzetti che giravano intorno
alla tavola? Divertiti da quel tipo che si vestiva con le lenzuola? E non è
stato forse il gran presidente Roosevelt che copiò per gli Stati
Uniti molti dei programmi sociali dell'ex socialista Mussolini?
Senza contare
la santissima benedizione del Papa che lo declamò l'uomo
della Provvidenza Divina per l'Italia?
E pullularono i partiti fascisti in vari paesi
europei. Mi dicono che anche in Nord - Sud America e paesi Asiatici.
Non molto tempo fa, in una riunione amichevole qui, a
Montevideo, intorno a una bella “parrillada”, io raccontai
dei ricevimenti apoteosici della gente di
Montevideo, delle
autorità civili militari, ad
una squadriglia di aviatori e aeroplani fascisti.
Per poco non mi divorarono.
Naturalmente nessuno mi credette. Ed io, un
po' punto sul vivo e permalosetto come spesso siamo i vecchierelli, mi misi
seccato a raccontare che ho ed effettivamente ancora ho,
io, adesso, a casa mia:una bella e vecchiotta
pizza cinematografica del Giornale Luce.
Si vede la “rambla”, il bel
passeggio lungomare, fiore all'occhiello di Montevideo, in una bella
giornata d’estate. Ed i bei montevideani e montevideane presuntuosamente
eleganti si vedono facendo tanto di saluto fascista.
Qualcuno dei giovani commentò sottovoce,
convinto che io non sentissi:"I vecchi son tutti sordi...posso
dirlo...sarà che applaudivano come si applaude in un circo a un
elefante che fa le capriole...”.
Sarà. Tutto è possibile. Ma mi produsse una certa
grazia vedere quel filmato quasi antico, ormai.
Certamente l'episodio successe nel periodo del
“Mussolini buono” come lo chiamo io. Ben differente è
la figura del secondo Mussolini.
Il “Mussolini
cattivo e tragico” che è quello che solo si conosce oggigiorno da Hollywood, caricaturato dai
vincitori della guerra come personaggio vecchio, vinto e ridotto a
tragica marionetta di Hitler. Caricatura, senz'altro, nel senso etimologico,
però ed anche, purtroppo, con buona parte di verità. E` da popolo
civile il vilipendio di cadavere, appeso per i piedi con ganci di
macelleria in una stazione di servizio a Milano? in pasto alla vendetta della
plebe che fino a poco prima lo inneggiava?
Questo è successo sempre. A cominciare da Ettore,
trascinato cadavere dal cocchio di Achille. Ed è inutile farsi la domanda.
Gli animali non infieriscono sui cadaveri dei loro
nemici. Gli uomini, si.
Bene. Le famose donne ed amanti importanti di
Mussolini ( tutte, meno una, la giovane Claretta che volle morire con
lui, straziata dalla folla ) furono agli inizi degli anni venti fino alle Leggi
razziali, ossia nel periodo quando Mussolini cominciava ad
essere considerato uno del più grandi statisti del secolo. E tra
queste donne ce ne furono di molto importanti, di spicco, di valore intrinseco,
a parte la femminilità. Era giovane, il Benito.
Alcune lo
"educarono" politicamente.
Erano socialiste e lo educarono alla loro maniera.
Altre lo raffinarono al punto di insegnargli come usare coltello e forchetta.
E quasi tutte lo aiutarono economicamente.
Mussolini era gente del popolo, socialista anarcoide, impetuoso, figlio de
un fabbro. Però imparava velocemente. Suo padre lo chiamò Benito e
non Benedetto in onore a un certo Benito proletario del quale aveva
sentito parlare con ammirazione perché in America aveva fucilato un
re pervertito e capitalista.
Senza avere la
minima idea di chi fosse Benito Juarez e molto
meno Massimiliano di Asburgo, ne' dove diavolo stesse Messico.
68/
ANGELIKA BALBANOBA
Angelika Balabanova nacque nel 1878 a Chernigov,
paesetto mezzo sperduto in Ucraina.
Bella intelligente irrequieta ragazza romantica
e idealista, figlia di un ricco avvocato ebreo, sentirà parlare per la prima
volta all'Università di Bruxelles delle nuove teorie socialiste.
Tornata a casa , fugge dall'Ucraina, per
trovare se stessa, dice.
E torna in Europa e conoscerà il nuovo mondo
socialista in Svizzera.
In quell'epoca c'erano personaggi importanti del nuovo
movimento di pensiero politico.
Nel 1902, non ricordo se in Svizzera o in Italia
conoscerà un giovane che certamente non era né conosciuto né importante.
Appena un
po’ più giovane di lei, senza un soldo, impetuoso, irrequieto, ribelle, anarcoide, rivoluzionario,senza sapere di che, come accade spesso ai giovani.
Quel giovane di 20
anni si chiamava Benito Mussolini. Però, chissà, lei vede qualcosa
di più che semplice passione in quegli occhi penetranti. Si interessa
a lui, lo educa politicamente, gli insegna filosofia, lo fa diventare
socialista. Lo convince ad essere importante.
E, dulcis in fundo, finisce per innamorarsi di lui. Lo impulsa
ancor di più, lo aiuta e gli insegnerà a scalare posizioni.
Anni dopo, il tal giovane male in arnese sarà Il Duce, Capo indiscusso d´Italia
e commenterà a un giornalista:
“ Senza
la Balabanova sarei rimasto un piccolo
funzionarietto... chissà un qualunque socialista della
domenica...” .
E così riconobbe la gran influenza di quella
donna sulla sua formazione.
Si innamorò veramente
la Balabanova di lui?
Certamente sì.
Si innamorò Mussolini di lei? Certamente no!
Mussolini non si innamorerà mai veramente di nessuna donna. Sicuramente furono amanti, conoscendo soprattutto la grande necessità e capacità sessuale di Mussolini.
Però Mussolini la tradirà,
la Balabanova anche se secondo lui lasciare una donna per un’ altra
non sarà “ tradimento” ma il normale succedersi degli avvenimenti amorosi. Io
ricordo una frase di Mussolini, una delle tante: “...mai a una donna la si
potrà amare più di tre mesi...”.
Però sì, si allontanerà da lei,
perché in questo periodo iniziarono gli amori con
Isa Dalzer, esteticién di Milano che gli darà un figlio;
e perché non ci fossero dubbi sulla paternità, lei lo chiamerà Benito...e
questo le costerá molto caro. Di questa stessa data, più o
meno, fu la richiesta di mano, con pistola in pugno ( sic), per avere e sposare
Rachele Guidi, figlia di contadini e dello stesso paesetto di Benito.
Ma il tradimento intellettuale per
la Balabanoba fu perché il suo pupillo, nel
1914, opterà per l'intervento in guerra, sfidando le ire
socialiste.
Si speculò, anni dopo, che Mussolini era
stato pagato dal Foreign Office.
Volevamo promuovere l'intervenzionismo italiano al
lato di Francia e Inghilterra contro gli Imperi. Centrali. Sarà?
Non sarà vero? Il Foreign Office utilizzo Mussolini? O
Mussolini usò i soldi degli inglesi magari per vestirsi e mangiare un
po’ meglio?
Sia come sia,
la Balabanova si trasformò, allora, da dolce Musa ad acerrima
nemica di Mussolini ed insistette
furiosamente perché fosse espulso dal partito socialista.
E così avvenne.
Ma fu solamente per la forte
delusione politica? O la rabbia di donna abbandonata per un'altra più
giovane? Probabilmente le due cose. Sia come sia, una delusa Balabanoba se
ne andò in Russia, stavolta. E nel 1917 aderì niente di
meno che al Partito Bolscevico di Lenin. E svolse compiti importanti nei primi
tempi dell'Internazionale Comunista con Troztky, Lenin
e Zinoviev.
Quella donna non poteva accontentarsi con un
Tizio qualsiasi. Eppure la sognatrice ucraina si aspettava qualcosa
di differente e, sia pure stimando moltissimo Lenin, non si
fidava granché di lui. In una certa occasione lo accusò di essere
troppo ascetico e allo stesso tempo feroce.
In conclusione si
deluse anche con lui e dei sistemi di terrore della Cheka. Nel
1922 abbandonò Russia.
Lenin le dette il permesso.
La stimava
moltissimo ed apprezzava enormemente la sua integrità.
La Balabanoba tornò in Italia. Però con la vittoria
del fascismo e del suo ex- pupillo Mussolini dovette rifugiarsi in
Svizzera. Più tardi fu a Parigi e poi New York.
Finita la seconda
grande guerra, con Mussolini morto ed il fascismo adesso
all'ostracismo, tornò in Italia. Cercò di partecipare in
qualcosa del socialismo italiano.
Però con il tempo questo grande simbolo del
socialismo internazionale, questa donna che si definì a se
stessa “... mai, mai sono stata tranquilla...”. ed alla quale la città di
Roma dedicherà una strada importante, rimase sola, a Roma: sola senza
difese, vecchia, brutta, ingrassata, dimenticata.
E terminò maledicendo tutto e tutti ed alla sua stessa vita che la
tradì nelle sue illusioni romantiche. Si sentì tradita e delusa da tutti e dai
due grandi uomini della sua vita, Mussolini e Lenin. Negli ultimi momenti, in
un lettino miserabile, chiamò con un grido di dolore la persona che da
giovanissima volle strappare dal suo cuore per vivere la sua vita: dalle sue
labbra ormai stanche uscì un debole e disperato:
“ Mamma,,,,mamma....dove sei tu?...”.
In Yiddish.
69/
ANNA KULISHOVA
Anche lei era russa ed ebrea come la Balabanova. In compenso e molto probabilmente, non fu amante di Mussolini nel senso che si intende.
Però sì, ci fu
molta compenetrazione intellettuale tra i due.
Fu una molto bella donna, intelligentissima,
charmant, anarchica, medico, rivoluzionaria, anti-conformista. Nata
in una ricca famiglia di Crimea, la mandarono da giovane a studiare filosofia
all'Università di Zurigo. Quasi tutte le famiglie “bene” russe mandavano i
propri rampolli a studiare in Europa e quelli che tornavano erano spesso
anarchici, anti sistema, rivoluzionari, atei, influenzati dalle nuove
mode di pensiero, con rischio di andare a finire in Siberia o di mandarci,
dopo, i loro genitori. Nella Santa Madre Russia esisteva lo Zar, a quei
tempi.
E lo Zar, timoroso che le nuove e malsane
idee rivoluzionarie entrassero nei suoi predi voluti e protetti da
Dio, per rinforzare l'aiuto divino ordinò alla giovane e a tanti altri, di
tornare in fretta all'ovile.
E la giovane Anna ritornò, naturalmente. Ma
nella sua capoccetta di ragazza curiosa anticonformista si era
intrufolato già il pensiero socialista e libertario. Contro il volere dei suoi,
si sposò con un certo Piotr Makarevich, anche
lui rivoluzionario; e frequentarono niente di meno
che Bakunin, altro folklorico avventuroso personaggio , l`
anarchico per antonomasia, con tanto di bella vistosa cravatta nera svolazzante
al collo. E la giovane Anna cominciò a farsi notare per la sua mente brillante.
E la notarono tanto che la notò anche la bella Polizia zarista che le fece conoscere l'emozione del primo processo, accusata di “ atteggiamenti poco conformisti”.
Shalom papà e mammá... e scappò in Svizzera. Lì cambiò il suo nome per paura di andare a finire in Siberia come il tanto ammirato Bakunin con le sue cravatte.
E la notarono tanto che la notò anche la bella Polizia zarista che le fece conoscere l'emozione del primo processo, accusata di “ atteggiamenti poco conformisti”.
Shalom papà e mammá... e scappò in Svizzera. Lì cambiò il suo nome per paura di andare a finire in Siberia come il tanto ammirato Bakunin con le sue cravatte.
Sparirà per sempre
Anna Moiseyevna Rosenshtein e nascerà Anna Kulishova. In
Svizzera conoscerà Andrea Costa, padre del Socialismo Italiano e
creatore del Partito Socialista Anarchico Rivoluzionario. E forse, chissà,
eroico antenato di quella Linea Andrea Costa che si diverte a
farsi bucherellare dagli scogli. Questo non lo ho potuto accertare,
come non ho mai saputo se poi i due si sono sposati o no. Ma per loro questo
era solamene un dettaglio, piccolo impedimento delle leggi piccolo borghesi che
non impedirono loro di avere una bella piccolina secondo le immutabili leggi
della grande natura.
Prima di questo, però, andarono a cercar di vivere a Parigi, da dove, ahimè, saranno espulsi. E se ne andranno in Italia. Però in Italia Anna avrà un altro processo, il secondo della sua vita. Ritornerà in Svizzera e dalla Svizzera, clandestinamente, ritornerà in Italia. Però anche qui sarà processata ancora una volta. Poi ancora in Svizzera e poi ancora in Italia. Sicuramente era diventata una esperta dei cammini segreti dei contrabbandieri tra Italia e la Svizzera. Pero, poi, in Italia, finalmente "quasi" si stabilì ad Imola, con Andrea Costa.
E li
nascerà Andreina ( Ninetta). Poco dopo Anna ed
Andrea termineranno a loro avventura amorosa, pero rimarranno sempre
amici, mantenendo certi contatti. E dopo Imola, tornerà ancora in Svizzera la
mai tranquilla Anna. Però questa volta tornerà come mamma e con la
bambina Ninetta.
Cambierà vita, apparentemente. Si iscrive
alla facoltà di Medicina e si curerà della tubercolosi che aveva
contratto nel bello ed accogliente carcere di Firenze.
Dopo alcuni anni si specializzerà in
ginecologia e con la sua tesi scoprirà niente po' po' di meno che
l'origine batteriologico della sepsi puerperale, con la quale poco
dopo si salveranno milioni di donne dopo il parto. I maschietti del Premio
famoso, avrebbero dovuto dare a lei un Premio Nobel. Ancora una volta si impose
la fallocrazia.
Si trasferirà a Milano e lì lavorerà come medico. Però questa donna che io non esito a chiamare eroica, non abbandonerà i suoi ideali. I suoi sogni. Si dedicherà molto ai quartieri popolari di Milano. La chiameranno: La dottoressa dei poveri!
Queste sono donne! E questo è veramente un medico, un medico sul serio! E non quei chiacchieroni, ciarlatani e veniali che scelgono qualsiasi professione solamente in vista ai benefici economici che produce: prostitute dell’arte medica, che vanno da chi più le paga.
Un poco più avanti, nel tempo, sarà considerata il miglior cervello del Socialismo Italiano e di fronte a lei rimarrà deferente ed ammirato lo stesso Mussolini!
Pero, nonostante questo, sarà arrestata ancora una volta in Italia, per il reato di opinione.
Solamente dopo alcuni mesi sarà liberata per indulto.
Ebbe due grandi delusioni nella vita.
Ebbe due grandi delusioni nella vita.
Una fu sua figlia Ninetta.
In una lettera che
la Kulishova scrisse al suo ex compagno di vita, Andrea Costa e gli
confessò che la figlia si era sposata con una bravissimo ragazzo di
Milano, che aveva una infinità di virtù, pero che formava parte della famiglie
più nere e scure tra i conservatori del milanese. Certo, loro erano
due rivoluzionari atei socialisti anarchici e non fu facile per loro
quando Ninetta decise di abbracciare la fede cattolica. E confessava
a Costa che le dava enorme malinconia constatare che ” noi non siamo i
nostri figli...e che lei ( Ninetta) non aveva l’ animo
ribelle né il temperamento combattivo nostro...”
E per colmo, dopo alcuni anni, la Ninetta avrà due figli che saranno due religiosissimi fedeli cristiani. Uno sarà Abate in un monastero di Frati Benedettini. E la figlia sarà Carmelitana...carmelitana scalza, tra parentesi.
L’ altra grande delusione fu quella di Giovanni Giolitti,
capo del governo e con forti simpatia di sinistra. La nostra
Anna Kulishova aveva lottato e lavorato tanto per anni ed anni
per il suffragio a favore delle donne. Però quando il signor Giolitti deve
essere lui a decidere sul suffragio, lo estende persino agli analfabeti, uomini
e sopra i trent'anni.
Però niente alle
donne. Completamente escluse.
Ovvio che il politico Giolitti, certamente contro i sui
stessi ideali, temeva il voto delle donne. Più facilmente influenzabili
dai pretini di parrochia, potevano cambiare l'equilibrio politico
dei partiti.
Ma la Kulishova era una donna forte,
integra, inflessibile.
Niente machiavellismi, per lei.
Per lei fu un tradimento, una pugnalata alle spalle,
un'enorme delusione. E forse da li cominciò la sua vera triste
decadenza.
Perché sarà che noi uomini, anche se amiamo,
anche se stimiamo le nostre donne, non facciamo altro
che costantemente deluderle? Sarà perché la donna,
al innamorarsi di un uomo, lo colloca su di un piedistallo?
E che, in fondo, anche se per errore ci schiaffano
su un piedistallo, noi ometti siamo quasi sempre poveri ometti?
Anna Kulishova morì a Milano, nel 1925. Mussolini era ormai il Duce, consolidato nel potere. Però Milano la onoró con una Fondazione Anna Kulischova ed una strada a suo nome.
Anna Kulishova morì a Milano, nel 1925. Mussolini era ormai il Duce, consolidato nel potere. Però Milano la onoró con una Fondazione Anna Kulischova ed una strada a suo nome.
Nella celeberrima Galleria Vittorio Emanuele, sempre a
Milano, c’ è una bella placca in bronzo che ricorda il suo periodo in
quella città e vicino a quella di Filippo Turati,
altro socialista sentimentalmente legato
alla Kulishova.
Mussolini era un tremendo machista.
Però sapeva riconoscere ed ammirare un cervello
brillante. Anche se era di una donna. Anche se ebrea. Quel psicopatico di
Hitler non lo avrebbe mai potuto fare.
70/
RACHELE GUIDI IN MUSSOLINI
La moglie di Mussolini
Rachele Guidi in Mussolini, è stata anche lei una donna
eccezionale. Prima fu amante e madre di una bambina; poi moglie legittima ed
infine ottenne il matrimonio religioso con l'uomo più potente d’ Italia. Anche
se quasi nessuno parlava della moglie “contadina “ di Mussolini, lei dimostrò
sempre di avere una enorme forza di carattere come nei tre importanti momenti
della sua vita: quando era bambinetta di una famiglia poverissima e andava a
scuola scalza; poi quando diventò la moglie del primo ministro d'Italia,
l'onnipotente Duce del fascismo; ed infine il lunghissimo periodo di povera
vedova di un condannato a morte alla quale finalmente un governo pietoso
concesse una pensione per sopravvivere.
Era nata nello stesso paesetto di Benito
Mussolini, Predappio, in Romagna.
Da bambina difese tenacemente il suo diritto di andare a
scuola anche se doveva farsi la bellezza di 14 chilometri a piedi. A piedi? D’
estate a piedi nudi ...e d'inverno ? Per difenderla un po’ dal freddo, la mamma
le avvolgeva i piedi con stracci, le famose pezze da piedi, perché non avevano
i soldi per comprare le scarpe. Pezza da piedi è ormai oggi solamente una
espressione: ma a quei tempi esistevano davvero, per sostituire scarpe o calze.
Le usavano i poveracci; ed anche i soldati, poveracci anche loro, dentro quegli
scarponi duri, perché dovevano durare. Bene. Quando la bambina arrivava a
scuola, la maestra teneva preparate per lei una specie di pantofole perché gli
altri alunni ( erano quattro in totale) non si dessero conto che era senza
scarpe. Domanda interessante: chi era la maestra? Si chiamava
Rosa Maltoni ed era la moglie di un uomo “sbagliato”, un fabbro
socialista e violento che se la passava tra la sua officina e la
galera, messo dentro per disordini sociali
e ideologie anarcoidi. Ed era anche la mamma di un certo Benito Mussolini,
quasi dieci anni più grande della bambina scalza. Nel 1908, Rachele,
questa ragazzetta ormai di 16 anni e lui,
Benito, di 25, si conoscono e si innamorano. A volte succede.
L'anno dopo lasceranno il paesetto ed andranno a vivere
insieme in “città” dove lui era giornalista con uno stipendio
miserabile. Però erano felici, stando per lo meno a quello che poi ha
raccontato Rachele, quando divenne Donna Rachele. L' anno dopo nacque la
prima figlia, Edda. Mussolini la registrò come figlia sua e di N.N. ( NON
NOMINATUM ). Perché ? Perché per le leggi di allora la Rachele
minorenne poteva significare la carcere per l'uomo.
Ma la giovane moglie de facto non era
una contadinella remissiva. Aveva il suo bel caratterino! Una notte, tardi,
arrivarono a casa di Rachele due amici di Benito,
portandolo letteralmente a spalla, ubriaco fradicio.
Si muoveva come un ossesso, dava calci ai mobili,
gridava...i due amici lo legarono al letto e lo lasciarono cosi. Quando si
svegliò la mattina, la sbornia era passata ma vide due occhi furibondi:
Rachele, con le mani sui fianchi, fuori di sé, gli gridò: Se ti vedo
ancora una volta ubriaco, prendo su la bambina e me ne vado!!!!
Anni dopo, Donna Rachele
racconterà che da allora Mussolini non prenderà mai più una goccia di
liquore, nemmeno nel caffè corretto. E che di notte, prima di
andare a dormire, berrà sempre una tazza di camomilla.
Dittatore alla camomilla?
Nel 1912 si trasferiranno tutti a
Milano: Rachele, la figlioletta Edda e Benito che allora sarà nominato
direttore di L’Avanti! L' importante giornale socialista con lui passera
velocemente dalle 12.000 alle 100.000 copie vendute.
Viene la guerra, la Grande Guerra del 1914 al 1918. I
socialisti, fedeli al principi dell'internazionalità, sono contrari all
'intervento".
Però Mussolini fiuta
il patriottismo nell'aria, decide per intervenire e
liberare le terre italiane irredente. Viva l‘Italia. Addio mia bella addio. Ci
credeva o era calcolo politico? E chi lo sa? Lo espellono dal partito e lo
licenziano dal giornale. E lui se ne andrà volontario in guerra, come
bersagliere. Piume al vento. Sarà ferito. Lo portano in un ospedale militare.
E in quell'ospedale
ci sarà una curiosissima scena di lotta tra Rachele e
certa Isa Dalzer, altra avventura amorosa di Mussolini con tanto di
figlio riconosciuto legalmente.
Mussolini ferito e con benda agli
occhi che gli impedisce vedere chi era l'una e chi l'altra, tocca
di qua e tocca di là, tratterà di separare le due donne. Dei
dettagli parlerò dopo. Ma vinse Rachele. Più tardi, otterrà il matrimonio
civile con il suo Benito. E anni dopo, felice otterrà quello religioso. Per
volere del Re? Per volere del Papa? E lei, certamente, felice.
Passano gli anni.
Arriva il famoso 28 ottobre del 1922 e la marcia fascista
su Roma. Il Re incaricherà Mussolini del nuovo governo e
lo nominerà Primo Ministro. Mussolini dice grazie non si disturbi ma
con un inchino accetta. E la ex ragazzetta scalza, ex compagna e poi moglie di
un personaggio in eterno ribollire, sarà la prima dama. Ma non la Prima Dama
come si intende oggi giorno. Si manterrà sempre al margine della politica, in
casa, mamma, sposa e donna di casa. Arriverà l'anno 1929, che non è
solamente l'anno della Grande Depressione. Ma anche l'anno della la
grande Conciliazione tra lo Stato Italiano e la Chiesa Cattolica
Apostolica Romana che vide come attori Sua Santità il Papa Pio X e Sua
Eccellenza Benito Mussolini. Grandi applausi, saluti fascisti, benedizioni e
Te Deum. Ed arrivò anche il tanto sperato matrimonio religioso, molto
privato, che rese felice Rachele.
Era religioso, Mussolini?
Lo era e non lo era. E le due cose erano certe. Forse gli
facevano comodo. Donna Rachele racconta che nel comodino da notte suo marito
aveva un rosario di sua mamma. Forse per tradizione, forse per affetto alla
mamma, forse chissà perché: ma lo aveva. E che una volta baciò, piangendo, non
ricordo adesso che immagine sacra, quando i medici gli dissero che la sua
figlioletta Annamaria era fuori di pericolo di vita, ormai, da una certa grave
malattia. Credo fosse poliomielite.
Sì, questo era vero. Ma era vero anche il caso contrario: quello di Mussolini ateo. Sempre Rachele ricorderà di quando il suo Benito, durante gli impeti più giovanili, anarchici, di ribelle contro tutto, in una riunione del partito socialista, improvvisamente si alzò in piedi e guardando con sfida il suo orologio, gridò: “Ma di cosa parlate? Dio non esiste! Gli do dieci minuti di tempo, a Dio: e se esiste, che mi fulmini adesso” I dieci minuti passarono, lenti. Mussolini in piedi, sfidante, con il pubblico ipnotizzato guardando il giovane audace rivoluzionario. “ I dieci minuti sono passati, Io sono ancora vivo. Dio non esiste!”. Anche questo era Mussolini.
Ateo e religioso, moderno e conformista, smargiasso
e anticlericale mangiapreti e tuttavia considerava la chiesa l'unica
vera utile tutela per la famiglia.
Ed effettivamente Rachele commentò che suo
marito sempre rispettò la famiglia... alla sua
maniera. Mangiava in casa con la famiglia anche ai tempi del suo massimo
potere, quando si era già formato il mito del Duce. Sappiamo che ebbe una
infinità di donne. Ed una enorme capacità sessuale, come ho già detto prima. Si
racconta e pare sia certo, che una volta arrivato al potere, lassù, in quel
Palazzo Venezia, nella sala del Mappamondo, nel primo pomeriggio e dopo un
pranzo molto frugale, lui riceveva una donna. Si, a parte le amanti
semiufficiali importanti e a parte i suoi doveri coniugali ai quali
mai si ritrasse, secondo confermò Donna Rachele, questo signore, di 40, 50 ed
anche 60 anni e fino all'ultimo giorno nel potere, prima della sua caduta,
aveva relazioni sessuali con questo ritmo. Non si toglieva nemmeno gli stivali.
In piedi, per non perdere tempo. Come una necessità biologica: come se dovesse
fare pipì. Sarà vero? Sembra incredibile, però sembra che sia vero.
Torniamo alla moglie. Solamente una volta
Donna Rachele intervenne nella politica di suo marito.
Immediatamente dopo la guerra di Abissinia, nel 1936. Gli disse: “Benito,
è tempo che tu ti ritiri. Sei già arrivato molto in alto.
Ricorda quello che è successo a Napoleone. Non ne aveva mai
abbastanza ed è finito a Santa Elena.
Stai attento. Ritirati a tempo”. Nel suo diario, nel quale
si suppone che si dovrebbe credere, Donna Rachele disse che
Mussolini la guardò lungamente: “ L’ ho pensato, Rachele,
lo ho pensato.E adesso che me lo dici tu, lo penserò di più...”.
Però non lo pensò abbastanza.
E scoppiò la guerra.
In due o tre settimane Hitler si pappò mezza Europa.
Sembrava che si pappasse il mondo intero. Invece poco dopo fu il mondo intero
che si pappò Hitler e il suo Reich. E Rachele seppe che suo marito lo
avevano già appeso, cadavere tumefatto, ad un gancio nella Piazza
Loreto di Milano.
Passano altri gli anni
Donna Rachele, ormai vedova e sola, chiedeva a tutti i
potenti d'Italia che le restituissero il corpo di suo marito per
collocarlo decentemente nel cimitero del Paese. Il ministro degli
Interni, Scelba, le negò la sua richiesta, in forma dura e
molto scortesemente.
Erano gli anni 1950.
Chissà ancora troppo recenti le ferite della guerra
fratricida. Se la negò anche De Gasperi. E Giovanni XXIII, il Papa Buono
non la volle nemmeno ricevere per ragioni di “prudenza politica”; però
ricevette in Vaticano il genero di Kruschoff, per "convenienza
politica". Finalmente Andreotti, nel 1957 dette il permesso. Però,
certo, che non si facesse molto fracasso con questo : con pretesca prudenza. E
la vedova di Mussolini ricevette finalmente il corpo del marito per “prudenza”
in una cassa d'imballaggio, molto simile a quelle per frutta e ortaggi. E cosa
macabra, senza nessuna delicatezza, in un bel recipiente di vetro trasparente
le restituirono il cervello del marito, da dove mancava un
pezzettino perché gli americani avevano voluto studiare
al microscopio le eventuali mal-conformazioni di Benito
Mussolini.
E la vedova Rachele
dovette sopportare anche tutto questo. Però finalmente seppellì
il marito. Passano anni.
Donna Rachele, come molte persone quasi al terminar della
vita, divenne religiosa fino alla superstizione. E un buon giorno fu a
visitare Padre Pio, il Frate Santo di Pietralcina, quello
delle stimmate e l'odore di santità. La domanda fu: “Cosa è
successo con mio marito? Avrà salvato la sua anima?”
Siamo franchi, a parte qualsiasi
altra considerazione, questa donna non dimostrava che continuava a
voler bene a suo marito e a preoccuparsi per lui?
71/ MARIA YOSÈ DEL
BELGIO
Maria Yosè Carlotta, Sofia, Amelia,Enrichetta Gabriella
Figlia
del Re Alberto Iº del Belgio
Sorella del
Re Leopoldo II
Sposa del
Principe Umberto di Piemonte
Regina d’Italia
Regina d’Italia
con
l'abdicazione di Vittorio Emanuele III
Accidenti! Niente di meno che una principessa di sangue reale? E che sarà Regina? Possibile che anche una persona di questa categoria si sia avvinghiata lubricamente con l' uomo forte del momento? Con Benito Mussolini?
E, perché no?
Perché dovremmo rinfacciarle certe voglie e negarle
spasimanti, amanti, tradimenti, adulteri, che ben formavano anche parte delle
"occupazioni" della nobiltà?
E la Grande Imperatrice di Russia? Tedesca di pura
razza, che ebbe dozzine di amanti e che li mandava persino a
scegliere e provare da una amica di corte, per non perdere tempo? Caterina la
Grande, si, la Grande Imperatrice di tutte le Russie?
E che poteva fare questa
dolce principessina bionda, dagli occhi azzurri e romantici, che era
già promessa sposa dalla età di quattro anni con un tipo che non conosceva e
non poteva conoscere? Sto parlando della giovane e bella e delicata principessa
Maria Yosè del Belgio, figlia del Re Alberto 1º , il cui matrimonio
con il principe Umberto di Savoia era stato deciso dalle alte sfere
del Gotha Dinastico Europeo?
Lei venne in Italia, si sposò, obbediente agli
ordini di suo papà, il Re del Belgio, però al re del Belgio fu impossibile
ordinare a sua figlia che amasse questo Principe italiano, giá
con persistente fama di omosessualità.
E gli fu impossibile impedire che sua figlia si
innamorasse pericolosamente dell’uomo forte del momento, del Duce Benito
Mussolini.
E Mussolini, gentilmente, accettò le sue profferte.
Pettegolezzi? Solamente pettegolezzi?
Puó darsi...ma con un certo limite
e probabilmente con molto sottofondo di verità.
E continuando con i pettegolezzi, la famosa Anna
Maria Sciccolone, sorella della famosissima Sofia Sciccolone, in
arte Sophia Loren, commentava che suo marito, il buon pianista
di jetz Romano Mussolini, riferiva che questo affaire tra
suo papà Benito e la Principessa ,”era cosa notoria in casa. “
E cosa ci sarebbe da meravigliarsi tanto? Pura razza nobile la principessa e pura razza proletaria il figlio del fabbro ferraio.
E cosa ci sarebbe da meravigliarsi tanto? Pura razza nobile la principessa e pura razza proletaria il figlio del fabbro ferraio.
72/
LEDA RAFANELLI
LA GITANA
ANARCHICA
Una matta.
La buona gente di Uruguay -- dove adesso io
vivo da qualche anno lontano dalle belleze del tropico venezuelano ma anche dai
suoi scombussolamenti -- bravi tradizionalisti che vogliono fare gli atei
socialisti quasi sovietici, in questo Paese che nella lunga definizione del
nome dicono tutto meno il nome e raccontano solamente che sta un poco più in là
di un certo fiume o un po' più in qua di non so che... Paese dove risiedo
felice e quasi contento perché in altri paesi è peggio, in questo bel Paese unico
nel mondo che non ha un mome suo ma quello di un fiume, si direbbe sicuramente
cosi: Leda Rafanelli era una matta.
Sono contento di aver trovato un punto di contatto.
Perche anche io l efinirei una matta. Siamo franchi: una tipa, una
italiana, che agli inizi della decada del 1920 va a spasso per Milano vestita
da odalisca e che si dedica al misticismo islamico, non potrebbe essere
definita molto diversamente. Ed in realtà Leda Rafanelli era molto stravagante.
Però mai una scemetta esibizionista. A quelle cose ci credeva sul serio. Fin da
giovanissima dimostrò talento per scrivere. Si può essere intelligenti ed anche
geniali senza saper scrivere. Però se si scrive bene davvero significa che il
cervello funziona bene. E si rese conto di questo anche Filippo Turati,
conosciuto lider politico del socialismo italiano de la epoca pre fascista che
volle premiare questa ragazza pubblicandole una poesia nel suo prestigioso
giornale.
Questa ragazza, della mezza borghesia, nata in Toscana
nel 1880, ai suoi venti anni si troverà a vivere in Egitto, con i suoi
genitori. E lì conoscerà l´anarchismo italiano, diventerà anarchica ed anche si
appassionerà al Islam. Imparerà perfettamente l'arabo ed aderirà al Sufismo,
mistica del Islamismo. Combatterà alla sua maniera, cioè scrivendo, contro il
colonialismo ed imperialismo europeo, cercando di “convertire la cultura
araba ad una alternativa, quella che considerava arrogante politica della
civiltà occidentale.“
Idea originale e stravagante nella mentalità europea
della epoca.
Fu anche decisa femminista, antimilitarista e molto
prolifica scrittrice.
Non fu donna dalle grandissime passioni erotiche, però,
sì, ebbe i suoi quattro o cinque mariti amanti sempre nell'ambiente socialista
anarcoide che frequentava; ed anche, come alle volte succede alle donne, ebbe
un figlio.
Un bel giorno sembra che diventare amante della gitana
anarchica toccasse a Benito Mussolini. In quella epoca, il futuro famoso Duce
era ancora e solamente un giovane socialista rivoluzionario, sia pur con futuro
brillante ed apprezzato dallo stesso Lenin.
La liaison s'interruppe in due
occasioni:
La prima per l'intervento inopportuno di un fidanzato
della Leda troppo geloso che, nonostante fosse socialista, non aveva nessuna
intenzione di socializzare le relazioni intime. E la seconda occasione fu
quando il socialista anarchico e rivoluzionario, sentendo odore di patriottismo
nell'aria, si decise per l' intervento entusiasta dell'Italia nella Prima
Guerra Mondiale, trasformandosi, poco dopo, in fondatore e grande capo del
socialismo-fascismo emergente. Povera Leda ! Il fatto di essere stata amante e
compagna del Cigno non impedì che la sua casa editrice fosse assaltata, la sua
rivista soppressa ed ella stessa arrestata. Con il tempo, Mussolini si
vanaglorierà della relazione con la Rafanelli e continuerà considerandola una
donna molto interessante però pericolosa. Pur tuttavia, ella, la Rafanelli,
sempre negò la relazione con Benito. Chissà: forse, acerrima nemica del
fascismo, volle cancellare anche dalla sua coscienza il ricordo degli antichi
amori con l'attuale lider nemico.
Con il trionfo definitivo del fascismo, sarà obbligata al
silenzio politico. Mussolini non fu il feroce sanguinario descritto
posteriormente. Dopotutto, lui avvisava i suoi nemici politici. Continuate
a fare quello che volete, scrivete quello che vi pare, raccontate cose che vi
interessino. Pero, attenzione, non toccatemi la politica. Ai recidivi
li mandava a passare vacanze coatte in una “bella” isoletta del Tirreno, a
vivere in mezzo agli abitanti, giocando a bocce con loro. Sembra una balla ,
oggigiorno. Però veramente in molti casi fu cosi. Ci fu una specie di
rassegnazione. Non c ' erano elicotteri, allora ne' i fuori bordo velocissimi,
neppure le azioni di abilissimi e pagatissimi comando. Nessuno scappò
dall'isola. E forse nemmeno nessuno ci provò. Mi viene da pensare, in questo
momento, che dopotutto eravamo in Italia y chissà la dittatura era alla
italiana. Bella differenza con Stalin.
Lui i nemici li mandava in Siberia, nei gulag. Una
isoletta nel Tirreno era preferibile.
Per sopravvivere, la nostra Leda si trasformerà anche in
chiromante e con gli anni, già dopo la guerra, dal 1939 al 1945, a Genova, si
arrangerà insegnando arabo e facendo lavoretti artistici artigianali usando caratteri
coranici.
Questa originalissima scrittrice, editrice, femminista ,
antimilitarista, anarchica individualista, dedicata al misticismo islamico,
sposa e amante di personaggi di rilievo; questa donna, dicevo, morirà a Genova,
nel 1971.
A 90 anni,
Dimenticata da tutti.
Pero ha una bellissima
necrologia:
LEDA RAFANELLI, VIVA PER SEMPRE, SALUTA A TUTTI I
COMPAGNI ! VIVA LA ANARCHIA !
73/ IDA DALSER
La Mamma
di Benito Albino
Nessuna delle amanti di Mussolini ha avuto una vita
facile.
Non mi riferisco alle numerosissime amanti occasionali,
alle quali ho accennato prima e che non erano altro che incontri fugaci,
soprattutto nel periodo di apogeo di Mussolini. Incontri di non più di
mezz'ora, senza nemmeno togliersi gli stivali, dopo un pranzo rapidissimo e
frugale, quando la “camerata” di turno, attentamente scelta dall'entourage personale
del Duce, si presentava al Grande Capo, Er Capoccione in
romanesco. La ragazza si presentava con la offerta della sua “verginità”, come
una corona di fiori da collocare reverente sull'altare della Patria. Secondo i
calcoli delle persone che ci godono a spettegolare, sembra che ci siano state
le bellezza dei 500 donnine chiamate ad allietare i crucci dell'Uomo Forte. E
l'ultima fu proprio nel suo giorno fatale in carica: un signora per bene di
Ferrara, immolatasi alla patria, nello stesso giorno che sua Maestà Vittorio
Emanuele III re d'Italia e Albania ed Imperatore di Etiopia immolerà l'
Onnipotente, occultandolo in una ambulanza. Per queste donnine camerate,
l'incontro amoroso con il Duce sarà l'unico momento eroico della loro vita e da
raccontare alle nipotine. Pero qui, in queste note, mi riferisco solamente alle
vere amanti, quelle impegnative.
E non furono più di sette o otto. Donne molto speciali,
in una certa maniera e che pagarono molto caro il loro amore per Mussolini.
Donne che ebbero tutte destini finali tristi, solitari o addirittura di
tragedia e di morte.
Chissà la Dalzer fu quella che pagò più caro di tutte il
suo innamoramento con con il giovane giornalista dallo sguardo intenso e parole
di fuoco: il Mussolini dei 30 anni, quando era direttore del Giornale
Socialista l' Avanti.
La DalSer era veramente una bella ragazza, nata nel 1880
a Trento, lassù, nelle Alpi, in quella provincia che a quei tempi faceva parte
dell'Impero Austro Ungarico. Di famiglia conosciuta nella zona, la mandarono a
Parigi a studiare medicina cosmetica. Al suo ritorno, la giovane Ida aprì a
Milano il Salone Orientale di Igiene e Bellezza. Ebbe enorme
successo, divenne quasi ricca e famosa tra le signore bene di Milano.
L' ambiente esotico e di profumi inebrianti divenne di
moda. E in quel periodo conobbe il giovane Mussolini. Si innamorarono. E sembra
che si siano sposati. Sembra...Non si sa di sicuro perché tutto quello relativo
alla Dalzer è avvolto in penombra.
Però nacque un bel bambino che non poteva stare tanto in
penombra e che la mamma chiamerà Benito Albino, tanto perché non ci fossero
dubbi su chi era il padre. E Benito Mussolini lo riconobbe dal notaio.
Però...però... guarda un po'... il focoso e distratto
giornalista rivoluzionario era già il papa de una bella bambina: Edda, figlia
di Rachele Guidi, chissà il primo amore di Mussolini. E costui, il Mussolini,
aveva già riconosciuto come sua la bambina Edda, come già detto, come figlia
sua e di NN perché Rachele era minorenne e per le leggi in vigenza erano cose
da codice penale.
Poi venne la Guerra 1914-1918, la trasformazione di
Mussolini da socialista-internazionalista-pacifista in socialista-
nazionalista-interventista. Mussolini chiude definitivamente il capitolo
amoroso con Leda Rafanelli, la gitana anarchica pacifista e cominciò un affaire con
la emergente bella profumata Ida Dalser.
Con tante preoccupazioni politiche il povero Mussolini si
era ”dimenticato” del suo primo amore con la Guidi e relativa figlia Edda.
Conclusione, quando il Benito bersagliere, eroicamente ferito nel fonte di
guerra, stava in ospedale, bendatissima tutta la testa, occhi compresi, si
verificò lì un incontro tra le due donne, ciascuna reclamante il ruolo di
moglie legittima e con prole. Possiamo immaginare le gentili parole intercorse
tra le due ed immaginiamo Mussolini alzandosi a stento dal letto, barcollando,
giocando a mosca cieca, cercando di separare le due donne però senza sapere chi
era una e chi era l'altra. Probabilmente avevano ragione tutte e due.
Rachele si era sposata civilmente e la Dalzer sembra
pure. Chiaro caso di bigamia, Comunque la Rachele rimase vincitrice di questa
singolare tenzone.
Che successe con la Dalser? Con il tempo Mussolini
aumenta di importanza, cerca di sottrarre il bambino dalle braccia della madre.
Lei si oppone.
La questione termina in Tribunale che condanna il
Mussolini a pagare una mensilità alla Dalser per il mantenimento del bambino.
Però non c' era più incantesimo. La Dalser tira fuori le
unghie. Rabbiosa anche per aver speso un sacco di soldi per finanziare agli
inizi il giornale fascista.
Accuserà Mussolini di varie cose che probabilmente
saranno anche vere. In questa triste vicenda interverrà anche lo zio di Benito
Albino, ossia Arnaldo Mussolini, fratello di Benito, intelligente e saggia
persona equilibrata che sarà la unica, nella sua purtroppo breve vita, capace
di frenare gli eccessivi impulsi del fratello famoso e sbuffante.
Incidentalmente voglio dire che se il fratello Arnaldo, mentore molto ascoltato
da Benito, non fosse morto così prematuramente, chissà... dico chissà... la
storia d'Italia sarebbe stata diversa. Arnaldo in qualche maniera cercherà
aiutare il nipote Benito Albino. Però la commedia si trasformerà in tragedia.
Mussolini cercò con tutti i mezzi, cioè con la polizia, di nascondere e
controllare in qualche modo la madre ed il figlio. Ma la Dalser continuerà a
gridare ai quattro venti che lei è la moglie del Duce; suo figlio Benito
Albino, somigliantissimo a suo papà, dirà a tutti i suoi compagniucci di
scuola, che il Duce era suo papà. Bisognava evitare lo scandalo, ohibò!
Intervenne più decisamente la polizia, con metodi un po' sbrigativi. Ed
intervennero anche dei medici. La Dalser indubbiamente aveva degli scompensi
psichici e forse anche il figlio. Molto probabile e ce ne sono alcune prove.
Ma, fino a che punto? di che grado?
Di quanta pericolosità?
Poco si conosceva allora delle malattie mentali, delle
depressioni eccetera.
Ci domandiamo: i medici che visitarono la Dalser furono
veramente dei medici o delle marionette timorose e compiacenti verso Mussolini?
O sarà stato il suo entourage che voleva
difenderlo, a tutti i costi? Che voleva difendere l'Icona? Spesso succede con
le Icone. E l'Icona non sa o fa finta di non sapere.
Ed il risultato fu un bel manicomio per la Dalser e più
tardi un altro per Benito Albino.
E così, tristemente, terminarono le loro vite prima del
tempo stabilito dagli Dei.
Chi ci è stato mai in un manicomio?
Non si dice più così. Casa di Cura, Anzianato,
Residenza per la terza età, Case di attesa, Villa Fiorita...tutte balle:
sono tutti manicomi.
74/ MARGARETH
BEAVAN.
SINDACO DI
PITTSBURG ( U.S.A.)
Siccome stiamo parlando di certe relazioni di Mussolini
con le donne, aggiungerò qui e riferirò quello che di lui scrisse una persona
completamente al di sopra di ogni sospetto di carattere politico: niente di
meno che il Sindaco di una importantissima città degli Stati Uniti che lo
conobbe personalmente senza avere con lui o verso di lui nessuna disposizione o
tendenza amoroso sessuale che potrebbe, alle volte, corrompere il sano giudizio
di una donna su di un uomo. Mi riferisco a Margareth Beavan, Sindaco di
Pittsburg.
“”Non ho mai visto un uomo tanto differente dagli
altri e con una personalità cosi straordinaria. È tanto imponente che non trovo
parole per esprimermi. Sono commossa in ogni fibra di me stessa per la sua
dominante, imponente, magnetica personalità.””
Questo è stato quello che commentò la Beaven al conoscere
Mussolini in un viaggio che fece in Italia. Pero devo chiarire che la Beavan
non può essere considerata ne' amica ne' amante di Mussolini. Solamente una
personalità straniera di certo rilievo, probabilmente con qualche incarico da
parte di Roosevelt.
Però... per quello che ha lasciato detto di lui, anzi,
scritto di Mussolini, anche se non fu su amante, nella capoccia mi frulla
l'idea che a lei sarebbe piaciuto esserlo stato.
¿O no?
75/
MARGHERITA SCARFATTI
L'amante ebrea di Mussolini
Era una donna molto ma molto speciale. Bellissima, occhi
verdi, capelli rossi, intelligentissima. sempre molto elegante, colta
veramente, seducente, appassionata, ricchissima, parlava fluentemente 5 lingue.
Cosa si può pretendere di più? Ed infatti fu personaggio di fama
internazionale.
Eppure...finì sola.
Sola e dimenticata.
La solitudine e l'abbandono sono molto più pesanti
quanto più la stella della vita ha brillato nell'apogeo.
Era nata in una ricca famiglia ebrea italiana. In
una casa niente di meno che nel Canal Grande, di Venezia. Si chiamava Margherita
Grassini. Ai suoi 15 anni un professore socialista mezzo innamorato di lei la
invoglierà a leggere Marx ed altri teorici del socialismo. La giovane si
interessa a tutto questo con grande scandalo della famiglia. Conocerà Cesare
Scarfatti, di 30 anni ed anche lui socialista. Si sposeranno contro la volontà
dei genitori di lei e andranno a vivere a Milano dove, in breve,
Margherita rivelerà le sue due grandi passioni:la politica e l'arte. Comincerà
a scrivere nella stampa socialista sul femminismo e sull'arte. Conoscerà il
Grande Poeta, il Vate, il grande e mondano, in arte Gabriele d'Annunzio, di
nome vero Gabriele Rapagnetta. Frequenterà Filippo Turati, la Kulishoff ed altri personaggi tutti di primissimo piano. La sua
casa, elegante, sarà un salotto, centro di riunioni conosciuto da intellettuali
ed artisti italiani, scrittori, architetti, pittori. Tutti di avanguardia.
Arriva il 1912. Un certo Benito Mussolini, della nuova
corrente rivoluzionaria socialista, sarà il nuovo direttore del prestigioso giornale
L'Avanti! Margherita, collaboratrice del giornale però contraria alla nuova
corrente rivoluzionaria, si presenta in direzione per dare le sue dimissioni al
nuovo direttore, ossia a Benito Mussolini. Si vedono, si guardano, cominciano a
parlare. Continuano a guardarsi.
Simpatizzano subito.
Coup de foudre.
Tutti e due erano sposati? Certamente. Ma non ci sarà
nessun problema. E neppure saranno problema le furibonde liti per gelosia
del maschilista Benito che non ha la minima intenzione di rinunciare alle
altre simpatie femminili. Rimarranno così insieme e con appassionate relazioni
amorose, ma con piena libertà socialista, l'amore libero socialista.
E dopo l'anno 1912 arriva anche il 1913 e poi ancora,
puntualmente secondo previsto, il 1914. Ma il 1914 farà diventare tristemente
famosa una cittadina sonnacchiosa nei Balcani: Sarajevo. E ci sarà la Prima
Guerra Mondiale. Mussolini sente nell'aria nuovi odori di nazionalismi, lascerà
il pacifismo socialista e andrà volontario al fronte, in prima linea,
con le rifulgenti piume svolazzanti dei bersaglieri.
Spera di essere ferito, solo ferito. Sarà esaudito e ferito davvero. Non grave,
ma vistosamente con tutta la testa fasciata, occhi compresi, inizierà la eroica
convalescenza in Ospedale. Tutto procede bene, secondo copione. Però...atto non
previsto, si presenta in scena, fuori programma, la situazione comicissima
delle due donne che si azzuffano per reclamare il ius uxori. Ed
ognuna con il rispettivo ignaro figlioletto trascinato a strattoni. Sono
Rachele Guidi, futura Donna Rachele e Isa Dalzer, futura internata in
manicomio. Abbiamo già parlato di questo, recentemente. A questo, in ordine di
tempo, seguirà l'espulsione di Mussolini e della Scarfatti dal Partito
Socialista.
Per lo scandalo della bigamia? Niente affatto.
Questi dettagli da famiglia borghese non interessano i
socialisti ma condannano le loro adesioni pubbliche alla guerra
nazional-capitalista. Balabanova compresa, ferocissima. Mussolini dirà:
"Me ne frego" e fonderà il suo giornale, il Popolo d'Italia.
E le relazioni in amore e in politica si faranno sempre
più strette tra a Mussolini e la Scarfatti.
Ci sono delle lettere d'amore della Scarfatti al suo
Benito, dei primi tempi, che veramente commuovono. Non solamente per essere
scritte benissimo, ma perché, sinceramente, in certe espressioni, sembrano
scritte da una quindicenne! Ed è così. Quando una donna ama, davvero, qualsiasi
sia la sua età, è sempre una ragazza di quindici anni. Pura, sincera,
entusiasta. E quando una donna dice sono la tua bamboletta, veramente si sente
la bamboletta dell'uomo che ama. Non finge. Siamo noi uomini che al leggere o a
sentire quelle parole, spesso non le comprendiamo e con molta superficialità le
consideriamo con una certa anche sia pur bonaria o affettuosa superiorità.
Superiorità di cosa? Le lettere d'amore della Scarfatti sono ormai di dominio
pubblico. Tutti le possono leggere. Ma se si vanno a leggere e paragonare quelle
scritte dopo, DOPO, quanta contenuta tristezza nelle sue lettere. Quanta
tristezza anche per chi legge, all'intendere, adesso, con il tempo, come
inevitabilmente il bocciolo rifulgente della rosa sarà avvizzito in poche ore.
In poche ore, in pochi giorni, in pochi millenni...nulla. É lo stesso. Il tempo
non esiste.
E´ il memorabile 25 di marzo del 1919 quando Mussolini
fonderà il suo Partito Fascista di Combattimento. Cosi si chiamava
originalmente. Margherita Scarfatti sarà al suo lato. Ed anche il grande
Toscanini sarà presente. Anche Toscanini sarà fascista, per lo meno nei primi
tempi. Mussolini e la Scarfatti continuernno con la loro relazione per
parecchio tempo. Ma sarà sempre una cosa segreta e si vedranno in un loro
speciale ed occulto "nido d'amore". Però tutti e due vollero fare
sapere della loro relazione ai rispettivi coniugi. Fu un atto di onestà,
certamente. Nel 24 il marito di Margherita morirà. Pero lei continuerà a
mantenere per tutta la sua vita il suo cognome da sposata. E fu in questo periodo,
nella decada del 1920, che Margherita Scarfatti arriverà al massimo della sua
fama nazionale ed internazionale.
Fu questa donna innamorata, bellissima ricca e
capacissima che farà conocere al mondo il fascismo e Benito Mussolini. Il suo
libro si pubblicherà prima in Inghilterra: La Vita di Benito Mussolini. In
Italia la Mondatori lo pubblicherà con il titolo di DUX. E ci
saranno la bellezza di 17 re-edizioni. Un successo enorme. All'estero sarà
tradotto in 18 lingue. Dal Giappone, dalla Turchia, fino alla Patagonia ci
saranno persone che si interesseranno al il giovane politico Italiano che si
affaccia vigorosamente alla fama mondiale. Si può dire benissimo che fu la
Scarfatti la formidabile propagandista che portò alla diffusione del fascismo
nel mondo creando il mito del Duce, Benito Mussolini. E fu anche nella
decada del 20 quando in Italia, paese indubbiamente arretratino in molte cose e
maggiormente cattolico si produsse il trattato di Pace tra la Chiesa Cattolica
e lo Stato Italiano. Quello che si chiamò la Firma dei Trattati Lateranensi, il
Concordato, che pur con i suo probabili difetti, che poi si rimproverarono,
pose peró fine a quella ridicola rimostranza tra il Vaticano e l'Italia.
Naturalmente ci furono benedizioni, alleluia, saluti fascisti. Con intima
soddisfazione Rachele sarà felice, perché adesso ci sono "prudenti
pressioni", perché Mussolini e Rachele si sposino con la Chiesa, secondo
le nuove norme del Concordato Italia-Vaticano, firmato proprio da suo marito. E
che adesso la famiglia "dimenticata", venga a Roma per vivere tutti
insieme, come una buona famiglia cattolica, con tutti e cinque i figli di
Rachele e Benito. E cosi succederà. E la famiglia unita andrà a vivere a Villa
Torlonia. Villa Principesca, a Roma della famiglia Torlonia, che il Principe
ammiratore del Duce, aveva offerto a lui e alla la sua famiglia con un affitto
dal canone simbolico di UNA LIRA mensile. E ci sarà qualche complicazione per
la Scarfatti non disgiunta da qualcosa di ridicolo e comico. Il competente
ed impassibile maggiordomo di Villa Torlonia si occuperà sempre molto
discretamente perchè le due donne, Donna Rachele e Margherita non si incontrino
casualmente a Villa Torlonia. Così quando Rachele entrava dal portone
principale, la Scarfatti usciva da una porta secondaria.
Continua a passare il tempo e si arriva al 1931. Sarà un
anno molto importante per l'Italia. Benito Mussolini aveva un fratello,
intelligentissimo anche lui, colto, preparato, ma completamente diverso come
carattere da Benito.
Benito Mussolini era focoso, irruento, intuitivo,
impulsivo e Arnaldo sapeva frenarlo nei suoi eccessi. Benito lo stimava
moltissimo. I consigli di Arnaldo sempre facevano buona presa sul fratello, che poi
modificava certi suoi atteggiamenti. Ma da quell'anno, dal 1931, i saggi
consigli di Arnaldo non esistettero più. Arnaldo morì. Semplicemente di un
fulminante attacco cardiaco, a Milano, nei suoi 46 anni. E non ci fu più
nessuno che sapesse o potesse frenare gli impulso di Mussolini. Il moderatore
non c'era più. E Mussolini fu pasto di narcisismi e di figure volgari come
Farinacci e Starace che trasformeranno il Duce in una statua. Il culto della
personalità si direbbe anni dopo. Il Fascismo e Mussolini stesso cadranno in
quella retorica ridicola, pacchiana, contro la quale Arnaldo aveva sempre
lottato e che Margherita, nonostante fosse innamorata di lui, non poteva
soffrire. Si lasciò trasformare in statua e si mise in posa. Non seppe
resistere alle lusinghe facili e false. E questa fu, secondo me, la colpa vera
profonda di Mussolini, che produsse il veloce degenerare di errori che poi
portarono alla la sua fine, la fine del fascismo e la tragedia spaventosa della
Guerra fratricida tra italiani. E produsse quella maledetta alleanza con
Hitler, persona che gli dava tremendamente ai nervi, al quale sentiva che si
doveva sottomettere sempre di più, di cui si sentiva di gran lunga più
capacitato, ma che governava un popolo di primissimo piano.
Era rimasta ormai solamente la Scarfatti, che perdeva
potere giorno a giorno. Si era ingrassata, ovviamente era donna di 50 anni.
Nonostante tutto il suo enorme scharm, aveva perso la bellezza della gioventù.
E Mussolini, in fondo uomo primitivo, mascolinista, si lasciò sedurre ancora da
una certa giovane romana che lo adorava come un Dio. E continuava a fare la
statua. Forse in una inconsapevole concorrenza con Hitler.
Mussolini comincio a trattare con molta freddezza
quella donna alla quale doveva moltissimo. Forse tutto. E che nonostante il
rifiuto del maschio, attratto dalla femmina più giovane, dell'uomo che aveva
tanto amato e che forse amava ancora, se ne andrà negli USA cercando di poter
avvicinare Mussolini e Roosevelt e togliere il suo Benito dalle seduzioni delle
Valchirie. Non ce la farà.
Tuttavia milioni di americani la sentiranno nella NBC
quando in perfetto inglese perorerà a la causa italiana e fascista.
""In Italia avevano
superato il disordine del dopoguerra, si era ottenuta una buona crescita
economica, una buonissima stabilità della moneta, si evitò la tanto paventata
lotta di classe e i genocidi sovietici. Chi era Mussolini?
Un uomo forte? Questo era quello
di cui aveva bisogno la tradizionale indisciplina italiana. Il fascismo? Cosa
era il fascismo se non un socialismo che aveva superato
lo stadio delle capricciose
elezioni delle democrazie?""
Questo disse, riassumendo. Ma non ce la farà.
Hitler era stato un gran ammiratore di Mussolini.
Inspiegabilmente por una specie di lealtà tipicamente germanica, inflessibile,
lo sarà fino alla fine. E quando fu arrestato dal Re italiano, fece di tutto
per liberarlo con un Commando di SS specializzatissime.
Quando l' austriaco nazionalizzato tedesco era ancora
ai suoi inizi e Mussolini nel suo auge, sembra che gli abbia chiesto una foto
con dedica. Mussolini la negò. Mussolini sempre ebbe una certa antipatia per
Hitler. Più tardi lo definirà un monaco chiacchierone... Nel
1934, in occasione di una esplicita minaccia della Germania all'Austria,
dirigenti politici europei biascicavano il loro scontento. Mussolini e Hitler
si incontrarono per la prima volta. E Mussolini gli disse chiaramente che
intendeva difendere la indipendenza dell'Austria e immediatamente mandò due
divisioni al confine. Hitler rinunciò. Si tirò indietro.
Fu l'unica volta che Hitler retrocesse.
Io ero molto giovane, allora, quasi un bambino. Però
ancora ricordo benissimo che nella scuola la maestra ci diceva orgogliosa che
il nostro Duce era stato l'unico a frenare la "prepotenza tedesca".
Però i destini di Hitler e della Germania nazista
cominciarono a farsi strada a decise gomitate tra i timorati e timorosi
passeggeri di quell'autobus strapieno che si chiavava Europa.
Ed arrivarono le persecuzioni agli ebrei e agli altri
dimezzati secondo le teorie della razza: zingari, omosessuali, comunisti...
Germania, razza superiore. In generale i tedeschi non
avevano avuto mai molte simpatie per gli ebrei. E la intelligente e subdola
propaganda di Goebbels, fece man bassa sugli istinti di dominio. Iniziarono le
leggi antisemite. La maggioranza dei tedeschi le approvò. Moltissimi si
lavarono le mani.
In Italia non fu mai così. Forse perché in Italia di
ebrei non ce ne erano molti. Anche se i ghetti furono una
"invenzione" Italiana, il quartiere ebreo a Roma era attiguo al
Vaticano ed era tutto un folklore, caso mai. Da ragazzo lo frequentavo di tanto
in tanto. Situazioni di rigetto furono casi molto sporadici nei secoli.
Forse sarà anche, lo dico in tono scherzoso ma credo sia cosi: per quel volemose
bbene e tiramo a campà, che tra i suoi lati positivi ha pure l'
assorbimento reciproco. Tutto abbiamo "assorbito" in Italia. Tutto.
Assorbito e fatti assorbire.
E quel bel fanatico di Hitler, che qualche goccetto di
sangue ebrea ce l'aveva anche lui, seppe presentarli come responsabili della
sconfitta della guerra del 1914.
Sempre si cercano responsabili dei propri
insuccessi. Ecco, fu colpa loro, non nostra !Hitler ha ragione...
Era stata esagerata la umiliazione inflitta alla Germania
dal Trattato di Versailles.
E questo popolo vigoroso, organizzato, orgoglioso ha
sempre saputo come riprendere le sue forze. Le paranoie di Hitler alimentarono
il suo orgoglio ferito.
Mussolini non era antisemita. Aveva promesso a milioni
di americani che in Italia mai e poi mai si sarebbero prese misure antisemite.
Non ne aveva nessuna intenzione. Però dovuto al nuovo risorgere e straripare
germanico, con il raccontino degli ariani da una parte e di noi italiani
dall'altra, discendenti dei Cesari ed altre balle del genere, ne' Mussolini ne'
ancor meno il Reuccio italiano, potevano resistere oltre alla ossessiva
insistenza di Hitler per la Applicazione delle Leggi Razziali anche in Italia.
Da molte zone di influenza tedesca tanti poveri ebreucci con le loro valigette
scappavano in Italia dove il clima era molto migliore, anche per loro e non
solo per il sole.
Ma Hitler insisteva. E la Wehrmacht continuava
a vincere.
Cosi che queste misure furono prese anche in Italia.
Riluttante ma debole il Reuccio. Seccato ma convinto della necessità, il
Mussolini.
E da allora il declino si fece più veloce
La valanga di errori aumentava. Era cominciato il
secondo Mussolini.
Nel 1938, quello stesso anno, chiamò a Palazzo
Margherita Scarfatti, la donna alla quale tanto doveva. Le consegnerà, come
fosse manna dal cielo, il passaporto perché potesse salvarsi dalle
persecuzioni antisemite.
Prima di andarsene dall'Italia, la Scarfatti volle
visitare Mussolini, chissà per un ultimo saluto.
Non la ricevette.
Dopo due ore di attesa, le fece dire da un qualunque
usciere che il Duce era occupatissimo e non la poteva ricevere.
Margherita Scarfatti era una dama, veramente. Una
signora. Nessuna scena.
Apparentò tranquillità e uscì silenziosamente dalla
vita di Mussolini e dell'Italia.
Per sempre.
E per sempre rimase aperta la tremenda ferita nella
sua anima di donna, generosa e appassionata.
Iniziò il suo esilio, in Svizzera e in Francia. Una
grande amica sua scrisse di lei: La conobbi quando era regina senza
corona in Italia. Adesso è una mendicante reale in esilio.
Era però una donna forte. Fortissima. Cercò di
recuperarsi. In Francia frequentava Jeans Cocteau e altri illustri. Dette varie
conferenze nel Louvre, nel suo perfetto francese e con la sua erudizione e il
suo savoir faire conquistò Parigi. E lamentò
che i suoi libri, che prima andavano a ruba, nessuno più li leggeva in Italia.
E molti di questi libri avevano il prologo scritto dallo stesso Benito
Mussolini.
Poi si rifugiò nella sonnacchiosa Montevideo, in
ricerca di pace. Commentò che era andata in Uruguay per studiare l'arte
precolombiano. Un giornalista scrisse: "... della sua passata
bellezza, trionfante e irresistibile, solamente è rimasto lo sguardo de suoi
begli occhi verdi..."
Vivrà quasi in incognito la famosa Margherita
Scarfatti, tra l' Uruguay e l'Argentina. Al principio no le sarà tanto facile.
Non sarà accettata dai fascisti perché ebrea. Nemmeno sarà accettata dalla
comunità ebraica, per essere stata amante di Mussolini e grande propagandista
del fascismo.
Però poi, con il tempo, comincerà a scrivere
insieme ad altre firme conosciute, in riviste antifasciste. Strabiliò per
la sua conoscenza della letteratura Europea e come esperta della Divina
Commedia di Dante. Celebrò la vittoria degli alleati.
Nel 1947, finita la guerra, già morto Mussolini, il
fascismo al ostracismo, tornerà in Italia. Era stata in esilio per dieci anni.
Si ritirerà a vivere in una casetta di sua proprietà sul Lago di Como.
Lì scriverà il suo ultimo libro: Acqua Passata. Morirà
nel 1961. Non ho letto quel libro. Lo ho cercato ma non lo ho trovato. Però ho
letto da qualche parte, non ricordo dove, che in quel libro la parola fascismo
appare una volta solamente.
Alcune lettere d'amore di
Margherita a Benito.
“Benito mio, mio adorato. E’ la mattina del 1
gennaio 1923. Voglio scrivere questa data per la prima volta in un foglio
diretto a te, come una consacrazione e una dedicatoria.
Benito mio adorato. Sono
e, sarò sempre, e sempre di più, tutta,
tua...tua...tua. Tua”
”Sono orgogliosa di te, questo; ma per quello che
sei, non per quello che appari. Sono orgogliosa di te sino al fanatismo e sino
alla pazzia, ma per il tuo valore intrinseco, non per il feticismo che di te ha
la folla”
”Adorato, adorato, adorato: farò quello che tu
vorrai. Sono tua ..
”Caro amico, la serie di scenate assurde, ignobili
indegne, ma sopratutto idiote avvenute stasera mi ha lasciato perplessa,
esasperata, disperata ma anche pensosa. Ho passato cinque dico bene 5 ore in
casa vostra con qual vantaggio del mio decoro e della mia dignità; taciamone:
per ottenere di essere torturata con una serie di martirii stravaganti
raffinati complicati; uno più inaspettato e immeritato e più fantastico
dell’altro. Voi naturalmente ve ne infischiate: i dolori che voi causate agli
altri son molto facili a sopportare. Da voi."
”Sono stanca di amarti, stanca che tu ti faccia del
mio amore un tappeto per calpestarlo. Tu sei un uomo estremamente sensitivo, ma
fortissimo e, come tutti gli impetuosi, ”dai furori” e dopo ti passa. Io no. Io
sono una natura lenta, una natura ”per di dentro”. Penetra a piano e senza
reazioni esteriori apparenti in me il dolore, l’angoscia, la ribellione stessa;
ma ahimè! penetrano a fondo, mi lasciano rotta, spezzata, con l’anima in pezzi,
amara sino alla nausea e alla morte”.
76/
CLARETTA
PETACCI
Bella ragazza romana, aveva trent'anni meno di Mussolini.
Fu la sua ultima amante. Quella che volle morire con lui. Anzi, che gli fece
scudo del suo corpo in un eroico, bello, amoroso, inutile tentativo di
salvargli la vita.
Questa ragazza, ancora adolescente, si rivelò fanatica
ammiratrice del Duce. La sua stanza non era tappezzata di fotografie di Rodolfo
Valentino o di Gary Cooper: le stelle del cinema di allora, i grandi
seduttori...Era tappezzato con fotografie del Duce, suo idolo. Idolo anche, in
quei tempi, di tante altre donne italiane e straniere.
Infatuazioni di adolescenti, pensarono i genitori,
e non dettero importanza alla cosa. Anzi, questa ragazza ad un certo momento si
sposò con un bel ragazzo, aviatore militare, quasi figura di eroe. Ma il
matrimonio no impedì che la ragazza. signora già sposata, stesse spasimando per
un altro Eroe, che per lei era nientedimeno che il Leggendario Duce, l’uomo con
un mano i destini di Italia.
E tanto fece la ragazza, adesso signora Federici, che suo
papà, persona di una certa importanza perchó era il medico Archiatra
del Papa; tanto fece, dicevo, finché finalmente il Papa e il papà, messi
di mezzo tutti e due, ottennero l’agognata intervista per la ragazza con il
Duce. Non era facile, allora, che il Duce ricevesse qualsiasi ragazzetta mezzo
matta. C`erano decine e decine di belle donne che...facevano la coda per
cercare di offrire le loro competenze a Mussolini. Però finalmente venne il
giorno della udienza. Era l’anno 1932. Lei di 30 anni e Mussolini di 50.
Lo guardò, ipnotizzata per quegli occhi profondi che
Mussolini, si diceva, aveva fama di avere. Anche lui con lo sguardo fisso,
guardando un po’ piu in basso dei begli occhi di lei, lì, proprio lì, dove
la gioventù si scorgeva prorompere gagliarda e fioresciente.
Era sposata?
Dettaglio di poca importanza che si eliminò legalmente
con una separazione, giacché in Italia non esisteva il divorzio. E
,sicuramente, nemmeno Mussolini lo avrebbe voluto per lei. Nacque la relazione
amorosa. Lei fu sempre devotissima al suo Ben, come lo chiamava
nell'intimità. Per anni lei salirà di casa sua alle tre o cuatro del
pomeriggio, andrà a Palazzo Venezia dove il Duce, insonne, tesseva i destini
della Patria. E lì aspettava, tranquilla, nella grande sala di attesa.
Aspettava per ore e ore leggiucchiando riviste, fino a
che Mussolini finalmente la poteva ricevere.
Erano incontri brevi, difficilmente oltrepassavano la
mezz'ora. Il tempo per uno scambio veloce di vedute.
Tutte le alte sfere del potere sapevano di questo
incapricciamento di Mussolini. Lo sapeva anche la povera donna Rachele, sua
moglie e i figli. Lo sapevano nella famiglia di Claretta, naturalmente.
Insomma, tutti lo sapevano e solo loro due non sapevano che gli altri
sapessero. Poi, a distanza di tempo, si venne a saperte che la riservatissima
famiglia dell’Arquiatra, specie il fratellino, avevano cominciato ad
approfittare sempre di più del potere che coscientemente o incoscientemente la
ragazza aveva. E se ne approfittava il magnaccia, si diceva a
Roma, alludendo al fratello Marcello, sempre disprezzato dai fedeli di
Mussolini e che però Mussolini tollerava. Nell’anno 1939 tutta la famiglia di
Claretta, mamma papà e fratelli, Claretta compresa, si trasferiscono in una
bella Villa alla Camnilluccia, di lusso, nella periferia romana.
Anni dopo, quando Mussolini e
Claretta non saranno più, il nuovo governo antifascista, come era
anche logico che facesse, supponendo che quell’immobile fosse stato acquisito
dalla famiglia Petacci con i soldi dello stato italiano, requisì e confiscò
tutti quei beni.
In realtà la famiglia Petacci ebbe il coraggio di
opporsi, cosa di una certa pericolosità dati i tempi di recente guerra civile e
strascichi del dopoguerra. Ma il tribunale era formato da giudici come
oggidì ce ne sono rimasti ormai pochi, giudici veri, che studiarono il
caso e dichiararono infondata la denuncia. Così che la villa fu restituita ai
Petacci. E la povera Claretta, con il suo fatale destino, continuava nella
mansione definitiva di tutti.
Di molti errori, stupidaggini... e di quasi tutto si può
accusare Mussolini, meno di essere stato disonesto. Di questo non lo si poteva
accusare. Per lo meno di questo, dissero i suoi nemici a denti
stretti. Ma sappiamo che nemici politici difficilmente si comportano
diversamente. Quasi sempre si accusa il nemico vinto di nefandezze che quasi
sempre abbiamo commesso tutti. Mussolini non era affatto
interessato al denaro, alle terre, ai valori materiali. Mussolini voleva
qualcosa di più, Mussolini cercava qualcosa di più.
Voleva la gloria e il potere assoluto dei conquistatori.
Troppa la messa in scena che è sempre stata cara a noi italiani. Il
potere lo ebbe, certamente, ma gli durò poco e avvelenato da tanti altri
fattori, prodotti spesso dalla sua incapacità si sapersi dominare dagli eccessi
narcisistici.
E cosi anche il potere di Mussolini ebbe il suo
tramonto. Ma non il tramonto tranquillo alla Cincinnato, come molti
desideravano e consigliavano, prima fra tutti sua moglie Donna Rachele.
Ma avvenne in uno sconquassamento di valori, incapacità e
tradimenti che lui non seppe vedere, correggere, dominare e superare.
Dopo i suoi inizi, quando Mussolini era gia apparso da
tempo alla ribalta con la Marcia su Roma e poteva vantare certi successi
riconosciuti in vari paesi del mondo, il re Vittorio Emanuele sua
sponte li aveva conferito una onorificenza che credo fosse la più alta
di allora, il Gran Collare dell'Annunziata, credo si chiamasse. Ordine antico,
istituito niente di meno che nel 1300, da Amedeo di Savoia il Conte Verde. E
più tardi Mussolini aveva offerto a Vittorio Emanuele III di Savoia il titolo
de Re d’Albania e Imperatore di Etiopia. A quei tempi quelle cose si
ritenevano importanti. Si consideravano punti d’ onore per l'Italia. Giusto o
non giusto, questo generalmente si pensava. Ma poi ti arriva una guerra
vera, nel 39, non solamente la guerretta africana del 35. E i
sacrifici, le tensioni, i malumori in Italia aumentavano giorno a giorno per
una guerra che in realtà non si era voluta a livello nazionale ne’
popolare e che ormai si sapeva inesorabilmente persa per il potere
industriale degli Stati Uniti.
Ricordo benissimo quando nel cielo di Roma --
dichiarata Città Aperta per l’intervento protettore del Vaticano e con il
tiepido acconsentimento di Inghilterra e Australia -- vedevamo volare altissimi
e indisturbati centinaia e centinaia di aeroplani degli Stati Uniti che
raggiungevano obiettivi al Nord della Città Eterna. Era un enorme
manifestazione di potere. E noi speravamo di vincere quelli lì?...si
sentiva commentare.
Il Re aveva cominciato da tempo a preoccuparsi della sua
Casa Savoia e dell’Italia, in quell’ordine di priorità. Aveva mandato a
arrestare Mussolini con il fine evidente di ottenere una specie di
pace e poter difendere il suo trono. Ma Hitler era poi arrivato a
rompergli le uova nel paniere mandando quel 007 nazi che fu abilissimo
nel liberare Mussolini in una operazione rocambolesca e pericolosissima.
Io ero ragazzo e poco dopo volli andare a conoscere,
con un gruppo di amici quindicenni studenti di Liceo, quel luogo, che era
Campo Imperatore, nelle quasi Alpi d’Abruzzo.
Ed effettivamente rimanemmo impressionati dalle
condizione che supponemmo avverse in quell’occasione della liberazione di
Mussolini. Un blitz, si direbbe oggi. Colpo di mano, dicevamo prima
quando si parlava italiano. Ma Mussolini, anche se liberato, era ormai un uomo
stanco... deluso amareggiato, conscio del fallimento della guerra, irritato con
i tedeschi, e dovendo poi fare buon viso al sorridentissimo Fürer che lo
ricevette davvero a braccia aperte. Avrebbe preferito rifugiarsi in
Spagna? Mussolini non seppe dirgli di no. O intimamente non volle. O non
potette? Punto sul vivo? Forse pensò che con un po’di ricostituente si sarebbe
rimesso in forze. Chissà... Conclusione, nel Nord d’Italia formò, o
dovette formare, la Repubblica Sociale Italiana, un fatiscente Stato fascista,
decisamente sottomesso ai tedeschi. E cominciò la tremenda guerra civile
tra italiani. Assurda, inutile, ridicola, eroica, vergognosa.
Mussolini cercò di allontanare da sé la Petacci. Da sé e
da un destino che ormai sentiva inevitabile.
Ormai non credeva pìù nemmeno alle famose armi
segrete, toccasana sbandierato per risolvere la guerra. Il Fürer gliene parlava
per dargli animo. Forse ne era convinto anche lui. Sì, è vero,
c'erano stati i V1 ed i V2, armi segretissime moderne che avevano
martellato Londra.
Indubbiamente dimostrazione della capacità scientifica
dei germanici. I tedeschi non copiavano da nessuno. Tutti copiavano dai
tedeschi; piccolo dettaglio: copiavano ma con molti più mezzi.
Ma poi? Il fronte si era girato ad Est. Contro l'Unione
Sovietica. Certamente ci fu una febbrile corsa tra scienziati, a chi arrivava
prima alla bomba atomica. Ricordo benissimo che in quei tempi atroci si
commentava che Hitler avesse detto: Dio mi perdoni gli ultimi
dieci minuti di guerra.
Pensava veramente sterminare il nemico con l’atomica?
O sterminarsi con tutto il mondo in un
supremo atto di strage-omicidio-suicidio?
Ma ormai non ci credeva più nessuno. Mussolini
era molto più cosciente del suo alleato-amico-padrone.
Cercò di allontanare da sé quella ragazza alla quale si
era veramente affezionato, ormai che si sentiva vecchio, stanco e con un
destino segnato.
Un giorno, si dice, la signora Petacci, così
la si chiavava ultimamente, senti dall’usciere dirsi che Mussolini non la
avrebbe più ricevuta.
Doppione della Margherita Scarfatti? Messa alla porta con
passaporto di buona uscita?
Ma Claretta non era Margherita, non era una signora. Era
in fondo una ragazza innamorata e impulsiva. Mani sui fianchi e a agomitate
gridando come una ossessa, fece due a due gli scalini per piombare nello
studio di Mussolini, gli si piantò di fronte... e Mussolini, stanco, chissà
remissivo, la acettò ancora al suo fianco.
Claretta non lo lascerà mai più.
Poco dopo arrivò la tragica fine, un accordo-complotto
mal riuscito tra partigiani del CLN e il cardinale di Milano, Mussolini vestito
da soldato tedesco. Arrivò la sua cattura. Mussolini già morto
moralmente, quasi accasciato ad una parete per strada, un partigiano con il
mitra puntato... l'ultima scena.
Sparatemi al petto!!
Furono le sue ultime parole,
il suo ultimo grido, il suo ultimo ordine...
Claretta Petacci, di 33 anni, con l'impeto della donna
che ama, si lanciò addosso al suo Mussolini. Per coprirlo, per difederlo,
per fare scudo a lui con il suo corpo.
No!...no!...Mussolini non deve morire!!!!
Fu il suo grido.
E ci furono due raffiche di mitra. Claretta senti solo
una.
I due corpi furono in qualche modo trascinati con
altri gerarchi fascisti a Milano. Tutti cadaveri, ormai, vennero appesi per i
piedi con ganci di macelleria in una Stazione di Servizio a Milano, in Piazzale
Loreto. I Pompieri lavarono con i loro getti d’acqua quei cadaveri
macabri sui quali fino a poco prima aveva infierito il
"pubblico" esultante con sete di vendetta.
Solamente un sacerdote ebbe un minimo atto di pietà.
Cercò di coprire come potette le gambe di Claretta, anche lei appesa per i
piedi e la gonna risvoltata e insanguinata che sbatteva come uno straccio
sul viso.
Una Claretta assolutamente irriconoscibile con il volto
tumefatto. Il prete si rese conto che alla donna mancava completamente la
biancheria intima.
E dalla sua vagina, come orrida voragine, ancora scorreva
del sangue perché qualcuno, con un manico di scopa, aveva voluto profanare e in
qualche modo violare il suo corpo di donna.
E così, in questo modo, terminò la vita di Mussolini e
Claretta.
Possono essere vari e contraddittori i giudizi su
Mussolini. Non potrà essere diversamente.
Ma la donna che lo amò fino a quel punto, merita il
massimo rispetto.
Così sanno amare le donne, quando amano. Non noi uomini.
In fondo noi uomini con loro siamo ancora poco più che
stalloni.
77/
STALIN
e le sue amanti.
INTRODUCCIÓN.
Nemmeno è facile facile parlare con una certa sicurezza
di Stalin. La bruma, la leggenda, l'odio furibondo e l'adorazione fanatica
impediscono una visione sicura, come del resto con quasi tutti i politici e
persone di certa importanza. Gli Dei e i Dittatori sono sempre avvolti in
mistero. Così sia che se li possa conoscere meno e supporre in loro quella
capacità che vorremmo avessero.
Dov'è nato Stalin?
Nella mitica Colchide, tra il Ponto Euxino e il Mar
Hyercanium, dove arrivò nella sua epoca l'avventuroso Giasone con tutti i suoi
argonauti per rubare il famoso e prezioso Vello d'Oro. E il Fato
imperscrutabile trasformerà il suo furto con scasso in poesia e atto eroico.
Ossia la Georgia, per usare una espressione un po' più aggiornata, tra il Mar
Nero e il Mar Caspio.
In quella zona, nel fine 1800, viveva una bella coppia di
contadini, figli di contadini e nipoti di servi della gleba. L'uomo si chiamava
Yósif Vissarion Dzhugashvil e lei Ekaterina Gueladje. Lei era
una donna seria, devota, con la testa sulle spalle e lavorava da domestica e
lavandaia per mantener sé stessa e il suo figliolo. Il marito non valeva
granché, insoddisfatto di tutto, faceva qualcosa anche lui per mantenersi, ma
il poco che guadagnava se lo spendeva in vodka e tra un bicchiere e l'altro,
secondo le tradizioni, se la passava ubriaco fradicio ad affermare la sua
mascolinità di padrone di casa dando botte da orbi alla povera moglie tra
improperi e bestemmie. Nel 1879 nasce un bambino, candidato al punchingball. La
mamma lo chiamerà Yosif come il padre; e aveva un difetto fisico che avrebbe, chissà,
fatto felice Darwin con la sua evoluzione: le dita di un piede erano unite tra
di loro con una membrana che rivelerebbero l'origine acquatico dell'uomo. Il
bambino cresce, incomincia a prendere anche lui botte dal padre ubriaco, si
terrorizza, scappa, si nasconde.
La mamma, oltre a difenderlo come può, si accorge che il
ragazzino è intelligente, capisce subito e bene, nonostante sia deboluccio di
costituzione e semi anfibio. Naturalmente aspira per lui quello che si augurano
tutte le mamme: che il suo bambino possa avere un futuro migliore dell'inferno
dove vivevano.
In tutti gli ambienti di poveracci, da secoli, in Europa,
la unica strada per cercare di uscire dall'ignoranza e dalla povertà, è stata
quella di diventare prete. La vocazione o chiamato di Dio non aveva
assolutamente niente a che vedere. Ci viene in mente che Casanova, il gran
seduttore d'altri tempi e d'altri lari, era sacerdote.
Il seminario assicurava sempre un pezzo di pane nel
refettorio. E la mamma, tanto fece e disse, che quando Yósif aveva appena nove
anni riuscì a rifugiarlo nel seminario della zona. Per dargli una educazione,
per offrirgli un futuro e per sottrarlo agli irrazionali comportamenti violenti
del padre che gli avvelenavano il carattere. Un compagno di Stalin di quei tempi,
il cui nome adesso non ricordo, commentò moltissimi anni dopo che tutte quelle
botte ricevute e non meritate, mal tempereranno il suo carattere già forse
ribelle, scontroso, sospettoso; ma anche lo trasformarono in duro e
crudele. Questa è la gran colpa dei genitori che non sanno o possono educare
veramente i loro figli; e saranno i responsabili dei loro futuri
comportamenti negativi. Mancanza di educazione, tutto sommato.
Comunque i sacerdoti già all'inizio del seminario
si resero conto che il ragazzino era molto capace, addirittura eccezionale.
Così che nel tempo decideranno dargli una molto buona borsa di studio per
Teologia, verso la quale sembrava inclinato.
Però, a parte la teologia il ragazzo cominciò a leggere,
chissà come, qualcosa sulla rivoluzione, sul socialismo, sul marxismo. E questo
qualcosa nuovo la intese appunto come fare per liberarsi da certi pesi inutili,
di come evitare gli orrori de una vita miserabile come quella sua e di sua
madre, orrori che ricorderà sempre. E anche si ricordera di suo padre, anche
lui in fondo una vittima, un poveretto anche se era un bestia. E si entusiasmò,
certamente, come si entusiasmano i giovani, in tutti i campi, non solo
nell'amore. Entusiasmi e spinte ad agire in qualche direzione.
Deve aver parlato di questo con compagniucci del
seminario. Cosa ti succede?
In tutti i seminari, in tutte le sette, associazioni, nei
vari gruppi sociali ai quali si vuole appartenere per ricavarne una certa
sicurezza, il pezzo di pane e le primissime necessità non mancano mai, nel
senso che ci si aiuta reciprocamene. Questo è il motivo dell'associazione. Però
c'è anche sempre un prezzo da pagare. Il prezzo da pagare è la quota sociale.
Ossia obbedire alle norme che uno stesso si pone o accetta. Quasi senza
ragionare. E se qualcuno comincia ad avere qualche dubbio su qualcun altro è
ovvio che lo si comincia a controllare, spiare, denunciare e finalmente
espellere, perché la difesa di sé stesso è la cosa più naturale del mondo.
E così anche i barbutissimi sacerdoti di Georgia, attenti
a mantenere il loro status quo come tutti nel mondo,
sospettosi e forse poi anche invidiosi e con il terrore che si formasse un
centro di rivolta, sbattono via su due piedi il seminarista promettente pero
pericolosamente rivoluzionario e che stava contaminando l'ambiente religioso.
“Vade Retro Satanás…”
Fu nel 1899, nei suoi 20 anni di età.
Però, avendo vissuto per 11 anni in una associazione
religiosa, qualche cosa apprese senz'altro: a dissimulare, a frenarsi, a
controllarsi per raggiungere l'obiettivo. Questo è quello che conta. Como se
avesse letto il Principe di Machiavelli.
Una volta fuori dal seminario comincerà a guadagnarsi la
vita dando lezioni a giovincelli della classe media.
Nel 1901 entrerà nel Partito Rivoluzionario Operaio, clandestino.
Lì conoscerà Lenin. Ed un poco più tardi, da quelle parti, darà inizio a quella
che il Maestro Lenin, più sofisticato, chiamerà elegantemente Campagna di
Espropriazioni. Furono assalti e furti a Banche, con contorno di estorsioni,
per finanziare la Causa. La Causa Bolscevica, naturalmente.
E il Georgiano Meraviglioso, come lo chiamerà Lenin, farà
qualche bel viaggetto, piuttosto lungo per rendere conto al Maestro del suo
operato. Lo troverà in quei tempi nella magnifica oasi dell'Isola di
Tiberio, a Capri. E lo vedrà giocare scacchi con Massimo Gorki, tessendo,
confabulando, promettendo, vedendosi con i Krupp ed altissimi ufficiali
Prussiani mandati dal Kaiser. E Lenin, bravissimo giocatore di scacchi,
prevederà molte giocate nello scacchiere Europeo. Ottenne l' aiuto del Kaiser e
riuscì poi a costituire la sua Unione Sovietica. C'era Inessa Armand in quei
tempi, a Capri. Ma Stalin non aveva occhi per lei. Era Lenin, la futura Icona
Massima del Paradiso Sovietico, il sensibilissimo a quegli sguardi
affascinanti. Si era innamorato.
Però questo succederà molto più avanti nel tempo.
Per ora il nostro Yosif iniziò i suoi andirivieni, non
ancora a Capri, ma in Siberia. Sette volte fu deportato in Siberia e sette
volte scappò. La prima volta che lo condannarono all'esilio fu per organizzare
uno sciopero contro i Rothshild. Chissà da allora nacque una certa antipatia
per gli ebrei.
Durante uno dei vai e vieni in
Siberia, un bel giorno si sposò...
Diciamo che si
sposò...Chiamiamolo matrimonio.
78/ EKATERINA
SVANIDSE.
LA PRIMA SPOSA DI
STALIN.
La conobbe nel 1904, quando lui ne aveva 26. Lei era
la sorella di un compagno rivoluzionario. Sembra di una famiglia abbastanza
buona di Georgia. Bella ragazza, si suppone al guardare la foto presunta di
lei. E qui bisogna considerare qualcosa che sarà valida per tutte le mogli o
amanti di Stalin, per i suoi figli e per Stalin stesso. Mi riferisco al voluto
“sfuocato” di eventi e di persone di un certo spicco, per fini diversissimi,
religiosi, politici, storici, o quello che sia, come abbiamo già accennato più
di una volta, che spesso si traduce in falso; ossia il tergiversamento
della verità, sarà ed è stata stata sempre un bel trucco magico di tutte le
polizie di ogni stato del mondo, da sempre. Quindi coinvolge anche
Stalin, nulla di novo. Coinvolge molto anche Stalin e il suo contorno.
Fotografie comprese. Uno sfuocato che può arrivare al contraddittorio. Nel caso
di Stalin, io personalmente ho visto antiche foto della stessa persona che un
esperto riconosce come sposa numero uno e che un altro riconosce come sposa
numero due. Con nomi e cognomi differenti. La mai bene identificata Kagánovich
è riconosciuta da certuni come moglie numero tre. Ho visto foto apparentemente
originali ed altre vistosamente, pacchianamente ritoccate. La stessa foto di
una donna con capelli raccolti e un'altra foto con gli stessissimi dettagli,
anche nell'entourage, però con i capelli sciolti. In una foto rigogliosa
e in un'altra magretta di seno. Evidenti i ritocchi primitivi e grossolani. Il
solito diffuminato e sfuocato per gli Dei e gli Eroi. Appunto, per non farci
vedere ne' capire bene. E noialtri, il volgo? Adorantes cernui...
Bene. Come abbiamo già detto, Yosif entrerà nel
partito rivoluzionario operaio e conoscerà Lenin, il Maestro. E da allora più o
meno cominciò magistralmente la campagna di espropriazioni per finanziare la
causa.
Continuiamo. Nel 1907, la bella Ekaterina avrà un bel
bambino, evento frequente anche tra i russi ortodossi. Lo chiameranno Yácov o
Jacob o Giacobbe. Non diciamo anche Giacomino, perché sembrerebbe poco
rispettoso
Abramo, Isacco e Giacobbe era la triade dei
progenitori biblici del popolo di Israele. Senza commentari. Ma poco dopo
Ekaterina mori. E nacquero pettegolezzi: che perché Ekaterina aveva dato a suo
figlio un nome chiaramente ebreo e non un vero bel nome russo, come la gente?
Perché era ebrea lei stessa? O aveva avuto il suo bambino da un amante ebreo?
Certo, era stato Stalin stesso allora ad ammazzare la
moglie quando sospettò dell'adulterio. Sarà per questo che
Stalin sembrava odiasse Yácov?
Però un' altra versione, tanto per aumentare lo
sfumato, assicurava che Ekaterina era morta improvvisamente di tifo, tra le
braccia amorose e desolate del marito, poco dopo la nascita del bambino. E che
quindi il poco amore di Stalin per Yácov era dovuto a un ridicolo ma
comprensivo risentimento facendolo responsabile della la morte di Ekaterina.
Sia come sia, pare che ai funerali di Ekaterina un Yosif, represso e
impassibile, di sentimenti inscrutabili, abbia commentato a un certo amico suo
che con la morte di Ekaterina il suo cuore era ormai diventato di pietra.
Sia come sia stata la morte della sua prima moglie,
Yósif Vissarion Dzhugashvil non avrà mai un gesto di amore di affetto, di
qualsiasi tipo di tenerezza con suo figlio, il povero Yácov. Crescerà solamente
con le persone di servizio e poi appena un po' più grande, lo manderà a vivere
con la famiglia di sua madre. Evidente che il ragazzo crebbe male. E rimase
sempre con il gran complesso di non sentirsi gradito a suo papá. Si sentiva
respinto. E forse con timore di non poter essere all'altezza delle sue
aspettative. Certamente tutti gli parlavano di suo padre come il grande genio,
quasi una divinità. L'adorazione per Stalin arriverà a sostituire l'adorazione
alle sante icone. Stalin era un uomo eccezionale, nel male o nel bene,
indubbiamente. Quasi unico, direi. Ed i figlioli, invece saranno persone
normali, nessuno erediterà le eccezionalità del padre. Forse Yósif-Stalin
riversava su Yácov in maniera psichicamente contorta anche il ricordo del suo
odio per il suo stesso padre, la bestia ubriaca che lo picchiava da bambino,
terrorizzandolo; e dimostrava cosi la sua rabbia su quel figlio suo,
normale, che senza capacità speciali, poteva scansarsi di dosso, senza averne
il merito, le atrocità del comportamento che suo padre aveva invece avuto con
lui.
E Stalin sarà deluso anche dal secondo figlio, il bel
Vassili, aviatore. Forse non tanto da Svetlana. Chissà, essendo donna, non
pretendeva gran chè da lei. Invece, molto probailmente qualcosa dovette aver
sentito per il primo figlio, Costantino, quello nascosto, avuto da Maria
Kuzàcoba. Quello che sicuramente fu lui a mandare ad educare nella Università
Sovietica di Leningrado, elitista scuola di favoriti. E chi se non Stalin
stesso ? Quell'ufficiale che poi vide per la prima volta e intuì fosse il
figlio suo e di Maria Kuzàcoba, avuto lassù, in Siberia. E che non aveva visto
mai. Lo vide, lo guardò intensamente per qualche secondo e andò avanti
Ma mi sono anticipato.
Di questo parleremo più avanti, cosi come parlerò di
cosa successe a Yácov, dopo una trentina d'anni, ai tempi della Guerra Patria.
La Guerra Patria, quella stessa guerra mondiale che i sovietici chiamarono
sempre, limitandola a se stessi come gli unici vincitori, come Guerra Patria; e
fu quando Yácov cadde prigioniero della Wehrmacht.
79/
MARÍA KUZÀCOVA
Non era la moglie
ma gli dette un figlio
Poco dopo la morte della moglie Ekaterina, la Polizia
zarista riacciuffaYósif-Koba (Stalin) , che in quell'epoca usava lo pseudonimo
di Koba, mitico eroe nazionalista Russo o Georgiano; o chissà per il mitico
eroe nazionalista, ebreo, Bar Koibà. E questo lo assumono coloro che sostengono
l'origine ebrea di Stalin. Lo riacciuffano e lo rimandano in Siberia. Altro
esilio. Lo mandano a Solvychegodsk, zona freddissima molto al nord di Mosca
dove conosce Maria Kuzàcoba. Si sa pochissimo di lei. Non ho trovato nessuna
foto ne' sua ne' del bambino che ebbe con Yósif. Ma quando il nostro eroe
riusci a scappare ancora dalla prigionia, la donna era in felice attesa, cosi
che Stalin non conobbe il bambino. Qui pero dobbiamo aprire una porta al
futuro. Anni dopo questo bambino, già adulto, che come accennato prima si
chiamava Costantino, entrò nella riservatissima Università di Leningrado (ex
Pietrogrado e futura San Pietroburgo). Pur non essendoci prove, è ovvio
che entrò per intervento di Stalin. Chi mai avrebbe potuto farlo accettare in
quell'università per figli di alti funzionari del regime? A parte che si sa che
la polizia segreta, la famosa NKVD, lo obbligò a convenire che mai rivelerebbe
la sua identità come figlio di Stalin.
Bene. Con il tempo questo giovane, apparentemente
capacissimo, si trasformerà in Colonnello. E sembra che poco dopo, in una
occasione, il Generalissimo Stalin, ormai di capelli grigi, camminando
pensieroso negli uffici del Cremlino, passando vicino a lui, di servizio da
quelle parti, improvvisamene si fermò. Lo guardò con attenzione. Stalin era
istintivo, molto percettivo, come Rasputin. Fermo di fronte a lui lo guardò con
i suoi occhi penetranti, indagatori, come a riconoscere qualcosa. Dette con i
denti due o tre giri alla su pipa sempre guardandolo. Evidentemente lo aveva
riconosciuto. O chissà, meglio detto, lo aveva sentito. Nessuno dei due disse
nulla. Poi il Generalissimo Stalin, già anziano, come svegliandosi da una
immagine di fantasia, dette un'altro giro a quella pipa che ormai non fumava
più e riprese il suo andare.
Chiusa la parentesi al futuro.
Torniamo a Koba in Siberia a inizi del 1900.
7 80
/
GLI ALLILUYEV: OLGA
|
Non era la sposa. Però fu
su amante
e futura suocera.
Quando scappò per la prima volta dalla Siberia lasciando
Maria Kruzácova con il pancione rivelatore, la prima persona che lo ricevette in
casa nascondendolo dalla polizia zarista in quella primavera del 1912 fu un tal
Sergei Alliluyev, anche lui rivoluzionario, ex operaio di non so che
ferrovia da qualche parte, che viveva a casa con la moglie Olga Alliluyeva, con
la figlioletta Nadezha (Nadya) ed altri figli e figlie che però adesso qui non
interessano. Sono solamente queste due donne, madre e figlia, quelle che
formano parte della storiella romantica, bel minestrone di informazioni
contraddittorie per gli anni futuri per fomentare la libido
spettegolandi e complicare la vita ai poveri storici biografi.
Olga era una bella mescolanza di tedesco, rumeno, russo,
georgiano. Aveva fama di essere stata molto bella nella sua gioventù, che aveva
molti "uomini intorno al suo dito". Espressione che potrebbe
essere tedesca, rumena, russa o georgiana. Mah, sarà. Quando gli uomini normali
( cioè noi, ovviamente) ci giriamo a guardare una donna, non stiamo certo a
fare giretti con gli occhi intorno al suo dito. Che c'entra il dito? Siamo
franchi. Guarderemo qualche altra cosa. Paese che vai, dito che trovi.
Continuiamo.
Questa Nadia, figlia di Olga, era una bambinetta. Secondo
una leggenda familiare che ci rivelerà in anni futuri una figlia di questa
bambinetta -- una certa Svetlana, della quale anche parleremo tra un po'--
la bimba Nadia fu salvata da non si sa che rischio di affogarsi in non si
sa che fiume o lago o bicchier d'acqua. Conclusione, il salvatore eroico fu il
giovane georgiano, misterioso, perseguitato dai brutti e odiati zaristi, il pluri-soprannominato
Koba, di enigmatici occhi quasi da gatto, che " le raccontava
storielle e la faceva ridere". Orbene, questo enigmatico
personaggio era tanto pedissequo ai suoi doveri di ospite che quando il papà
della bimba si allontanava di casa per i suoi impegni di lavoro o per tessere i
destini della futura patria socialista, cercava generosamente di sostituirlo in
tutto quello che gli fosse possibile. E la signora Olga Alliluyeva, dicono, ne
era grata e lo contraccambiava come sanno contraccambiare le donne di qualsiasi
origine e classe sociale.
Passa il tempo.
Molte cose succedono nel mondo e anche in Russia. Ed
arriva anche il famoso 1917. Rivoluzione Russa e tutti i cambiamenti che
comportò. Falce e Martello. Molti felici. Molti terrorizzati. E anche
molti morti.
81/ LOS
ALLILUYEV: NADEZHA (NADYA)
(LA SECONDA
SPOSA)
Da non confondere con altra Nadya, la Krùpskaya, sposa di Lenin
La bimba Nadya continua a crescere nella nuova Russia e
come figlia del quasi Eroe rivoluzionario, il compagno Sergei Alliluyev, entrò
a lavorare niente di meno che nell'Ufficio Centrale del Grande Capo Lenin, in
San Pietroburgo ed era la esperta di un codice misterioso confidenziale, top
secret.
Aveva 16 o 17 anni, un fiore. Veramente bellina. Si
vestiva in maniera stravagante, secondo le opinioni delle altre ragazze che
erano sempre di scuro, ascetiche, smandrappate. E si pitturava anche un po'.
Insomma, carinissima. E Stalin la incontrò per combinazione nell'ufficio del
Grande Capo, senza riconoscerla, senza sapere chi fosse. Stalin la guardò con
quello sguardo che noi uomini spessissimo abbiamo, involontario però rivelatore
di un certo interesse per una donna. Ma lei lo riconobbe subito. Abbracci e
sorrisi. Il Grande Capo, celestino involontario, ordinò loro
non so che missione speciale. Simpatizzarono. Lei aveva 17 anni e lui 38.
Chissà, per lei Stalin forse continuava ad essere il
misterioso personaggio che aveva conosciuto nella sua infanzia, il suo
salvatore, il suo Robin Hood, quasi un Principe azzurro. Ed inoltre adesso era
una persona di notevole importanza al fianco di Lenin: la qual cosa sempre
attrae una donna. Il fascino dell'uomo forte o ritenuto tale. Versione
attualizzata del primitivo maschio dominante che seduce.
Insomma un bel giorno il bravo Stalin, forse con un po'
di vodka in più, cercò di sedurla. Lei non aspettava altro. Si lasciò sedurre.
Furono amanti...e lei rimase incinta. Quando il papà di Nadya, adesso anche lui
un personaggio e quasi eroe, il compagno Sergei Alliluyev, seppe di questo, si
dimenticò completamente delle moderne teorie dell'amore libero socialista, si
incazzò come una bestia e esigette subito quello che avrebbe esatto qualsiasi
papà odiato borghese: magari senza il Pope, ma che fosse matrimonio. E
matrimonio fu.
E la serafica Olga Alliluyeva, sposa di Sergei e madre de
Nadya, da ex amante se trasformò in suocera di Stalin.
Arrivò la cicogna. Anzi ne arrivarono due. Distanziate ma
ne arrivarono due.
Anche nell'Unione
Sovietica, nonostante il suo Cinturone di Isolamento con lucchetto marca Lenin,
arrivavano le cicogne.
La prima portò Vassili, nel 1921; nel 1927 portò
Svetlana. Parleremo un poco più tardi di questi due infelici figli di Stalin e
dell'altro, il primogenito Yácov; tanto felice nemmeno lui.
Però adesso intratteniamoci un poco sulla seconda sposa
di Stalin, la salvata alle acque, Nadya, la più infelice di tutti.
Si sposarono, è vero. Ed è verissimo che lei era
innamoratissima di Stalin, infatuata.
E Stalin? Eh Eh... Di Stalin non si sa. Ho letto brani di
lettere scritte da Stalin a sua moglie, dei primi tempi, con certe espressioni
di tenerezza normali in un uomo che ama. Ma sanno amare veramente gli uomini?
Specie un tipo come Stalin? Perché a parte le letterine affettuose, è anche
vero che il georgiano fuggitivo approfittò ben bene dei segreti di ufficio di
sua moglie, segretaria privata del Grande Capo Lenin e con ampio accesso al suo
Top Secret. Cosicché Nadya era sposa fedele ma infedele segretaria che i
segreti del Capo non li manteneva segreti, ma li passava di nascosto al marito.
Pare che la luna di miele non sia però durata moltissimo.
Fine alla morte di Lenin? Coincidenze?
Musi duri e bisticci erano sempre più frequenti tra i
due. La figlia di entrambi, Svetlana, moltissimi anni dopo scrisse che negli
ultimi tempi aveva sentito sua madre gridare al marito, impassibile: Tu
non sei quello che io credevo che tu fossi. Sei un mostro. Tratti male i tuoi
figli, tratti male tua moglie e tratti male il popolo di Russia...
Sembra che Nadia volesse il divorzio ma non lui.
Conclusione, nel 1932, lei di 35 anni e con la bambina Svetlana ancora di 5
anni, la moglie di Stalin morì.
Suicidio, fu un commentario.
Appendicite, dissero altri. Uxoricidio, sussurrarono altri ancora. La cosa
sicura era che Nadezha Alliluyeva non era psichicamente
stabile. Si alternavano in lei depressioni e manie. D'altro lato, uno si
chiede: come si fa a non averne quando si vive con uno sposo come Stalin? Nadia
avrà potuto passare ai suoi figli, in qualche maniera, queste instabilità
psicologiche, chissà non congenite, ma acquisite dall'ambiente familiare ?
Nemmeno Vassili, nemmeno Svetlana saranno persone molto
normali.
Sinceramente sono convinto che non si può essere molto
normali avendo un padre o un marito come Stalin. Per avere una vita tranquilla,
serena, in fondo felice e senza soprassalti bisogna vivere in un ambiente
normale. Le Mille Lire al Mese, come diceva quella vecchia canzone
del 1939, che ancora ricordo benissimo.
I Grandi, i grandissimi, gli uomini che lasciano... più
vaste orme... in bene o in male, sono personaggi che distruggono tutto
quello che è vicino loro. Il sole brucia se ci si avvicina troppo. Lasciamo che
i grandi seguano il loro destino e che noi normali si segua la nostra
normalità. La nostra aurea mediocritas, in questo senso
classico oraziano. È anche più facile avere cosi una vita più o meno felice. In
fondo, cos'è che importa di più nella vita? Nella nostra breve luce? Sicuramente
viverla nel miglior modo possibile e che non ce la sconquassino i geni. I geni
sono capaci di costruire in mondo nuovo ma distruggono le loro e le nostre
famiglie.
La mia esperienza di adesso,
nei miei 86 anni di vita, non vuole imporre una Laus Stultitiae; però
sì, suggerirei una laus mediocritatis.
82/
VALENTINA ISTAMINA
83/
ROSA KAGÁNOVICH.
Con la morte di Nadia Alliluyeva probabilmente
qualcosa cambiò nelle relazioni "amorose" di Stalin. Da allora, nella
maggioranza dei casi ebbe incontri occasionali. Cercava o gli proponevano
avventurette fugaci con ballerine, ragazze di teatro, quasi sempre giovanissime
e di ambienti di dubbia serietà. Tra le puttanelle, insomma. Stalin, come del
resto Mussolini... e chissà quanti altri uomini... cercava in generale la
propria soddisfazione sessuale, come necessità fisiologica. Poco di più. Questi
due tipi avevano qualcosa in comune. Bruschi ambedue e provenivano da un
ambiente poco raffinato. Tutti e due dovettero imparare a mangiare a tavola
decentemente e osservare un certo comportamento con le signore; anche se in
questo mai ottennero grandi risultati. E se andiamo poi a vedere, la
maggioranza degli uomini è ancora cosi, purtroppo. Bruschi e egoisti. Ci vorrà
ancora del tempo...
Casanova, l'amante per antonomasia, nelle sua
relazioni amorose cercava il piacere ma soprattutto per darlo alle
sue amanti, più che a sé stesso. Forse, chissà, c'era una forma i narcisismo
nel desiderio di piacere agli altri, alle altre, pardòn... per
ottenere a cambio una certa maggiore ammirazione verso di lui. Ossia, era
disposto a limitare il proprio piacere purché aumentasse quello della partner e
che quindi lui fosse ammirato di più, come il migliore amante. Insicurezza? Chi
cerca la approvazione altrui in fondo è un debole. Chissà...ma io non sono
psicologo.
Ne' psico-narci-patologo... ammesso che
esista il termine.
Così era lui. In fondo: un altruista.
Sappiamo che le amanti di Casanova, tutte,
assolutamente tutte, riconoscenti, lo ricorderanno con affetto, e talune anche
quando ormai era un vecchio deriso dai lacchè del suo anfitrione..
Che poi alla donna piaccia l'uomo forte, il dominante,
quasi bestia, quasi violatore, questo è anche vero; però è un altro momento della
psiche femminile. La sottomissione -- sono tua, fai di me tutto quello
che vuoi -- dura poco. Poi la donna lo lascia. Perché la donna vuole
essere anche e soprattutto curata, amata, coccolata,
accarezzata, sentirsi dire cento volte al giorno che è la più bella di tutte e
che la amiamo. Se non facciamo questo o se diamo uno guardo pur distratto
a una gonnella che ci passa accanto scodinzolando, allora la donna ci
lascia.
E forse ha ragione.
Lenin invece in questo campo di emotività,
era completamente diverso sia da Stalin che da Mussolini. Non era
esuberante nelle sue manifestazioni amorose. Le frenava sempre. Le considerava
un pericolo, un emolliente del carattere. Cercò sempre di affogare il suo
innato romanticismo borghese in ara della Causa.
Meno una volta.
Una bellissima e tragica volta...
... e fu quando nel magico ambiente di Capri, di
Parigi, del Café du Lion, si innamorò. Le sue difese caddero sole, come la mura
di Gericò.
Cherchez la femme: Inessa Armand.
Si innamorò. Amò moltissimo, anche soffrì moltissimo,
tutti e due soffrirono, lui e lei.
Scusate.
Stavamo parlando di Stalin. Chiedo scusa per i fuori
tema. Prometto che quando avrò finito di scrivere non girovagherò più.
Allora, ritornando al primo detto, dicevo che dopo la
morte della sua seconda sposa, Nadia, nel 1931, Stalin ebbe quasi
esclusivamente incontri per esigenze fisiologiche, per definirle in qualche
modo. Quasi esclusivamente. Perché dall'anno 1931 fino al 1953 quando Stalin
morì, o lo fecero morire, il tragitto è lunghetto. In questo periodo, specie
verso la fine, tra i suoi capelli nerissimi, cominciarono ad apparire sempre
più numerose ciocche bianche. E lo vedremo abbastanza tranquillo, in quel
senso. In quel senso, chiaro, perché quello era periodo di guerra e tranquillo
non lo era nessuno, dal Giappone alla Patagonia. Ma in casa era diverso. Avrà
una governante che si occuperà di lui, un po' in tutti i sensi: Valentina
Istomina. Non ho assolutamente trovato nessuna foto di lei. Una persona
competente, seria, devota, fedele, che non parlava molto, che farà da mamma a
Svetlana, di 5 o sei anni. Si comportò bene questa buona donna che qualcosa di
attrattivo doveva pur avere perchè la strana unione tutto fare durasse
per ben 15 anni
Darà affetto alla bambina come glielo darà anche a suo
papà...quando lui glielo chiederà. E lei, devota, fedele, ubbidiente, a volte
gli riscalderà il letto. Ben potrebbe considerarsi Istamina come moglie di
fatto.
Nell'ultimissimo periodo di Stalin, appare un'altra
donna, anche se molto diffusa: Rosa Kagánovich sorellina di un alto funzionario
del regime, Lazar Kagánovich, di secondo cognome Cohen che non lascia dubbi
sulla sua origine. Di questa sorellina ho scoperto solamente una foto di quando
aveva 13 anni, carina ma quasi bambina; pare che a quell’età la abbia
conosciuta l’anziano Stalin. Inoltre è una foto discussa, anche se
alcuni giurano che fosse l'ultima amichetta di Stalin. Così giovane?
Comunque di lei non si sa assolutamente nulla.
A proposito di Kagànovic-Coehn vorrei ricordare che ci
furono parecchi ebrei nella prima società socialista. Da dove venivano questi
ebrei? Non erano certamente i Sefarditi, originari della Spagna, gentilmente
allontanati dai Cattolicissimi Re, Fernando e Isabella. Venivano dall'altra
parte, cioè dall'Est, Sud Est per essere più precisi. Si diceva fossero
discendenti della antichissima Tribù di Simeone, anche loro gentilmente
allontanati, ma dalla diaspora del 135 d.C., originata da Bar Koibà; tribù di
Israele, la 10ª, che scappando dalla furia romana arrivò fin lassù, (Colchide,
Georgia)...e si formò il paese dei Cazari con tutto il raccontino del Regno dei
Cazari, forse il primo Regno di Israele dopo i biblico regno di Saul e
successori. Regno che durò anche un bel pezzo, durò 600 anni. Ma, soggetti
anche loro alla legge del vattene tu che adesso arrivo io, quando
poi arrivarono gli Slavi-Mongoli, decisero o dovettero far fagottello e si
sparsero in Russia. Molto probabile che sia succeso così.
Poi però c’è anche un altro raccontino, questo molto
più antichetto, un po’ più fantasioso, ma che esiste: racconta che Aschenaz,
-- figlio di Gomer, figlio di Yafet, figlio di Noè -- pronipote di
Noè, quindi; per qualche motivo, decise di andrsene dalla sua nativa zona
dell'Ararat e dintorni e in barca a remi sia arrivato niente di meno che a
Reggio Calabria. tra Scilla e Cariddi. Questo lo dice lo storico romano
Flavio che lo dicevanoi greci. Dopo chissà quanti secoli e chissà come e chissà
perché, questi figli di Ashkenaz decisero di lasciare la Calabria
ai Calabresi e con figli e figlie e tutto il caravanserraglio vollero
evidentemente più o meno ritornare dalle loro antiche parti, verso Est. Però,
un po' fuori strada, mezzo persi, arrivarono nella Colchide-Georgia. E lì
rimasero. E lì si forma il regno dei Kazari e tutto quello che ne segue.
Vai tu a sapere cosa c'è di vero. Mi sembra un po' la
Antica Realtà Romanzesca della Domenica del Corriere.
Se fosse così gli Ashkenazi sarebbero lontani parenti
di Abramo e Israele, ma non sarebbro loro discendenti. Comunque, che siano gli
esuli della Trbù di Simeone per la diaspora del 135 d.C, o che siano di ancora
più antica e più mitica origine con Ashkenaz, tutti costoro furono chiamati gli
ashkenazi e saranno in una percentuale abbastanza alta nella nuova società sovietica,
la Nomenklatura. Gli ebrei in generale sono stati sempre un popolo
capace ed arrivò spesso a posizioni molto alte sia pure in società che spesso
li avversava. Magari proprio per questo; e per la loro mania di mantenersi
incontaminati.Ma che produce antipatie. Manie. Anche loro con il
difettuccio della razza eletta o superiore che a me sembra sempre la stessa
cosa e la stessa frescaccia.
E perché non farlo in Russia? Nonostante i pogrom?
Perché non cercare di arrivare in alto anche nella nuova Società
Sovietica che in teoria non li avversava?
Questa preminenza diciamo culturale della donna ebrea
russa rispetto alla non ebrea, probabilmente si deve a che alle ragazze ebree,
figlie di padri russi ebrei, generalmente di buone possibilità economiche, le mandavano
ad educarsi nei migliori istituti europei, dove si pensava che ci fossero le
migliori Università, senza distinguere se era in Francia, o Inghilterra o
Germana. Non si sentivano moralmente obbligati a mandare i figlioli in Spagna,
la Madre Patria, come succedeva agli Spagnoli Conquistatori in America del Sud.
Gli ebrei questa benedetta madre patria la avevano perduta da numerosi
secoli, quindi le scelte erano dovute strettamente alle supposte qualità di
insegnamento. E le buone università, dai tempi di Bologna la dotta, erano
caratterizzate dall'essere all'avanguardia in qualche cosa. Così che le
fanciulle partivano, emozionate ed ignare, religiose e rispettose dello Zar; e
tornavano progressiste, liberiste, socialiste, amor libero socialista, se non
addirittura atee e anarchiche. Con preoccupazione dei padri, normalmente. Ma
proprio per questo aderivano più facilmente alle teorie moderniste socialiste
di Lenin y compagni. E quindi si trovavano indubbiamente in un gradino più in
su della maggioranza delle altre ragazze russe rimaste nella sonnacchiosa Santa
Madre Russia.
Per gli uomini la situazione non era molto diversa.
Nei primissimi tempi della Rivoluzione sovietica,
Lenin e Stalin erano circondati da ebrei. Preparati, certamente, ma ebrei. La
mia esperienza mi porta a ricordare che nei miei primissimi tempi di emigrato
in Venezuela, naturalmente cercavo, tra ragazze e ragazzi, eventuali conoscenti
e futuri amici che fossero il più possibile simili a me. Domandavo:
Sei italiana?
Se la risposta era:
Sono nata in Italia, a Milano...
significava che era italiana ebrea nata in Italia. Ossia la ragazza di Milano
aveva quel concetto di internazionalità che a quei tempi mi era ancora assente.
Per questo, secondo me, gli Ashkenazi avevano già da allora una idea più
amplia in generale degli evento storici e non legati al campanile. Con
l'internazionalismo socialista, teoricamente, c'erano punti in comune.
E arrivavano più in alto. Ed erano di numero notevole
nella Nomenklatura Sovietica.
Stalin e Lenin erano praticamente circondati da ebrei.
I Padri Fondatori dell'Unione Sovietica erano Ashkenazi.
Fino a quando il compagno Stalin, con i suoi lassativi
purgativi, più efficaci dell'olio di ricino, li eliminò poco a poco.
In realtà Stalin non eliminò gli ebrei in quanto tali.
A Stalin degli ebrei in sé non gliene fregava nulla. Li eliminò per eliminare
dei concorrenti pericolosi. Per rimanere solo, lui, lo zar Rosso.
A Stalin interessava solo Stalin.
84/
I FIGLI DI STALIN
Yósif Dzhugashvili, con tanti soprannomi e nomi
di battaglia, tra i quali i più importanti furono Soso, Koba e Stalin, in
un'epoca dove ancora non esisteva la pillola anticoncezionale, deve certamente
aver avuto una bella quantità di ragazzini con tutte quelle donne occasionali,
ballerine, attricette, contadinotte, siberiane e di tutte le razze che venne
conoscendo nella sua vita. E si includono anche europee e perfino inglesi. Si
diceva che Stalin avesse uno speciale sex appeal non dovuto solamente all'appeal
speciale che da il potere. Non solamente per questo. Piaceva alle
donne. Con i baffoni e tutto, come uomo e come maschio.
Per questo ebbe qualsiasi categoria di donne. Tutte,
meno monache. Il primato delle monachelle lo ebbe il nostro Casanova. Solo lui.
Stalin si limitava ad avere figli illegittimi, naturali, dei quali nella
maggioranza dei casi nemmeno si rendeva conto. La sua polizia segreta in
qualche caso si occupò anche di questo. Del resto avere figli bastardi era
un'antica abitudine, da sempre, passando attraverso quel jus primae
noctis del Medio Evo che ancora pigramente si prolungava in Russia.
La società lo accettava. La maschile, chiaro. La
femminile lo sopportava con rassegnazione.
85/
YACOV
Fu il primo del suoi figli ufficiali, legittimi,
avuto con Ekaterina (Nadia) nel 1907 o 1908, durante il suo breve matrimonio
con la giovane sposa che morì di tifo tra le braccia amorose di suo marito.
Abbiamo già detto di questo figliolo e lo ripetiamo: Sia come sia, Stalin non
avrà mai un gesto affettuoso con questo suo figliolo, il povero Yácov. Questo
ragazzo crescerà solamente con le bambinaie e più tardi con la famiglia della
madre. Ovviamente crebbe male, con il papà che non lo guardava nemmeno. Si
sentirà sempre respinto e con il complesso di non essere all'altezza delle
esigenze del padre. Un padre, come Stalin, che era molto esigente con tutti.
Anni più tardi, in occasione di una delusione amorosa,
cercò di suicidarsi. Chi cerca di suicidarsi per una delusione amorosa tanto
normale non lo è. Comunque non morì, perché la pallottola si deviò. Si salvò
miracolosamente, ma si salvò. Però si affondò ancor più nel suo delirio
psichico quando seppe che suo papà, informato del fallito suicidio, commentò,
sprezzante: Nemmeno questo sa fare.
Senza una parola di conforto, di comprensione. E
quando poco dopo arrivò la Guerra Patria contro la Germania nazista, il giovane
Yácov era tenente nell'Esercito. Fu a salutarlo prima di partire. Il padre
nemmeno lo abbracciò. Gli disse e piuttosto si potrebbe dire che gli ordinò: Va
e combatti. Niente di più. Il giovane andò. Combatté. E cadde
prigioniero.
E qui successe qualcosa di tremendo, per lo meno
secondo il punto di vista delle abitudini "decadenti" della nostra
società occidentale.
Stalin aveva creato la idea che non esistevano
prigionieri sovietici in mano ai tedeschi: solamente traditori della patria che
si consegnavano al nemico senza combattere. Pertanto quando le autorità
sovietiche venivano a conoscenza de una resa, facevano pagare lo scotto ai
familiari del soldato traditore: presero la giovane sposa di Yácov, che tra
l'altro era anche ebrea, la separarono dalla figlioletta di tre anni e la
mandarono a un Gulag, campo di lavori forzati. A scontare la colpa del marito.
Incredibile.
Yácov era prigioniero in un campo tedesco, ma
d'incognito, senza rivelare la sua identità. Però un giorno un ufficiale delle
SS, guardandolo bene, gli disse: Tu non eri russo. Tu sei ebreo o
zingaro. Per te ci sarà allora qualcosa di speciale...e fece come per
portarlo via.
Chissà lo disse pregustando i forni crematori. Ma dal
gruppo dei prigionieri russi si alzò una voce, chissà qualcuno che voleva
salvarlo:
No, lui non è uno zingaro. È il figlio di Stalin.
Ci fu uno scombussolamento nel campo di prigionia.
Immaginare gli effetti di propaganda. Cercarono con tutti i mezzi che Yácov
facesse qualche dichiarazione, gli fecero fotografie al lato di ufficiali delle
SS offrendogli sigarette. Non ottennero nulla. Intervenne persino Himmler e
Hitler. Proposero a Stalin un cambio di prigionieri.
Noi ti diamo tuo figlio e tu ci ridai il nostro
Feldmaresciallo Von Paulus.
La risposta di Stalin fu fredda e concisa:
Non cambio un tenente per un Feldmaresciallo.
E commentò ai suoi stretti collaboratori: Se
accettassi il cambio, come potrei guardare in faccia a quelle migliaia di padri
con un figlio nelle stesse condizioni?
Nella sua spietata rigidezza Stalin aveva
ragione. Doveva essere di esempio.
E mi viene in mente quell'altro episodio, eroico e
tristissimo della guerra Civile Spagnola, quando uno scambio similare fu
proposto dai Rossi Repubblicani al Nazionalista Franchista Generale Moscardò
durante l'assedio dell’ Alcazar di Toledo. Naturalmente io ricordo la versione
che in Italia si dette a quei tempi, che erano i tempi di Mussolini. Immagino
che dovrebbe essere più o meno simile alla verità. Ma lo suppongo, non ne sono
sicuro: misero in contatto telefonico il Generale con il figlio, prigioniero
dei Repubblicani. Il comandante Moscardò aveva rifiutato qualsiasi baratto e
con le lacrime agli occhi prese il telefono e disse al figlio: Figlio
mio...muori come un eroe... Grida Viva Spagna!
E si sentirono gli spari del plotone di esecuzione.
Questi sono i casi, veri o inventati, conseguenze
della imbecillità umana.
Bene.
Non sappiamo cosa motivò la decisione di Stalin, ma
sappiamo che immediatamente al sapere che il figlio si era suicidato
lanciandosi sul ferro spinato elettrificato del campo di concentrazione, mandò
subito a liberare la nuora nel Gulag, la mamma della sua nipotina.
Fu troppo tardi. La povera donna era diventata matta.
Letteralmente fuori di senno per la separazione con la sua bambina.
86/
KONSTANTIN
KUZÁCOV
1911 Poi venne l'unico figlio naturale del quale si
ebbe notizia, Konstantin Kuzácov, del quale abbiamo riferito il poco che
sapevamo, che aveva studiato nell'Università di Leningrado, che era diventato
Colonnello e che un anziano Stalin vide nel Cremlino per la prima volta e lo
riconobbe o intuì come figlio suo.
86/
VASSILI
1921. Poi, con il matrimonio di lunga durata, di 15
anni, con Nadezha Alliluyeva (Nadia ) ebbe Vassili. Stalin non lo
apprezzava molto. Era un play boy. Bellissimo, raffinato, elegante. Federico
Fellini lo avrebbe definito "un vitellone". Si dava delle arie e
pretendeva privilegi essendo figlio di Stalin.
Dopotutto sono comportamenti umanissimi. Chi non lo
avrebbe fatto al posto suo? Per un uomo essere di bell'aspetto può essere utile
ma anche tergiversare la realtà.
Comunque Stalin aveva ordinato al suo
precettore:
Non voglio nessuna speciale attenzione per Vassili.
Sia severo con lui. Mi pare che non valga molto. È superficiale. Cerchi di
farne un uomo, se ci riesce.
Quando venne la guerra fu pilota di Aviazione. E
partecipava ad azioni sul territorio nemico, naturalmente. Al rendersi conto di
quello che era successo a suo fratello Yácov, decise da allora in avanti di
partecipare alle incursioni, ma senza paracadute. Ossia in caso di essere
abbattuto il suo aereo, preferiva sfracellarsi al suolo ma non cader
prigioniero dei Tedeschi. In fondo era un ragazzo di coraggio. Ed era
anche un molto bravo pilota, dicevano; solamente che
indisciplinato. Una volta per esempio utilizzò un certo tipo di torpedine
per prendere pesci in mare e mangiarseli belli freschi con i suoi amici. Era un
fatto gravissimo! Apparentemente Stalin mai lo venne a sapere. O fece finta. La
sua polizia segreta gli riportava qualsiasi cosa. Sapeva tutto.
Stalin dette l'ordine di non farlo più partecipare in
azioni su territorio nemico.
Per aiutarlo? Difenderlo?
Assolutamente no.
Per evitare che potesse cadere vivo prigioniero dei
tedeschi e quindi dar un'altra opportunità al nemico; ripetendosi il problema
come con Yácov.
Quando nel '53 Stalin morì, Vassili fu immediatamente
licenziato dall'Aeronautica Militare. Cominciò a gridare che a suo padre
lo avevano avvelenato. Lo schiaffarono in prigione e poi condannato all'esilio
a Kazan, nel Tartaristan, dove morì.
Era vero o non era vero che Stalin era stato
assassinato?
Chissà dai medici che sentivano avvicinarsi un altro
periodo di terrore? Da ebrei?
La situazione ebrei si era cambiata col tempo. Dal 45
al 52 era cambiata. Al principio Stalin aveva favorito la creazione dello
Stato di Israele. E poi? Qualcosa successe.
Stalin cominciò a temerli? La visita di Golda Mayer fu
negativa? Al tempo della guerra fredda Stalin aveva cominciato a mandare in
galera e a sopprimere vari funzionari di rilievo dei quali era sempre più
sospettoso. Chissà. Ci sono molte opinioni diverse.
Quando Stalin morì la figlia Svetlana era al suo
capezzale. Commentò poi, che momenti prima dell'ultimo respiro suo papà aveva
alzato con certo vigore un braccio verso l'alto, come se avesse voluto maledire
tutto e tutti. Chissà... Però anche a Svetlana non si può credere molto. Anche
lei come i suoi fratelli era un po' mezzo svitata. Vedremo perché.
87/
SVETLANA
Allilúyeva Yósifovna
Stálina
1927. È la bella irrequieta,
instabile figlia di Stalin con Nadia Alliluyeva. Fu quella che si sposò con tre
ebrei russi ( alternati nel tempo) e poi con un nordamericano dopo essere stata
convivente con un indù comunista. Fu quella stessa signora che a un certo
momento si trasformò in Cristiano Ortodossa e poi Cattolica. Che va in India
per lanciare religiosamente le ceneri del suo quasi marito indù nelle acque
contaminate e sacre del Gange. Che poi scappa negli Stati Uniti abbandonando su
due piedi in Russia i due figli, Yósif e Ekaterina, con nomi che ricordano
affettuosamente il papà e della prima sposa del papà. La stessa che disse che
suo papà era molto affettuoso con lei da bambina e le dava bacetti rumorosi,
con lo schiocco. Ma che poi, da adolescente, la sgridava quando usava le
gonnelle un po' troppo corte. La stessissima signora che disse che quando suo
papà seppe che lei, sedicenne, aveva relazioni amorose con un direttore cinematografico
russo ebreo, Andrey Kapler, la riprese con santissime sberle e il suo amante lo
mandò a espiare al Gulag. Sì, la stessissima che l'anno dopo, dimentica
dell'amante nel gulag, si sposo ai 17 anni con Grigory Norózov, altro
ebreo con il quale ebbe nel 1945 il suo primo figliolo che chiamo Yósif, in
onore a suo papà. Che nel 1946 si divorziò dal Grigory.
Ancora la stessa che nel 1949 si
sposò con un altro bell'ebreo, però questa volta il figlio di Zdanov,
importantissimo ebreo comunista che faceva parte del Presidium del Partito
Comunista. Che dal connubio nascerà la figlia Ekaterina nel 1950. Che anche, ma
questo non lo avevano già detto, rimase apparentemente tranquilla fino al 1967.
E nel fatidico 1967, suo papà già
morto e già mezzo ridimensionato da Khrushchev, chiederà asilo politico agli Stati Uniti e senza tante storie lascerà in
Russia i due figli Yosif e Ekaterina. E la stessa Signora che negli Stati
Uniti, paese dove c'è sempre di tutto. Conoscerà un'altra mezza matta che la
considererà la reincarnazione di una sua figlia morta. Che a lei, chissà per
adattarsi meglio a certe stramberie Yankee, piacque molto la idea della
reincarnazione e si lasciò reincarnare. Che quindi, comprensiva, accettò
sposarsi ancora una volta e con l'ex sposo vedovo della figlia morta e disse
che uno sposo di più o di meno era lo stesso, facendo cosi felice la madre della
figlia morta reincarnata. Che questo nuovo sposo era un architetto
nordamericano, William Presley Peters e che quindi la Svetlana cambierà il suo
nome in Lana Peters. Metamorfosi che, come conseguenza tradizionale, produrrà
che nel 1971 le nascerà un'altra figlia: Olga Peters, a San Francisco, figlia
del Gringo e nipote del Georgiano Stalin. Stalin morto, certamente, ma sempre
Stalin anche se senza reincarnazione. E che quando nacque questa bella bimba,
Olga, non parlava e non scriveva russo. E che non lo imparerà mai e che quando
sua mamma turisticamente la portò in Russia non sapeva ancora che tipo era
stato il suo famoso nonnino bello. E non lo poteva sapere, povera
ragazza, perché si sa che i nordamericani statunitensi come si deve parlano
solamene il nordamericano statunitense. Sono monofonici. Che a un certo
momento, ma non so di preciso quando, la ex Svet-lana però ormai solamente Lana
per risparmiare, si trasformerà in cittadina nordamericana. Stelle e strisce.
Che visto che non aveva tanti soldi, scrisse un bel libro di Memorie che
piacque tanto agli americani per la sua obiettività antisovietica e
antistalinista che le pagarono la bellezza di un milione e mezzo di dollari.
Che nel 1972 si divorzierà anche dal Nordamericano, anche se era architetto,
perché ormai aveva il suo gruzzoletto e il marito non gli serviva più. Che nel
1982 andrà in Inghilterra, a Cambridge e manderà la bambina di 11 anni in una
scuola quacchera. Che chissà come mai decise poi di diventare cattolica. Che la
bambina nordamericana parlava solamente come i nordamericani pero era
intelligente e capiva anche l'inglese di Cambridge. E che finalmente nel 1984
sentirà nostalgia per la sua patria russa, la sua Santa Madre Russia e dopo
tanto anni e con la piccola SanFranciscana andrà nell'Unione Sovietica. Che i
sovietici deferenti le ridaranno la sua cittadinanza sovietica perché
Khrushchev aveva detto e scritto cose su Stalin però senza ricevere nessun
milione e mezzo. Nemmeno un dollaro. Povero Khrushchev che sperava in qualcosa.
Che fu allora quando volle finalmente andare a trovare i suoi figli che aveva
lasciato soli in Russia nel lontano 1967 quando aveva scelto la libertà e il
milione e mezzo di dollari.
Però durante tutti quegli anni i
due figlioletti quasi orfani in Russia erano cresciutelli e non la ricevettero
a braccia aperte. E allora successe che Olga, di 12 anni, la nata in San
Francesco e che non capiva ne' il russo ne' il georgiano, per qualche motivo
speciale, qualche pettegolino le raccontò per ore e ore chi era stato il suo
bel nonnino con i baffi. E che allora la ragazzetta, piangendo in non si sa che
lingua, se ne andò correndo dalla mamma, dicono gridando come una ossessa: WHY,
WHY DIDNT YOU TELL ME THAT BEFORE ??
e nell'86 se ne tornarono in
Stati Uniti.
Così questa avventurosa signora,
accennata per sommi capi, fu Svetlana, la famosissima Svetlana,
nata nel mio stesso anno di nascita. Però con una differenza. Io
posso scrivere di lei però lei mai e poi mani potrebbe scrivere su di me perché
molto recentemente morí in una Casa di Riposo in Winsonsin, USA.
E io, per non morire ancora, sono
scappato dalla Casa di Riposo a Montevideo.
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