22 set 2014

7/8 italiano.STORIA --SI ..MA.. da MUSSOLINI a STALIN.

67/                  BENITO MUSSOLINI

                            E LE SUE DONNE


Non è niente facile parlare delle donne-amanti di Mussolini perché è impossibile riferirsi ai vari tipi di “simpatia” che possano avere avuto con lui senza far riferimento al personaggio. E riferirsi a Benito Mussolini è ancora  oggi un po' un campo minato. Anche se io vivo adesso, in Latino America, in Uruguay  e se pur siano passati ormai più di sessant'anni e la bellezza di tre generazioni. O forse proprio perché sono in Uruguay, un bel paese dove tutto sembra accadere con 50 anni di ritardo. Qualcuno lo disse, scherzosamente: Se vuoi sapere come si viveva nel mondo 50 anni fa, vai a vivere in Uruguay e lo saprai subito. Politicamente qui sono ancora tutti entusiasti con la Unione Sovietica. I vecchi, intendo. I giovani ormai credono di essere originalissimi e sono uguali in tutto il mondo, incomprensibile specie di stagisti di un'altra Galassia.
Credo di essere, perlomeno in Uruguay, uno dei pochi viventi validi che, anche se da giovanissimo, ha visto personalmente Benito Mussolini nel suo apogeo e nella sua caduta.
Ma osservo che anche qui, tanto lontani dall'Europa, non si parla di lui con una certa serenità come dovrebbe accadere allo storico, come se si parlasse delle cose buone o cattive di Napoleone. Qui, se si parla ancor oggi di Mussolini, gli animi si surriscaldano.
Appunto, come 50 anni fa.
 E ne ho avuto un'esperienza deludente, non molto tempo fa, a Montevideo, in una riunione amichevole con giovani con i quali a me in teoria piace conversare ma con i quali non avrei dovuto parlare di cose "da adulti", perché il giovane  è sempre estremista, fazioso e crede di aver ragione lui, ti guarda come un dinosauro e per cose da "adulti" intende solo il porno o come variante culturale parlare di football.
Credo e spero che i miei cari amici lettori sappiano superare le emotività  che ognuno porta dentro di sé. In realtà io credo di essere sincero, per lo meno con me stesso, perché scrivo come disegno: dell'argomento o del soggetto che mi ispira in qualche modo...senza che nessuno venga a dirmi quello che debbo o non debbo fare. Senza censura. No alla mia età. É solamente ad una certa età che si può forse raggiungere una qualche  obiettività di pensiero. Sempre che si sappia pensare un po'. Sicuramente aveva ragione quella buon'anima di Cicerone, che tanto ci divertvamo a burlare da studentelli  al leggere il suo De Senectute.
 Ci burlavamo, ma aveva ragione lui.
Cominciamo. Le vere amanti Mussolini le ebbe tutte, meno una, nel suo primo periodo. Quello che definisco il periodo d'oro di Mussolini, dal 1920/22 al 1938. E quando, tra l'altro, era più giovane. Chissà perché.
Ossia un po' dopo la Prima Guerra Mondiale e un poco prima della Seconda. Questo é il periodo che i giovani d'oggi ignorano quasi completamente. In quell'epoca si parlava di un Mussolini giovane ed energico. Ammirato dalle amanti come uomo e da moltissimi come statista, in un consentimento  mondiale in crescendo per il fascismo. Gandhi, il pacifista Gandhi, non è forse stato con Winston Churchill l'unico personaggio, i due unici personaggi che più di una volta, pur essendo acerrimi nemici tra di loro, accomunati solo dalla loro ammirazione per Mussolini, cenarono con lui? Non in pranzi ufficiali, ma in casa sua, con la moglie Rachele che serviva da mangiare? E i ragazzetti che giravano intorno alla tavola? Divertiti da quel tipo che si vestiva con le lenzuola? E non è stato forse il gran presidente Roosevelt che copiò per gli Stati Uniti molti dei programmi sociali dell'ex socialista Mussolini?

  Senza contare la santissima benedizione del Papa che lo declamò l'uomo della Provvidenza Divina per l'Italia?

E pullularono i partiti fascisti in vari paesi europei. Mi dicono che anche in Nord - Sud  America e paesi Asiatici.
Non molto tempo fa, in una riunione amichevole qui, a Montevideo, intorno a una bella “parrillada”, io raccontai
dei ricevimenti apoteosici della gente di Montevideo, delle
 autorità civili militari,  ad una squadriglia di aviatori e aeroplani fascisti.
 Per poco non mi divorarono.
 Naturalmente nessuno mi credette. Ed io, un po' punto sul vivo e permalosetto come spesso siamo i vecchierelli, mi misi seccato a raccontare che ho ed  effettivamente ancora ho, io, adesso, a casa mia:una bella e vecchiotta pizza cinematografica del Giornale Luce. 
Si vede la “rambla”, il bel passeggio lungomare, fiore all'occhiello di Montevideo, in una bella giornata d’estate. Ed i bei montevideani e montevideane presuntuosamente eleganti si vedono facendo tanto di saluto fascista.

 Qualcuno dei giovani commentò sottovoce, convinto che io non sentissi:"I vecchi son tutti sordi...posso dirlo...sarà che applaudivano come si applaude in un circo a un elefante che fa le capriole...”.
Sarà. Tutto è possibile. Ma mi produsse una certa grazia vedere quel filmato quasi antico, ormai.
Certamente l'episodio successe nel periodo del “Mussolini buono” come lo chiamo io. Ben differente è la figura del secondo Mussolini.
 Il “Mussolini cattivo e tragico” che è quello che solo si conosce  oggigiorno da Hollywood, caricaturato dai vincitori della guerra come personaggio vecchio,  vinto e ridotto a tragica marionetta di Hitler. Caricatura, senz'altro, nel senso etimologico, però ed  anche, purtroppo, con buona parte di verità.  E` da popolo civile  il vilipendio di cadavere, appeso per i piedi con ganci di macelleria in una stazione di servizio a Milano? in pasto alla vendetta della plebe che fino a poco prima lo inneggiava?
Questo è successo sempre. A cominciare da Ettore, trascinato cadavere dal cocchio di Achille. Ed è inutile farsi la domanda.
Gli animali non infieriscono sui cadaveri dei loro nemici. Gli uomini, si.

Bene. Le famose donne ed amanti importanti di Mussolini ( tutte, meno una, la giovane Claretta che volle morire con lui, straziata dalla folla ) furono agli inizi degli anni venti fino alle Leggi razziali, ossia nel periodo quando Mussolini cominciava ad essere considerato uno del più grandi statisti del secolo. E tra queste donne ce ne furono di molto importanti, di spicco, di valore intrinseco, a parte la femminilità.  Era giovane, il Benito.
 Alcune  lo "educarono" politicamente.
Erano socialiste e lo educarono alla loro maniera. Altre lo raffinarono al punto di insegnargli come usare coltello e forchetta.
E quasi tutte lo aiutarono economicamente. Mussolini era gente del popolo, socialista anarcoide, impetuoso, figlio de un fabbro. Però imparava velocemente. Suo padre lo chiamò Benito e non Benedetto in onore a un certo Benito proletario del quale aveva sentito parlare con ammirazione perché  in America aveva fucilato un re pervertito e capitalista.
 Senza avere la minima idea di chi fosse Benito Juarez  e molto meno Massimiliano di Asburgo, ne' dove diavolo stesse Messico.



                                            









    








68/                     ANGELIKA BALBANOBA 



Angelika Balabanova nacque nel 1878 a Chernigov, paesetto mezzo sperduto in Ucraina.
Bella intelligente irrequieta ragazza romantica e idealista, figlia di un ricco avvocato ebreo, sentirà parlare per la prima volta all'Università di Bruxelles delle nuove teorie socialiste.
Tornata a casa , fugge dall'Ucraina, per trovare se stessa, dice.
E torna in Europa e conoscerà il nuovo mondo socialista in Svizzera.
In quell'epoca c'erano personaggi importanti del nuovo movimento di pensiero politico.
Nel 1902, non ricordo se in Svizzera o in Italia conoscerà un giovane che certamente non era né conosciuto né importante.
 Appena un po’ più  giovane di lei, senza un soldo, impetuoso,  irrequieto, ribelle,  anarcoide,  rivoluzionario,senza sapere di che, come accade spesso ai giovani.
 Quel giovane di 20 anni si chiamava Benito Mussolini. Però, chissà, lei vede qualcosa di più che semplice passione in quegli occhi penetranti. Si interessa a lui, lo educa politicamente, gli insegna filosofia, lo fa diventare  socialista. Lo convince ad essere importante. E, dulcis in fundo, finisce per innamorarsi di lui. Lo impulsa ancor di più, lo aiuta e gli insegnerà a scalare posizioni. Anni dopo, il tal giovane male in arnese sarà Il Duce, Capo indiscusso d´Italia e  commenterà a un giornalista:  
 “ Senza la Balabanova sarei rimasto un piccolo funzionarietto... chissà un qualunque socialista  della
domenica...” . 
E così riconobbe la gran influenza di quella donna sulla sua formazione.
 Si innamorò veramente la Balabanova di lui?
Certamente sì.
Si innamorò Mussolini di lei? Certamente no!

Mussolini non si innamorerà mai veramente di nessuna donna. Sicuramente furono amanti, conoscendo soprattutto la grande necessità e capacità sessuale di Mussolini.
 Però Mussolini la tradirà, la Balabanova anche se secondo lui lasciare una donna per un’ altra non sarà “ tradimento” ma il normale succedersi degli avvenimenti amorosi. Io ricordo una frase di Mussolini, una delle tante: “...mai a una donna la si potrà amare più di tre mesi...”.

 Però sì, si allontanerà da lei, perché in questo periodo iniziarono gli amori con Isa Dalzer, esteticién di Milano che gli darà un figlio; e perché non ci fossero dubbi sulla paternità, lei lo chiamerà Benito...e questo le costerá molto caro. Di questa stessa data, più o meno, fu la richiesta di mano, con pistola in pugno ( sic), per avere e sposare Rachele Guidi, figlia di contadini e dello stesso paesetto di Benito.
Ma il tradimento intellettuale per la Balabanoba fu perché  il suo pupillo, nel 1914, opterà per l'intervento in guerra, sfidando le ire socialiste.
Si speculò, anni dopo, che Mussolini era stato pagato dal Foreign Office.
Volevamo promuovere l'intervenzionismo italiano al lato di Francia e Inghilterra contro gli Imperi. Centrali. Sarà? Non sarà vero? Il Foreign Office utilizzo Mussolini? O Mussolini usò i soldi degli inglesi magari per vestirsi e mangiare un po’ meglio? 
Sia come sia, la Balabanova si trasformò, allora, da dolce Musa ad acerrima nemica di Mussolini ed insistette furiosamente perché fosse espulso dal partito socialista.  
E così avvenne.
Ma fu solamente per la forte delusione politica? O la rabbia di donna abbandonata per un'altra più giovane?  Probabilmente le due cose. Sia come sia, una delusa Balabanoba se ne andò in Russia, stavolta. E nel 1917 aderì niente di meno che al Partito Bolscevico di Lenin. E svolse compiti importanti nei primi tempi dell'Internazionale  Comunista  con Troztky, Lenin e Zinoviev.   
Quella donna non poteva accontentarsi con un Tizio qualsiasi. Eppure la sognatrice ucraina si aspettava qualcosa di differente e, sia pure stimando moltissimo Lenin, non si fidava granché di lui. In una certa occasione lo accusò di essere troppo ascetico e allo stesso tempo feroce.
 In conclusione si deluse anche con lui e dei sistemi di terrore della Cheka. Nel 1922 abbandonò Russia.
Lenin le dette il permesso.
 La stimava moltissimo ed apprezzava enormemente la sua integrità. La Balabanoba  tornò in Italia. Però con la vittoria del fascismo e del suo ex- pupillo Mussolini dovette rifugiarsi in Svizzera. Più tardi fu a Parigi e poi New York.
 Finita la seconda grande guerra, con Mussolini morto ed il fascismo adesso all'ostracismo, tornò in Italia. Cercò di partecipare in qualcosa del socialismo italiano.
Però con il tempo questo grande simbolo del socialismo internazionale, questa donna che si definì a se stessa “... mai, mai sono stata tranquilla...”. ed alla quale la città di Roma dedicherà una strada importante, rimase sola, a Roma: sola senza difese, vecchia, brutta, ingrassata, dimenticata. E terminò maledicendo tutto e tutti ed alla sua stessa vita che la tradì nelle sue illusioni romantiche. Si sentì tradita e delusa da tutti e dai due grandi uomini della sua vita, Mussolini e Lenin. Negli ultimi momenti, in un lettino miserabile, chiamò con un grido di dolore la persona che da giovanissima volle strappare dal suo cuore per vivere la sua vita: dalle sue labbra ormai stanche uscì un debole e disperato:

“ Mamma,,,,mamma....dove sei tu?...”. 
In Yiddish.












69/                        ANNA KULISHOVA



 Anche lei era russa ed ebrea come la Balabanova. In compenso e molto probabilmente, non fu amante di Mussolini nel senso che si intende.
 Però sì, ci fu molta compenetrazione intellettuale tra i due.
Fu una molto bella donna,  intelligentissima,  charmant, anarchica, medico, rivoluzionaria, anti-conformista. Nata in una ricca famiglia di Crimea, la mandarono da giovane a studiare filosofia all'Università di Zurigo. Quasi tutte le famiglie “bene” russe mandavano i propri rampolli a studiare in Europa e quelli che tornavano erano spesso anarchici, anti sistema,  rivoluzionari, atei, influenzati dalle nuove mode di pensiero, con rischio di andare a finire in Siberia o di mandarci, dopo, i loro genitori. Nella Santa Madre Russia esisteva lo Zar, a quei tempi.
E lo Zar, timoroso che le nuove e malsane idee rivoluzionarie entrassero nei suoi predi voluti e protetti da Dio, per rinforzare l'aiuto divino ordinò alla giovane e a tanti altri, di tornare in fretta all'ovile.
 E la giovane Anna ritornò, naturalmente. Ma nella sua capoccetta di ragazza curiosa anticonformista si era intrufolato già il pensiero socialista e libertario. Contro il volere dei suoi, si sposò con un certo Piotr Makarevich, anche lui rivoluzionario; e frequentarono  niente di meno che Bakunin, altro folklorico  avventuroso personaggio , l` anarchico per antonomasia, con tanto di bella vistosa cravatta nera svolazzante al collo. E la giovane Anna cominciò a farsi notare per la sua mente brillante.
E la notarono tanto che la notò anche la bella Polizia zarista che le fece conoscere l'emozione del primo processo, accusata di “ atteggiamenti poco conformisti”.
 Shalom papà e mammá... e scappò in Svizzera. Lì cambiò il suo nome per paura di andare a finire in Siberia come il tanto ammirato Bakunin  con le sue cravatte.
 Sparirà per sempre Anna  Moiseyevna Rosenshtein e nascerà Anna Kulishova. In Svizzera conoscerà Andrea Costa, padre del Socialismo Italiano e creatore del Partito Socialista Anarchico Rivoluzionario. E forse, chissà, eroico antenato di quella Linea Andrea Costa che si diverte a farsi bucherellare dagli scogli. Questo non lo ho potuto accertare, come non ho mai saputo se poi i due si sono sposati o no. Ma per loro questo era solamene un dettaglio, piccolo impedimento delle leggi piccolo borghesi che non impedirono loro di avere una bella piccolina secondo le immutabili leggi della grande natura.

Prima di questo, però, andarono a cercar di vivere a Parigi, da dove, ahimè, saranno espulsi. E se ne andranno in Italia. Però in Italia Anna avrà un altro processo, il secondo della sua vita. Ritornerà in Svizzera e dalla Svizzera,  clandestinamente, ritornerà in Italia. Però anche qui sarà processata ancora una volta. Poi ancora in Svizzera e poi ancora in Italia. Sicuramente era diventata una esperta dei cammini segreti dei contrabbandieri tra Italia e la Svizzera. Pero, poi, in Italia, finalmente "quasi" si stabilì ad Imola, con Andrea Costa.
 E li nascerà Andreina ( Ninetta). Poco dopo Anna ed Andrea termineranno a loro avventura amorosa, pero rimarranno sempre amici, mantenendo certi contatti. E dopo Imola, tornerà ancora in Svizzera la mai tranquilla Anna. Però questa volta tornerà come mamma e con la bambina Ninetta. 
Cambierà vita,  apparentemente. Si iscrive alla facoltà di Medicina e si curerà  della tubercolosi che aveva contratto nel bello ed accogliente carcere di Firenze.
 Dopo alcuni anni si specializzerà  in ginecologia e con la sua tesi scoprirà niente po' po' di meno che l'origine batteriologico della sepsi puerperale, con la quale poco dopo si salveranno milioni di donne dopo il parto. I maschietti del Premio famoso, avrebbero dovuto dare a lei un Premio Nobel. Ancora una volta si impose la fallocrazia.

Si trasferirà a Milano e lì lavorerà come medico. Però questa donna che io non esito a chiamare eroica, non abbandonerà i suoi ideali. I suoi sogni. Si dedicherà molto ai quartieri popolari di Milano. La chiameranno: La dottoressa dei poveri!

Queste sono donne! E questo è veramente un medico, un medico sul serio! E non quei chiacchieroni, ciarlatani e veniali che scelgono qualsiasi professione solamente in vista ai benefici economici che produce: prostitute dell’arte medica, che vanno da chi più le paga.
Un poco più avanti, nel tempo, sarà considerata il miglior cervello del Socialismo Italiano e di fronte a lei rimarrà deferente ed ammirato lo stesso Mussolini!
Pero, nonostante questo, sarà arrestata ancora una volta in Italia, per il reato di opinione.
Solamente dopo alcuni mesi sarà liberata per indulto.

Ebbe due grandi delusioni nella vita.
Una fu sua figlia Ninetta.
 In una lettera che la Kulishova scrisse al suo ex compagno di vita, Andrea Costa e gli confessò che la  figlia si era sposata con una bravissimo ragazzo di Milano, che aveva una infinità di virtù, pero che formava parte della famiglie più nere e scure tra i conservatori del milanese. Certo, loro erano due rivoluzionari atei socialisti anarchici e non fu facile per loro quando Ninetta decise di abbracciare la fede cattolica. E confessava a Costa che le dava enorme malinconia constatare che ” noi non siamo i nostri figli...e che lei ( Ninetta) non aveva l’ animo ribelle né  il temperamento  combattivo nostro...”

E per colmo, dopo alcuni anni, la Ninetta avrà due figli che saranno due religiosissimi fedeli cristiani. Uno sarà Abate in un monastero di Frati Benedettini. E la figlia sarà Carmelitana...carmelitana scalza, tra parentesi.

L’ altra grande delusione fu quella di Giovanni Giolitti, capo del governo e con forti simpatia di sinistra. La nostra Anna  Kulishova aveva lottato e lavorato tanto per anni ed anni per il suffragio a favore delle donne. Però quando il signor Giolitti deve essere lui a decidere sul suffragio, lo estende persino agli analfabeti, uomini e sopra i trent'anni. 
Però niente alle donne. Completamente escluse.
Ovvio che il politico Giolitti, certamente contro i sui stessi ideali, temeva il voto delle donne. Più  facilmente  influenzabili  dai  pretini di parrochia, potevano  cambiare l'equilibrio politico dei partiti.
Ma la Kulishova era una donna forte, integra, inflessibile.
Niente machiavellismi, per lei.
Per lei fu un tradimento, una pugnalata alle spalle, un'enorme delusione. E forse da li cominciò la sua vera triste decadenza.

 Perché sarà che noi uomini, anche se amiamo, anche se stimiamo le nostre donne, non facciamo altro che costantemente deluderle?  Sarà  perché la donna, al innamorarsi di un uomo, lo colloca su di un piedistallo?

E che, in fondo, anche se per errore ci schiaffano su un piedistallo, noi ometti siamo quasi sempre poveri ometti?

Anna   Kulishova morì a Milano, nel 1925. Mussolini era ormai il Duce, consolidato nel potere. Però Milano la onoró con una Fondazione Anna Kulischova ed una strada a suo nome.
Nella celeberrima Galleria Vittorio Emanuele, sempre a Milano, c’ è una bella placca in bronzo che ricorda il suo periodo in quella città  e vicino a quella di Filippo Turati,
altro socialista  sentimentalmente  legato alla Kulishova.

Mussolini era un tremendo machista. 
Però sapeva riconoscere ed ammirare un cervello brillante. Anche se era di una donna. Anche se ebrea. Quel psicopatico di Hitler non lo avrebbe mai potuto fare. 












    70/          RACHELE GUIDI  IN MUSSOLINI

                               La moglie di Mussolini


Rachele Guidi in Mussolini, è stata anche lei una donna eccezionale. Prima fu amante e madre di una bambina; poi moglie legittima ed infine ottenne il matrimonio religioso con l'uomo più potente d’ Italia. Anche se quasi nessuno parlava della moglie “contadina “ di Mussolini, lei dimostrò sempre di avere una enorme forza di carattere come nei tre importanti momenti della sua vita: quando era bambinetta di una famiglia poverissima e andava a scuola scalza; poi quando diventò la moglie del primo ministro d'Italia, l'onnipotente Duce del fascismo; ed infine il lunghissimo periodo di povera vedova di un condannato a morte alla quale finalmente un governo pietoso concesse una pensione per sopravvivere.
Era nata nello stesso paesetto di Benito Mussolini,  Predappio, in Romagna.
Da bambina difese tenacemente il suo diritto di andare a scuola anche se doveva farsi la bellezza di 14 chilometri a piedi. A piedi? D’ estate a piedi nudi ...e d'inverno ? Per difenderla un po’ dal freddo, la mamma le avvolgeva i piedi con stracci, le famose pezze da piedi, perché non avevano i soldi per comprare le scarpe. Pezza da piedi è ormai oggi solamente una espressione: ma a quei tempi esistevano davvero, per sostituire scarpe o calze. Le usavano i poveracci; ed anche i soldati, poveracci anche loro, dentro quegli scarponi duri, perché dovevano durare. Bene. Quando la bambina arrivava a scuola, la maestra teneva preparate per lei una specie di pantofole perché gli altri alunni ( erano quattro in totale) non si dessero conto che era senza scarpe. Domanda interessante: chi era la maestra? Si chiamava Rosa Maltoni ed era la moglie di un uomo “sbagliato”, un fabbro socialista e violento che se la passava tra la sua officina  e  la galera,  messo  dentro  per  disordini  sociali  e ideologie anarcoidi. Ed era anche la mamma di un certo Benito Mussolini, quasi dieci anni più grande della bambina scalza. Nel 1908, Rachele, questa ragazzetta  ormai  di  16 anni  e  lui, Benito,  di 25,  si  conoscono e si innamorano. A volte succede. L'anno dopo lasceranno il paesetto ed andranno  a   vivere  insieme  in “città” dove lui era giornalista con uno stipendio miserabile. Però erano felici, stando per lo meno a quello che poi ha  raccontato  Rachele, quando divenne Donna Rachele. L' anno dopo nacque la prima figlia, Edda. Mussolini la registrò come figlia sua e di N.N. ( NON NOMINATUM ). Perché ?  Perché  per le leggi di allora la Rachele minorenne poteva significare la carcere per l'uomo.
Ma la giovane moglie de facto non era una contadinella remissiva. Aveva il suo bel caratterino! Una notte, tardi, arrivarono a casa di Rachele due amici di Benito, portandolo letteralmente a spalla, ubriaco fradicio.
Si muoveva come un ossesso, dava calci ai mobili, gridava...i due amici lo legarono al letto e lo lasciarono cosi. Quando si svegliò la mattina, la sbornia era passata ma vide due occhi furibondi: Rachele, con le mani sui fianchi, fuori di sé, gli gridò: Se ti vedo ancora una volta ubriaco, prendo su la bambina e me ne vado!!!!
Anni dopo,  Donna  Rachele  racconterà  che da allora Mussolini non prenderà mai più una goccia di liquore, nemmeno nel caffè corretto. E che di notte,  prima  di andare  a  dormire,  berrà sempre una tazza di camomilla. Dittatore alla camomilla?
Nel 1912 si  trasferiranno  tutti a Milano: Rachele, la figlioletta Edda e Benito che allora sarà nominato direttore di L’Avanti! L' importante giornale socialista con lui passera velocemente dalle 12.000 alle 100.000 copie vendute.
Viene la guerra, la Grande Guerra del 1914 al 1918. I socialisti, fedeli al principi dell'internazionalità, sono contrari all 'intervento".
Però Mussolini fiuta  il  patriottismo  nell'aria, decide per intervenire e liberare le terre italiane irredente. Viva l‘Italia. Addio mia bella addio. Ci credeva o era calcolo politico? E chi lo sa? Lo espellono dal partito e lo licenziano dal giornale. E lui se ne andrà volontario in guerra, come bersagliere. Piume al vento. Sarà ferito. Lo portano in un ospedale militare.
 E in quell'ospedale ci sarà una curiosissima scena di lotta tra Rachele e certa Isa Dalzer, altra avventura amorosa di Mussolini con tanto di figlio riconosciuto legalmente.
Mussolini ferito e con  benda  agli  occhi  che  gli impedisce vedere chi era l'una e chi l'altra, tocca di qua e tocca di là,  tratterà di separare le due donne. Dei dettagli parlerò dopo. Ma vinse Rachele. Più tardi, otterrà il matrimonio civile con il suo Benito. E anni dopo, felice otterrà quello religioso. Per volere del Re? Per volere del Papa? E lei, certamente, felice.

Passano gli anni.

Arriva il famoso 28 ottobre del 1922 e la marcia fascista su Roma. Il Re incaricherà Mussolini del nuovo governo e lo nominerà Primo Ministro. Mussolini dice grazie non si disturbi ma con un inchino accetta. E la ex ragazzetta scalza, ex compagna e poi moglie di un personaggio in eterno ribollire, sarà la prima dama. Ma non la Prima Dama come si intende oggi giorno. Si manterrà sempre al margine della politica, in casa, mamma, sposa e donna di casa. Arriverà l'anno 1929, che non è solamente l'anno della Grande Depressione. Ma anche l'anno della la grande Conciliazione tra lo Stato Italiano e la Chiesa Cattolica Apostolica Romana che vide come attori Sua Santità il Papa Pio X e Sua Eccellenza Benito Mussolini. Grandi applausi, saluti fascisti, benedizioni e Te Deum. Ed arrivò anche il tanto sperato matrimonio religioso, molto privato, che rese felice Rachele.
Era religioso, Mussolini?
Lo era e non lo era. E le due cose erano certe. Forse gli facevano comodo. Donna Rachele racconta che nel comodino da notte suo marito aveva un rosario di sua mamma. Forse per tradizione, forse per affetto alla mamma, forse chissà perché: ma lo aveva. E che una volta baciò, piangendo, non ricordo adesso che immagine sacra, quando i medici gli dissero che la sua figlioletta Annamaria era fuori di pericolo di vita, ormai, da una certa grave malattia. Credo fosse poliomielite.

Sì, questo era vero. Ma era vero anche il caso contrario: quello di Mussolini ateo. Sempre Rachele ricorderà di quando il suo Benito, durante gli impeti più giovanili, anarchici, di ribelle contro tutto, in una riunione del partito socialista, improvvisamente si alzò in piedi e guardando con sfida il suo orologio, gridò: “Ma di cosa parlate? Dio non esiste! Gli do dieci minuti di tempo, a Dio: e se esiste, che mi fulmini adesso” I dieci minuti passarono, lenti. Mussolini in piedi, sfidante, con  il  pubblico  ipnotizzato  guardando  il  giovane  audace  rivoluzionario. “ I dieci minuti sono passati, Io sono ancora vivo. Dio non esiste!”. Anche questo era Mussolini.
Ateo e religioso, moderno e conformista, smargiasso e anticlericale mangiapreti e tuttavia considerava la chiesa l'unica  vera  utile  tutela  per  la famiglia.  Ed effettivamente Rachele commentò  che  suo  marito  sempre   rispettò  la   famiglia... alla sua maniera. Mangiava in casa con la famiglia anche ai tempi del suo massimo potere, quando si era già formato il mito del Duce. Sappiamo che ebbe una infinità di donne. Ed una enorme capacità sessuale, come ho già detto prima. Si racconta e pare sia certo, che una volta arrivato al potere, lassù, in quel Palazzo Venezia, nella sala del Mappamondo, nel primo pomeriggio e dopo un pranzo molto frugale, lui riceveva  una donna. Si, a parte le amanti  semiufficiali importanti e a parte i suoi doveri coniugali ai quali mai si ritrasse, secondo confermò Donna Rachele, questo signore, di 40, 50 ed anche 60 anni e fino all'ultimo giorno nel potere, prima della sua caduta, aveva relazioni sessuali con questo ritmo. Non si toglieva nemmeno gli stivali. In piedi, per non perdere tempo. Come una necessità biologica: come se dovesse fare pipì. Sarà vero? Sembra incredibile, però sembra che sia vero.
Torniamo  alla moglie. Solamente una volta Donna Rachele intervenne nella politica di suo marito.  Immediatamente dopo la guerra di Abissinia, nel 1936. Gli disse: “Benito, è tempo che tu ti ritiri. Sei già arrivato molto in  alto.  Ricorda  quello  che  è successo a Napoleone. Non ne aveva mai abbastanza ed  è  finito  a  Santa  Elena.   Stai  attento. Ritirati a tempo”.  Nel suo diario, nel quale si suppone che si dovrebbe credere, Donna Rachele  disse  che  Mussolini  la  guardò lungamente: “ L’ ho pensato, Rachele, lo ho pensato.E adesso che me lo dici tu, lo penserò di più...”.

Però non lo pensò abbastanza.
E scoppiò la guerra.
In due o tre settimane Hitler si pappò mezza Europa. Sembrava che si pappasse il mondo intero. Invece poco dopo fu il mondo intero che si pappò Hitler e il suo Reich. E Rachele seppe che suo marito lo avevano già appeso, cadavere tumefatto, ad un gancio nella Piazza Loreto di Milano.
Passano altri gli anni
Donna Rachele, ormai vedova e sola, chiedeva a tutti i potenti d'Italia che le restituissero  il corpo di suo marito per collocarlo decentemente nel cimitero del Paese. Il ministro degli Interni,  Scelba, le negò la sua richiesta, in forma dura e molto scortesemente.

Erano gli anni 1950.
Chissà ancora troppo recenti le ferite della guerra fratricida. Se la negò anche De Gasperi. E Giovanni XXIII, il Papa Buono non la volle nemmeno ricevere per ragioni di “prudenza politica”; però ricevette in Vaticano il genero di Kruschoff, per "convenienza politica". Finalmente Andreotti, nel 1957 dette il permesso. Però, certo, che non si facesse molto fracasso con questo : con pretesca prudenza. E la vedova di Mussolini ricevette finalmente il corpo del marito per “prudenza” in una cassa d'imballaggio, molto simile a quelle per frutta e ortaggi. E cosa macabra, senza nessuna delicatezza, in un bel recipiente di vetro trasparente le restituirono  il cervello del marito, da dove mancava un pezzettino perché gli americani avevano voluto studiare al microscopio le eventuali mal-conformazioni  di Benito Mussolini.
 E la vedova Rachele dovette sopportare anche tutto questo. Però finalmente seppellì il marito. Passano anni.
Donna Rachele, come molte persone quasi al terminar della vita, divenne religiosa fino alla superstizione. E un buon giorno fu a visitare Padre Pio, il Frate Santo di Pietralcina, quello delle stimmate e l'odore di santità. La domanda fu: “Cosa è successo con mio marito? Avrà salvato la sua anima?” 
Siamo franchi, a parte qualsiasi altra  considerazione, questa donna non dimostrava che continuava a voler bene a suo marito e a preoccuparsi per lui?






















    71/              MARIA YOSÈ DEL BELGIO

           Maria Yosè Carlotta, Sofia, Amelia,Enrichetta Gabriella
                              Figlia del Re Alberto Iº del Belgio
                                  Sorella del Re Leopoldo II
 Sposa del Principe Umberto di Piemonte
                                      Regina d’Italia   
              con l'abdicazione di Vittorio Emanuele III



Accidenti! Niente di meno che una principessa di sangue reale? E che sarà Regina? Possibile che anche una persona di questa categoria si sia avvinghiata lubricamente con l' uomo forte del momento? Con Benito Mussolini?
 E, perché no?
Perché dovremmo rinfacciarle certe voglie e negarle spasimanti, amanti, tradimenti, adulteri, che ben formavano anche parte delle "occupazioni" della nobiltà?
E la Grande Imperatrice di Russia? Tedesca di pura razza, che ebbe dozzine di amanti e che li mandava persino a scegliere e provare da una amica di corte, per non perdere tempo? Caterina la Grande, si, la Grande Imperatrice di tutte le Russie?
E che poteva fare questa dolce principessina bionda, dagli occhi azzurri e romantici, che era già promessa sposa dalla età di quattro anni con un tipo che non conosceva e non poteva conoscere? Sto parlando della giovane e bella e delicata principessa Maria Yosè del Belgio, figlia del Re Alberto 1º , il cui matrimonio con il principe Umberto di Savoia era stato deciso dalle alte sfere del Gotha Dinastico Europeo?
Lei venne in Italia, si sposò, obbediente agli ordini di suo papà, il Re del Belgio, però al re del Belgio fu impossibile ordinare a sua figlia che amasse  questo Principe italiano,  giá con persistente fama di omosessualità.
E gli fu impossibile impedire che sua figlia si innamorasse pericolosamente dell’uomo forte del momento, del Duce Benito Mussolini.

E Mussolini, gentilmente, accettò le sue profferte.
 Pettegolezzi? Solamente pettegolezzi?
 Puó darsi...ma con un certo limite e probabilmente con molto sottofondo di verità.

E continuando con i pettegolezzi, la famosa Anna Maria Sciccolone, sorella della famosissima Sofia Sciccolone, in arte Sophia Loren, commentava che suo marito, il buon pianista di jetz Romano Mussolini, riferiva che questo affaire tra suo papà Benito e la Principessa ,”era cosa notoria in casa. “
E cosa ci sarebbe da meravigliarsi tanto? Pura razza nobile la principessa e pura razza proletaria il figlio del fabbro ferraio.










        72/                 LEDA RAFANELLI

                             LA GITANA ANARCHICA


Una matta.
La buona gente di Uruguay  --   dove adesso io vivo da qualche anno lontano dalle belleze del tropico venezuelano ma anche dai suoi scombussolamenti -- bravi tradizionalisti che vogliono fare gli atei socialisti quasi sovietici, in questo Paese che nella lunga definizione del nome dicono tutto meno il nome e raccontano solamente che sta un poco più in là di un certo fiume o un po' più in qua di non so che... Paese dove risiedo felice e quasi contento perché in altri paesi è peggio, in questo bel Paese unico nel mondo che non ha un mome suo ma quello di un fiume, si direbbe sicuramente cosi: Leda Rafanelli era una matta. 
Sono contento di aver trovato un punto di contatto. Perche anche io l efinirei una matta.  Siamo franchi: una tipa, una italiana, che agli inizi della decada del 1920 va a spasso per Milano vestita da odalisca e che si dedica al misticismo islamico, non potrebbe essere definita molto diversamente. Ed in realtà Leda Rafanelli era molto stravagante. Però mai una scemetta esibizionista. A quelle cose ci credeva sul serio. Fin da giovanissima dimostrò talento per scrivere. Si può essere intelligenti ed anche geniali senza saper scrivere. Però se si scrive bene davvero significa che il cervello funziona bene. E si rese conto di questo anche Filippo Turati, conosciuto lider politico del socialismo italiano de la epoca pre fascista che volle premiare questa ragazza pubblicandole una poesia nel suo prestigioso giornale.

Questa ragazza, della mezza borghesia, nata in Toscana nel 1880, ai suoi venti anni si troverà a vivere in Egitto, con i suoi genitori. E lì conoscerà l´anarchismo italiano, diventerà anarchica ed anche si appassionerà al Islam. Imparerà perfettamente l'arabo ed aderirà al Sufismo, mistica del Islamismo. Combatterà alla sua maniera, cioè scrivendo, contro il colonialismo ed imperialismo europeo, cercando di “convertire la cultura araba ad una alternativa, quella che considerava arrogante politica della civiltà occidentale.“
Idea originale e stravagante nella mentalità europea della epoca.
Fu anche decisa femminista, antimilitarista e molto prolifica scrittrice.

Non fu donna dalle grandissime passioni erotiche, però, sì, ebbe i suoi quattro o cinque mariti amanti sempre nell'ambiente socialista anarcoide che frequentava; ed anche, come alle volte succede alle donne, ebbe un figlio.

Un bel giorno sembra che diventare amante della gitana anarchica toccasse a Benito Mussolini. In quella epoca, il futuro famoso Duce era ancora e solamente un giovane socialista rivoluzionario, sia pur con futuro brillante ed apprezzato dallo stesso Lenin.
La liaison s'interruppe in due occasioni: 
La prima per l'intervento inopportuno di un fidanzato della Leda troppo geloso che, nonostante fosse socialista, non aveva nessuna intenzione di socializzare le relazioni intime. E la seconda occasione fu quando il socialista anarchico e rivoluzionario, sentendo odore di patriottismo nell'aria, si decise per l' intervento entusiasta dell'Italia nella Prima Guerra Mondiale, trasformandosi, poco dopo, in fondatore e grande capo del socialismo-fascismo emergente. Povera Leda ! Il fatto di essere stata amante e compagna del Cigno non impedì che la sua casa editrice fosse assaltata, la sua rivista soppressa ed ella stessa arrestata. Con il tempo, Mussolini si vanaglorierà della relazione con la Rafanelli e continuerà considerandola una donna molto interessante però pericolosa. Pur tuttavia, ella, la Rafanelli, sempre negò la relazione con Benito. Chissà: forse, acerrima nemica del fascismo, volle cancellare anche dalla sua coscienza il ricordo degli antichi amori con l'attuale lider nemico.
Con il trionfo definitivo del fascismo, sarà obbligata al silenzio politico. Mussolini non fu il feroce sanguinario descritto posteriormente. Dopotutto, lui avvisava i suoi nemici politici. Continuate a fare quello che volete, scrivete quello che vi pare, raccontate cose che vi interessino. Pero, attenzione, non toccatemi la politica. Ai recidivi li mandava a passare vacanze coatte in una “bella” isoletta del Tirreno, a vivere in mezzo agli abitanti, giocando a bocce con loro. Sembra una balla , oggigiorno. Però veramente in molti casi fu cosi. Ci fu una specie di rassegnazione. Non c ' erano elicotteri, allora ne' i fuori bordo velocissimi, neppure le azioni di abilissimi e pagatissimi comando. Nessuno scappò dall'isola. E forse nemmeno nessuno ci provò. Mi viene da pensare, in questo momento, che dopotutto eravamo in Italia y chissà la dittatura era alla italiana. Bella differenza con Stalin.
Lui i nemici li mandava in Siberia, nei gulag. Una isoletta nel Tirreno era preferibile.
Per sopravvivere, la nostra Leda si trasformerà anche in chiromante e con gli anni, già dopo la guerra, dal 1939 al 1945, a Genova, si arrangerà insegnando arabo e facendo lavoretti artistici artigianali usando caratteri coranici.
Questa originalissima scrittrice, editrice, femminista , antimilitarista, anarchica individualista, dedicata al misticismo islamico, sposa e amante di personaggi di rilievo; questa donna, dicevo, morirà a Genova, nel 1971.
A 90 anni,
Dimenticata da tutti. 
Pero ha una bellissima necrologia:    

LEDA RAFANELLI, VIVA PER  SEMPRE, SALUTA A TUTTI I COMPAGNI !  VIVA LA ANARCHIA !




















      73/                        IDA DALSER

                         La Mamma di Benito Albino


Nessuna delle amanti di Mussolini ha avuto una vita facile.
Non mi riferisco alle numerosissime amanti occasionali, alle quali ho accennato prima e che non erano altro che incontri fugaci, soprattutto nel periodo di apogeo di Mussolini. Incontri di non più di mezz'ora, senza nemmeno togliersi gli stivali, dopo un pranzo rapidissimo e frugale, quando la “camerata” di turno, attentamente scelta dall'entourage personale del Duce, si presentava al Grande Capo, Er Capoccione in romanesco. La ragazza si presentava con la offerta della sua “verginità”, come una corona di fiori da collocare reverente sull'altare della Patria. Secondo i calcoli delle persone che ci godono a spettegolare, sembra che ci siano state le bellezza dei 500 donnine chiamate ad allietare i crucci dell'Uomo Forte. E l'ultima fu proprio nel suo giorno fatale in carica: un signora per bene di Ferrara, immolatasi alla patria, nello stesso giorno che sua Maestà Vittorio Emanuele III re d'Italia e Albania ed Imperatore di Etiopia immolerà l' Onnipotente, occultandolo in una ambulanza. Per queste donnine camerate, l'incontro amoroso con il Duce sarà l'unico momento eroico della loro vita e da raccontare alle nipotine. Pero qui, in queste note, mi riferisco solamente alle vere amanti, quelle impegnative.
E non furono più di sette o otto. Donne molto speciali, in una certa maniera e che pagarono molto caro il loro amore per Mussolini. Donne che ebbero tutte destini finali tristi, solitari o addirittura di tragedia e di morte.
Chissà la Dalzer fu quella che pagò più caro di tutte il suo innamoramento con con il giovane giornalista dallo sguardo intenso e parole di fuoco: il Mussolini dei 30 anni, quando era direttore del Giornale Socialista l' Avanti.
La DalSer era veramente una bella ragazza, nata nel 1880 a Trento, lassù, nelle Alpi, in quella provincia che a quei tempi faceva parte dell'Impero Austro Ungarico. Di famiglia conosciuta nella zona, la mandarono a Parigi a studiare medicina cosmetica. Al suo ritorno, la giovane Ida aprì a Milano il Salone Orientale di Igiene e Bellezza. Ebbe enorme successo, divenne quasi ricca e famosa tra le signore bene di Milano.
L' ambiente esotico e di profumi inebrianti divenne di moda. E in quel periodo conobbe il giovane Mussolini. Si innamorarono. E sembra che si siano sposati. Sembra...Non si sa di sicuro perché tutto quello relativo alla Dalzer è avvolto in penombra.
Però nacque un bel bambino che non poteva stare tanto in penombra e che la mamma chiamerà Benito Albino, tanto perché non ci fossero dubbi su chi era il padre. E Benito Mussolini lo riconobbe dal notaio.
Però...però... guarda un po'... il focoso e distratto giornalista rivoluzionario era già il papa de una bella bambina: Edda, figlia di Rachele Guidi, chissà il primo amore di Mussolini. E costui, il Mussolini, aveva già riconosciuto come sua la bambina Edda, come già detto, come figlia sua e di NN perché Rachele era minorenne e per le leggi in vigenza erano cose da codice penale.
Poi venne la Guerra 1914-1918, la trasformazione di Mussolini da socialista-internazionalista-pacifista in socialista- nazionalista-interventista. Mussolini chiude definitivamente il capitolo amoroso con Leda Rafanelli, la gitana anarchica pacifista e cominciò un affaire con la emergente bella profumata Ida Dalser.
Con tante preoccupazioni politiche il povero Mussolini si era ”dimenticato” del suo primo amore con la Guidi e relativa figlia Edda. Conclusione, quando il Benito bersagliere, eroicamente ferito nel fonte di guerra, stava in ospedale, bendatissima tutta la testa, occhi compresi, si verificò lì un incontro tra le due donne, ciascuna reclamante il ruolo di moglie legittima e con prole. Possiamo immaginare le gentili parole intercorse tra le due ed immaginiamo Mussolini alzandosi a stento dal letto, barcollando, giocando a mosca cieca, cercando di separare le due donne però senza sapere chi era una e chi era l'altra. Probabilmente avevano ragione tutte e due.
Rachele si era sposata civilmente e la Dalzer sembra pure. Chiaro caso di bigamia, Comunque la Rachele rimase vincitrice di questa singolare tenzone.
Che successe con la Dalser? Con il tempo Mussolini aumenta di importanza, cerca di sottrarre il bambino dalle braccia della madre. Lei si oppone.
La questione termina in Tribunale che condanna il Mussolini a pagare una mensilità alla Dalser per il mantenimento del bambino.

Però non c' era più incantesimo. La Dalser tira fuori le unghie. Rabbiosa anche per aver speso un sacco di soldi per finanziare agli inizi il giornale fascista.

Accuserà Mussolini di varie cose che probabilmente saranno anche vere. In questa triste vicenda interverrà anche lo zio di Benito Albino, ossia Arnaldo Mussolini, fratello di Benito, intelligente e saggia persona equilibrata che sarà la unica, nella sua purtroppo breve vita, capace di frenare gli eccessivi impulsi del fratello famoso e sbuffante. Incidentalmente voglio dire che se il fratello Arnaldo, mentore molto ascoltato da Benito, non fosse morto così prematuramente, chissà... dico chissà... la storia d'Italia sarebbe stata diversa. Arnaldo in qualche maniera cercherà aiutare il nipote Benito Albino. Però la commedia si trasformerà in tragedia. Mussolini cercò con tutti i mezzi, cioè con la polizia, di nascondere e controllare in qualche modo la madre ed il figlio. Ma la Dalser continuerà a gridare ai quattro venti che lei è la moglie del Duce; suo figlio Benito Albino, somigliantissimo a suo papà, dirà a tutti i suoi compagniucci di scuola, che il Duce era suo papà. Bisognava evitare lo scandalo, ohibò! Intervenne più decisamente la polizia, con metodi un po' sbrigativi. Ed intervennero anche dei medici. La Dalser indubbiamente aveva degli scompensi psichici e forse anche il figlio. Molto probabile e ce ne sono alcune prove. Ma, fino a che punto? di che grado?
Di quanta pericolosità?
Poco si conosceva allora delle malattie mentali, delle depressioni eccetera.
Ci domandiamo: i medici che visitarono la Dalser furono veramente dei medici o delle marionette timorose e compiacenti verso Mussolini?
O sarà stato il suo entourage che voleva difenderlo, a tutti i costi? Che voleva difendere l'Icona? Spesso succede con le Icone. E l'Icona non sa o fa finta di non sapere.
Ed il risultato fu un bel manicomio per la Dalser e più tardi un altro per Benito Albino.
E così, tristemente, terminarono le loro vite prima del tempo stabilito dagli Dei.

Chi ci è stato mai in un manicomio?
 Non si dice più così. Casa di Cura, Anzianato, Residenza per la terza età,  Case di attesa, Villa Fiorita...tutte balle: sono tutti manicomi.































    74/             MARGARETH BEAVAN.

                    SINDACO DI PITTSBURG ( U.S.A.)

Siccome stiamo parlando di certe relazioni di Mussolini con le donne, aggiungerò qui e riferirò quello che di lui scrisse una persona completamente al di sopra di ogni sospetto di carattere politico: niente di meno che il Sindaco di una importantissima città degli Stati Uniti che lo conobbe personalmente senza avere con lui o verso di lui nessuna disposizione o tendenza amoroso sessuale che potrebbe, alle volte, corrompere il sano giudizio di una donna su di un uomo. Mi riferisco a Margareth Beavan, Sindaco di Pittsburg.
“”Non ho mai visto un uomo tanto differente dagli altri e con una personalità cosi straordinaria. È tanto imponente che non trovo parole per esprimermi. Sono commossa in ogni fibra di me stessa per la sua dominante, imponente, magnetica personalità.”
Questo è stato quello che commentò la Beaven al conoscere Mussolini in un viaggio che fece in Italia. Pero devo chiarire che la Beavan non può essere considerata ne' amica ne' amante di Mussolini. Solamente una personalità straniera di certo rilievo, probabilmente con qualche incarico da parte di Roosevelt.
Però... per quello che ha lasciato detto di lui, anzi, scritto di Mussolini, anche se non fu su amante, nella capoccia mi frulla l'idea che a lei sarebbe piaciuto esserlo stato.
¿O no?









          75/        MARGHERITA SCARFATTI

                          L'amante ebrea di Mussolini


Era una donna molto ma molto speciale. Bellissima, occhi verdi, capelli rossi, intelligentissima. sempre molto elegante, colta veramente, seducente, appassionata, ricchissima, parlava fluentemente 5 lingue. Cosa si può pretendere di più? Ed infatti fu personaggio di fama internazionale.
Eppure...finì sola.
Sola e dimenticata.
La solitudine e l'abbandono sono molto più pesanti quanto più la stella della vita ha brillato   nell'apogeo.
Era nata in una ricca famiglia ebrea italiana. In una casa niente di meno che nel Canal Grande, di Venezia. Si chiamava Margherita Grassini. Ai suoi 15 anni un professore socialista mezzo innamorato di lei la invoglierà a leggere Marx ed altri teorici del socialismo. La giovane si interessa a tutto questo con grande scandalo della famiglia. Conocerà Cesare Scarfatti, di 30 anni ed anche lui socialista. Si sposeranno contro la volontà dei  genitori di lei e andranno a vivere a Milano dove, in breve, Margherita rivelerà le sue due grandi passioni:la politica e l'arte. Comincerà a scrivere nella stampa socialista sul femminismo e sull'arte. Conoscerà il Grande Poeta, il Vate, il grande e mondano, in arte Gabriele d'Annunzio, di nome vero Gabriele Rapagnetta. Frequenterà Filippo Turati, la Kulishoff ed altri personaggi tutti di primissimo piano. La sua casa, elegante, sarà un salotto, centro di riunioni conosciuto da intellettuali ed artisti italiani, scrittori, architetti, pittori. Tutti di avanguardia.
Arriva il 1912. Un certo Benito Mussolini, della nuova corrente rivoluzionaria socialista, sarà il nuovo direttore del prestigioso giornale L'Avanti! Margherita, collaboratrice del giornale però contraria alla nuova corrente rivoluzionaria, si presenta in direzione per dare le sue dimissioni al nuovo direttore, ossia a Benito Mussolini. Si vedono, si guardano, cominciano a parlare. Continuano a guardarsi.
Simpatizzano subito.
Coup de foudre.
Tutti e due erano sposati? Certamente. Ma non ci sarà nessun problema. E neppure  saranno problema le furibonde liti per gelosia del  maschilista Benito che non ha la minima intenzione di rinunciare alle altre simpatie femminili. Rimarranno così insieme e con appassionate relazioni amorose, ma con piena libertà socialista, l'amore libero socialista.
E dopo l'anno 1912 arriva anche il 1913 e poi ancora, puntualmente secondo previsto, il 1914. Ma il 1914 farà diventare tristemente famosa una cittadina sonnacchiosa nei Balcani: Sarajevo. E ci sarà la Prima Guerra Mondiale. Mussolini sente nell'aria nuovi odori di nazionalismi, lascerà il pacifismo socialista e andrà volontario al fronte, in prima linea,
con le rifulgenti piume svolazzanti dei bersaglieri. Spera di essere ferito, solo ferito. Sarà esaudito e ferito davvero. Non grave, ma vistosamente con tutta la testa fasciata, occhi compresi, inizierà la eroica convalescenza in Ospedale. Tutto procede bene, secondo copione. Però...atto non previsto, si presenta in scena, fuori programma, la situazione comicissima delle due donne che si azzuffano per reclamare il ius uxori. Ed ognuna con il rispettivo ignaro figlioletto trascinato a strattoni. Sono Rachele Guidi, futura Donna Rachele e Isa Dalzer, futura internata in manicomio. Abbiamo già parlato di questo, recentemente. A questo, in ordine di tempo, seguirà l'espulsione di Mussolini e della Scarfatti dal Partito Socialista.
Per lo scandalo della bigamia? Niente affatto.
Questi dettagli da famiglia borghese non interessano i socialisti ma condannano le loro adesioni pubbliche alla guerra nazional-capitalista. Balabanova compresa, ferocissima. Mussolini dirà: "Me ne frego" e fonderà il suo giornale, il Popolo d'Italia.
E le relazioni in amore e in politica si faranno sempre più strette tra a Mussolini e la Scarfatti.
Ci sono delle lettere d'amore della Scarfatti al suo Benito, dei primi tempi, che veramente commuovono. Non solamente per essere scritte benissimo, ma perché, sinceramente, in certe espressioni, sembrano scritte da una quindicenne! Ed è così. Quando una donna ama, davvero, qualsiasi sia la sua età, è sempre una ragazza di quindici anni. Pura, sincera, entusiasta. E quando una donna dice sono la tua bamboletta, veramente si sente la bamboletta dell'uomo che ama. Non finge. Siamo noi uomini che al leggere o a sentire quelle parole, spesso non le comprendiamo e con molta superficialità le consideriamo con una certa anche sia pur bonaria o affettuosa superiorità. Superiorità di cosa? Le lettere d'amore della Scarfatti sono ormai di dominio pubblico. Tutti le possono leggere. Ma se si vanno a leggere e paragonare quelle scritte dopo, DOPO, quanta contenuta tristezza nelle sue lettere. Quanta tristezza anche per chi legge, all'intendere, adesso, con il tempo, come inevitabilmente il bocciolo rifulgente della rosa sarà avvizzito in poche ore. In poche ore, in pochi giorni, in pochi millenni...nulla. É lo stesso. Il tempo non esiste.

E´ il memorabile 25 di marzo del 1919 quando Mussolini fonderà il suo Partito Fascista di Combattimento. Cosi si chiamava originalmente. Margherita Scarfatti sarà al suo lato. Ed anche il grande Toscanini sarà presente. Anche Toscanini sarà fascista, per lo meno nei primi tempi. Mussolini e la Scarfatti continuernno con la loro relazione per parecchio tempo. Ma sarà sempre una cosa segreta e si vedranno in un loro speciale ed occulto "nido d'amore". Però tutti e due vollero fare sapere della loro relazione ai rispettivi coniugi. Fu un atto di onestà, certamente. Nel 24 il marito di Margherita morirà. Pero lei continuerà a mantenere per tutta la sua vita il suo cognome da sposata. E fu in questo periodo, nella decada del 1920, che Margherita Scarfatti arriverà al massimo della sua fama nazionale ed internazionale.
Fu questa donna innamorata, bellissima ricca e capacissima che farà conocere al mondo il fascismo e Benito Mussolini. Il suo libro si pubblicherà prima in Inghilterra: La Vita di Benito Mussolini. In Italia la Mondatori lo pubblicherà con il titolo di DUX. E ci saranno la bellezza di 17 re-edizioni. Un successo enorme. All'estero sarà tradotto in 18 lingue. Dal Giappone, dalla Turchia, fino alla Patagonia ci saranno persone che si interesseranno al il giovane politico Italiano che si affaccia vigorosamente alla fama mondiale. Si può dire benissimo che fu la Scarfatti la formidabile propagandista che portò alla diffusione del fascismo nel mondo  creando il mito del Duce, Benito Mussolini. E fu anche nella decada del 20 quando in Italia, paese indubbiamente arretratino in molte cose e maggiormente cattolico si produsse il trattato di Pace tra la Chiesa Cattolica e lo Stato Italiano. Quello che si chiamò la Firma dei Trattati Lateranensi, il Concordato, che pur con i suo probabili difetti, che poi si rimproverarono, pose peró fine a quella ridicola rimostranza tra il Vaticano e l'Italia. Naturalmente ci furono benedizioni, alleluia, saluti fascisti. Con intima soddisfazione Rachele sarà felice, perché adesso ci sono "prudenti pressioni", perché Mussolini e Rachele si sposino con la Chiesa, secondo le nuove norme del Concordato Italia-Vaticano, firmato proprio da suo marito. E che adesso la famiglia "dimenticata", venga a Roma per vivere tutti insieme, come una buona famiglia cattolica, con tutti e cinque i figli di Rachele e Benito. E cosi succederà. E la famiglia unita andrà a vivere a Villa Torlonia. Villa Principesca, a Roma della famiglia Torlonia, che il Principe ammiratore del Duce, aveva offerto a lui e alla la sua famiglia con un affitto dal canone simbolico di UNA LIRA mensile. E ci sarà qualche complicazione per la Scarfatti non disgiunta da  qualcosa di ridicolo e comico. Il competente ed impassibile maggiordomo di Villa Torlonia si occuperà sempre molto discretamente perchè le due donne, Donna Rachele e Margherita non si incontrino casualmente a Villa Torlonia. Così  quando Rachele entrava dal portone principale, la Scarfatti usciva da una porta secondaria.
Continua a passare il tempo e si arriva al 1931. Sarà un anno molto importante per l'Italia. Benito Mussolini aveva un fratello, intelligentissimo anche lui, colto, preparato, ma completamente diverso come carattere da Benito.
Benito Mussolini era focoso, irruento, intuitivo, impulsivo e Arnaldo sapeva frenarlo nei suoi eccessi. Benito lo stimava moltissimo.  I consigli di Arnaldo sempre facevano buona presa sul fratello, che poi modificava certi suoi atteggiamenti. Ma da quell'anno, dal 1931, i saggi consigli di Arnaldo non esistettero più. Arnaldo morì. Semplicemente di un fulminante attacco cardiaco, a Milano, nei suoi 46 anni. E non ci fu più nessuno che sapesse o potesse frenare gli impulso di Mussolini. Il moderatore non c'era più. E Mussolini fu pasto di narcisismi e di figure volgari come Farinacci e Starace che trasformeranno il Duce in una statua. Il culto della personalità si direbbe anni dopo. Il Fascismo e Mussolini stesso cadranno in quella retorica ridicola, pacchiana, contro la quale Arnaldo aveva sempre lottato e che Margherita, nonostante fosse innamorata di lui, non poteva soffrire. Si lasciò trasformare in statua e si mise in posa. Non seppe resistere alle lusinghe facili e false. E questa fu, secondo me, la colpa vera profonda di Mussolini, che produsse il veloce degenerare di errori che poi portarono alla la sua fine, la fine del fascismo e la tragedia spaventosa della Guerra fratricida tra italiani. E produsse  quella maledetta alleanza con Hitler, persona che gli dava tremendamente ai nervi, al quale sentiva che si doveva sottomettere sempre di più, di cui si sentiva di gran lunga più capacitato, ma che governava un popolo di primissimo piano.
Era rimasta ormai solamente la Scarfatti, che perdeva potere giorno a giorno. Si era ingrassata, ovviamente era donna di 50 anni. Nonostante tutto il suo enorme scharm, aveva perso la bellezza della gioventù. E Mussolini, in fondo uomo primitivo, mascolinista, si lasciò sedurre ancora da una certa giovane romana che lo adorava come un Dio. E continuava a fare la statua. Forse in una inconsapevole concorrenza con Hitler.
Mussolini comincio a trattare con molta freddezza quella donna alla quale doveva moltissimo. Forse tutto. E che nonostante il rifiuto del maschio, attratto dalla femmina più giovane, dell'uomo che aveva tanto amato e che forse amava ancora, se ne andrà negli USA cercando di poter avvicinare Mussolini e Roosevelt e togliere il suo Benito dalle seduzioni delle Valchirie.   Non ce la farà.
Tuttavia milioni di americani la sentiranno nella NBC quando in perfetto inglese perorerà a la causa italiana e fascista.

""In Italia avevano superato il disordine del dopoguerra, si era ottenuta una buona crescita economica, una buonissima stabilità della moneta, si evitò la tanto paventata lotta di classe e i genocidi sovietici. Chi era Mussolini?
Un uomo forte? Questo era quello di cui aveva bisogno la tradizionale indisciplina italiana. Il fascismo? Cosa era il fascismo se non un socialismo che aveva superato
lo stadio delle capricciose elezioni delle democrazie?""

Questo disse, riassumendo. Ma non ce la farà.

Hitler era stato un gran ammiratore di Mussolini. Inspiegabilmente por una specie di lealtà tipicamente germanica, inflessibile, lo sarà fino alla fine. E quando fu arrestato dal Re italiano, fece di tutto per liberarlo con un Commando di SS specializzatissime.
Quando l' austriaco nazionalizzato tedesco era ancora ai suoi inizi e Mussolini nel suo auge, sembra che gli abbia chiesto una foto con dedica. Mussolini la negò. Mussolini sempre ebbe una certa antipatia per Hitler. Più tardi lo definirà un monaco chiacchierone... Nel 1934, in occasione di una esplicita minaccia della Germania all'Austria, dirigenti politici europei biascicavano il loro scontento. Mussolini e Hitler si incontrarono per la prima volta. E Mussolini gli disse chiaramente che intendeva difendere la indipendenza dell'Austria e immediatamente mandò due divisioni al confine. Hitler rinunciò. Si tirò indietro.
Fu l'unica volta che Hitler retrocesse.
Io ero molto giovane, allora, quasi un bambino. Però ancora ricordo benissimo che nella scuola la maestra ci diceva orgogliosa che il nostro Duce era stato l'unico a frenare la "prepotenza tedesca".
Però i destini di Hitler e della Germania nazista cominciarono a farsi strada a decise gomitate tra i timorati e timorosi passeggeri di quell'autobus strapieno che si chiavava Europa.
Ed arrivarono le persecuzioni agli ebrei e agli altri dimezzati secondo le teorie della razza: zingari, omosessuali, comunisti...
Germania, razza superiore. In generale i tedeschi non avevano avuto mai molte simpatie per gli ebrei. E la intelligente e subdola propaganda di Goebbels, fece man bassa sugli istinti di dominio. Iniziarono le leggi antisemite. La maggioranza dei tedeschi le approvò. Moltissimi si lavarono le mani.
In Italia non fu mai così. Forse perché in Italia di ebrei non ce ne erano molti. Anche se i ghetti furono una "invenzione" Italiana, il quartiere ebreo a Roma era attiguo al Vaticano ed era tutto un folklore, caso mai. Da ragazzo lo frequentavo di tanto in tanto.  Situazioni di rigetto furono casi molto sporadici nei secoli. Forse sarà anche, lo dico in tono scherzoso ma credo sia cosi: per quel volemose bbene e tiramo a campà, che tra i suoi lati positivi ha pure l' assorbimento reciproco. Tutto abbiamo "assorbito" in Italia. Tutto. Assorbito e fatti assorbire.
E quel bel fanatico di Hitler, che qualche goccetto di sangue ebrea ce l'aveva anche lui, seppe presentarli come responsabili della sconfitta della guerra del 1914.
Sempre si cercano responsabili dei propri insuccessi. Ecco, fu colpa loro, non nostra !Hitler ha ragione...
Era stata esagerata la umiliazione inflitta alla Germania dal Trattato di Versailles.
E questo popolo vigoroso, organizzato, orgoglioso ha sempre saputo come riprendere le sue forze. Le paranoie di Hitler alimentarono il suo orgoglio ferito.

Mussolini non era antisemita. Aveva promesso a milioni di americani che in Italia mai e poi mai si sarebbero prese misure antisemite. Non ne aveva nessuna intenzione. Però dovuto al nuovo risorgere e straripare germanico, con il raccontino degli ariani da una parte e di noi italiani dall'altra, discendenti dei Cesari ed altre balle del genere, ne' Mussolini ne' ancor meno il Reuccio italiano, potevano resistere oltre alla ossessiva insistenza di Hitler per la Applicazione delle Leggi Razziali anche in Italia. Da molte zone di influenza tedesca tanti poveri ebreucci con le loro valigette scappavano in Italia dove il clima era molto migliore, anche per loro e non solo per il sole.
Ma Hitler insisteva. E la Wehrmacht continuava a vincere.
Cosi che queste misure furono prese anche in Italia. Riluttante ma debole il Reuccio. Seccato ma convinto della necessità, il Mussolini.
E da allora il declino si fece più veloce
La valanga di errori aumentava. Era cominciato il secondo Mussolini.

Nel 1938, quello stesso anno, chiamò a Palazzo Margherita Scarfatti, la donna alla quale tanto doveva. Le consegnerà, come fosse manna dal cielo, il  passaporto perché potesse salvarsi dalle persecuzioni antisemite.
Prima di andarsene dall'Italia, la Scarfatti volle visitare Mussolini, chissà per un ultimo saluto.
Non la ricevette.
Dopo due ore di attesa, le fece dire da un qualunque usciere che il Duce era occupatissimo e non la poteva ricevere.
Margherita Scarfatti era una dama, veramente. Una signora. Nessuna scena.
Apparentò tranquillità e uscì silenziosamente dalla vita di Mussolini e dell'Italia.
Per sempre.
E per sempre rimase aperta la tremenda ferita nella sua anima di donna, generosa e appassionata.

Iniziò il suo esilio, in Svizzera e in Francia. Una grande amica sua scrisse di lei: La conobbi quando era regina senza corona in Italia. Adesso è una mendicante reale in esilio.
Era però una donna forte. Fortissima. Cercò di recuperarsi. In Francia frequentava Jeans Cocteau e altri illustri. Dette varie conferenze nel Louvre, nel suo perfetto francese e con la sua erudizione e il suo savoir faire conquistò Parigi.  E lamentò che i suoi libri, che prima andavano a ruba, nessuno più li leggeva in Italia. E molti di questi libri avevano il prologo scritto dallo stesso Benito Mussolini.
Poi si rifugiò nella sonnacchiosa Montevideo, in ricerca di pace. Commentò che era andata in Uruguay per studiare l'arte precolombiano. Un giornalista scrisse: "... della sua passata bellezza, trionfante e irresistibile, solamente è rimasto lo sguardo de suoi begli occhi verdi..."
Vivrà quasi in incognito la famosa Margherita Scarfatti, tra l' Uruguay e l'Argentina. Al principio no le sarà tanto facile. Non sarà accettata dai fascisti perché ebrea. Nemmeno sarà accettata dalla comunità ebraica, per essere stata amante di Mussolini e grande propagandista del fascismo.
Però poi, con il tempo, comincerà a scrivere  insieme ad altre firme conosciute, in riviste antifasciste. Strabiliò per la sua conoscenza della letteratura Europea e come esperta della Divina Commedia di Dante. Celebrò la vittoria degli alleati.
Nel 1947, finita la guerra, già morto Mussolini, il fascismo al ostracismo, tornerà in Italia. Era stata in esilio per dieci anni. Si ritirerà a vivere in una casetta di sua proprietà sul Lago di Como.
Lì scriverà il suo ultimo libro: Acqua Passata. Morirà nel 1961. Non ho letto quel libro. Lo ho cercato ma non lo ho trovato. Però ho letto da qualche parte, non ricordo dove, che in quel libro la parola fascismo appare una volta solamente.




Alcune lettere d'amore di Margherita a Benito.




Benito mio, mio adorato. E’ la mattina del 1 gennaio 1923. Voglio scrivere questa data per la prima volta in un foglio diretto a te, come una consacrazione e una dedicatoria. 
Benito mio adorato. Sono e, sarò sempre, e sempre  di più, tutta,  tua...tua...tua. Tua”

Sono orgogliosa di te, questo; ma per quello che sei, non per quello che appari. Sono orgogliosa di te sino al fanatismo e sino alla pazzia, ma per il tuo valore intrinseco, non per il feticismo che di te ha la folla”


Adorato, adorato, adorato: farò quello che tu vorrai. Sono tua ..

Caro amico, la serie di scenate assurde, ignobili indegne, ma sopratutto idiote avvenute stasera mi ha lasciato perplessa, esasperata, disperata ma anche pensosa. Ho passato cinque dico bene 5 ore in casa vostra con qual vantaggio del mio decoro e della mia dignità; taciamone: per ottenere di essere torturata con una serie di martirii stravaganti raffinati complicati; uno più inaspettato e immeritato e più fantastico dell’altro. Voi naturalmente ve ne infischiate: i dolori che voi causate agli altri son molto facili a sopportare. Da voi."


Sono stanca di amarti, stanca che tu ti faccia del mio amore un tappeto per calpestarlo. Tu sei un uomo estremamente sensitivo, ma fortissimo e, come tutti gli impetuosi, ”dai furori” e dopo ti passa. Io no. Io sono una natura lenta, una natura ”per di dentro”. Penetra a piano e senza reazioni esteriori apparenti in me il dolore, l’angoscia, la ribellione stessa; ma ahimè! penetrano a fondo, mi lasciano rotta, spezzata, con l’anima in pezzi, amara sino alla nausea e alla morte”.



























76/                    CLARETTA PETACCI

                                 
Bella ragazza romana, aveva trent'anni meno di Mussolini. Fu la sua ultima amante. Quella che volle morire con lui. Anzi, che gli fece scudo del suo corpo in un eroico, bello, amoroso, inutile tentativo di salvargli la vita.
Questa ragazza, ancora adolescente, si rivelò fanatica ammiratrice del Duce. La sua stanza non era tappezzata di fotografie di Rodolfo Valentino o di Gary Cooper: le stelle del cinema di allora, i grandi seduttori...Era tappezzato con fotografie del Duce, suo idolo. Idolo anche, in quei tempi, di tante altre donne italiane e straniere.
Infatuazioni  di adolescenti, pensarono i genitori, e non dettero importanza alla cosa. Anzi, questa ragazza ad un certo momento si sposò con un bel ragazzo, aviatore militare, quasi figura di eroe. Ma il matrimonio no impedì che la ragazza. signora già sposata, stesse spasimando per un altro Eroe, che per lei era nientedimeno che il Leggendario Duce, l’uomo con un mano i destini di Italia.
E tanto fece la ragazza, adesso signora Federici, che suo papà, persona di una certa importanza perchó  era il medico Archiatra del Papa; tanto fece, dicevo, finché finalmente il Papa e il papà, messi di mezzo tutti e due, ottennero l’agognata intervista per la ragazza con il Duce. Non era facile, allora, che il Duce ricevesse qualsiasi ragazzetta mezzo matta. C`erano decine e decine di belle donne che...facevano la coda per cercare di offrire le loro competenze a Mussolini. Però finalmente venne il giorno della udienza. Era l’anno 1932.  Lei di 30 anni e Mussolini di 50.
Lo guardò, ipnotizzata per quegli occhi profondi che Mussolini, si diceva, aveva fama di avere. Anche lui con lo sguardo fisso, guardando un po’ piu in basso dei begli occhi di lei, lì,  proprio lì, dove la gioventù si scorgeva prorompere gagliarda e fioresciente.
 Era sposata?
Dettaglio di poca importanza che si eliminò legalmente con una separazione, giacché in Italia non esisteva il divorzio. E ,sicuramente, nemmeno Mussolini lo avrebbe voluto per lei. Nacque la relazione amorosa. Lei fu sempre devotissima al suo Ben, come lo chiamava  nell'intimità. Per anni lei salirà di casa sua alle tre o cuatro del pomeriggio, andrà a Palazzo Venezia dove il Duce, insonne, tesseva i destini della Patria. E lì aspettava, tranquilla,  nella grande sala di attesa.
Aspettava per ore e ore leggiucchiando riviste, fino a che Mussolini finalmente la poteva ricevere.
Erano incontri brevi, difficilmente oltrepassavano la mezz'ora. Il tempo per uno scambio veloce di vedute.
Tutte le alte sfere del potere sapevano di questo incapricciamento di Mussolini. Lo sapeva anche la povera donna Rachele, sua moglie e i figli. Lo sapevano nella famiglia di Claretta, naturalmente. Insomma, tutti lo sapevano e solo loro due non sapevano che gli altri sapessero. Poi, a distanza di tempo, si venne a saperte che la riservatissima famiglia dell’Arquiatra, specie il fratellino, avevano cominciato ad approfittare sempre di più del potere che coscientemente o incoscientemente la ragazza aveva. E se ne approfittava il magnaccia, si diceva a Roma, alludendo al fratello Marcello, sempre disprezzato dai fedeli di Mussolini e che però Mussolini tollerava. Nell’anno 1939 tutta la famiglia di Claretta, mamma papà e fratelli, Claretta compresa, si trasferiscono in una bella Villa alla Camnilluccia, di lusso, nella periferia romana.
Anni dopo, quando  Mussolini e  Claretta non saranno più, il nuovo governo antifascista, come era anche logico che facesse, supponendo che  quell’immobile fosse stato acquisito dalla famiglia Petacci con i soldi dello stato italiano, requisì e confiscò tutti quei beni.
In realtà la famiglia Petacci ebbe il coraggio di opporsi, cosa di una certa pericolosità dati i tempi di recente guerra civile e strascichi del dopoguerra. Ma il  tribunale era formato da giudici come oggidì ce ne sono rimasti  ormai pochi, giudici veri, che studiarono il caso e dichiararono infondata la denuncia. Così che la villa fu restituita ai Petacci. E la povera Claretta, con il suo fatale destino, continuava nella mansione definitiva di tutti.

Di molti errori, stupidaggini... e di quasi tutto si può accusare Mussolini, meno di essere stato disonesto. Di questo non lo si poteva accusare. Per lo meno di questo, dissero i suoi nemici a denti stretti. Ma sappiamo che nemici politici difficilmente si comportano diversamente. Quasi sempre si accusa il nemico vinto di nefandezze che quasi sempre  abbiamo commesso tutti.   Mussolini non era affatto interessato al denaro, alle terre, ai valori materiali. Mussolini voleva qualcosa di più, Mussolini cercava  qualcosa di più.
Voleva la gloria e il potere assoluto dei conquistatori. Troppa la messa in scena che è sempre stata cara a noi italiani.  Il potere lo ebbe, certamente, ma gli durò poco e avvelenato da tanti altri fattori, prodotti spesso dalla sua incapacità si sapersi dominare dagli eccessi narcisistici.  
E cosi anche  il potere di Mussolini ebbe il suo tramonto. Ma non il tramonto tranquillo alla Cincinnato, come  molti desideravano e consigliavano, prima fra tutti sua moglie Donna Rachele.
Ma avvenne in uno sconquassamento di valori, incapacità e tradimenti che lui non seppe vedere, correggere, dominare e superare.
Dopo i suoi inizi, quando Mussolini era gia apparso da tempo alla ribalta con la Marcia su Roma e poteva vantare certi successi riconosciuti in vari paesi del mondo, il re Vittorio Emanuele sua sponte li aveva conferito una onorificenza che credo fosse la più alta di allora, il Gran Collare dell'Annunziata, credo si chiamasse. Ordine antico, istituito niente di meno che nel 1300, da Amedeo di Savoia il Conte Verde. E più tardi Mussolini aveva offerto a Vittorio Emanuele III di Savoia il titolo de Re d’Albania  e Imperatore di Etiopia. A quei tempi quelle cose si ritenevano importanti. Si consideravano punti d’ onore per l'Italia. Giusto o non giusto, questo generalmente si pensava. Ma poi ti arriva una guerra vera, nel 39,  non solamente la guerretta africana del 35.  E i sacrifici, le tensioni, i malumori in Italia aumentavano giorno a giorno per una guerra che in realtà non si era  voluta a livello nazionale ne’ popolare e che ormai si sapeva inesorabilmente persa per  il potere industriale degli Stati Uniti. 
 Ricordo benissimo quando nel cielo di Roma -- dichiarata Città Aperta per l’intervento protettore del Vaticano e con il tiepido acconsentimento di Inghilterra e Australia -- vedevamo volare altissimi  e indisturbati centinaia e centinaia di aeroplani degli Stati Uniti che raggiungevano obiettivi al Nord della Città Eterna. Era un enorme manifestazione di potere.  E noi speravamo di vincere quelli lì?...si sentiva    commentare.
Il Re aveva cominciato da tempo a preoccuparsi della sua Casa Savoia e dell’Italia, in quell’ordine di priorità.  Aveva mandato a arrestare Mussolini  con il fine evidente di ottenere una specie di pace  e poter difendere il suo trono. Ma Hitler era poi  arrivato a rompergli le uova nel paniere mandando quel  007 nazi che fu abilissimo nel liberare Mussolini in una operazione  rocambolesca e pericolosissima.  
Io ero ragazzo e poco dopo volli andare a conoscere, con un gruppo di amici quindicenni studenti di Liceo,  quel luogo, che era Campo Imperatore, nelle quasi Alpi d’Abruzzo.
Ed effettivamente rimanemmo impressionati dalle condizione che supponemmo avverse  in quell’occasione della liberazione di Mussolini. Un blitz, si direbbe oggi. Colpo di mano, dicevamo prima quando si parlava italiano. Ma Mussolini, anche se liberato, era ormai un uomo stanco... deluso amareggiato, conscio del fallimento della guerra, irritato con i tedeschi, e dovendo poi fare buon viso al sorridentissimo Fürer che lo ricevette davvero a braccia aperte.  Avrebbe  preferito rifugiarsi in Spagna?   Mussolini non seppe dirgli di no. O intimamente non volle. O non potette? Punto sul vivo? Forse pensò che con un po’di ricostituente si sarebbe rimesso in forze. Chissà... Conclusione, nel Nord d’Italia  formò, o dovette formare, la Repubblica Sociale Italiana, un fatiscente Stato fascista, decisamente sottomesso ai tedeschi. E cominciò la tremenda guerra civile  tra italiani. Assurda, inutile, ridicola, eroica, vergognosa.  
Mussolini cercò di allontanare da sé la Petacci. Da sé e da un destino che ormai sentiva inevitabile.
Ormai non credeva pìù nemmeno  alle famose armi segrete, toccasana sbandierato per risolvere la guerra. Il Fürer gliene parlava  per dargli animo. Forse ne era convinto anche lui.  Sì, è vero, c'erano  stati i V1 ed i V2, armi segretissime moderne che avevano martellato Londra.
Indubbiamente dimostrazione della capacità scientifica dei germanici. I tedeschi non copiavano da nessuno. Tutti copiavano dai tedeschi; piccolo dettaglio: copiavano ma con molti  più mezzi.
Ma poi? Il fronte si era girato ad Est. Contro l'Unione Sovietica. Certamente ci fu una febbrile corsa tra scienziati, a chi arrivava prima alla bomba atomica. Ricordo benissimo che in quei tempi atroci si commentava  che Hitler avesse detto: Dio mi perdoni gli ultimi dieci minuti di guerra.
Pensava veramente sterminare il nemico con l’atomica?
 O sterminarsi con  tutto il mondo in un supremo atto di strage-omicidio-suicidio?
Ma ormai non ci credeva più nessuno. Mussolini  era molto più cosciente del suo alleato-amico-padrone.

Cercò di allontanare da sé quella ragazza alla quale si era veramente affezionato, ormai che si sentiva vecchio, stanco e  con un destino  segnato.
 Un giorno, si dice, la  signora Petacci, così la si chiavava ultimamente,  senti dall’usciere dirsi che Mussolini non la avrebbe più ricevuta.
Doppione della Margherita Scarfatti? Messa alla porta con passaporto di buona uscita?
Ma Claretta non era Margherita, non era una signora. Era in fondo una ragazza innamorata e impulsiva. Mani sui fianchi e a agomitate gridando  come una ossessa, fece due a due gli scalini per piombare nello studio di Mussolini, gli si piantò di fronte... e Mussolini, stanco, chissà remissivo, la acettò ancora al suo fianco.
 Claretta non lo lascerà mai più.
Poco dopo arrivò la tragica fine, un accordo-complotto mal riuscito tra partigiani del CLN e il cardinale di Milano, Mussolini vestito da soldato  tedesco.  Arrivò la sua cattura. Mussolini già morto moralmente, quasi accasciato ad una parete per strada, un partigiano con il mitra puntato... l'ultima scena.
Sparatemi al petto!!
Furono le sue ultime parole, il suo ultimo grido, il suo ultimo ordine...
Claretta Petacci, di 33 anni, con l'impeto della donna che ama, si lanciò addosso al suo Mussolini. Per coprirlo,  per difederlo, per fare scudo a lui con il suo corpo.
No!...no!...Mussolini  non deve morire!!!!
Fu il suo grido.
E ci furono due raffiche di mitra. Claretta senti solo una.
I due corpi furono in qualche modo trascinati  con altri gerarchi fascisti a Milano. Tutti cadaveri, ormai, vennero appesi per i piedi con ganci di macelleria in una Stazione di Servizio a Milano, in Piazzale Loreto. I Pompieri lavarono con i loro getti d’acqua  quei cadaveri  macabri  sui quali fino a poco prima aveva infierito il "pubblico" esultante con sete di vendetta.
Solamente un sacerdote ebbe un minimo atto di pietà. Cercò di coprire come potette le gambe di Claretta, anche lei appesa per i piedi e la gonna risvoltata e insanguinata che  sbatteva come uno straccio sul viso.
Una Claretta assolutamente irriconoscibile con il volto tumefatto. Il prete si rese conto che alla donna mancava completamente la biancheria intima.
E dalla sua vagina, come orrida voragine, ancora scorreva del sangue perché qualcuno, con un manico di scopa, aveva voluto profanare e in qualche modo violare il suo corpo di donna.
E così, in questo modo, terminò la vita di Mussolini e Claretta.

Possono essere vari e contraddittori i giudizi su Mussolini. Non potrà essere diversamente. 
Ma la donna che lo amò fino a quel punto, merita il massimo rispetto.
Così sanno amare le donne, quando amano. Non noi uomini.
In fondo noi uomini con loro siamo ancora poco più che stalloni. 





















  77/                            STALIN
                              e le sue amanti.

               INTRODUCCIÓN.

Nemmeno è facile facile parlare con una certa sicurezza di Stalin. La bruma, la leggenda, l'odio furibondo e l'adorazione fanatica impediscono una visione sicura, come del resto con quasi tutti i politici e persone di certa importanza. Gli Dei e i Dittatori sono sempre avvolti in mistero. Così sia che se li possa conoscere meno e supporre in loro quella capacità che vorremmo avessero.
Dov'è nato Stalin?
Nella mitica Colchide, tra il Ponto Euxino e il Mar Hyercanium, dove arrivò nella sua epoca l'avventuroso Giasone con tutti i suoi argonauti per rubare il famoso e prezioso Vello d'Oro. E il Fato imperscrutabile trasformerà il suo furto con scasso in poesia e atto eroico. Ossia la Georgia, per usare una espressione un po' più aggiornata, tra il Mar Nero e il Mar Caspio.
In quella zona, nel fine 1800, viveva una bella coppia di contadini, figli di contadini e nipoti di servi della gleba. L'uomo si chiamava Yósif  Vissarion   Dzhugashvil e lei Ekaterina Gueladje. Lei era una donna seria, devota, con la testa sulle spalle e lavorava da domestica e lavandaia per mantener sé stessa e il suo figliolo. Il marito non valeva granché, insoddisfatto di tutto, faceva qualcosa anche lui per mantenersi, ma il poco che guadagnava se lo spendeva in vodka e tra un bicchiere e l'altro, secondo le tradizioni, se la passava ubriaco fradicio ad affermare la sua mascolinità di padrone di casa dando botte da orbi alla povera moglie tra improperi e bestemmie. Nel 1879 nasce un bambino, candidato al punchingball. La mamma lo chiamerà Yosif come il padre; e aveva un difetto fisico che avrebbe, chissà, fatto felice Darwin con la sua evoluzione: le dita di un piede erano unite tra di loro con una membrana che rivelerebbero l'origine acquatico dell'uomo. Il bambino cresce, incomincia a prendere anche lui botte dal padre ubriaco, si terrorizza, scappa, si nasconde.
La mamma, oltre a difenderlo come può, si accorge che il ragazzino è intelligente, capisce subito e bene, nonostante sia deboluccio di costituzione e semi anfibio. Naturalmente aspira per lui quello che si augurano tutte le mamme: che il suo bambino possa avere un futuro migliore dell'inferno dove vivevano.
In tutti gli ambienti di poveracci, da secoli, in Europa, la unica strada per cercare di uscire dall'ignoranza e dalla povertà, è stata quella di diventare prete. La vocazione o chiamato di Dio non aveva assolutamente niente a che vedere. Ci viene in mente che Casanova, il gran seduttore d'altri tempi e d'altri lari, era sacerdote.
Il seminario assicurava sempre un pezzo di pane nel refettorio. E la mamma, tanto fece e disse, che quando Yósif aveva appena nove anni riuscì a rifugiarlo nel seminario della zona. Per dargli una educazione, per offrirgli un futuro e per sottrarlo agli irrazionali comportamenti violenti del padre che gli avvelenavano il carattere. Un compagno di Stalin di quei tempi, il cui nome adesso non ricordo, commentò moltissimi anni dopo che tutte quelle botte ricevute e non meritate, mal tempereranno il suo carattere già forse ribelle, scontroso, sospettoso; ma anche lo trasformarono  in duro e crudele. Questa è la gran colpa dei genitori che non sanno o possono educare veramente i loro figli; e  saranno  i responsabili dei loro futuri comportamenti negativi. Mancanza di educazione, tutto sommato.
Comunque i sacerdoti già all'inizio del seminario   si resero conto che il ragazzino era molto capace, addirittura eccezionale. Così che nel tempo decideranno  dargli una molto buona borsa di studio per Teologia, verso la quale sembrava inclinato.
Però, a parte la teologia il ragazzo cominciò a leggere, chissà come, qualcosa sulla rivoluzione, sul socialismo, sul marxismo. E questo qualcosa nuovo la intese appunto come fare per liberarsi da certi pesi inutili, di come evitare gli orrori de una vita miserabile come quella sua e di sua madre, orrori che ricorderà sempre. E anche si ricordera di suo padre, anche lui in fondo una vittima, un poveretto anche se era un bestia. E si entusiasmò, certamente, come si entusiasmano i giovani, in tutti i campi, non solo nell'amore. Entusiasmi e spinte ad agire in qualche direzione.
Deve aver parlato di questo con compagniucci del seminario. Cosa ti succede?
In tutti i seminari, in tutte le sette, associazioni, nei vari gruppi sociali ai quali si vuole appartenere per ricavarne una certa sicurezza, il pezzo di pane e le primissime necessità non mancano mai, nel senso che ci si aiuta reciprocamene. Questo è il motivo dell'associazione. Però c'è anche sempre un prezzo da pagare. Il prezzo da pagare è la quota sociale. Ossia obbedire alle norme che uno stesso si pone o accetta. Quasi senza ragionare. E se qualcuno comincia ad avere qualche dubbio su qualcun altro è ovvio che lo si comincia a controllare, spiare, denunciare e finalmente espellere, perché la difesa di sé stesso è la cosa più naturale del mondo.
E così anche i barbutissimi sacerdoti di Georgia, attenti a mantenere il loro status quo come tutti nel mondo, sospettosi e forse poi anche invidiosi e con il terrore che si formasse un centro di rivolta, sbattono via su due piedi il seminarista promettente pero pericolosamente rivoluzionario e che stava contaminando l'ambiente religioso.
Vade Retro Satanás…”
Fu nel 1899, nei suoi 20 anni di età.

Però, avendo vissuto per 11 anni in una associazione religiosa, qualche cosa apprese senz'altro: a dissimulare, a frenarsi, a controllarsi per raggiungere l'obiettivo. Questo è quello che conta. Como se avesse letto il Principe di Machiavelli.
Una volta fuori dal seminario comincerà a guadagnarsi la vita dando lezioni a giovincelli della classe media.
Nel 1901 entrerà nel Partito Rivoluzionario Operaio, clandestino. Lì conoscerà Lenin. Ed un poco più tardi, da quelle parti, darà inizio a quella che il Maestro Lenin, più sofisticato, chiamerà elegantemente Campagna di Espropriazioni. Furono assalti e furti a Banche, con contorno di estorsioni, per finanziare la Causa. La Causa Bolscevica, naturalmente.
E il Georgiano Meraviglioso, come lo chiamerà Lenin, farà qualche bel viaggetto, piuttosto lungo per rendere conto al Maestro del suo operato. Lo troverà in quei tempi  nella magnifica oasi dell'Isola di Tiberio, a Capri. E lo vedrà giocare scacchi con Massimo Gorki, tessendo, confabulando, promettendo, vedendosi con i Krupp ed altissimi ufficiali Prussiani mandati dal Kaiser. E Lenin, bravissimo giocatore di scacchi, prevederà molte giocate nello scacchiere Europeo. Ottenne l' aiuto del Kaiser e riuscì poi a costituire la sua Unione Sovietica. C'era Inessa Armand in quei tempi, a Capri. Ma Stalin non aveva occhi per lei. Era Lenin, la futura Icona Massima del Paradiso Sovietico, il sensibilissimo a quegli sguardi affascinanti. Si era innamorato.
Però questo succederà molto più avanti nel tempo.
Per ora il nostro Yosif iniziò i suoi andirivieni, non ancora a Capri, ma in Siberia. Sette volte fu deportato in Siberia e sette volte scappò. La prima volta che lo condannarono all'esilio fu per organizzare uno sciopero contro i Rothshild. Chissà da allora nacque una certa antipatia per gli ebrei.
Durante uno dei vai e vieni in Siberia,  un bel giorno si sposò...
Diciamo che si sposò...Chiamiamolo matrimonio.













78/                  EKATERINA SVANIDSE.

                             LA PRIMA SPOSA DI STALIN.


La conobbe nel 1904, quando lui ne aveva 26. Lei era la sorella di un compagno rivoluzionario. Sembra di una famiglia abbastanza buona di Georgia. Bella ragazza, si suppone al guardare la foto presunta di lei. E qui bisogna considerare qualcosa che sarà valida per tutte le mogli o amanti di Stalin, per i suoi figli e per Stalin stesso. Mi riferisco al voluto “sfuocato” di eventi e di persone di un certo spicco, per fini diversissimi, religiosi, politici, storici, o quello che sia, come abbiamo già accennato più di una volta,  che spesso si traduce in falso; ossia il tergiversamento della verità, sarà ed è stata stata sempre un bel trucco magico di tutte le polizie di ogni stato del mondo, da sempre.  Quindi coinvolge anche Stalin, nulla di novo. Coinvolge molto anche Stalin e il suo contorno. Fotografie comprese. Uno sfuocato che può arrivare al contraddittorio. Nel caso di Stalin, io personalmente ho visto antiche foto della stessa persona che un esperto riconosce come sposa numero uno e che un altro riconosce come sposa numero due. Con nomi e cognomi differenti. La mai bene identificata Kagánovich è riconosciuta da certuni come moglie numero tre. Ho visto foto apparentemente originali ed altre vistosamente, pacchianamente ritoccate. La stessa foto di una donna con capelli raccolti e un'altra foto con gli stessissimi dettagli, anche nell'entourage, però con i capelli sciolti. In una foto rigogliosa e in un'altra magretta di seno. Evidenti i ritocchi primitivi e grossolani. Il solito diffuminato e sfuocato per gli Dei e gli Eroi. Appunto, per non farci vedere ne' capire bene. E noialtri, il volgo? Adorantes cernui...
Bene. Come abbiamo già detto, Yosif entrerà nel partito rivoluzionario operaio e conoscerà Lenin, il Maestro. E da allora più o meno cominciò magistralmente la campagna di espropriazioni per finanziare la causa.
Continuiamo. Nel 1907, la bella Ekaterina avrà un bel bambino, evento frequente anche tra i russi ortodossi. Lo chiameranno Yácov o Jacob o Giacobbe. Non diciamo anche Giacomino, perché sembrerebbe poco rispettoso
Abramo, Isacco e Giacobbe era la triade dei progenitori biblici del popolo di Israele. Senza commentari. Ma poco dopo Ekaterina mori. E nacquero pettegolezzi: che perché Ekaterina aveva dato a suo figlio un nome chiaramente ebreo e non un vero bel nome russo, come la gente? Perché era ebrea lei stessa? O aveva avuto il suo bambino da un amante ebreo?
Certo, era stato Stalin stesso allora ad ammazzare la moglie quando sospettò dell'adulterio. Sarà per questo che Stalin sembrava odiasse Yácov?
Però un' altra versione, tanto per aumentare lo sfumato, assicurava che Ekaterina era morta improvvisamente di tifo, tra le braccia amorose e desolate del marito, poco dopo la nascita del bambino. E che quindi il poco amore di Stalin per Yácov era dovuto a un ridicolo ma comprensivo risentimento facendolo responsabile della la morte di Ekaterina. Sia come sia, pare che ai funerali di Ekaterina un Yosif, represso e impassibile, di sentimenti inscrutabili, abbia commentato a un certo amico suo che con la morte di Ekaterina il suo cuore era ormai diventato di pietra.
Sia come sia stata la morte della sua prima moglie, Yósif Vissarion Dzhugashvil non avrà mai un gesto di amore di affetto, di qualsiasi tipo di tenerezza con suo figlio, il povero Yácov. Crescerà solamente con le persone di servizio e poi appena un po' più grande, lo manderà a vivere con la famiglia di sua madre. Evidente che il ragazzo crebbe male. E rimase sempre con il gran complesso di non sentirsi gradito a suo papá. Si sentiva respinto. E forse con timore di non poter essere all'altezza delle sue aspettative. Certamente tutti gli parlavano di suo padre come il grande genio, quasi una divinità. L'adorazione per Stalin arriverà a sostituire l'adorazione alle sante icone. Stalin era un uomo eccezionale, nel male o nel bene, indubbiamente. Quasi unico, direi. Ed i figlioli, invece saranno persone normali, nessuno erediterà le eccezionalità del padre. Forse Yósif-Stalin riversava su Yácov in maniera psichicamente contorta anche il ricordo del suo odio per il suo stesso padre, la bestia ubriaca che lo picchiava da bambino, terrorizzandolo;  e dimostrava cosi la sua rabbia su quel figlio suo, normale, che senza capacità speciali, poteva scansarsi di dosso, senza averne il merito, le atrocità del comportamento che suo padre aveva invece avuto con lui.
E Stalin sarà deluso anche dal secondo figlio, il bel Vassili, aviatore. Forse non tanto da Svetlana. Chissà, essendo donna, non pretendeva gran chè da lei. Invece, molto probailmente qualcosa dovette aver sentito per il primo figlio, Costantino, quello nascosto, avuto da Maria Kuzàcoba. Quello che sicuramente fu lui a mandare ad educare nella Università Sovietica di Leningrado, elitista scuola di favoriti. E chi se non Stalin stesso ? Quell'ufficiale che poi vide per la prima volta e intuì fosse il figlio suo e di Maria Kuzàcoba, avuto lassù, in Siberia. E che non aveva visto mai. Lo vide, lo guardò intensamente per qualche secondo e andò avanti
Ma mi sono anticipato.
Di questo parleremo più avanti, cosi come parlerò di cosa successe a Yácov, dopo una trentina d'anni, ai tempi della Guerra Patria. La Guerra Patria, quella stessa guerra mondiale che i sovietici chiamarono sempre, limitandola a se stessi come gli unici vincitori, come Guerra Patria; e fu quando Yácov cadde prigioniero della Wehrmacht. 





















         79/             MARÍA  KUZÀCOVA

         
              Non era la moglie ma gli dette un figlio


Poco dopo la morte della moglie Ekaterina, la Polizia zarista riacciuffaYósif-Koba (Stalin) , che in quell'epoca usava lo pseudonimo di Koba, mitico eroe nazionalista Russo o Georgiano; o chissà per il mitico eroe nazionalista, ebreo, Bar Koibà. E questo lo assumono coloro che sostengono l'origine ebrea di Stalin. Lo riacciuffano e lo rimandano in Siberia. Altro esilio. Lo mandano a Solvychegodsk, zona freddissima molto al nord di Mosca dove conosce Maria Kuzàcoba. Si sa pochissimo di lei. Non ho trovato nessuna foto ne' sua ne' del bambino che ebbe con Yósif. Ma quando il nostro eroe riusci a scappare ancora dalla prigionia, la donna era in felice attesa, cosi che Stalin non conobbe il bambino. Qui pero dobbiamo aprire una porta al futuro. Anni dopo questo bambino, già adulto, che come accennato prima si chiamava Costantino, entrò nella riservatissima Università di Leningrado (ex Pietrogrado e futura  San Pietroburgo). Pur non essendoci prove, è ovvio che entrò per intervento di Stalin. Chi mai avrebbe potuto farlo accettare in quell'università per figli di alti funzionari del regime? A parte che si sa che la polizia segreta, la famosa NKVD, lo obbligò a convenire che mai rivelerebbe la sua identità come figlio di Stalin.
Bene. Con il tempo questo giovane, apparentemente capacissimo, si trasformerà in Colonnello. E sembra che poco dopo, in una occasione, il Generalissimo Stalin, ormai di capelli grigi, camminando pensieroso negli uffici del Cremlino, passando vicino a lui, di servizio da quelle parti, improvvisamene si fermò. Lo guardò con attenzione. Stalin era istintivo, molto percettivo, come Rasputin. Fermo di fronte a lui lo guardò con i suoi occhi penetranti, indagatori, come a riconoscere qualcosa. Dette con i denti due o tre giri alla su pipa sempre guardandolo. Evidentemente lo aveva riconosciuto. O chissà, meglio detto, lo aveva sentito. Nessuno dei due disse nulla. Poi il Generalissimo Stalin, già anziano, come svegliandosi da una immagine di fantasia, dette un'altro giro a quella pipa che ormai non fumava più e riprese il suo andare.
Chiusa la parentesi al futuro.
Torniamo a Koba in Siberia a inizi del 1900.




















7        80  /                GLI  ALLILUYEV: OLGA

         
                          Non era la sposa. Però fu su amante
                                        e futura suocera.

Quando scappò per la prima volta dalla Siberia lasciando Maria Kruzácova con il pancione rivelatore, la prima persona che lo ricevette in casa nascondendolo dalla polizia zarista in quella primavera del 1912 fu un tal  Sergei Alliluyev, anche lui rivoluzionario, ex operaio di non so che ferrovia da qualche parte, che viveva a casa con la moglie Olga Alliluyeva, con la figlioletta Nadezha (Nadya) ed altri figli e figlie che però adesso qui non interessano. Sono solamente queste due donne, madre e figlia, quelle che formano parte della storiella romantica, bel minestrone di informazioni contraddittorie per gli anni futuri per fomentare la libido spettegolandi e complicare la vita ai poveri storici biografi.
Olga era una bella mescolanza di tedesco, rumeno, russo, georgiano. Aveva fama di essere stata molto bella nella sua gioventù, che aveva molti "uomini intorno al suo dito". Espressione che potrebbe essere tedesca, rumena, russa o georgiana. Mah, sarà. Quando gli uomini normali ( cioè noi, ovviamente) ci giriamo a guardare una donna, non stiamo certo a fare giretti con gli occhi intorno al suo dito. Che c'entra il dito? Siamo franchi. Guarderemo qualche altra cosa. Paese che vai, dito che trovi.
Continuiamo.
Questa Nadia, figlia di Olga, era una bambinetta. Secondo una leggenda familiare che ci rivelerà in anni futuri una figlia di questa bambinetta -- una certa Svetlana, della quale anche parleremo tra un po'--  la bimba Nadia fu salvata da non si sa che rischio di affogarsi in non si sa che fiume o lago o bicchier d'acqua. Conclusione, il salvatore eroico fu il giovane georgiano, misterioso, perseguitato dai brutti e odiati zaristi, il pluri-soprannominato Koba, di enigmatici occhi quasi da gatto, che " le raccontava storielle e la faceva ridere". Orbene, questo enigmatico personaggio era tanto pedissequo ai suoi doveri di ospite che quando il papà della bimba si allontanava di casa per i suoi impegni di lavoro o per tessere i destini della futura patria socialista, cercava generosamente di sostituirlo in tutto quello che gli fosse possibile. E la signora Olga Alliluyeva, dicono, ne era grata e lo contraccambiava come sanno contraccambiare le donne di qualsiasi origine e classe sociale.
Passa il tempo.
Molte cose succedono nel mondo e anche in Russia. Ed arriva anche il famoso 1917. Rivoluzione Russa e tutti i cambiamenti che comportò. Falce e Martello. Molti felici. Molti terrorizzati. E anche molti morti.









 81/        LOS ALLILUYEV: NADEZHA  (NADYA)  
                             (LA SECONDA SPOSA)

                    Da non confondere con altra Nadya, la Krùpskaya, sposa di Lenin


La bimba Nadya continua a crescere nella nuova Russia e come figlia del quasi Eroe rivoluzionario, il compagno Sergei Alliluyev, entrò a lavorare niente di meno che nell'Ufficio Centrale del Grande Capo Lenin, in San Pietroburgo ed era la esperta di un codice misterioso confidenziale, top secret.
Aveva 16 o 17 anni, un fiore. Veramente bellina. Si vestiva in maniera stravagante, secondo le opinioni delle altre ragazze che erano sempre di scuro, ascetiche, smandrappate. E si pitturava anche un po'. Insomma, carinissima. E Stalin la incontrò per combinazione nell'ufficio del Grande Capo, senza riconoscerla, senza sapere chi fosse. Stalin la guardò con quello sguardo che noi uomini spessissimo abbiamo, involontario però rivelatore di un certo interesse per una donna. Ma lei lo riconobbe subito. Abbracci e sorrisi. Il Grande Capo, celestino involontario, ordinò loro non so che missione speciale. Simpatizzarono. Lei aveva 17 anni e lui 38.
Chissà, per lei Stalin forse continuava ad essere il misterioso personaggio che aveva conosciuto nella sua infanzia, il suo salvatore, il suo Robin Hood, quasi un Principe azzurro. Ed inoltre adesso era una persona di notevole importanza al fianco di Lenin: la qual cosa sempre attrae una donna. Il fascino dell'uomo forte o ritenuto tale. Versione attualizzata del primitivo maschio dominante che seduce.
Insomma un bel giorno il bravo Stalin, forse con un po' di vodka in più, cercò di sedurla. Lei non aspettava altro. Si lasciò sedurre. Furono amanti...e lei rimase incinta. Quando il papà di Nadya, adesso anche lui un personaggio e quasi eroe, il compagno Sergei Alliluyev, seppe di questo, si dimenticò completamente delle moderne teorie dell'amore libero socialista, si incazzò come una bestia e esigette subito quello che avrebbe esatto qualsiasi papà odiato borghese: magari senza il Pope, ma che fosse matrimonio. E matrimonio fu.  
E la serafica Olga Alliluyeva, sposa di Sergei e madre de Nadya, da ex amante se trasformò in suocera di Stalin.
Arrivò la cicogna. Anzi ne arrivarono due. Distanziate ma ne arrivarono due.
 Anche nell'Unione Sovietica, nonostante il suo Cinturone di Isolamento con lucchetto marca Lenin, arrivavano le cicogne.
La prima portò Vassili, nel 1921; nel 1927 portò Svetlana. Parleremo un poco più tardi di questi due infelici figli di Stalin e dell'altro, il primogenito Yácov; tanto felice nemmeno lui.
Però adesso intratteniamoci un poco sulla seconda sposa di Stalin, la salvata alle acque, Nadya, la più infelice di tutti.
Si sposarono, è vero. Ed è verissimo che lei era innamoratissima di Stalin, infatuata.
E Stalin? Eh Eh... Di Stalin non si sa. Ho letto brani di lettere scritte da Stalin a sua moglie, dei primi tempi, con certe espressioni di tenerezza normali in un uomo che ama. Ma sanno amare veramente gli uomini? Specie un tipo come Stalin? Perché a parte le letterine affettuose, è anche vero che il georgiano fuggitivo approfittò ben bene dei segreti di ufficio di sua moglie, segretaria privata del Grande Capo Lenin e con ampio accesso al suo Top Secret. Cosicché Nadya era sposa fedele ma infedele segretaria che i segreti del Capo non li manteneva segreti, ma li passava di nascosto al marito.
Pare che la luna di miele non sia però durata moltissimo. Fine alla morte di Lenin? Coincidenze?
Musi duri e bisticci erano sempre più frequenti tra i due. La figlia di entrambi, Svetlana, moltissimi anni dopo scrisse che negli ultimi tempi aveva sentito sua madre gridare al marito, impassibile: Tu non sei quello che io credevo che tu fossi. Sei un mostro. Tratti male i tuoi figli, tratti male tua moglie e tratti male il popolo di Russia...
Sembra che Nadia volesse il divorzio ma non lui. Conclusione, nel 1932, lei di 35 anni e con la bambina Svetlana ancora di 5 anni, la moglie di Stalin morì.
Suicidio, fu un commentario. Appendicite, dissero altri. Uxoricidio, sussurrarono altri ancora. La cosa sicura era che   Nadezha Alliluyeva non era psichicamente stabile. Si alternavano in lei depressioni e manie. D'altro lato, uno si chiede: come si fa a non averne quando si vive con uno sposo come Stalin? Nadia avrà potuto passare ai suoi figli, in qualche maniera, queste instabilità psicologiche, chissà non congenite, ma acquisite dall'ambiente familiare ?
Nemmeno Vassili, nemmeno Svetlana saranno persone molto normali.
Sinceramente sono convinto che non si può essere molto normali avendo un padre o un marito come Stalin. Per avere una vita tranquilla, serena, in fondo felice e senza soprassalti bisogna vivere in un ambiente normale. Le Mille Lire al Mese, come diceva quella vecchia canzone del 1939, che ancora ricordo benissimo.
I Grandi, i grandissimi, gli uomini che lasciano... più vaste orme... in bene o in male, sono personaggi che distruggono tutto quello che è vicino loro. Il sole brucia se ci si avvicina troppo. Lasciamo che i grandi seguano il loro destino e che noi normali si segua la nostra normalità. La nostra aurea mediocritas, in questo senso classico oraziano. È anche più facile avere cosi una vita più o meno felice. In fondo, cos'è che importa di più nella vita? Nella nostra breve luce? Sicuramente viverla nel miglior modo possibile e che non ce la sconquassino i geni. I geni sono capaci di costruire in mondo nuovo ma distruggono le loro e le nostre famiglie.

La mia esperienza di adesso, nei miei 86 anni di vita, non vuole imporre una Laus Stultitiae; però sì, suggerirei una laus mediocritatis.



















82/                 VALENTINA ISTAMINA
83/                                  ROSA KAGÁNOVICH.



Con la morte di Nadia Alliluyeva probabilmente qualcosa cambiò nelle relazioni "amorose" di Stalin. Da allora, nella maggioranza dei casi ebbe incontri occasionali. Cercava o gli proponevano avventurette fugaci con ballerine, ragazze di teatro, quasi sempre giovanissime e di ambienti di dubbia serietà. Tra le puttanelle, insomma. Stalin, come del resto Mussolini... e chissà quanti altri uomini... cercava in generale la propria soddisfazione sessuale, come necessità fisiologica. Poco di più. Questi due tipi avevano qualcosa in comune. Bruschi ambedue e provenivano da un ambiente poco raffinato. Tutti e due dovettero imparare a mangiare a tavola decentemente e osservare un certo comportamento con le signore; anche se in questo mai ottennero grandi risultati. E se andiamo poi a vedere, la maggioranza degli uomini è ancora cosi, purtroppo. Bruschi e egoisti. Ci vorrà ancora del tempo...
Casanova, l'amante per antonomasia, nelle sua relazioni amorose cercava il piacere  ma soprattutto per darlo  alle sue amanti, più che a sé stesso. Forse, chissà, c'era una forma i narcisismo nel desiderio di piacere agli altri, alle altre, pardòn... per ottenere a cambio una certa maggiore ammirazione verso di lui. Ossia, era disposto a limitare il proprio piacere purché aumentasse quello della partner e che quindi lui fosse ammirato di più, come il migliore amante. Insicurezza? Chi cerca la approvazione altrui in fondo è un debole. Chissà...ma io non sono psicologo.
 Ne' psico-narci-patologo... ammesso che  esista il termine.
Così era lui. In fondo: un altruista.
Sappiamo che le amanti di Casanova, tutte, assolutamente tutte, riconoscenti, lo ricorderanno con affetto, e talune anche quando ormai era un vecchio deriso dai lacchè del suo anfitrione..
Che poi alla donna piaccia l'uomo forte, il dominante, quasi bestia, quasi violatore, questo è anche vero; però è un altro momento della psiche femminile. La sottomissione -- sono tua, fai di me tutto quello che vuoi -- dura poco. Poi la donna lo lascia. Perché la donna vuole  essere anche e soprattutto curata, amata, coccolata, accarezzata, sentirsi dire cento volte al giorno che è la più bella di tutte e che la amiamo. Se non facciamo questo o se diamo uno guardo pur distratto  a una gonnella che ci passa accanto scodinzolando, allora la donna ci lascia.
E forse ha ragione.
Lenin invece in questo campo di emotività, era completamente diverso sia da Stalin  che da Mussolini. Non era esuberante nelle sue manifestazioni amorose. Le frenava sempre. Le considerava un pericolo, un emolliente del carattere. Cercò sempre di affogare il suo innato romanticismo borghese in ara della Causa.
Meno una volta.
Una bellissima e tragica volta...
... e fu quando nel magico ambiente di Capri, di Parigi, del Café du Lion, si innamorò. Le sue difese caddero sole, come la mura di Gericò.
Cherchez la femme: Inessa Armand.
Si innamorò. Amò moltissimo, anche soffrì moltissimo, tutti e due soffrirono, lui e lei.

 Scusate. 
Stavamo parlando di Stalin. Chiedo scusa per i fuori tema. Prometto che quando avrò finito di scrivere non girovagherò più.
Allora, ritornando al primo detto, dicevo che dopo la morte della sua seconda sposa, Nadia, nel 1931, Stalin ebbe quasi esclusivamente incontri per esigenze fisiologiche, per definirle in qualche modo. Quasi esclusivamente. Perché dall'anno 1931 fino al 1953 quando Stalin morì, o lo fecero morire, il tragitto è lunghetto. In questo periodo, specie verso la fine, tra i suoi capelli nerissimi, cominciarono ad apparire sempre più numerose ciocche bianche. E lo vedremo abbastanza tranquillo, in quel senso. In quel senso, chiaro, perché quello era periodo di guerra e tranquillo non lo era nessuno, dal Giappone alla Patagonia. Ma in casa era diverso. Avrà una governante che si occuperà di lui, un po' in tutti i sensi: Valentina Istomina. Non ho assolutamente trovato nessuna foto di lei. Una persona competente, seria, devota, fedele, che non parlava molto, che farà da mamma a Svetlana, di 5 o sei anni. Si comportò bene questa buona donna che qualcosa di attrattivo doveva pur avere perchè la strana unione tutto fare durasse per ben 15 anni
Darà affetto alla bambina come glielo darà anche a suo papà...quando lui glielo chiederà. E lei, devota, fedele, ubbidiente, a volte gli riscalderà il letto. Ben potrebbe considerarsi Istamina come moglie di fatto.
Nell'ultimissimo periodo di Stalin, appare un'altra donna, anche se molto diffusa: Rosa Kagánovich sorellina di un alto funzionario del regime, Lazar Kagánovich, di secondo cognome Cohen che non lascia dubbi sulla sua origine. Di questa sorellina ho scoperto solamente una foto di quando aveva 13 anni, carina ma quasi bambina; pare che a quell’età la abbia conosciuta l’anziano Stalin.  Inoltre è una foto discussa, anche se  alcuni giurano che fosse l'ultima amichetta di Stalin. Così giovane? Comunque di lei non si sa assolutamente nulla.
A proposito di Kagànovic-Coehn vorrei ricordare che ci furono parecchi ebrei nella prima società socialista. Da dove venivano questi ebrei? Non erano certamente i Sefarditi, originari della Spagna, gentilmente allontanati dai Cattolicissimi Re, Fernando e Isabella. Venivano dall'altra parte, cioè dall'Est, Sud Est per essere più precisi. Si diceva fossero discendenti della antichissima Tribù di Simeone, anche loro gentilmente allontanati, ma dalla diaspora del 135 d.C., originata da Bar Koibà; tribù di Israele, la 10ª, che scappando dalla furia romana arrivò fin lassù, (Colchide, Georgia)...e si formò il paese dei Cazari con tutto il raccontino del Regno dei Cazari, forse il primo Regno di Israele dopo i biblico regno di Saul e successori. Regno che durò anche un bel pezzo, durò 600 anni. Ma, soggetti anche loro alla legge del vattene tu che adesso arrivo io, quando poi arrivarono gli Slavi-Mongoli, decisero o dovettero far fagottello e si sparsero in Russia. Molto probabile che sia succeso così.
Poi però c’è anche un altro raccontino, questo molto più antichetto, un po’ più fantasioso, ma che esiste: racconta che Aschenaz,  -- figlio di Gomer, figlio di Yafet, figlio di Noè --  pronipote di Noè, quindi; per qualche motivo, decise di andrsene dalla sua nativa zona dell'Ararat e dintorni e in barca a remi sia arrivato niente di meno che a Reggio Calabria. tra Scilla e Cariddi.  Questo lo dice lo storico romano Flavio che lo dicevanoi greci. Dopo chissà quanti secoli e chissà come e chissà perché,  questi figli di Ashkenaz decisero di  lasciare la Calabria ai Calabresi e con figli e figlie e tutto il caravanserraglio vollero evidentemente più o meno ritornare dalle loro antiche parti, verso Est. Però, un po' fuori strada, mezzo persi, arrivarono nella Colchide-Georgia. E lì rimasero. E lì si forma il regno dei Kazari e tutto quello che ne segue.
Vai tu a sapere cosa c'è di vero. Mi sembra un po' la Antica Realtà Romanzesca della Domenica del Corriere. 
Se fosse così gli Ashkenazi sarebbero lontani parenti di Abramo e Israele, ma non sarebbro loro discendenti. Comunque, che siano gli esuli della Trbù di Simeone per la diaspora del 135 d.C, o che siano di ancora più antica e più mitica origine con Ashkenaz, tutti costoro furono chiamati gli ashkenazi e saranno in una percentuale abbastanza alta nella nuova società sovietica, la Nomenklatura. Gli ebrei in generale sono stati sempre un popolo capace ed arrivò spesso a posizioni molto alte sia pure in società che spesso li avversava. Magari proprio per questo; e per la loro mania di mantenersi incontaminati.Ma che produce antipatie.  Manie. Anche loro con il difettuccio della razza eletta o superiore che a me sembra sempre la stessa cosa e la stessa frescaccia.
E perché non farlo in Russia? Nonostante i pogrom? Perché non cercare di  arrivare in alto anche nella nuova Società Sovietica che in teoria non li avversava?
Questa preminenza diciamo culturale della donna ebrea russa rispetto alla non ebrea, probabilmente si deve a che alle ragazze ebree, figlie di padri russi ebrei, generalmente di buone possibilità economiche, le mandavano ad educarsi nei migliori istituti europei, dove si pensava che ci fossero le migliori Università, senza distinguere se era in Francia, o Inghilterra o Germana. Non si sentivano moralmente obbligati a mandare i figlioli in Spagna, la Madre Patria, come succedeva agli Spagnoli Conquistatori in America del Sud. Gli ebrei questa benedetta madre patria  la avevano perduta da numerosi secoli, quindi le scelte erano dovute strettamente alle supposte qualità di insegnamento. E le buone università, dai tempi di Bologna la dotta, erano caratterizzate dall'essere all'avanguardia in qualche cosa. Così che le fanciulle partivano, emozionate ed ignare, religiose e rispettose dello Zar; e tornavano progressiste, liberiste, socialiste, amor libero socialista, se non addirittura atee e anarchiche. Con preoccupazione dei padri, normalmente. Ma proprio per questo aderivano più facilmente alle teorie moderniste socialiste di Lenin y compagni. E quindi si trovavano indubbiamente in un gradino più in su della maggioranza delle altre ragazze russe rimaste nella sonnacchiosa Santa Madre Russia.
Per gli uomini la situazione non era molto diversa.
Nei primissimi tempi della Rivoluzione sovietica, Lenin e Stalin erano circondati da ebrei. Preparati, certamente, ma ebrei. La mia esperienza mi porta a ricordare che nei miei primissimi tempi di emigrato in Venezuela, naturalmente cercavo, tra ragazze e ragazzi, eventuali conoscenti e futuri amici che fossero il più possibile simili a me. Domandavo:
Sei italiana?
Se la risposta era:
Sono nata in Italia, a Milano... significava che era italiana ebrea nata in Italia. Ossia la ragazza di Milano aveva quel concetto di internazionalità che a quei tempi mi era ancora assente. Per questo, secondo me, gli Ashkenazi avevano già da allora  una idea più amplia in generale degli evento storici e non legati al campanile. Con l'internazionalismo socialista, teoricamente, c'erano punti in comune.
E arrivavano più in alto. Ed erano di numero notevole nella Nomenklatura Sovietica.
Stalin e Lenin erano praticamente circondati da ebrei. I Padri Fondatori dell'Unione Sovietica erano Ashkenazi.
Fino a quando il compagno Stalin, con i suoi lassativi purgativi, più efficaci dell'olio di ricino, li eliminò poco a poco.
In realtà Stalin non eliminò gli ebrei in quanto tali. A Stalin degli ebrei in sé non gliene fregava nulla. Li eliminò per eliminare dei concorrenti pericolosi. Per rimanere solo, lui, lo zar Rosso.
A Stalin interessava solo Stalin.

























       84/              I   FIGLI   DI   STALIN


                                  

Yósif  Dzhugashvili, con tanti soprannomi e nomi di battaglia, tra i quali i più importanti furono Soso, Koba e Stalin, in un'epoca dove ancora non esisteva la pillola anticoncezionale, deve certamente aver avuto una bella quantità di ragazzini con tutte quelle donne occasionali, ballerine, attricette, contadinotte, siberiane e di tutte le razze che venne conoscendo nella sua vita. E si includono anche europee e perfino inglesi. Si diceva che Stalin avesse uno speciale sex appeal non dovuto solamente all'appeal speciale che da il potere. Non solamente per questo. Piaceva alle donne. Con i baffoni e tutto, come uomo e come maschio.
Per questo ebbe qualsiasi categoria di donne. Tutte, meno monache. Il primato delle monachelle lo ebbe il nostro Casanova. Solo lui. Stalin si limitava ad avere figli illegittimi, naturali, dei quali nella maggioranza dei casi nemmeno si rendeva  conto. La sua polizia segreta in qualche caso si occupò anche di questo. Del resto avere figli bastardi era un'antica abitudine, da sempre, passando attraverso quel jus primae noctis del Medio Evo che ancora pigramente si prolungava in Russia.
La società lo accettava. La maschile, chiaro. La femminile lo sopportava con rassegnazione.








85/                              YACOV


 Fu il primo del suoi figli ufficiali, legittimi, avuto con Ekaterina (Nadia) nel 1907 o 1908, durante il suo breve matrimonio con la giovane sposa che morì di tifo tra le braccia amorose di suo marito. Abbiamo già detto di questo figliolo e lo ripetiamo: Sia come sia, Stalin non avrà mai un gesto affettuoso con questo suo figliolo, il povero Yácov. Questo ragazzo crescerà solamente con le bambinaie e più tardi con la famiglia della madre. Ovviamente crebbe male, con il papà che non lo guardava nemmeno. Si sentirà sempre respinto e con il complesso di non essere all'altezza delle esigenze del padre. Un padre, come Stalin, che era molto esigente con tutti.
Anni più tardi, in occasione di una delusione amorosa, cercò di suicidarsi. Chi cerca di suicidarsi per una delusione amorosa tanto normale non lo è. Comunque non morì, perché la pallottola si deviò. Si salvò miracolosamente, ma si salvò. Però si affondò ancor più nel suo delirio psichico quando seppe che suo papà, informato del fallito suicidio, commentò, sprezzante: Nemmeno questo sa fare.
Senza una parola di conforto, di comprensione. E quando poco dopo arrivò la Guerra Patria contro la Germania nazista, il giovane Yácov era tenente nell'Esercito. Fu a salutarlo prima di partire. Il padre nemmeno lo abbracciò. Gli disse e piuttosto si potrebbe dire che gli ordinò: Va e combatti. Niente di più. Il giovane andò. Combatté. E cadde prigioniero.
E qui successe qualcosa di tremendo, per lo meno secondo il punto di vista delle abitudini "decadenti" della nostra società occidentale.
Stalin aveva creato la idea che non esistevano prigionieri sovietici in mano ai tedeschi: solamente traditori della patria che si consegnavano al nemico senza combattere. Pertanto quando le autorità sovietiche venivano a conoscenza de una resa, facevano pagare lo scotto ai familiari del soldato traditore: presero la giovane sposa di Yácov, che tra l'altro era anche ebrea, la separarono dalla figlioletta di tre anni e la mandarono a un Gulag, campo di lavori forzati. A scontare la colpa del marito. Incredibile.
Yácov era prigioniero in un campo tedesco, ma d'incognito, senza rivelare la sua identità. Però un giorno un ufficiale delle SS, guardandolo bene, gli disse: Tu non eri russo. Tu sei ebreo o zingaro. Per te ci sarà allora qualcosa di speciale...e fece come per portarlo via.
Chissà lo disse pregustando i forni crematori. Ma dal gruppo dei prigionieri russi si alzò una voce, chissà qualcuno che voleva salvarlo:
No, lui non è uno zingaro. È il figlio di Stalin.
Ci fu uno scombussolamento nel campo di prigionia. Immaginare gli effetti di propaganda. Cercarono con tutti i mezzi che Yácov facesse qualche dichiarazione, gli fecero fotografie al lato di ufficiali delle SS offrendogli sigarette. Non ottennero nulla. Intervenne persino Himmler e Hitler. Proposero a Stalin un cambio di prigionieri.
Noi ti diamo tuo figlio e tu ci ridai il nostro Feldmaresciallo Von Paulus.
La risposta di Stalin fu fredda e concisa:
Non cambio un tenente per un Feldmaresciallo.
E commentò ai suoi stretti collaboratori: Se accettassi il cambio, come potrei guardare in faccia a quelle migliaia di padri con un figlio nelle stesse condizioni?
  Nella sua spietata rigidezza Stalin aveva ragione. Doveva essere di esempio.
E mi viene in mente quell'altro episodio, eroico e tristissimo della guerra Civile Spagnola, quando uno scambio similare fu proposto dai Rossi Repubblicani al Nazionalista Franchista Generale Moscardò durante l'assedio dell’ Alcazar di Toledo. Naturalmente io ricordo la versione che in Italia si dette a quei tempi, che erano i tempi di Mussolini. Immagino che dovrebbe essere più o meno simile alla verità. Ma lo suppongo, non ne sono sicuro: misero in contatto telefonico il Generale con il figlio, prigioniero dei Repubblicani. Il comandante Moscardò aveva rifiutato qualsiasi baratto e con le lacrime agli occhi prese il telefono e disse al figlio: Figlio mio...muori come un eroe... Grida Viva Spagna!
E si sentirono gli spari del plotone di esecuzione.
Questi sono i casi, veri o inventati, conseguenze della imbecillità umana.

Bene.
Non sappiamo cosa motivò la decisione di Stalin, ma sappiamo che immediatamente al  sapere che il figlio si era suicidato lanciandosi sul ferro spinato elettrificato del campo di concentrazione, mandò subito a liberare la nuora nel Gulag, la mamma della sua nipotina.
Fu troppo tardi. La povera donna era diventata matta. Letteralmente fuori di senno per la separazione con la sua bambina.




86/                    KONSTANTIN KUZÁCOV


1911 Poi venne l'unico figlio naturale del quale si ebbe notizia, Konstantin Kuzácov, del quale abbiamo riferito il poco che sapevamo, che aveva studiato nell'Università di Leningrado, che era diventato Colonnello e che un anziano Stalin vide nel Cremlino per la prima volta e lo riconobbe o intuì come figlio suo.




86/                                  VASSILI


1921. Poi, con il matrimonio di lunga durata, di 15 anni, con Nadezha Alliluyeva  (Nadia ) ebbe Vassili. Stalin non lo apprezzava molto. Era un play boy. Bellissimo, raffinato, elegante. Federico Fellini lo avrebbe definito "un vitellone". Si dava delle arie e pretendeva privilegi essendo figlio di Stalin.
Dopotutto sono comportamenti umanissimi. Chi non lo avrebbe fatto al posto suo? Per un uomo essere di bell'aspetto può essere utile ma anche tergiversare la realtà.
Comunque Stalin aveva ordinato  al suo precettore:
Non voglio nessuna speciale attenzione per Vassili. Sia severo con lui. Mi pare che non valga molto. È superficiale. Cerchi di farne un uomo, se ci riesce.
Quando venne la guerra fu pilota di Aviazione. E partecipava ad azioni sul territorio nemico, naturalmente. Al rendersi conto di quello che era successo a suo fratello Yácov, decise da allora in avanti di partecipare alle incursioni, ma senza paracadute. Ossia in caso di essere abbattuto il suo aereo, preferiva sfracellarsi al suolo ma non cader prigioniero dei Tedeschi. In fondo era un ragazzo di coraggio. Ed era  anche un molto bravo pilota, dicevano; solamente che  indisciplinato. Una volta per esempio utilizzò un certo tipo di torpedine per prendere pesci in mare e mangiarseli belli freschi con i suoi amici. Era un fatto gravissimo! Apparentemente Stalin mai lo venne a sapere. O fece finta. La sua polizia segreta gli riportava qualsiasi cosa. Sapeva tutto.
Stalin dette l'ordine di non farlo più partecipare in azioni su territorio nemico.
Per aiutarlo? Difenderlo?
Assolutamente no.
Per evitare che potesse cadere vivo prigioniero dei tedeschi e quindi dar un'altra opportunità al nemico; ripetendosi il problema come con Yácov.
Quando nel '53 Stalin morì, Vassili fu immediatamente  licenziato dall'Aeronautica Militare. Cominciò a gridare che a suo padre lo avevano avvelenato. Lo schiaffarono in prigione e poi condannato all'esilio a Kazan, nel Tartaristan, dove morì.
Era vero o non era vero che Stalin era stato assassinato?
Chissà dai medici che sentivano avvicinarsi un altro periodo di terrore? Da ebrei?
La situazione ebrei si era cambiata col tempo. Dal 45 al 52 era cambiata. Al principio Stalin aveva favorito  la creazione dello Stato di Israele. E poi? Qualcosa successe.
Stalin cominciò a temerli? La visita di Golda Mayer fu negativa? Al tempo della guerra fredda Stalin aveva cominciato a mandare in galera e a sopprimere vari funzionari di rilievo dei quali era sempre più sospettoso. Chissà. Ci sono molte opinioni diverse.
Quando Stalin morì la figlia Svetlana era al suo capezzale. Commentò poi, che momenti prima dell'ultimo respiro suo papà aveva alzato con certo vigore un braccio verso l'alto, come se avesse voluto maledire tutto e tutti. Chissà... Però anche a Svetlana non si può credere molto. Anche lei come i suoi fratelli era un po' mezzo svitata. Vedremo perché.
























87/                             SVETLANA 

                    Allilúyeva Yósifovna Stálina


1927. È la bella irrequieta, instabile figlia di Stalin con Nadia Alliluyeva. Fu quella che si sposò con tre ebrei russi ( alternati nel tempo) e poi con un nordamericano dopo essere stata convivente con un indù comunista. Fu quella stessa signora che a un certo momento si trasformò in Cristiano Ortodossa e poi Cattolica. Che va in India per lanciare religiosamente le ceneri del suo quasi marito indù nelle acque contaminate e sacre del Gange. Che poi scappa negli Stati Uniti abbandonando su due piedi in Russia i due figli, Yósif e Ekaterina, con nomi che ricordano affettuosamente il papà e della prima sposa del papà. La stessa che disse che suo papà era molto affettuoso con lei da bambina e le dava bacetti rumorosi, con lo schiocco. Ma che poi, da adolescente, la sgridava quando usava le gonnelle un po' troppo corte. La stessissima signora che disse che quando suo papà seppe che lei, sedicenne, aveva relazioni amorose con un direttore cinematografico russo ebreo, Andrey Kapler, la riprese con santissime sberle e il suo amante lo mandò a espiare al Gulag. Sì, la stessissima che l'anno dopo, dimentica dell'amante nel gulag, si sposo ai 17 anni con Grigory  Norózov, altro ebreo con il quale ebbe nel 1945 il suo primo figliolo che chiamo Yósif, in onore a suo papà. Che nel 1946 si divorziò dal Grigory.
Ancora la stessa che nel 1949 si sposò con un altro bell'ebreo, però questa volta il figlio di Zdanov, importantissimo ebreo comunista che faceva parte del Presidium del Partito Comunista. Che dal connubio nascerà la figlia Ekaterina nel 1950. Che anche, ma questo non lo avevano già detto, rimase apparentemente tranquilla fino al 1967.
E nel fatidico 1967, suo papà già morto e già mezzo ridimensionato da Khrushchev, chiederà asilo politico agli Stati Uniti e senza tante storie lascerà in Russia i due figli Yosif e Ekaterina. E la stessa Signora che negli Stati Uniti, paese dove c'è sempre di tutto. Conoscerà un'altra mezza matta che la considererà la reincarnazione di una sua figlia morta. Che a lei, chissà per adattarsi meglio a certe stramberie Yankee, piacque molto la idea della reincarnazione e si lasciò reincarnare. Che quindi, comprensiva, accettò sposarsi ancora una volta e con l'ex sposo vedovo della figlia morta e disse che uno sposo di più o di meno era lo stesso, facendo cosi felice la madre della figlia morta reincarnata. Che questo nuovo sposo era un architetto nordamericano, William Presley Peters e che quindi la Svetlana cambierà il suo nome in Lana Peters. Metamorfosi che, come conseguenza tradizionale, produrrà che nel 1971 le nascerà un'altra figlia: Olga Peters, a San Francisco, figlia del Gringo e nipote del Georgiano Stalin. Stalin morto, certamente, ma sempre Stalin anche se senza reincarnazione. E che quando nacque questa bella bimba, Olga, non parlava e non scriveva russo. E che non lo imparerà mai e che quando sua mamma turisticamente la portò in Russia non sapeva ancora che tipo era stato  il suo famoso nonnino bello. E non lo poteva sapere, povera ragazza, perché si sa che i nordamericani statunitensi come si deve parlano solamene il nordamericano statunitense. Sono monofonici. Che a un certo momento, ma non so di preciso quando, la ex Svet-lana però ormai solamente Lana per risparmiare, si trasformerà in cittadina nordamericana. Stelle e strisce. Che visto che non aveva tanti soldi, scrisse un bel libro di Memorie che piacque tanto agli americani per la sua obiettività antisovietica e antistalinista che le pagarono la bellezza di un milione e mezzo di dollari. Che nel 1972 si divorzierà anche dal Nordamericano, anche se era architetto, perché ormai aveva il suo gruzzoletto e il marito non gli serviva più. Che nel 1982 andrà in Inghilterra, a Cambridge e manderà la bambina di 11 anni in una scuola quacchera. Che chissà come mai decise poi di diventare cattolica. Che la bambina nordamericana parlava solamente come i nordamericani pero era intelligente e capiva anche l'inglese di Cambridge. E che finalmente nel 1984 sentirà nostalgia per la sua patria russa, la sua Santa Madre Russia e dopo tanto anni e con la piccola SanFranciscana andrà nell'Unione Sovietica. Che i sovietici deferenti le ridaranno la sua cittadinanza sovietica perché Khrushchev aveva detto e scritto cose su Stalin però senza ricevere nessun milione e mezzo. Nemmeno un dollaro. Povero Khrushchev che sperava in qualcosa. Che fu allora quando volle finalmente andare a trovare i suoi figli che aveva lasciato soli in Russia nel lontano 1967 quando aveva scelto la libertà e il milione e mezzo di dollari.
Però durante tutti quegli anni i due figlioletti quasi orfani in Russia erano cresciutelli e non la ricevettero a braccia aperte. E allora successe che Olga, di 12 anni, la nata in San Francesco e che non capiva ne' il russo ne' il georgiano, per qualche motivo speciale, qualche pettegolino le raccontò per ore e ore chi era stato il suo bel nonnino con i baffi. E che allora la ragazzetta, piangendo in non si sa che lingua, se ne andò correndo dalla mamma, dicono gridando come una ossessa: WHY, WHY DIDNT YOU TELL ME THAT BEFORE ??
e nell'86 se ne tornarono in Stati Uniti.
Così questa avventurosa signora,  accennata  per sommi capi, fu Svetlana, la famosissima Svetlana, nata nel mio stesso anno di nascita. Però con una differenza. Io posso scrivere di lei però lei mai e poi mani potrebbe scrivere su di me perché molto recentemente morí in una Casa di Riposo in Winsonsin, USA.

E io, per non morire ancora, sono scappato dalla Casa di Riposo a Montevideo.




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