18 set 2014

3/8 STORIA..SI,,MA Da ORIGENE ADAMANTINO a MAROZIA

30/               ORIGENE ADAMANTINO
                          e le autocastrazioni.

                               Anno 250 d.C. 

Origene era un uomo integro, onesto, serio, intelligente. C'è stato un solo dettaglio nella sua vita che stava spingendomi per un momento a considerarlo oggetto di una certa ironia.  Ma quel gnomo mattacchione che è in me questa volta si è frenato e mi ha frenato: non ti mettere a sfottere anche Origene. Ed ho seguito il suo consiglio.
Visse tra il 180 e il 250 dopo Cristo. Era filosofo,teologo, scrittore. Scrisse moltissimo, realmente in maniera quasi esagerata. La nuova religione cristiana stava facendo passi da gigante, specialmente nell'odierna Turchia, anche se c'erano ancora conati di repressione da parte dei pagani; cioè da Roma. Durante una delle ultime persecuzioni, quella di Settimio Severo, il papà di Origene, il cristiano Leonida fu messo in galera, giustiziato e i suoi beni espropriati.  Origene, poco più che ragazzo, si mise a lavorare sodo per mantenere sua mamma e gli altri sei fratellini, tutti più piccoli di lui.
Lavorava da maestro, vendeva quello che riusciva a scrivere e fu sempre riconoscente ad una ricca signora che apprezzava il tuo talento e forse, chissà, da lui si aspettava qualcosa di più. Appena un po' più grande fu nominato direttore di una certa scuola di Catechesi ( Catechismo), frequentata da pagani e da nuovi cristiani.
 Era di lingua greca, il nostro Origene; lesse Platone, gli Stoici, volle imparare qualcosa di ebraico. Era uno studioso e persona colta già da abbastanza giovane.
Un bel giorno leggendo Matteo i suoi occhi si posero con maggiore attenzione su "...ci sono degli eunuchi che si sono castrati per raggiungere il Regno dei Cieli..."( Mt. 19.1)
Aveva 25 anni. Rimase colpito, come invasato... sentì come una grazia scendere su di lui... fu una sensazione violenta... e si auto evirò.

Anche io, sui miei 25 anni, lessi Matteo. Ma la grazia non  scese su di me. I miei figli dovrebbero esserne contenti.

Quell'operazione di auto-castrazione era qualcosa relativamente diffusa tra i primi e fanatici cristiani per evitare le tentazioni della carne e poter cosi raggiungere più facilmente il Paradiso. Non so da dove si sviluppò l'idea del sinonimo amore-peccato. Non certamente dalla religione ebrea, salvo per casi isolati dei profeti- automaceranti-fakiri, mezzo squilibrati  e presenti un po' dovunque. E nemmeno da Gesù Cristo, che non dette mai prova, che si sappia, di misoginia.
Non saprei nemmeno dire cosa pensavano le donne su questa castità ad oltranza anche perché le donne a quei tempi non opinavano, apparentemente. La fede nelle religioni può portare  a questi estremi. La fede nei capi trasformati in divinità nelle fantasia giovanili è pericolosissima.  L'attuale kamikaze islamico vuole assicurarsi latte e miele dalle sensuali vergini ( Urie ) che lo aspettano nel paradiso di Allah. Sissignori, il giovane che si fa esplodere e commette un strage...avrà a sua disposizione la bellezza di 70 vergini; ed i giovani ci credono, a tutt'oggi. E saltano per aria e fanno saltare anche altri, he magari tanta voglia di saltare non ne avevano.
Ritorniamo a Origene. Meno male che non  tutti i cristiani approvavano questa pratica " rinunciataria".
Certi motivi addotti sono oggigiorno incredibili, ma esistevano. Avevano il loro peso. Come per esempio la opinione del vescovo di Origene, un certo Demetrio; costui non lo volle mai ordinare sacerdote perché considerava la castrazione come un sotterfugio per raggiungere la castità ed il paradiso. Oggi un buona anima semplice cristiana, per non dire fessacchitto, mai accetterebbe la autocastrazione. E con quei fini, meno che meno. Farebbe il bel sorriso das scemotto, ma direbbe di no.

Secondo altri, il buon Origene si sarebbe auto-castrato per motivi più terreni ed interessati: per poter essere confermato come Direttore della Scuola de Catechesi, perché ultimamente cominciava ad essere frequentata non solamente da pie vecchierelle ma anche da belle ragazzette che avrebbero potuto essere presa facile di tentazioni carnali. Anche questo oggigiorno nessuno lo farebbe. Un bel pretino si liscierebbe le mani.
Però, a parte queste "caratteristiche",  Origine è stato un gran pensatore, di intelligenza acuta e che ebbe moltissima influenza negli autori cristiani che gli seguirono. Viaggiò molto, conobbe popoli con abitudini diverse, scrisse moltissimo e un poco di tutto, scritti esegetici, libri dottrinali, opere apologetiche, filologiche, epistole.
 Nei primi anni del neo-cristianesimo le dottrine, opinioni, scritture sui temi religiosi erano infiniti: che se esisteva la Trinità, che se il Padre era superiore al Figlio, che se Gesù era di natura umana o divina, che se lo Spirito Santo era di minor categoria, che se Maria era veramente vergine fisiologicamente, eccetera. Una infinità di discussioni tra Origenisti e non Origenisti. Bizantinismi, come anche si chiameranno con il tempo, portati a  un estremo che oggi diremmo  patologico.
Però il nostro Origine nonostante le automutilazioni fu soprannominato l'uomo di ferro, adamantino, di diamante e la sua influenza fu enorme; soprattutto tra i suoi successori in Asia minore ma anche tra Cristiani latini di peso come San Ambrogio di Milano. Al quale Sant’Ambrogio di Milano, tra parentesi, mai e poi mai, nemmeno minimamente gli sarebbe ronzataò per la testa la idea de auto-castrarsi. Anzi, suoi attributi li manteneva ben solidi ed imponeva autoritariamente le sue dolci dottrine. 

Però, con il tempo,  anche ad Origene, uomo di ferro, con o senza attributi, anche a lui arrivò la  fine e violenta.
Una delle ultime frustate del paganesimo morente, con Decio, gli toncò la  vita.

E naturalmente non poteva immaginarsi che di lì a pochi decenni, i suoi compagni cristiani da perseguitati si sarebbero trasformati in perseguitanti e  con maggior crudele fanatismo durante lunghi e scuri secoli. 










31/                      COSTANTINO Iº
                                 il Grande

                             (IV secolo)

Costantino il Grande nacque nell'attuale Serbia, in una bella cittadina dal nome mitologico romantico: Naissus, la città delle Ninfe dove se non ricordo male nacque anche Dionisio, Bacco, il dio romano del vino; ed era figlio di Costanzo Cloro (Cloro=pallido) e di una certa Elena. Cominciano ad essere personaggi storici quelli che appaiono in questi tempi, però le leggende, i racconti, le fantasie li rendono molte volte più romanzati che storici, senza capir bene la realtà. Per secoli si sono dette cose e poi scoperte non vere. Comunque il Costantino serbo, Costantino Iº, del quale parliamo adesso, era un bel pezzo di uomo, altissimo, con un collo lunghissimo, forte, ed era figlio dell' Imperatore Romano Costanzo Cloro e di una cristiana, sembra schiava, di nome Elena, come gia detto.   Forse ex prostituta, poi amante, compagna, concubina, però mai moglie di Costanzo Cloro, che per ragioni di carriera la dovette lasciare per convogliare a nozze con Teodora. Questa mamma cristiana, Elena,  si suppone che deve essere stata  anche molto bella, cosa che fa smpre piacere alle donne, di qualsiasi religione siano.   Ma c'era di mezzo la corona di Imperatore. E Costanzo Cloro la laciò.  E ad Elena rimarrà la consolazione di diventare in un futuro e per tutti i cristiani, sia cattolici che ortodossi, niente di meno che una Santa: Santa Elena.  
Un bel giorno questa signora che non era ancora Santa,  andò a frugare tra  i ruderi di un tempio di Afrodite a Gerusalemme  e lì trovò  la vera croce di Cristo, ancora con un chiodo appeso e la tavoletta di Ponzio Pilato con la famosa I.N.R.I., inscrizione in ebreo, latino e greco, per indicare il condannato ed anche il motivo della condanna. Tavoletta, diciamolo come curiosità, che fu l'origine del super-conosciuto  quod scripsi, scripsi,  di Pilato, a disappunto dei sacerdoti ebrei che ne chiedevano la rimozione perché ritenuta offensiva. Tavoletta che, dopo tante questioni, si venne a sapere nel secolo degli scientifici atei e  con l'aiuto del  famoso carbonio 14, nel secolo XX, che era diventata tavoletta sacra  solo poco dopo l'anno mille. Più o meno settecento ottocento anni dopo, ai tempi delle prime crociate volute da Dio  (Dieux el volt), quando mercanti e monaci dell'Europa cristiana cercavano e pagavano a peso d'oro le Sante Reliquie che suppostamente ricevevano dai Crociati e che  davano prestigio alle loro chiese e basiliche. E si disse persino che Elena, pur se non ancora santa, si scandalizzò al vedere la croce di Cristo tra le fondazioni di un tempio pagaoche,  presa da sacro furore, fece distruggere completamente il colpevole tempio d'Afrodite ed al suo posto ordinò costruire una santa chiesa cristiana.

Torniamo a Costatino. A parte certi pettegolezzi e assassinati vergognosi, era un vero statista. Direi che il personaggio che più si somigliò a lui fu Erode il Grande, un po´più di 300 anni prima: crudele e delinquente ma grande statista anche lui, come lo dimostrò il benessere di Palestina ai suoi tempi.
Costantino fu imperatore durante 40 anni. Ci voleva molta  visione e abilità per rimanere in carica tanto tempo..
Molto probabilmente non era religioso. Quei tipi cosi non credono mai a nessuno, solamente a se stessi. Con la madre cristiana, Elena , sicuramente captò che nel mondo c'erano anche gli altri. E capì nel giusto momento la importanza di un'alleanza tra lo stato Romano e la nuova religione orientale che si stava diffondendo rapidamente.
 Chissà cosa c'era di vero in quell' Εν Τουτ Νικα(in hoc signo vinces)  apparso nel luminoso azzurro cielo di Roma a Ponte Milvio.
Fu una bella visione che solo lui ebbe e a tutti impose.  E  313 d.C. nasce il famoso editto di Costantino e Licinio che dava legalità piena alla nuova religione cristiana: non più persecuzioni. Lo Stato Romano assorbì i cristiani.
 E dopo un po' fu tutto il contrario. Però le teorie cristiane sull'amore non fecero gran presa personalmente su questo personaggio certamente abilisimo, primitivo e crudele.
Non più persecuzioni ai cristiani, è vero. Però le persecuzioni le diresse soprattutto alla sua famiglia. Ordinò la morte del suo primogenito Crispo, figlio della prima sposa. Poi mandò il carnefice da suo nipote Liciniano, figlio di una sorella. Un po´dopo ammazzò Fausta, la seconda moglie. Ma per Fausta non fu una esecuzione rapida. Povera Fausta, colpevole o no, la fece morire affogata nell'acqua bollente del suo bagno. Perché questi assassinati? Si disse che perché il primogenito Crispo aveva avuto relazioni con Fausta, la seconda sposa. Tutto è possibile. Si disse anche che Fausta aveva accusato falsamente il figliastro Crispo di voler sedurla ma in realtà per dare spazio ai suoi figli carnali. E può anche darsi che sia vero. Si disse anche che quando Costantino si rese conto dell'innocenza di suo figlio Crispo che aveva già mandato all'altro mondo, volle ammazzare anche lei, la presunta colpevole.
La chiesa di Roma a quei Tempi, poco dopo il 300, non era più formata da sole anime ingenue, candide e fanatizzate.
 Il potere corrompe pure i santi. Munera...capiunt hominesque deosque. Ma nonostante la Chiesa non fosse più come prima, non ebbe il coraggio di dichiarare santo a un uomo che sì, ufficialmente, come uomo di stato, aveva difeso il cristianesimo, ma nella vita privata era un delinquente che aveva ammazzato il figlio, il nipote e fatto un bel bollito con la moglie. Non arrivarono al punto di farlo santo.
È anche vero, però, che certe azioni fanno più impressione oggigiorno: ma come, si direbbe, ammazzare il figlio il nipote, la moglie? E ci riempiremmo e ci riempiamo d'orrore.
Però non che l'uomo adesso sia più buono o più giusto o più evoluto. Apparentemente rispettiamo di più la vita. Solo apparentemente. Ma non è vero. In un certo senso eravamo più franchi, prima. E siamo più ipocriti adesso dicendo che allora eravamo più bestie. Più bestie lo siamo adesso. E oggigiorno cerchiamo di coprire le nostre attuali nefandezze - delle quali siamo coscienti - utilizzando solamente quelle altrui come accusa di carattere politico. Le Fosse di Katin, le Foibe iugoslave, Hiroshima; e il trasformarci in complici al non voler vedere gli iniziali evidenti indizi dello tzunami razzista di Hitler.
Comunque, delinquente o no in famiglia, Costantino fu statista di grandi visioni.
Seppe riconoscere negli straccioni beduini palestinesi l'importanza di una nuova religione emergente. E ci si alleò per convenienza politica.
Intuì che il centro del potere si trasferirebbe in oriente perché l'Europa, specie la mediterranea, era troppo bella, verde, ubertosa terra con dolce sole e buoni vini, specie la Enotria. E faceva gola a quei forti semi-cannibali che venivano dal Nord attratti dalla sua fama. Costantino seppe vedere lontano e si anticipò di cento anni; seppe prevedere le future sconfitte romane e la caduta della civiltà latina. E pochissimo prima dell'arrivo dei visigoti di Alarico ed il primo oltraggio a Roma dopo Brenno, volle costruire la Nuova Roma, quella che sarà la capitale dell'Impero Romano d'Oriente e che durerà 1000 anni: Bisanzio, Costantinopoli e poi Istanbul.
C'è un'altra curiosità legata a questo grande uomo di Stato. Durante tutto il Medio Evo, durante più di mille anni, come base legale per giustificare il Potere Temporale dei Papi, si attribuì a Costantino l'enorme donazione (Donazione di Costantino) di quasi la metà d'Italia alla Chiesa Cattolica. Documento presumibilmente dettato nel 325 a.C. In realta, poi, verso il 1450, Lorenzo Valla, gran umanista dall'innegabile naso semita, dimostrò che il documento, conservato preziosamente negli Archivi Vaticani, era un falso colossale. Lo dimostrò, la Chiesa di Roma lo riconobbe come falso, sia pure a denti stretti e non si fece assolutamente nulla. E si continuò a considerare il Papa come legale Principe e proprietario di Roma e dei Territori Pontifici.
Fino quando entrarono i Bersaglieri di Lamarmora.
Chi, tra i romani d`oggi,  ricorda questo stornello "patriottico"??

                        Alla breccia  de Porta Pia,
                        c`hanno messo li cordoni
                                quei boiaccia de`pizzardoni                                             nun ce vojono fa`passà.....


32/               GIOVANNI CRISOSTOMO
                                 (SECOLO IV)

Era trascorso poco tempo dall'Editto di Costantino del 313 che aveva iniziato la reversione delle posizioni tra perseguiti e perseguenti, tra cristiani e pagani, quando apparve Giovanni Crisostomo. Era un uomo serio, onesto, sinceramente credente e praticante cristiano. Oltre che scrittore era anche uomo di bellissima oratoria: il "Criso-stomo" era un appellativo greco: bocca d'oro, per la sua eloquenza.Di lingua materna greca, intelligente, preparato, ortodosso arrivò ad essere Patriarca di Costantinopoli ed uno dei più importanti dottori della Chiesa Cristiana d'Oriente. Denunciò sempre con coraggio, convincimento e passione gli abusi dell'Imperatore d'Oriente, della Corte Imperiale e la corruzione dell'Alto Clero. Con questo si evidenziava che i cristiani non erano più i poveri perseguitati ma che si erano trasformati in signori opulenti; per lo meno quelli di alta gerarchia. Però Crisostomo, come già accennato, era uomo onesto e sinceramente religioso cristiano, e non accettava questi cambiamenti.
Ad un certo momento, chissà mezzo schifato da quello che vedeva, volle rifugiarsi in una specie di eremitaggio; non passivo ma attivo e di utilità sociale. Però col tempo si indeboliva sempre più, non poteva superare tanti sacrifici, così che tornò all'insegnamento e a mangiare un po di più. I chiacchieroni di sempre dicevano che era stato nominato Vescovo per mangiare meglio.
 Però vescovo o no, il nostro Giovanni Crisostomo fu sempre preoccupato per le necessità spirituali ma anche materiali dei più poveretti. Magnifico oratore - abbiamo già detto che bocca d'oro era il suo soprannome - parlava molto bene, con convincimento e con coraggio su argomenti sociali e contro gli abusi dei più forti.
Sappiamo tutti che è veramente difficile essere forti e non abusare almeno qualche volta del proprio potere.
Invece lui era una specie di socialista, come lo era stato Gesù con i suoi seguaci apostoli e come realmente lo erano i primi cristiani ; ma come poi, in avanti, lo sarà - e quasi solamente - San Francesco. 

Vorrei, adesso, per inciso, far alcune considerazioni sul "mondo" in quei tempi, verso il terzo e quarto secolo ed osservare alcun coincidenze che non hanno nessuna importanza in sé, se non come curiosità. Poi torneremo a parlare di Crisostomo.


Bene. Per sommi capi, molto per sommi capi, le cose nel mondo andavano da secoli senza troppi scossoni. Chissà il termine di PAX ROMANA non era tanto esatto  e magari anche un po' esagerato, ma può dare la idea. Pero con il tempo cominciarono emergere sintomi che rivelavano necessità di profondi cambi.
Costantino intravide. Il grande statista, senza i paraocchi del religioso e con una mente sveglia, capi la forza della nuova religione emergente e cominciò a riconoscerla ed a farla sua. Una indefinita necessita di qualcosa del misticismo orientale c'era nell´aria. Quell` IN HOC SIGNO VINCES fu di molta più profonda estensione della letterale.

Ma anche un altro fatto, anche di straordinaria importanza, il nostro Costatino capì ed intuì: che l'Europa stava decadendo. Grecia e Roma, stavano perdendo il loro fortissimo impeto amalgamante di quella straordinaria inimitabile civiltà che fu la greco romana; quella che io oserei definire la civiltà dell'Uomo, quella che per vari motivi emerse tra le altre e ci ha guidato fino ad ora...dicano quello che dicano le altre civiltà all'Est o all'Ovest o al sud dell`europa. Costantino vide ed intuì le conseguenze delle turbolenze nei popoli nordici e di quelli comunque fuori dei LIMES romani. Però con il loro fresco necessario impeto di primitivi, i semi-cannibali oltraggiavano Roma. E non sentendo più tanto sicura Roma, Costantino costruì Costantinopoli, nuova sede della Nuova Roma. E fu l'inizio dell'Impero Romano d'Oriente. Continuazione, teorica, di quello di Roma e che durerà fino alla scoperta d'America.

E qui, come leziosa curiosità vorrei anche fare osservare.
Casualmente, il Primo romano e l'ultimo, ebbero lo stesso nome: Romolo e Romolo Augustolo. Con 1.100 anni di differenza tra l'uno e l'altro.
Ed altrettanto casualmente il Primo Imperatore romano d'Oriente e l'Ultimo d'Oriente, anche loro ebbero lo stesso nome. Costantino I e Costantino XI. E, casualmente, con altrettanti 1.100 anni di differenza tra luno e l'altro.
E quando  negli anni si perderà per sempre anche l'Impero Romano d'Oriente, la vecchia Europa ne ne andrà, con un ebreo italo-spagnolo, a curiosare al di là del Mare Tenebroso per scoprire patate e pomodori.

Bene, ritorniamo a Crisostomo che visse esattamente nei tempi quando Costantinopoli si distanziò da Roma. Teodosio, il grande, spagnolo, quello del Codice - la cui lettura fa inorridire qualsiasi moderno - fu praticamente l'ultimo imperatore Romano "completo", su Oriente ed Occidente. Non era nemmeno tanto male, ma Santo Ambrogio li ipnotizzò. Alla sua morte, furono nominati imperatore i suoi due figli: Arcadio per l'Oriente ed Onorio per l'Occidente. Arcadio aveva 17 anni ed Onorio 11 anni. Passa un po’di tempo, Arcadio cresce, conosce Crisostomo, lo ammira moltissimo e lo nomina Patriarca di Costantinopoli, un incarico non da poco. Ma il pòtere non corrompe Crisostomo. Non viaggiava in Patriarca Mobil, come i suoi predecessori ma piedi o a cavallo di somarelli. Ovvio che i suoi sforzi per migliorare l'alto Clero non furono bene accetti dall'alto Clero. Suoi nemici acerrimi furono in generale tutti i poderosi tra i quali, nemicissimi, il Patriarca di Alessandria ed Eudoxia, la bella ed autoritaria moglie del debole imperatore Arcadio. Crisostomo fustigava anche lei, per la sua eccentricità nel vestirsi sempre molto  elegante.
 E probabilmente anche  nell'inevitabile  eccentricità nello svestirsi.
 Finalmente PORTAE INFERI  sì, PRAEVALEBUNT ed il rompiscatole di Crisostomo fu destituito.
Il giovane Arcadio, debole imperatore, in un eroico e solitario atto di coraggio, volle e seppe reintegrarlo. Pero fu nuovamente destituito quando Crisostomo osò criticare la costruzione di una costosissima statua d'argento in onore di Eudoxa e la sua collocazione proprio di fronte alla Basilica. Crisostomo non si contenne. La criticò apertamente. E lo mandarono a spasso, definitivamente. Lo mandarono in esilio nella lontana Armenia.
Intervenne il papa di Roma, non si sa se per aiutare veramente Crisostomo o rompere le scatole al suo quasi omologo bizantino.Non successe nulla. Anzi, decisero di mandarlo a putrificarsi in una ancor più remota regione nel Caucaso.Ma non ci arrivò.
Morì strada facendo.
































33
CURIOSITÀ, PETTEGOLEZZI  E    ROTTURE    
            DI   SCATOLE PER CERTUNI                                           



Le Lettere di San Paolo

I documenti cristiani più antichi che abbiamo sono le lettere di San Paolo.
San Paolo scriveva molto, una specie di grafomania e si dice che si carteggiava anche con Seneca, il famoso saggio spagnolo che fu maestro di quel bel bimbo che era stato il Divino Nerone da piccolo.
Ma, attenzione ! Non tutto quello che nel corso dei secoli si è attribuito a San Paolo erano cose scritte veramente da lui. Chi decideva sulla  autenticità del carteggio? ? Probabilmente il Saggio, che veniva chiamato a dare la sua opinione, ovviamente la dava secondo il suo criterio e probabilmente anche favorendo il suo mecenate. Forse in buona fede? forse che sì e forse che no.
Quindi non tutte le lettere si considerano autentiche. Si parla di autentiche solamente per quelle a Galata, ai Tessalonicensi, le lettere ai Corinzi, ai Romani e alcune altre. Se sono tutte vere quelle considerate autentiche - e dovrebbero esserlo - furono scritte cinquanta anni dopo Cristo. Comunque sia, queste lettere sulla cui autenticità come appena detto non dovrebbero esserci dubbi, non fanno nessun accenno su fatti che opino dovrebbero per lo meno essere starti accennati, sia pur di sfuggita, come cosa ovvia, per la loro importanza. Almeno accennati. Ed invece No ! Non si parla assolutamente della nascita "verginale" di Gesù, che dopotutto non è un caso molto comune; non si accenna nemmeno a nessuno dei miracoli attribuitogli più tardi. E neppure questi sono tanto comuni da ignorarli. Ma dirò di più: nemmeno si accenna alla morte associandola a Poncio Pilato.
Si suppone... certo si comincia a supporre e forse anche a temere che, non parlandone affatto, probabilmente quei fatti non siano mai avvenuti. Sarebbe possibile che eventi tanto straordinari possano essere stato scoperti solamente tanto tempo dopo ? Tutte balle, quindi? Non per cattiveria direi, ma è possibile che dei sacerdoti, sciamani, indovini, oracoli, di qualsiasi tipo di religione nella quale fervorosamente credano, veneremos cernui, abbiano aggiunto di loro iniziativa particolari più o meno fantastici per rendere la supposta verità più accessibile all'uomo semplice? E ermettergli in buona fede il Paradiso. Cosi come la mamma, in buona fede, mente a fin di bene quando dice al figlioletto che si faccia togliere il dentino da latte e il Topolino gli porterà un regalo. 
Mente la mamma?
Mente il sacerdote?


I Vangeli.

Distinguiamo. Ci sono dei Vangeli Veri e dei Vangeli Apocrifi ( falsi). Apo-crifo viene dal greco, la parola significa nascosto, in alto, si suppone venissero nascosti nell'alto delle biblioteche e quindi semi occulti, perché questi "falsi" non fossero letti se non dalle persona autorizzate. Nascosti ai monachelli giovani, chissà. Tipo Misteri Eleusini.
Ed i Vangeli Veri sono quelli accettati dalla Chiesa. Sono quattro e questi 4 vangeli ufficiali riconosciuti come validi furono scritti dal 70 al 120. Ossia dopo la distruzione del Tempio ad opera di Tito nel 70. Vediamoli molto parzialmente uno per uno:

Marco

Il primo è quello di Marco, probabilmente non scritto a Gerusalemme ma in Siria, per dare animo ai Romani Cristiani, che Nerone perseguitava. Qui non si parla assolutamente di Giuseppe. Mai. Si parla di Gesù solo come figlio di Maria. Nessun altro ascendente. È da far notare che nella società ebraica il nome del padre era importatissimo, al parlare di un personaggio sempre si menzionava il nome del padre, come si parla oggi del cognome e se si conosceva  solo quello della madre, apriti cielo, lo si considerava figlio di sconosciuto, illegittimo o peggio ancora.
Non solo. In Marco non si parla neppure della nascita da madre vergine. E nemmeno dei Re Magi, oro incenso e mirra, i pastorelli e le caprette. Ovvio che non si ha la certezza, ma sorge il dubbio che queste ultime cose, omesse in una prima biografia, quasi contemporanea, siano state aggiunte dopo, per contorno per far parte del mito. Come la forza di Ercole o di Sansone o la bellezza di Elena. Miti e favole, che innamorano i bimbi e i semplici.

Matteo il secondo

È evidentemente scritto per gli ebrei e per dimostrare loro che Gesù era il Messia aspettato! E quindi secondo le scritture, che a quei tempi facevano fede, doveva nascere da una vergine! Quando Matteo scrisse il suo vangelo aveva a disposizione una versione in greco dell' antico testamento, ossia della Bibbia. Ed in questa versione, forse quella dei 70, tradotta dall'arameo originale al greco, una parola di Isaia era stata tradotta male e si era creata la confusione tra giovane e vergine. Certo le giovani alle volte sono anche vergini, ma non sempre. Cosi si suppone che Matteo invece di tradurre che Maria era giovane, tradusse che Maria era vergine. In Arameo si usa stessa parola. In Greco, no. Più esperti di Etheree e Pornoi, i Greci distinguevano. 

Luca il terzo Vangelo

Ci sono altre piccole differenze. Piccole, ma ci sono: Nel vangelo di Matteo le genealogie contraddicono parzialmente quelle dell'antico testamento.
E si notano anche certe contraddizioni tra gli evangelisti. A quei tempi, anche senza aver  dubbi sulla autenticità sostanziale di un documento, è pur tuttavia ovvio che non esistendoci biblioteche speciali alla portata di tutti ne' il google di oggigiorno, è chiaro che sarebbe segno non di autenticità ma di vero miracolo se non ci fossero contraddizione su dati scritti in luoghi e tempi diversi. Comunque, ecco qui alcune differenze: secondo Matteo, Gesù è discendente di Davide; ma attraverso suo figlio il grande Salomone. Invece Luca si accontenterebbe di qualificarlo discendente di Davide, sì, pero non attraverso il magnifico Salomone ma da un altro figlio di Davide, il  quasi sconosciuto Natan.
Poi sempre secondo Matteo il nonno paterno di Gesù è un tal Giacobbe, mente secondo Luca il nonno paterno è un certo Eli. Insomma un bel pasticcetto che è meglio lasciar stare. Forse Matteo e Luca non sapevano che Gesù era figlio di Dio? E che non poteva avere nonno paterno? Non si sapeva ancora? Non si diceva ancora? O si è aggiunto dopo che era figlio "vero" di Dio e non figurativo?
Un'altra cosa: È evidente che nel primo vangelo, quello di Marco, sono i soldati romani a frustare Gesù, mentre in Luca i crudeli frustatori non sono Romani ma i soldati di Erode. Insomma Luca non voleva parlar troppo male dei Romani. E anche insiste che il Regno di Gesù non è di questo mondo. Il regno di Gesù sta nei cieli. I Romani stiano tranquilli. In terra non hanno concorrenti. Non c è contraddizione con il regno di Roma.

Giovanni il quarto Vangelo.

È l'ultimo dei quattro Vangeli. Scritto 150 anni dopo Cristo.
E Gesù appare completamente differenziato dagli ebrei. Chissà, magari neppure si diceva se era circonciso o no.
Erano già passati due secoli e già San Paolo, furbo, aveva capito l'antifona. Soprassedette alla circoncisione che ai Romani dava così tanto fastidio. Il mondo val bene un prepuzio. Ed il cristianesimo in piena fase di espansione, cominciò a considerarsi non più una setta ebraica ma una vera e propria ed originale Religione, lascando quindi tranuillo il prepuzio.  Una religione molto più ampia, internazionale, globalizzata, destinata a conquistare Roma e il mondo.
Come accadde.          


    34/              GIULIANO L`APOSTATA
                                 e vari contorni

                                     (332-363)


Verso la metà del IV secolo ( 350 dopo Cristo) il paganesimo ossia la antica vecchia eroica religione del Secolo D'Oro della Grecia e della sua versione Romana, Repubblicana e poi Imperiale, era già sul viale del tramonto. Con Costantino erano state proibite le persecuzioni contro la nuova religione emergente ed ai cristiani concesse quelle libertà di culto come alle altre religioni del Panteon Romano. E questa nuova religione stava dando passi da gigante in tutta l'area mediterranea forse anche per quel tocco di religiosità orientale che emanava, con una forma ancora vaga di monoteismo, e che rivelavano nuove esigenze spirituali.
Però ci fu un tentativo di ripresa, un conato del tardio splendore del vecchio paganesimo eroico, anche se in versione neoplatonica. Fu il canto del cigno, con Giuliano. E poi il vecchio mondo spari. Per lo meno in occidente. Sparì ed arrivò la opacità del medio evo; ed in tutta Europa si sparsero nubi nere di incertezze, paure, superstizioni. Ovviamente esso non avvenne unicamente per merito o colpa del Cristianesimo emergente, ma direi principalmente dovuto all'inizio dalle invasioni barbariche. Orde che arrivavano generalmente dal nord, comunque da fuori dei confini romani, producendo insicurezza per la caduta delle leggi, dell'ordine e dell'autorità. Tutti a raccogliersi tremanti di paura nel castello turrito del nobile, civile o religioso, che li difendeva e ... ci marciava, facendo anche gli affari suoi. Ma queste paure e superstizioni erano fomentate anche per le interpretazione dei benedetti sacerdoti secondi i quali, come in tutte le religioni, se non esistessero loro a salvarci saremmo preda di orribili pene con fuoco eterno, strazi inenarrabili, streghe, demoni, malattie, carestie. E tutti ossequianti obbedienti e paganti.
Ma la originaria visione di Gesù di Nazareth non era così tetra come la presntavano nel Medio Evo . Era amore, comprensione, dolcezza, perdono. Mai Cristo chiese a nessuno che si auto-castrasse. Al contrario, il Crescete e Moltiplicatevi è un incentivo che generalmente mal coagula con la castrazione. Inoltre Gesù non era affatto misogino, non disprezzava le donne anche perché non disprezzava nessuno ( meno i suoi nemici...) e donne furono le persone che lo accompagnarono nei momenti finali e donna chi lo fece rivivere con la resurrezione.  La religione di Cristo era bontà, come bontà era la visione di San Francesco.
Le varianti orrende di terrori religiosi non vennero da Gesù.
Vennero da fanatici squilibrati, credo in mala fede ai quali il popolino semplice ha sempre creduto.
Sto divagando, ma voglio dire anche questo: apparve, però lontana, un po`più avanti nel tempo, una nuova luce di civiltà, sconosciuta, spesso denigrata, però opera del demonio, dell'anticristo, dell'infedele, si diceva. Apparentemente differente, verso il 700 fu portata quasi incoscientemente da invasati guerrieri armati si scimitarre che conquistarono Hispania, costituirono el Andaluz e formarono la cultura mozarabe. Che si rivelò tollerante splendida cultura prodotta da una felice amalgama tra cultura persiana, greca, romana e medio orientale. Cultura che con il tempo rivitalizzò quella mescolanza di sangue dei vigorosi popoli europei, latini e germanici, per produrre lo splendore del Rinascimento.
Ma parliamo di Giuliano,
Chi era costui?
Detto molto impropriamente l'Apostata - perché lui, apo--stata fuori della chiesa non ci era mai andato perché nemmeno c'era mai coscientemente entrato - era figlio di un fratello di Costantino. Ossia il grande imperatore Costantino era suo zio. Quando Giuliano era bambino vide con i suoi occhi come suo cugino, l'Imperatore cristiano Costante II (Figlio di Costantino e Fausta, cristiana, la morta bollita, per errore) aveva ammazzato tutta la sua famiglia, perché erano pagani.
 Questo fatto, evidentemente traumatico specie per un bambino, lo portò a non simpatizzare troppo con i cristiani. Al massacro della famiglia sopravvissero solamente il bambino Giuliano e suo fratellastro Galo e li mandarono in un posto bellissimo elegante dove ricevettero una ottima educazione cristiana e, sembra  siano persino stati ordinati sacerdoti. Misteri di quei primi tempi. Cosa succede? Che quando suo fratello Galo diventa Cesare ossia diventa il secondo dell'Imperatore, Giuliano ebbe naturalmente più facilità di movimento e volle andare a frequentare la scuola filosofica di Atene dove si iniziò al neo platonismo ed altre liturgie mistiche di moda tra i pagani di classe alta. Però, si sa come sono gli alti e bassi della politica... un anno dopo averlo nominato suo vice, l'imperatore Costanzo forse ci pensò meglio e mandò ad ammazzare il suo vice di fresca nomina ed al suo posto nominò il più giovane Giuliano e gli da come sposa nientedimeno che sua sorella Elena. Non sappiamo se a Giuliano piacesse. Ma comunque Giuliano era un tipo che si dava da fare per conto suo. Tutto in famiglia quindi, ammazzamenti e matrimoni. Le povere donne mi pare che non opinassero granché. Giuliano aveva fama di uomo di lettere, tipo intellettuale, filosofia, cultura greca, tutte cose che i rozzi soldati apprezzano molto solo quando vogliono nominare qualcuno importante che non  rompa loro le scatole.
Che ti succede? Che al poco tempo Giuliano dimostrò di non essere solo un innocuo intellettuale ma anche un tipo ben deciso, intelligente capace e cominció con i suoi soldati a menar botte da orbi a Germanici e Franchi.
Vinse nella bella regione di Shampagne e sicuramente si rianimò e rianimò i suoi bravi soldatini con i frizzanti vini locali che per la prima volta si affacciarono alla storia. Poco dopo riconquistò la Colonia Agrippina, la odierna Colonia, che nella ultima carneficina tra popoli civili sarà illuminata durante la notte acciocché i poderosi Liberators, bombardieri con piloti americani,  non si sbagliassero e magari la riducessero in cenere, rischiando di far perdere i voti dei pii votanti statunitensi oriundi teutonici; e così i bravi yankee non scaricarono le loro bombette sulle guglie gotiche della Cattedrale; chiesero alla base: Dove le molliamo? Risposero: Dove volete, tanto son tutti nazisti. Ma non sulla Cattedrale. Cosi le scaricarono sui civili, tanto erano tutti nazisti, anche i bambini.
Insomma, questo giovane Giuliano cominció a farsi valere. Ed ebbe anche la solita fortuna che fa l'occhietto agli audaci. Dovette passare l'inverno in Borgogna ma chiaramente anche qui il buon vino di borgogna offrì piacevoli momenti a Giuliano e soldati. La truppa non era molta numerosa. Vennero assediati. Sapevamo quanti erano i nemici, anche se nascosti: il doppio di loro. I figli della Lupa si guardarono tra di loro, un po` preoccupati. Però si sa che chi beve vino vede doppio. I romani si videro doppi, tra di loro, quanto i nemici. Esultarono. AEQUALES SUMUS. NOBIS VICTORIA! e, con la convinzione di essere tanti come i nemici,  vinsero.
Dimostrando ai tedescotti, bevitori di birra, il maggior valore del vino di uva.
Dopo queste fatti ci furono altre vittorie ad ARGENTORATUM, Strasburgo, Alsazia. Magnifica vittoria che fu celebrata con altro magnifico vino, questa volta del Reno, offerto con allegria dai famosi nanetti nibelunghi in qualche sosta del loro assiduo lavoro di scavare nelle famose miniere. Poi si presentarono anche i Belgi, i Chamavos, in piede di guerra. Nonostante non avessero vino decente per celebrare la vittoria su di loro, Giuliano generosamente li sconfisse.
Però, i soliti però. Che ti succede a Costantinopoli? Che l'imperatore Costanzo comincia a essere un po` turbato da quelle vittorie clamorose del suo intellettualino innocuo. Cosicché un bel giorno, per ridurgli le legioni a sua disposizione, con la scusa di una guerra in Persia, gli chiese una buona terza parte delle suo truppe. Pero che ti succede? Che i bravi soldatini di Giuliano, in maggioranza alpini vinassa vinassa, non se la sentirono di lasciare quel bel vino del Reno o dell'Alsazia. si ribellarono all'idea di andarsene in Persia, con quelle persiane che non si aprivano mai. Ed acclamarono imperatore l'innocuo Giuliano. Il quale, appunto, obbediente, si inclinò alla volontà delle truppe.  E sembra allora che l´Imperatore sempre più preoccupato abbia addirittura incitato alla rivolta sia Franchi che Alamanni contro il neo quasi-auto-acclamato imperatore, secondo gli usi epici di chi aveva più fiato per acclamare.
E Giuliano? Li vinse. Vinse  Franchi e Alamanni, gli uni e gli altri, cosi, su due piedi. Ma nonostante la vittoria, l'Imperatore Costanzo non poteva accettare questa situazione di auto-proclamazione. Legalmente aveva tutte le ragioni. Quasi tutte. Giuliano ne aveva solamente una: quella di essere piu abile. 
Giuliano Impertator, auto acclamato o no, aveva anche l'appoggio della vecchia aristocrazia Romana che, per Hercules! era quasi tutta pagana. E cominciò anche lui la sua marcia su Roma. Poco dopo, forse per volontà del dio cristiano o degli dei dell'Olimpo spaventati di dover fare fagotto e andarsene, l'ormai quasi vecchio imperatore raggiunse l'Ade. E, ipso facto, circolò la voce che nel letto di morte il vecchio imperatore aveva designato Giuliano come successore al trono. "Victor ac triumphator perpetuus semper augustus".
Giuliano, il nuovo imperatore ormai con tutti i crismi accettò umilmente la investitura onorando cosi la volontà del vecchio imperatore, la sua propria ed ottenendo l'accettazione da parte di tutte le provincie sia d'oriente che di occidente, cioè di Roma e di Costantinopoli. Naturalmente per grazia ricevuta dagli dei pagani cristiani ed ebrei. Tutto insieme. Anche a quei tempi si accettavano tutti i voti: venissero da dove venissero,
Però Giuliano ringraziò solamene le divinità pagane ed in maniera solenne manifestando cosi chiaramente la sua vera e antica fede pagana.
E qui vorrei fare un piccolissimo parentesi che creo sia apprezzato: il termine pagano viene dal PAGUS che significa campo, terra di contadini. E da che mondo è mondo i contadini, utilissimi in tutto, lo sono anche per ricordarci le antiche tradizioni che gli altri non osservano più. Sono più religiosi, si vestono a festa per andare a messa, si tolgono il capello quando salutano qualcuno importante, sono tradizionalisti, ma non devi toccare la religione e i suoi santi per i quali hanno antiche venerazione, processioni, eccetera. E quindi i contadini erano e sono quelle persone rimaste più a lungo fedeli alle antiche tradizioni greco romane degli dei, delle ninfe e compagnia bella. Sospettosi sempre delle novità, in quel caso del cristianesimo.
Chiusa la parentesi.
Dicevamo che Giuliano ringraziò solamente gli Dei Pagani. Poco dopo iniziò a circondarsi di intellettuali pagani tra i più conosciuti. Volle nominare una Commissione di Depurazione, come secoli dopo faranno gli americani per verificare e punire le malversazioni del Nazismo e Fascismo, per poi optare per una amnistia completa per Obbedienza Dovuta. E cercò, il nostro Imperatore, giovane pagano romantico, di far rivivere i tempi d'oro degli Dei falsi e bugiardi come dirà Dante. Naturalmente non fu possibile. I tempi erano ormai diversi ed Hegel ci insegnò  che se le abitudini cambiano è perché devono cambiare. E tornado a Giuliano, nel famosissimo ed importantissimo anno  313 suo zio Costantino aveva esteso, per l'intuizione politica dello statista vero, la più assoluta libertà politica di culto a tutte le religioni dell'impero. Questo agli inizi. Ma poi, con il tempo, la religione cristiana con i suoi nuovi sacerdoti, forse più battaglieri e spavaldi perché più giovani e meno tolleranti, stava conquistando e conquistava sempre più potere. E fu il turno storico dei bravi cristiani a cominciare a perseguitare i pagani recalcitranti. Tempi pagani furono distrutti, violenze ad antichi sacerdoti ed oracoli, deflorazioni di monachelle come si era fatto con le vergini vestali: le "suore", sorelle,  del tempio di Vesta.
Giuliano era un fervente ellenista e non voleva né poteva accettare questo. Voleva una vera tolleranza e la uguaglianza legale per tutte le religioni. Era il concetto moderno di Costantino. Ma, vai tu a parlare di uguaglianza a dei religiosi fanatici! Cercò di fare ricostruire certi templi pagani distrutti. Ordinò che certi vescovi cristiani condannati per eresia tornassero a dare le loro opinioni senza mandarli a morte per queste idee. Voleva  persino ricostruire il famoso tempio di Erode distrutto da Tito, perché lo considerò un atto di intolleranza romana che bisognava riparare. Glielo impedirono. Bisognerebbe rileggere certe ideucce di intemperanza di San Ambrogio. Quello si che era un fascista nel senso che s' ìntende oggigiorno per fascista.  La chiesa cristiana si oppose con tutte le forze a qualsiasi tentativo di essere equiparata agli altri, nemmeno alla religione madre, la ebraica. Nel Vangelo di Giovanni, Gesù di Nazareth non pare nemmeno sia ebreo. Questi fatti ed atteggiamenti amareggiavano enormemente il giovane imperatore che voleva restaurare il passato eroico e tollerante di Roma e Atene. E cominciò anche lui ad essere intollerante e rabbioso. Si rendeva conto che aumentava il malessere tra militari e civili e sapeva che lì, in Oriente, la popolazione in generale era già per la metà cristiana. In Oriente, non in occidente. Ma a lui premeva più Costantinopoli che Roma. Chissà sentiva Roma ormai politicamente semi affogata  con le maree nordiche, ma voleva salvare la sua civiltà. E non era una civiltà da niente.
Conclusione si sentiva sempre più solo. Chissà anche per questo attaccò i Sassanidi. Li attaccò, ma in un episodio dei più stupidi in una stupida battaglia, fu infilzato da un giavellotto. Alle spalle.
Si parlò molto di questa morte. Che l'uccisore era stato un sodato romano cristiano. Comunque, vero o non vero, il mito racconta che, colpito dal giavellotto, l´imperatore furente se lo strappò di dosso, pur avendogli trapassato il torace. E che con rabbia lo diresse, sanguinante, al cielo, gridando come una maledizione: VICISTI GALILAE ! e spirò.
Aveva 33 anni, la età di Cristo, casualmente, il suo nemico.  Ed anche quella di Alessando Magno, altrettanto casualmente, il suo idolo.  Tutti e tre avevano la stessa età quando  morirono.
Coincidenze...
E cosi terminò anche la favola degli dei dell'Olimpo, definitivamente cacciati dal Trono, da Roma, dall'Impero, dal Mondo.
Ma per vendetta rimasero fortissimi nella visione di poeti ed artisti.
















                                                                           
         
    35/                  SANT' AMBROGIO
      


Aurelio Ambrogio era nato a Treveri, Germania, come bel discendente di due illustri famiglie patrizie romana. Gli Aurelii e i Simmaci. Più romano di così era impossibile.
Da ragazzino lo mandarono a scuola a Roma così come oggi le famiglie bene (e con soldi) mandano i loro tesorucci a raffinarsi a Londra, Parigi o negli Stati Uniti. Una volta laureato (il famoso quadrivium) lo mandarono come Funzionario di Gruppo A, nella lontana Pannonia-Ungheria, dove ancora non era stato inventato quello che sarà il famosissimo gulasch ungherese, ma se ne parlava. E da lì, dopo il tirocinio in provincia, lo mandarono a Milano.
Milano, a quei tempi, ce la aveva fatta a farsi nominare capitale d'Italia, anche se l' Italia non esisteva  se non come espressione geografica come scrisse molti secoli più tardi quel figlio di puttana di Metternick, che però aveva ragione. Milano non durò molto come capitale. Chissà i milanesi sono sempre stati troppo occupati a lavorare per occuparsi di fare lavorare gli altri come fanno i cittadini per bene di tutte le capitali. E l' onore di trasferire la capitale più lontano, toccò a Onorio; bellissima figura di Imperatorello inutile che se ne scappò a Ravenna, in mezzo alle zanzare pur di stare più vicino all'Imperatore di Oriente visto che quello di Occidente era lui ma non sapeva cosa fare contro quei cafoni dei barbari minacciosi. Per lo meno possiamo apprezzare, adesso, i mosaici di Ravenna. A Milano non li avrebbero saputi fare.
Be', abbiamo saltato un po' avanti. Torniamo a Ambrogio quando aveva appena lasciato la bella Sirmio e il buon gulasch che non era ancora stato inventato e se ne va a Milano, per imparare il meneghino.
Arrivato a Milano, trova un guazzabuglio, come in quasi tutto l'Impero. C' erano residui di pagani, c'erano cristiani emergenti, c'erano tedescotti e franchi; e legionari romani che non avevamo mai visto Roma e parlavano strani dialetti. Insomma, era un gran momento di transizione, di gran casino come sarebbe il caso di dire, tra l'impero di Roma e l' impero della Chiesa. E non ci si capiva un tubo. Cattolici, cristiani, manichei, donatisti, pelagiani, ariani, ortodossi, Montechi e Capuleti. Di moda gli uni o gli altri secondo gli Imperatori, se d'Oriente o se d'Occidente.
E talvolta anche secondo le Imperatrici, come a Milano l' Imperatrice Giustina, ariana, che se la dovrà vedere con Ambrogio. E lui con lei...E vincerà lui.
Bene, arrivato li, a Milano, il bravo Ambrogio niente di meno che come Governatore Romano per la Gallia Cisalpina--Italia settentrionale-- cominciò a operare bene, con efficacia, ordine e giustizia. Ed il popolo, anche se spesso è testone, questo lo capta. Cominciarono a stimarlo. Ed Ambrogio, bisogna ammetterlo, se lo meritava  perchè  sapeva governare con saggezza ed equilibrio in tutto quel bailamme in trasformazione.
E passano gli anni.
Ad un certo momento morì un certo Aussenzio, vescovo di Milano, ariano. Non ariano nel senso hitleriano di razza ariana ma ariano nel senso di rito, da Ario, quel tipo che poi fu scomunicato dalla chiesa cattolica. Bene, al morire 'sto vescovo, per un misterioso motivo di illuminazione delle masse, il popolo di Milano voleva nominare Ambrogio, civis romanus e Governatore, come Vescovo della Città. 
A quei tempi, ripeto, c’ era dualità tra i poteri: da una parte Roma, in via di estinzione e con il senato romano che contava sempre meno; e dall'altra parte la forza della nuova religione, con le sue nuove credenze ed entusiasmi.
E chi era più importante, allora ? Il Vescovo o il Governatore? Mistero delle epoche di transizione dove l'importanza non è data dal grado cucito sull'uniforme o dalla presunta verità della ideologia che si professa, ma dalla personalità del singolo soggetto. Quello che oggi si dice carisma personale.
Totale, contro la volontà della Imperatrice Giustina, il Governatore Romano Aurelio Ambrogio viene nominato Vescovo di Milano, senza neppure essere stato battezzato e senza essere, quindi, nemmeno sacerdote. Per acclamazione popolare.
Il popolo, la plebe, è ignorante e influenzabile, certamente. Nessuno si offenda ma è così. Però alle volte per istinto ci azzecca. Un uomo semplice vede poca differenza tra un Governatore e un Vescovo. Tutti e due hanno una certa prosopopea. Tutti e due lo comandano.  Deve ubbidire a tutti e due. Tutti e due mangiano bene. Tutti e due sono i signori di fronte ai quali bisogna togliersi il cappello. Però nel caso dei milanesi, percepiscono che Ambrogio è un uomo giusto. A loro non importa che sia Governatore o Vescovo. Nemmeno importa loro che sia cristiano, ariano, ortodosso. Queste differenze sono robe da signori. Il poveretto ha i suoi guai e non gliene frega niente di quelle distinzioni che non capisce. Solo sa che si fida di lui.  Spera di potere mangiar meglio. Si fida di lui. Lo acclamano. Lo votano.
Aveva solamene 33 anni.
E qui cominciò la sua carriera che durò 25 anni.
Però ora voglio chiarire subito, che da quel momento la mia benevola aspettativa per Aurelio Ambrogio, si trasforma via via in decisa antipatia per il fanatico religioso. Perché così diventerà Sant'Ambrogio, fanatico e prepotente. E la chiesa lo fece Santo.
Indubbiamente ebbe anche i suoi meriti. Ma i soprusi, solo in parte giustificati dai tempi. alienano le simpatie di qualsiasi moderno.
Vediamo un po'.  Qundo il popolo esultante lo acclamò volendo che fosse lui,  il bravo ed efficente governatore romano, a   diventare  vescovo  e praticamente padrone di Milano, in una sola settimana fu battezzato, fatto prete e consacrato Vescovo. Non abbiamo notizie certe di cosa pensasse intimamente. Sappiamo e lo abbiamo già detto, che nella sua famiglia, ancorché patrizia di vecchia data con gli Aurelii e i Simmaci, da un paio di generazioni c’erano anche  dei cristiani. Ma come fosse realmente lui non lo si sa di sicuro e forse non lo sapeva nemmeno lui stesso. Per lo meno certe simpatie per il cristianesimo doveva avercele. Fossero come fossero le sue idee, o per sincera convinzione o per un certo senso del dovere verso il "popolo" che lo aveva eletto Vescovo Cristiano, l'ex Governatore patrizio romano si trasformò con il tempo in un potente rappresentante valido della nuova religione. La difese ad oltranza, sia come sia e la impose molte volte con prepotenza. Senza dubbio era uomo di grande personalità, di quelli che incutono soggezione e sanno comandare; e si fanno anche ubbidire con un certo piacere da quegli  ubbidienti che spesso per pigrizia mentale preferiscono seguire l'andazzo più facile: applaudire invece di criticare e magari arrischiare. Di lui si sono dette una infinità di cose: eventi, azioni, atteggiamenti, persino miracoli. Se poi sono stati certi, o inventati o ingigantiti, questo non si sa. Però senza dubbio fu un grande artefice del predominio della Chiesa emergente sullo stato Romano in decadenza. E se le cose avvengono, una certa ragione c'è sempre. E la Chiesa, nonostante i suoi grandi difetti, conosciuti, ebbe anche molti pregi, parecchi,  volutamene ignorati e a volte suo malgrado.
Ricorderemo che nel 313 Costantino con il famoso decreto aveva concesso libertà di culto a tutte le religioni, dimostrando saggezza politica. Ma in poche decadi la nuova tollerata religione cristiana si trasformerà sempre più in una autocratica intollerante religione orientale. L'Imperatore Teodosio, spagnolo uomo di indubbio valore ma succube, in questo caso, della forte personalità di Ambrogio, nel 380 proclamerà il Cristianesimo Religione Ufficiale dello Stato Romano, anche se già moribondo. Appena l'anno dopo questo decreto di Ufficialità Unica, il nostro Vescovo intraprendente fece mettere fuori legge anche l' arianesimo. E dieci anni dopo osò proibire anche i vecchi culti pagani nella stessa Roma.
Proibiti! Kapùtt !
Finì la democrazia e qualsiasi sintomo di tolleranza, almeno apparente, per l'altro .
Cadde la maschera.
L' Indovino, il Santone, il Sciamano, il Sacerdote, il religioso in generale quando dice di essere tollerante, lo dice perché non può fare a meno di dirlo, ma non è tollerante. Se è in buona fede, ammesso che lo sia, è convinto di essere lui l'eletto di chissà che divinità. E la tolleranza è solo apparente. Se potesse, strozzerebbe tutti i suoi presunti nemici.
Questa era la epoca, più o meno,   in cui politicamene  si era deciso di dividere  l' ormai molto esteso Impero Romano, creando  quattro zone di potere.   Legate tra di loro, ma  anche con una certa indipendenza perchè a quei tempi non c’erano nè  telefoni nè telegrammi nè aerei. Diocleziano  inventò allora la Tetrarchia: due Augusti e due Cesari; due imperatori, due vice imperatori e qualche confusione. Graziano fu uno di questi imperatori dimezzati e ebbe sede anche a Milano. Forse era cristiano, forse no. Comunque l'arcigno Ambrogio tanto insistette con lui da obbligarlo, con più o meno voglia, a far ritirare dal Senato di Roma, la statua della Vittoria.
Non era un statua qualsiasi. Era un simbolo sacro.
La aveva collocata il grande, l' Augusto Cesare Ottaviano, il primo Imperatore Romano. E cadde il simbolo di Roma. E con il simbolo qualcosa di più. La ritirarono nonostante l'opposizione dei Senatori Romani, pagani nella loro stragrande maggioranza.
Bellissima e triste ed inutile fu la protesta-necrologio di Simmaco.
 La nuova religione stava ormai spadroneggiando, nella stessa Roma. 
Era in buona fede il vescovo Ambrogio discendente di patrizi romani?
Da una parte aveva atteggiamenti innegabili di carità cristiana, come fu quando si privò, (si disse) di tutti i suoi beni in beneficio dei poveretti. Poveretti, sì, ma poveretti cristiani. E sempre cercò di dare la massima assistenza agli emarginati, ma che fossero cristiani. E combatteva, lancia in resta, a difesa di quello che considerava il giusto. Giusto, secondo il suo criterio, naturalmente e secondo quello che considerava suo dovere.
Ed in questo rivelava il suo lato tedesco, con atteggiamenti e mentalità chissà assorbite inconsciamente nei primissimi anni della sua vita a Treviri, in Germania: obbedire al capo. eseguire gli ordini e difendere con tutte le sue forze la causa della rivoluzione cristiana.
Però il lato latino si rivela in atteggiamenti machiavellici, astuzie, bugiette ed invenzioni di miracoli con fini di conversione.
Per esempio: una volta predicò tanto che l' Imperatore Graziano poteva anche fare e meno di considerarsi un "grande imperatore", perché le vittorie delle truppe romane si dovevano più alla volontà di Dio che all'esercito. E che quindi sia l'Imperatore come i suoi soldati dovrebbero pregare di più ed osservare gli insegnamenti della Chiesa; ossia i suoi propri, dello stesso Ambrogi, invece di andare in giro a pavoneggiarsi.
Però, in un'altra occasione predicò con tono di rimprovero che una certa sconfitta si doveva ai suoi errori e alla poca preparazione dell'esercito e che la smettesse di attribuirla alla volontà di Dio.
In un'altra occasione ancora dimostrò la sua arrogante volontà a proposito della distruzione di una Sinagoga in Asia, ad opera di cristiani fanatici e del loro vescovo compiacente. Bisogna far osservare che l' evento si era prootto ai tempi di vigenza dell'Editto di Costantino, quando c'era piena libertà di culto per tutte le religioni, includendo la ebraica, naturalmente. Cosicché le pratiche religiose ebraiche erano completamente legali e incendiare una sinagoga era atto illegale. Esattamente uguale come incendiare un tempio cristiano o pagano. L'Imperatore Teodosio, con giusto criterio interpretativo delle leggi, aveva ordinato al Vescovo locale che ricostruisse il tempio distrutto a spese della chiesa cristiana. Al sapere questo, il furibondo  Ambrogio levò le braccia al cielo ed armò un solenne putiferio contro l'Imperatore.
....quel posto che ospita l'incredulità giudaica dovrebbe essere ricostruito con il patrimonio che i cristiani hanno per la protezione di Cristo?...bruciare le sinagoghe non è certamente un crimine ma un atto glorioso!... e che non vi sia nessun posto al mondo dove Cristo sia negato!...
E l'imperatore Teodosio dovette vergognosamente ritrattarsi.
In un' altra occasione , come in parte già detto, tanto confabulò e tanto fece che evitò che l' Imperatore ricevesse Simmaco, in rappresentanza del Senato Romano. Simmaco era persona importantissima della vecchia aristocrazia romana. Era  stato amico di Ambrogio in epoche passate e gli aveva fatto anche vari favoretti,  perché oltre alle stime reciproche erano  anche amici e  erano pure parenti. Che l'Imperatore non ricevesse Simmaco, per insistenza di Ambrogio, fu una terribile mancanza di cortesia, di riconoscenza e fanatismo. Simmaco era pagano come la maggioranza dei Senatori Romani e si opponeva alla rimozione della statua della Dea Vittoria nel Senato Romano, ed Ambrogio temeva la sua oratoria. E fu quando, come già detto, Simmaco dette una bellissima orazione funebre, quasi ad memoriam. Ma la statua venne rimossa.
Un' altra delle sue azioni machiavelliche e di prepotenza fu quando chiese a Graziano che convocasse un Concilio ad Aquileia (vicino Venezia) per sentire le opinioni ed eventualmente condannare due vescovi ritenuti eretici da Ambrogio, perché erano ariani;(ariani appoggiati dall'Imperatrice Giustina, matrigna di Graziano, ariana fanatica, sempre in battibecco con Ambrogio).
L' Imperatore Graziano voleva, giustamente, un Concilio piuttosto numeroso, per poter avere più opinioni su un argomento che era ritenuto basilare a quei tempi: che se il Figlio(Gesù) fosse importante come il Padre(Dio) o meno del Padre.
Invece Ambrogio insistette per ottenere che i vescovi fossero pochetti e di sicura fede cattolica Romana. Ortodossi, si diceva, ossia come era lui, come Ambrogio. Cioè, in altri termini, eliminando l' opposizione.  Ed appunto, machiavellicamente, ebbe la faccia tosta di insinuare all'Imperatore che per constatare la verità non c' era bisogno di tanti vescovi né incomodarne tanti in un viaggio così lungo dal lontano Oriente. Viaggio costoso per la Chiesa e pesantissimo per vescovi già vecchierelli. Graziano, spesso incerto, di fronte alla sicurezza di Ambrogio, acconsentì.
Con il tempo fiorirono una quantità di leggende, racconti, favole che durarono un bel po' anche dopo la sua morte. Senz'altro era un personaggio amato dal popolo, lo adoravano, lo seguivano in tutto. Sarà che il popolo si innamora dei tirannelli? E poi, magari, nel giro di un generazione, se non sono morti per conto loro, i figli degli osannanti li accoppano?
Si diceva, con altro esempio, che da piccolo, nella culla, un mucchietto di api si era avvicinato alla sua bocca e depositato miele sulle labbra del bebè. Chiara simbologia magica per indicare che da grande sarà un magnifico oratore...o conta-balle? E che le parole usciranno dalla sua bocca come miele e convinceranno tutti.
E quasi mille anni dopo, in una delle tantissime battaglie in Italia, il Santo apparve a cavallo, improvvisamente e vestito da soldato con la spada in mano, per dar man forte a Luchino Visconti e suo nipote Azzone.
I milanesi, riconoscenti alla Madonnina ed evidentemente partigiani dei Visconti, fecero una bella chiesa a memoria del miracolo e poi, un po' più tardi, porranno un magnifico altorilievo in una porta di bronzo del famosissimo Duomo, a ricordo perenne dell'evento.
E negli uffici religiosi fu lui, lui, proprio lui, che inventò il rito che non poteva non chiamarsi Rito Ambrosiano. E introdusse come grande novità dei canti liturgici di stile orientaleggiante, bellissimi.
Adesso non sono più tanto novità, ma sono realmente sempre affascinanti e suggestivi.
A leggere oggigiorno le teorie cristologiche di Ario, in auge allora, uno non si sente di dargli tutti i torti. Non potevano non sorgere certi dubbi. A parte che , sentitissimi all'epoca, quei dubbi sono ormai superati e nessuno più se ne interessa ne li comprenderebbe. Chissà Ambrogio temeva proprio questo: che sorgessero dei dubbi. Era uomo di stato. Veramente uomo di stato. E sapeva che il popolo non deve avere dubbi. Deve aver fede, credere, obbedire e... basta. Veneremos cernui, dice l'inno.
Il dubbio deve esistere, certo ed è basico nella filosofia e nel sapere. Ma deve essere aborrito per le masse.
Per un motivo o per l'altro, intrinseco o per convenienza politica, era comunque acerrimo nemico dell'eresia Ariana, in auge nella Corte Imperiale di Milano, quando c'era l 'imperatrice Giustina. E ricorse a sotterfugi e colpi di mano per sottrarre a quella setta le sue chiese di Milano e concederle al rito cattolico tradizionale.
E non so perché, questo mi ricorda le azioni di certi manganelli nella decada del 1920/30, in Italia.
Anche in quegli anni ci fu il cambio di nome del giorno di festa: prima la domenica si chiamava DIES SOLI, giorno del dio sole nella Roma pagana con tanti belli Dei che ci accompagnavano nelle buone e nelle malefatte. Si cantava l' Inno al Sole, trasformato poi in Sole che sorgi...e che ancora emoziona le fibre di certi italiani anche se ormai  vecchierelli. E lo chiamò DIES DOMINI, il Giorno del Dominus cioè del Signore cioè Domenica. E Ambrogio ordinò che questo giorno tutti andassero a messa. Obbligatorio, quindi, andare a messa la domenica e le altre feste comandate. Comandamento.
E in un'altra occasione accadde un fatto che, chissà per sghiribizzo, voglio commentare. Durante un suo viaggio, probabilmente per Propaganda Fide, volle il destino o un certo San Valentino, un bel santo mattacchione, che il nostro austero ed arcigno Ambrogio s'imbattesse con un magnifico esemplare di Valchiria, la Regina dei Marcomanni, tribù di tedeschi pagani e peccatori, destinati all'inferno. Ambrogio, uomo buono che si occupava delle anime altrui, ci mise tutta la sua forza di convincimento per salvarli dal castigo eterno. La Regina fu addirittura ammaliata dalla eloquenza dal virile patrizio romano anche se vestito da prete. E si sottomise a lui. In che senso si sottomise? Questi particolari non interessano. Le fonti tacciono. Quello che si sa è che lei ed il suo popolo si convertirono al cristianesimo, quello giusto, il Cattolico 
Romano,  ipso facto, in un batti baleno.
Le vie del Signore sono tante, dicono certuni.
E con Ambrogio ci fu anche un certo cambio nella liturgia cattolica. Nei primi secoli del cristianesimo la confessione era un evento sociale. Tutti confessavano i loro peccati pubblicamente. Ma un certo giorno che succede? Che un donna confessa pubblicamente di aver commesso adulterio la notte prima niente di meno che con il confessore, presente. Non abbiamo mai saputo la reazione del marito cornuto ne` quella del prete galante. Pero da allora si considerò proibire la confessione pubblica, coram populo, ed accettarla, opportunamente, molto più privata, seminascosta, quasi confabulata, specie per le donne.
La mia sincera opinione su Aurelio Ambrogio , Governatore e poi Vescovo di Milano?
Fa parte di quel gruppo di persone e personaggi che, pur riconoscendo loro grandi capacita in generale e forse anche necessità sociale di agire come agiscono,  io pur tuttavia non riesco a digerire.























36/          SANTO   AGOSTINO   DI   IPPONA 

                                   (354—430)

Aurelio Agostino nacque a Ippona, Algeria. Suo padre era romano, pagano e sua mamma berbera, cioè nord africana però già cristiana e col tempo sarà Santa Monica; e non si sa bene perché. Però io sono d' accordissimo con la Chiesa che fece santo suo figlio: per aver sopportato per tanti anni una madre, buona donna certamente, che lo adorava, si, ma molto ficcanaso e che non lo lasciava in pace e che gli rovinò la famiglia.
Agostino era una ragazzo molto intelligente, i suoi se ne accorsero subito e lo mandarono a studiare a Cartagine che, nonostante il DELENDA EST, era poi stata ricostruita. E costì si innamorò della letteratura, dell'eloquenza, del teatro. Fu bravissimo in tutto. Era anche un bel ragazzo, capelli neri, sguardo profondi, spesso ironico, con un certo spirito birichino, gli piacevano le ragazze. A chi no, a quell'età? Insomma da giovane godeva della vita e dei bei regali che gli aveva fatto madre natura. Però non era superficiale come la maggioranza dei ragazzi alla sua età. Era sempre un po' inquieto alla ricerca di qualcosa di nuovo. 
Cominciò a notarsi in lui un certo cambiamento al leggere l' Hortensius di Cicerone. E con questo si innamorò della filosofia e della speculazione filosofica. La qual cosa non gli impedì che si innamorasse davvero anche di una bella ragazza con la quale poi visse la bellezza di 14 anni e con la quale ebbe  un figliolo. Chi lo avrebbe detto che questo giovane estrovertito, simpatico, geniale ed amante della vita si trasformasse con il tempo in un filosofo insigne, santo e gran Dottore della Chiesa Cristiana? 
Cosicché , innamorato della bella Berebere, però anche della filosofia e scoperto questo nuovo gioco intellettuale, cominciò anche lui a porsi il gran problema "della verità", la famosa domanda di Poncio a Gesù di Nazareth trecento anni prima e rimasta senza risposta. E alla ricerca della verità si avvicinò al Manicheismo, con gran disperazione di sua mamma, cattolica ortodossa fervente. Però dopo qualche anno abbandonò la setta manichea e  in discussioni retoriche e filosofiche vinse le teorie del Vescovo Fausto, gran gurú del Manicheismo.
La vittoria lo lasciò scettico. Lui era cristiano quasi certamente, però, che tipo di Cristiano ? C' era un mare magum di teorie e interpretazioni, un pullulare di "eresie", sette, opinioni, tendenze...delle più disparate, tra coloro che si dicevano cristiani. Ed era giusto e comprensibile che succedesse questo nello sbocciare in una nuova religione che pretendeva essere universale però anche valida per tanti popoli così diversi come quelli che avevano formato l'Impero Romano e che doveva quindi ancora formasi regole ed  i regolamenti dell`universalità. Da setta di poco più di quattro beduini a diventare religione valida di "tutto il mondo conosciuto", la strada da fare era tanta. E i dubbi sorgevano e dovevano sorgere e contrastarsi certamente, la qual cosa è sempre indice di vitalità. Soprattutto per menti sveglie e ce ne erano molte; e quella di Agostino, sia pur giovane, non era certamente la meno qualificata. La immobilità, la ieraticità è la morte di tutto. Cosi che anche Agostino pensava, ragionava, dubitava, come tutti quelli che, anche se  agnelli di dio, hanno un po' di sale in zucca e arzigogolano.
C' è un bellissimo quadretto descrittivo dei problemi di allora ed ancora lo ricordo con tenerezza perché a me bambino lo raccontava mia nonna come una bella favola:
Si racconta che un giorno, passeggiando in riva al mare tutto pensieroso cercando di risolvere il problema della Trinità, il grande Santo vide un bambinetto che giocava facendo un buco nella sabbia con un secchiello che costantemente riempiva con acqua di mare.
"Cosa fai ?"
"Prendo tutta l' acqua del mare e la metto in questo buco."
Il filosofo, intenerito sorride e gli dice:
"Ma questo è impossibile bambino!"
Ed il bimbo gli rispose:
"È più difficile per la tua piccola mente capire il mistero di Dio. "

Poco dopo questo evento, favola o no, Agostino ai suoi ormai 29 anni, volle realizzare un suo sogno: quello di andare a Roma. Siccome sua mamma non era affatto d'accordo con questo, il bravo Agostino scappò. Scappò di casa, si portò dietro moglie ( concubina) e figlio, prese un biglietto di solo andata e con una bella nave arrivò a Roma. Arrivato a Roma come povero extracomunitario del Magreb cominciò a cercare lavoro. Trafficò un po', qualche delusione iniziale, l'adattamento, ma finalmente conobbe, chissà come fece, niente di meno che Simmaco, quel pagano aristocratico romano parente di Ambrogio, dei quali abbiamo testé parlato. Simmaco era Praefectus Urbis. Gli piacque Agostino e gli dette un bel posto di Professor di non so di che a Milano. Forse, chissà, il nostro Simmaco, cercava in tutte le maniere di frenare in qualche modo l' ambizione, la fama e il potere di San Ambrogio, amico di gioventù, che adesso atteggiava a padrone di Milano e dava consigli e ordini anche a due Imperatori.
Ed a Milano, effettivamente quel diavolo di Vescovo che era Ambrogio cercò di convertirlo, cosi su due piedi. Ma Agostino era un osso duro da rodere. Era già uomo di grandissima cultura, erudizione, profondi desideri di conoscere il perché delle cose, voleva dimostrazioni, opinioni sicure. Insomma anche a Milano cominciò a cercare. Prima si avvicinò agli Accademici con il loro pessimismo scettico. Poi si avvicinò al neoplatonismo. Voleva poter vivere una vita dedicata allo studio, alla ricerca della verità disprezzando onori, quattrini e piaceri. In teoria cercava anche la castità. Chissà perché esiste questa mania in certe religioni di cercare quella cosa contro natura che è la castità. Personalmente considero  piu contronatura la canstità che l`uomosessualita. La cercava anche Agostino, teoricamente, ma era giovane e sentiva forti gli impulsi naturali.
Sua mamma, l' impicciona Monica, lo aveva inseguito fino a Milano e non lo lasciava in pace. E probabilmente per le insistenze della mammina bella, si distanziò dalla sua amica, amante, compagna, concubina...che gli aveva dato il figliolo Adeodato e con la quale aveva vissuto in santa pace per 14 anni. Si distanziò lui stesso o volle andarsene lei, da sola, la bella Numidia? Vai saperlo. Non si riesce a capire. Pare che  avesse promesso ad Agostino che sarebbe tornata da lui e dal figlio. Ma non tornò mai, né si seppe nulla di lei.
Poi sembra che la brava mammina volesse farlo fidanzare con una ragazza di Milano. Evidentemente non c' era stata mai molta simpatia tra Monica, Santa o no, e la quasi nuora, la bella Numidia di cui nessuno sa il nome.
Razzismo perché era scuretta di pelle? Anche Monica lo era. Chissà, magari forse per quello.
Anche la Vergine Maria la dipingono sempre bianca come fosse una valchiria, come Brunilde, la valchiria dai capelli scuri. Vai a vedere come sono ancora adesso le contadine palestinesi ed immagina come erano due mila anni fa. I chiari di pelle e biondi tra gli Israeliani sono quasi tutti di origine askenazi. di quelli che con le diaspore del 71 e del 130. andarono a finire in centro Europa o magari in Russia, per mischiarsi chissà con chi. E se non si sono voluti ufficialmente mischiare per non contaminare il sangue, le donne ebree avranno detto ai loro uomini, sempre creduloni,  che i figli biondastri, to',guarda un po', lo erano per simbiosi ambientale. 
Torniamo ad Agostino.
Rimase solo con il suo figliolo Adeodato. Non sappiamo se cacciò di casa la bella  compagna da 14 anni o se lei se ne andò, stufa o furiosa contro la suocera. Comunque sia, si dedicò a leggere e studiare i vangeli. E qui si racconta in un' altra favola che passeggiando sempre pensativo per i bastioni di Milano un bel giorno senti la vocetta di una bambina che canticchiava" Tolle et lege ...", ossia in latino prendi e leggi. Agostino prese questa canzioncina come un segno premonitore, aveva la Bibbia in mano, la riapri a caso e ci incontrò un pezzo delle Lettere di Paolo di Tarso ai romani. Nelle tre edizioni della Bibbia che ho io, nella mia biblioteca, le lettere di Paolo non ci sono, ma nella Bibbia di Agostino evidentemente c'erano. Chissà cosa lesse. Che doveva pagare le tasse? Paolo scrisse ai Romani che da bravo cittadini dovevano pagare le tasse. Ma il fatto è che pochissimi giorni dopo se ne andò, con il figliolo Adeodato ed alcuni amici, a vivere in una bellissima casa di campagna di un amico ricco; un certo Verecondo, il quale facendo onore al suo nome si vergognava di chiedere l'affitto a dei filosofi che cercavano la verità ed avevano quindi cose più serie cui pensare che non esere distratti da  un miserabile affitto.
Dopo un bell'annetto di vivere in campagna all'aria buona, studiando i vangeli e sempre pensando e meditando finalmente un buon giorno tornò a Milano. Vide Ambrogio. Gli chiese che lo battezzasse. E Ambrogio, trionfante per tanto onore, lo battezzò.
E subito dopo prende un'altra bella nave, per tornarsene in Africa. Per cercare la mamma di suo figlio? Questo non si sa. Quello che si sa è che un'altra mamma, la sua, la onnipresente Monica che stava con lui, sulla nave. ad un certo momento smise di essere onnipresente. Si ammalò però mori felice perché il suo bell'Agostino era finalmente diventato un bravo cristiano cattolico, apostolico e romano tradizionale. E la Chiesa la fece Santa.
Arrivato in Africa, Agostino vende tutti i suoi beni, evidentemente ereditati dal padre ed il prodotto lo ripartì tra i poveretti riservandosi solamente una piccola proprietà per farci vita da monaco. Dopo pochi anni la sua tranquillità di monastero terminò e senza troppi entusiasmi accettò essere consacrato sacerdote e poi Vescovo.
Pero, una volta nominato vescovo, si dette da fare con la sua attività e continuò a scrivere molto, moltissimo. Mori da quelle parti, in Hippona. a 75 anni, ai tempi di Genserico con i suoi Vandali. E la parola vandalismo indica senza dar luogo a dubbi che ci ricordiamo ancora della loro splendida civiltà.
L'opera letteraria più importante sono LE CONFESSIONI.
Però quella per la quale si è parlato e letto di lui per più di mille anni è stata la CIVITAS DEI, dove c' è tutto il suo pensiero. La cominciò a scrivere come cristiano, per difesa dai pagani che accusavano il cristianesimo responsabile della caduta di Roma; in specifico fu intorno al 410, quando vi irruppe Alarico con i suoi Visigoti. Ed in questa difesa Agostino aveva completamente ragione. L'Urbe aveva civilizzato e dominato il mondo politicamente durante mille anni. La debolezza era dovuta perché prima o poi ad ogni auge corrisponde una caduta. E non per l'avvento del cristianesimo. Tutto il contrario, direi. Il cristianesimo fiorì in Roma per cercare di soddisfare certe nuove esigenze spirituali e fu grazie al cristianesimo, nonostante gli errori e orrori della sua chiesa, che Roma si mantenne ancora viva e fulcro del mondo soprattutto europeo per secoli ancora, per lo meno fino al Rinascimento ed alla Riforma.
Il  principale lavoro di Agostino da Ippona,   considerato allora importantissimo per il tema trattato, fu DE TRINIDATE, sulla Trinità Divina, cioè Padre Figlio e Spirito Santo, del quale oggi non se ne parla più e nemmeno si sa cosa sia: in riassunto se Dio è più importante di Gesù Cristo o se sono allo stesso livello. E per questo allora ci si accapigliava. Allora. Adesso ci si meraviglia che ci si accapigliasse.
Scrisse sull'indissolubilità del matrimonio e le conseguenze sono ancora attuali nella Chiesa Cattolica.
Formulò le più antiche leggi pratiche sulla vita nel Monastero occidentale, per quelli che saranno i monaci Agostiniani.
E nei suoi scritti in generale fu molto battagliero ed incisivo affermando le sue teorie contro tutti quei cristiani che non la pensavano come lui nel pullulare di sette ai suoi tempi. Contro i Manichei, Donatisti, Pelagiani, Ariani ed altre eresie meno conosciute. Forse, quella che attualmente potrebbe ancora interessare è la Eresia di Donato ( Donatisti ) il quale, per cercare di combattere la rilassatezza di costumi di certi sacerdoti, sosteneva che il Sacerdote in peccato no poteva impartire i Sacramenti. Per un cristiano che crede nei sacramenti, questa affermazione non manca di logica.
Come può un prete che con le sua mani mezz'ora prima ha accarezzato il culo di una ragazzina, pretendere di dare con quelle stesse mani la Ostia che è il corpo di Dio? si chiedeva Donato più o meno in questi termini. Però Agostino condannò la teoria del vescovo Donato, affermando che il sacerdote, anche il più empio, è sacerdote IN AETERNUM ! E questa è ancor oggi la teoria della Chiesa Cattolica.
Fu anche contrario a Pelagio. Costui sosteneva che ognuno è responsabile dei propri atti ma nessuno è responsabile per gli atti dei sui genitori. Così, secondo Pelagio, il famoso peccato Originale di Adamo ed Eva non è trasmissibile ai figli. I bimbi nascono tutti ingenui e puri e non c' è bisogno di lavare nessun peccato perché non esiste nessun peccato. Verrebbe da pensare con la mentalità di oggigiorno che Agostino era matto da legare a non condividere questo. Eppure no. Agostino era intelligentissimo e cercava in buona fede di essere il più giusto possibile. Per capire questo atteggiamento in lui c'è solo da immaginare in che stato di arretratezza e primitivismo si vivesse ancora a quei tempi, se un cervello di primissimo piano come il suo pensava cose inaccettabili  oggigiorno.  
Si batté contro l' Arianesimo che fu la dottrina cristologica apparentemente appoggiata da Costantino e che per poco diventò la teoria ufficiale della Chiesa cattolica. La discussione era a proposito della seconda persona della Trinità. Ario sosteneva che essendo Cristo stato creato da Dio ed avendo quindi un inizio, non aveva la perfezione dell'eternità che invece aveva il Padre e pertanto era di categoria inferiore. Il concetto di Trinità con tre persone uguali e distinte, Dio uno e trino, attuale nella chiesa Cattolica, si afferma con  Agostino. I vari popoli germanici, che in una maniera o nell'altra invadono Italia Spagna e altre regioni europee, erano cristiani di credo ariano. A Milano, ai tempi di Sant'Ambrogio, coesistevano le due tendenze, la cattolica tradizionale e la ariana. Nella lotta, prevalse la Cattolica.  Santo Ambrogio e Santo Agostino erano cattolici. Se c'era qualche santo tra gli ariani, questo non si sa. 
I germanici, con il tempo, si convertiranno al cattolicesimo e, sicuramente, senza capire bene la differenza. E spesso la conversione fu per ragioni di convenienza politica, ovviamente.
Oggigiorno nessun cristiano cattolico o di altra setta si pone questi quesiti. Ma quello era un periodo di formazione.
Il nostro Agostino prevalse anche contro il Grande Origene. E non accettò la sua apocatastasi. Parola difficile questa apocatastasi: ma significa che secondo Origine l'inferno non è eterno, che le fiamme sono di purificazione e che al finale dei tempo Dio perdonerà a tutti, anche a quel povero Diavolo che tornerà felice in Paradiso. Invece ad Agostino questa idea el perdono finale no gli piacque, diceva che, l' inferno c'era davvero ed era eterno. Ed anche qui, chissà, un cristiano moderno, anche se buon cristiano, rimane un po' perplesso: l' inferno eterno...l' è un po' lunghetta eh?
E magari penserà: Speriamo che Origine abbia ragione.

E poi 'sto benedetto di San Agostino se la prese anche con gli ebrei.
Scrisse ADVERSUS JUDAEOS. E li accusava di essere nemici della nuova religione cristiana, come se la nuova religione non fosse sorta come setta universalizzata della religione di Jahvè e come se Gesù non fosse ebreo, circonciso e che certamente non parlava latino ma arameo. Ed allora sosteneva che tutti i dolori e problemi degli ebrei con le due diaspore del 70 e del 130 non erano dovuti alla rivolta di Bar Coibá che aveva fatto uscire dai gangheri un buon imperatore come Adriano, ma perché avevano crocefisso il Figlio di Dio, senza ricordare che lo stesso Figlio di Dio cercava il suo proprio sacrificio. Ed allora il nostro Agostino tira fuori questo ragionamento: Gli ebrei discendono carnalmente dal padre e patriarca Abramo. Noi, invece, continua san Agostino, discendiamo a altre genti, è vero, ma imitando le virtù di Abramo ci siamo trasformati nei suoi veri discendenti. E lo siamo per grazia di Dio, perché Dio non volle più che i discendenti carnali fossero i veri eredi delle antiche virtù.
È chiaro che un moderno, oggigiorno, cristiano o non cristiano, religioso o ateo, possa meravigliarsi di un ragionamento del genere in un uomo ritenuto superiore. Però dobbiamo ragionare alla inversa: se era cosi influenzato dall'opinione dei tempi un uomo dalle capacita intellettuali di Agostino, dovremmo anche immaginare quali potevano essere i "ragionamenti" degli altri uomini normali, mediocri, dei poveretti, della gleba e si capiscono tanti eccessi spaventosi quando "la gente" si scatena senza saper bene nemmeno il perché. Magari anche solo, forse, per rubare e mangiarsi due pezzi di pane invece di uno o per sentirsi importante una volta nella vita.
Sul tempo, il tempo che passa, fece un considerazione indubbiamente fuori dal contesto dei suoi tempi e che a me piacque molto. Il tempo è una strana realtà perché è formato dal passato ed il passato non esiste più. Il futuro nemmeno esiste perché deve ancora avvenire. Ed il presente? Cos'è se non un istante che fugge?
E sul libero arbitrio fa questo ragionamento, azzeccatissimo per i tempi. Il libero arbitrio, ossia la capacita-libertà dell'uomo di decidere il suo destino. deve necessariamente esistere perché, se non ci fosse, l' uomo non avrebbe nessun merito ne' nessuna colpa ma sarebbe completamente amorfo. Che Dio sappia chi sarà condannato e chi no, è una delle sue attribuzioni divine, la onniscienza; ma non è detto che voglia intervenire o sia intervenuto nelle decisioni di ogni singolo; e quindi lo lascia o lo può lasciare liberissimo di decidere il suo proprio destino.
Insomma, a quei tempi Dio faceva parte del quotidiano.Non si ammeteva un iniverso senza Dio. E`anche vero che da tempi antichissimi, biblici, in Geremia, per esempio, si parla di casi di ateismo; ed anche in India, in Grecia, in Egitto, in Roma. Pero sono casi  eccezionali. In generale era impossibile immaginare una umanità senza un dio che si prendesse cura di noi e che noi dovessimo ubbidirgli in qualche modo, pena un castigo.  
La conclusione su Agostino è che non era un fanatico come moltissimi lo erano includendo il grande e pur intelligente Ambrogio: troppo autoritario, arcigno, caparbio e sinceramente brutto. Come già accennato, Agostino fu uomo che da giovane godette la vita con la allegria della gioventù e si dedico ai piaceri del corpo oltre che a quelli dell'anima e della cultura. Intelligentissimo, sveglio, bel ragazzo ambiziosissimo. E con il passar degli anni continuò con i piaceri che la natura riserva a certe età, dimostrando inquietudini, curiosità e sempre alla ricerca della "verità" in tutte le direzioni che gli si presentavano, Homo Universalis ,si potrebbe dire.  Non era un  fanatico, Non lo fu mai. 
Quando arrivò al cristianesimo ortodosso, ossia al cattolico tanto per intenderci, raggiunse qualcosa che stava cercando con anni di riflessione. Il suo non fu mai cercare una scusa per giustificare una teoria preconcetta o di altri. Ma tutto il contrario. Cioè arrivò ad una teoria, ad un credo, dopo aver cercato tra cento ragioni.
Ed in quei tempi, ancora di passagio e di formazione della nuova religione, quasi non si poteva vivere, a certi livelli ed ambienti di cultura, senza porsi il problema della divinità e del soprannaturale.
Certo che il problema di Dio non è più, nella stragrande maggioranza dei casi di persone di una certa cultura, un problema di attualità. E qualcosa che francamente non interessa più. Se ne parla forse ancora da ragazzi, ancora da quasi adolescenti, come si parla di tutte le cose nuove che il giovanissimo va via via scoprendo nel rapido dirompere degli anni della giovinezza. Però in generale è un morbillo che non ci affligge ulteriormente. Siamo più preoccupati ai problemi della fame nel mondo, alle guerre, a vincere malattie, a cercar di attenuare i vari fanatismi tuttora esistenti tra i popoli meno civili e tavolta anche tra i ritenuti civilissimi.
Il problema di Dio non è più attuale.
Pero a quei tempi lo era, ed importantissimo. Ed Agostino pur anche se in talune delle sue riflessioni oggigiorno ci fa sorridere, lo volle risolvere. E lo risolse. Alla sua maniera, certamente, non alla maniera di un altro...ma lo seppe risolvere e le sue opinioni influenzarono l' Europa pensante per secoli. Quell'Europa che non era un paesettino del terzo mondo, ma un continente che in ben tre occasioni fu all'avanguardia dello sviluppo umano. Con l' Impero di Roma, con el Rinascimentoe con la Rivoluzione Industriale. Con i suoi errori, certamente ma anche con i suoi grandissimi successi.
Per divertita ironia e felicità rabbiosa dei razzisti, il caso volle che il grande Agostino fosse mezzo africano. Per Jure Soli e per Jure Sanguinis, di padre latino, di mamma africana e con moglie africana.  Suo padre Patrizio, curiale romano, era pagano. Sua madre era una Africana - Berebere, cristiana. La Chiesa la elevò agli altari e la trasformò in Santa Monica. In buona fede? O per razzismo alla inversa, perché il grande San Agostino, Padre della Chiesa, fosse meglio ricordato come figlio di una Santa e non di una Barbara? Tutto è possibile.
La compagna per tanti anni di vita di Agostino, anch'ella di Numidia e che fu la bellissima madre del suo unico figlio, non è mai nominata da nessuno. Se Agostino, da giovane, nascondendosi da sua madre, volle portarla con se dall'Africa fino a Roma, questa donna doveva avere dei meriti e senz'altro doveva esserci dell'affetto tra di loro. Però rimase l' Innominata. Nessuno ci disse mai il suo nome. Ed anche Agostino lo tacque, sempre.
Chissà perché, ma sento questo come  l'unico vero peccato di Santo Agostino.








            37/               CARLOMAGNO

                                      742—814



Herr Monsieur Carlo, germanico, sub gruppo Franco, è una dimostrazione di come molto spesso i figli non si somiglino ai padri. Suo papà era Pipino, il Breve , il piccolino e lui, il figlio, Carlo, volle essere il grande, tanto grande che arrivò ad essere addirittura Magno. E fu Magno; non tanto e solo per le conquiste future che essendo future non poteva conoscerle; ma fu grande anche nella maniera più semplice: da giovane non finiva mai di crescere. Arrivò alla notevole statura di quasi due metri, con orgoglio ed allo stesso tempo grande preoccupazione di Bertrada, la sua bella mammina, perché temeva che suo marito, il Breve, la ripudiasse per adultera. Bertrada anche era una bella tedescotta, la Fettona, le dicevano, per i piedi grandi. E ora qui dirò qualcosa che non sa quasi nessuno. La Bella tedescotta, Bertrada, era affetta da asimmetria pedestre. Cioè, un piede era quasi normale ma l'altro molto più grande, adatto per tirare calci di rigore. Ma il calcio del ripudio non glielo dette nemmeno il marito, perché si fidava di lei.
Per questo, dicono, le tedesche si sposano con tedeschi: perché i mariti si fidano delle mogli. Quello che poi vanno a fare sole, al sole al sud delle Alpi, in vacanza, non si sa. Ma loro si fidano sempre, lo stesso.
E Carlo era alto forte, ben proporzionato, con bellissimi capelli neri.
Il marito, come detto, si fidava di lei, ma... immaginarsi le amiche, le biondasse franco germaniche, invidiose di qualche avventuretta di Bertrada con qualche europeo del sud dai capelli neri e sguardo di fuoco!
Sia come sia, il giovane era estroverso, di gran personalità, anche un po' chiacchierone, simpaticone, mangiava come un leone e beveva a garganella, senza, però, mai perdere le staffe . Anche se era figlio di Re - suo padre Pipino era Re dei Franchi - non gliene fregava niente di bei vestiti e sete costose. Solamene quando sarà Imperatore, dovrà accedere a vestirsi come un Satrapo Orientale...però per questo occorrerà del tempo.
Era anche un grande sportivo, cosa che quasi non esisteva a quei tempi. Gli piaceva  il nuoto e sentiva che lo fortificava. E Carlo, quel fenomeno di uomo, non era mica come noi poveretti ! Di noi non gliene niente a nessuno, invece lui aveva il suo storico personale, Eginardo e se lo portava dietro; così racconta una infinità di cose di lui, grandi e piccole. Per esempio uno si potrebbe chiedere per quali motivi strategici di gran valore avesse deciso che la capitale dell'Impero doveva essere Aquisgrana. E giù a ragionarci sopra. E arriva Eginardo e ci fa un bella risata: in un brano poco conosciuto ci dice che scelse Aquisgrana perché aveva delle bellissime, ampie, comode acque termali sempre calde, d'estate e d' inverno e lui ci sguazzava e nuotava felice tutto l'anno. Chissà per questo è stato uno dei pochi franco-tedesco che non puzzava tanto.
Aquisgrana era stata zona militare Celta prima di diventare Romana. E da questi ultimi era stata usata per fini terapeutici e per togliersi la cragna, lo zozzo di dosso. E la chiamarono appunto Aquis-grana, acqua del dio Granum, divinità pagana che però insegnò ai Cristiani, puri ma puzzolenti, a lavarsi come Dio vuole. Il papà di Carlo Magno era Pipino il Breve, come detto. Ma anche se aveva un nome e soprannome un po' ridicoli, non era assolutamente la macchietta che uno si immagina. E, considerando i tempi, non era nemmeno tanto ignorante come la maggioranza della gente. Fu un bravissimo Re e fu quel tipetto della famosa astuta domanda al Papa Zaccaria: È Re chi ha il titolo di Re o chi agisce come Re e di fatto comanda lui? Pipino era Maestro di Palazzo, ossia Primo Ministro del Re, ma il re non contava nulla e faceva tutto lui. Sembrava milanese. Cosicché, fatta la rispettosa domanda, inginocchiato di fronte al Papa, ma con una mano sull'elsa, ricevette la risposta che aspettava. In fondo era la giusta e lo legittimava a mandare in pensione in un bel Monastero l'ultimo Re Merovingio: quel bravo ragazzo di Childerico III, che non aveva nessuna voglia di fare il Re e nemmeno ne aveva le capacità. Era colpa sua? E si arrese alla inevitabile prepotenza dei forti, chinò il capo e i sui bei capelli lunghi e biondi, simbolo indubbio di potere, caddero sotto le cesoie dell'obbediente Monaco Barbitonsore. E Childerico sarà l'ultimo di quei re Fanulloni, les Rois Fainéants, che pretendevano essere discendenti di Gesù Cristo e della bellissima Maddalena.
E cosi, piccolino come era, questo Re Pipino sapeva fare le sue domande e fondò la sua dinastia dei Carolingi.
La cultura era qualcosa di secondario, a quei tempi. Roba da preti. Chi contava era l' uomo forte, la spada, la forma più primitiva del dominio. Comunque, per uscire dalla mediocrità o dalla servitù della gleba, c'erano solamene due strade: o fare il soldato o fare il prete. Il prete, ovvio, con il suo bagaglio di conoscenze, culture e superstizioni. Ed il sodato che aveva la spada e menava botte a destra e a manca.
E così questo bel pezzo di ragazzone di due metri d' altezza, crebbe come militare perfetto e come ignorante perfetto. Per moltissimi anni non saprà ne leggere ne scrivere... però non era niente fessacchiotto, come in generale gli uomini di cultura considerano i militari. Era intelligentissimo, intuitivo ed imparava presto. E di tutto.
Però, anche se un po' ignorantello al principio della carriera, seppe amministrare benissimo i suoi territori che, ignorantemente, continuava ad aumentare.
 Presto cominciò ad apprezzare le persone colte. Sapeva, aveva capito che erano utilissime, se ne servì e volle aprire a Aquisgrana la prima scuola del Regno, per togliere di mezzo un po' di ignoranza. Chiamò professori famosi per insegnare. Naturalmente seppe circondarsi di persone giuste, di buoni consiglieri. I lecca piedi li odorava a distanza e li eliminò sempre. Uno dei più famosi Maestri che contrattò fu a Alcuino di York. Famosissimo. Per suo volere si fondò la Scuola Palatina:

"...la Schola Palatina  che divenne ciò che Carlo aveva sognato: il centro della conoscenza e della cultura per l'intero regno e per l'Europa intera. Carlo Magno stesso, la sua regina, sua sorella, i suoi tre figli e le due figlie studiarono presso la scuola, un esempio che il resto della nobiltà non mancò di imitare..."

Questo lo lessi questo da qualche parte , lo copiai come appunto, ma non ricordo dove lo avevo letto. Succede, alla mia eta.

Però chiarisco subito questo: la York di Inghilterra non era certo quella Nuova, la New York d'America, che non esisteva ancora e dove i quasi autoctoni pellirossa vivevano ancora nella più felice libertà di scotennarsi a vicenda , ossia dove esisteva libero lo Jus Scotennandi. E prego mi si conceda questo ex abrupto, ma rende l' idea.
Insomma con questi atteggiamenti e aspirazioni, a parte le battaglie che erano il suo pane quotidiano, il bravo Carlo voleva e volle e potette rianimare l'Europa e iniziò quello che si chiamò poi il Risveglio Carolingio. Quando un tipo è geniale come lo era Carlo sa fare di tutto. Anche i fatti suoi. Anche con le mogli degli altri. Ma ai grandi è permesso tutto.

Bene. Così che grazie a Carlo Magno si ricominciò a parlare e scrivere in Latino tra persone colte, anche se erano di diverse Nazioni dell'ex Impero Romano, prima che quella bella lingua sparisse completamente o fosse riservata alle luci incerte dei monasteri... luci di civiltà però anche spesso luci di tenebre
Ed il popolino ovviamene continuava parlare il suo dialetto, di vocabolario esiguo, che era il Volgare, il dialetto del volgo, della gente e ogni paesetto parlava alla sua maniera, mischiando latino e lingue varie che entravano urlate con prepotenza da tutte le parti.
E la figura di Carlo Mango, Imperatore, entrerà nella storia, nella leggenda, nella religione, nei miti, in tutta Europa ed anche oltre, con la Chanson de Geste e in poemi di Cavalleria cortese, come la Chansón de Roland.
E la figura de Carlo Magno entrerà come un gigante y difensore del cristianesimo.
Suo padre Pipino il Breve aveva fondato il regno di Francia. Con la sua coronazione nell'anno 800, Carlo Magno fondò l'Impero Carolingio, ossia riesumò l' Impero Romano di Occidente. Cosicché, sia pure con certi screzi soprattutto iniziali, i due Imperi, quello Romano d'Occidente e quello Romano d' Oriente, si considerarono ambedue come buoni fratellini, eredi del Grande Impero di Roma.
 Carlo Magno morì ai 12 anni dalla sua incoronazione come Imperatore, all'età di 67 anni. nell'anno 814.
Suo figlio, Ludovico il Pio, ereditò un gran Impero e molto bene organizzato e fu un bravo e intelligente imperatore. Pero fu solamente bravo e intelligente. Non aveva ereditato le supercapacità geniali di suo padre, una delle persone più importati della Storia, ne' il suo carattere, ne' la personalità ne' la sua mano di ferro: era un dominatore nato. Alla sua morte l' Impero venne diviso in tre parti secondo le tradizioni germaniche. E nessuno dei tre era granché speciale. Nessuno seppe affrontare ulteriori invasioni, come quelle dei Normanni e degli Unni. Cosicché l'Impero Romano d' Occidente non trovò una testa adatta per la corona di Imperatore e si disfece.
Però si continuò parlare di lui, del Grande Imperatore: molto di tutto quello che aveva detto e molto di più di tutto quello che aveva fatto, nella vita e poi nella leggenda. Aveva battagliato e vinto sempre contro germanici, bizantini, musulmani, unni, magiari e sassoni. Il massimo della gloria la raggiunse la notte di Natale dell'anno 800, quando tutte le campane di San Pietro e in tutta Roma risuonarono per l' allegria e gli auguri al nuovo Imperatore Romano.
Questa fu la formula:

 In nomine Patris et Filii et Spiritus SanctiKarolus serenissimus augustus a Deo coronatus magnus pacificus imperator Romanum gubernans imperiumqui et per misericordiam Deirex Francorum et Langobardorum. (Romanorum imperator)vita et victoria

Il personaggio di Carlo Magno è tanto importante che merita un passetto indietro per illustrare meglio il suo entourage.
Alla morte di Pipino il Breve, primo Re Franco, benedetto dal Papa, il regno si era diviso tra i due figli, Carlomanno e Carlo ( quello che sarà il Magno). E Carlo Magno si sposerà con Ermengarda-Desiderata , figlia del Re Longobardo Desiderio, per saldare alleanze tra Franchi e Longobardi, entrambi popoli germanici. Dopo un po' Carlomanno avrà una crisi religiosa e per un motivo o l'altro lascia questo mondo. Rimane solo Carlo e ti acchiappa anche la parte del fratello, fregandosene dei nipoti aventi diritto; e rimane il titolare del Regno completo.
Adesso andiamo un po' a Roma. Il Papa Adriano I, nobile romano, nonostante sapesse di contare con certa protezione divina per essere Vicario di Dio, si sentiva però un po' nervosetto, perché ovunque lui guardasse intorno a se, vedeva Longobardi da tutte le parti, sempre più minacciosi ed erano cristiani, si, ma a modo loro ed Ariani.
Certo che i longobardi erano barbari agli inizi e ricordiamo tutti la ferocia di Alboino, il primo longobardo in Italia e il " bevi Rosmunda nel cranio di tuo padre " che dà la idea. Ma insomma, barbari lo erano un po' tutti chi più e chi meno.
E forse, chissà, se Desiderio, l' ultimo re longobardo, ormai già un po' ripulito dopo 200 anni da noi, avesse ottenuto l' unificazione d' Italia, fagocitando gli Stati Pontifici, si sarebbe potuto creare la nazione italiana prima del 1860,  l'epoca delle audaci affrettate patriottiche romantiche scorribande garibaldine. E probabilmente l' amalgama dell'elemento germánico-longobardo con il vero latino italiano avrebbe evitato tante altre dominazioni che, in meglio o in peggio, hanno poi influito sugli italiani, soprattutto quelli del sud, indebolendoli e obbligandoli a farsi furbetti per sopravvivere. Il che va bene ma fino a un certo punto.
Pero è anche vero che rinunciando al Dominio Temporale del Papa, munifico Principe Italiano e di conseguenza anche all'esistenza di altre corti sfarzose e illuminate, con i suoi bei Principi certamente corrotti ma anche amanti delle arti per raffinatezza insita alla latinità, chissà, magari non sarebbe nemmeno fiorito, sia pur corrotto e peccaminoso, il fulgore delle arti e del Rinascimento. L'arte senz'altro è raffinamento dello spirito e al raffinamento segue la mollezza di costumi e la corruzione.
Difficile dire cosa scegliere.
Il papa Adriano certamente temeva di perdere quelle terre "validamente regalate" da Costantino, secondo la leggenda. Terre che non erano quattro metri quadrarti ma addirittura mezza Italia. Cosí il Papa Riesumò il DIVIDE ET IMPERA e chiese aiuto ai Franchi contro i Longobardi. Perlomeno i Franchi non li aveva nel cortile di casa e stavano ben lontano con le loro beghe con i Sassoni. Ed i Franchi, ossia Carlo Magno, fu ben felice di esser dichiarato dal Papa nientemeno che Protettore di Roma e mettere il suo bel nasino curioso nelle cose italiane. Approfittò subito della situazione e pose termine alla alleanza con i Longobardi e, già che ch'era, le disse a Ermengarda che s'era stufato di lei dopo appena un anno.
Forse la pia Ermengarda-Desiderata s'era veramente innamorata di Carlo e non sentendosi più né Ermengarda né tanto meno desiderata “ sparsa le trecce morbide sull`affannoso petto” , secondo Manzoni  e muore guardando il Cielo.
Carlo, impavido, si sposa con una ragazzina di 13 ani.
Quindi, programmatico, il cristianissimo Re combatterà contro i Longobardi, contro Desiderio, loro re che stava a Pavia crogiolandosi alla vista della bella corona di ferro dei Re d'Italia e sentendo il coro dell'Adelchi. Lo vincerà e i Longobardi sparirono dalla storia, rimanendo solo nei Ducato di Spoleto e di Benevento; Longobardi di nome ma ,francamente, erano Franchi. Il tutto con la benedizione del Papa. E il Carlo Magno nostro, vincitore dei Longobardi, pieno ora di sacro furore contro i Sassoni e di brame per la nuova sposa tredicenne, va a continuare la sua lotta contro di loro, per conquistarli o cristianizzarli o ammazzarli secondo i punti di vista. Naturalmente li vincerà, molti caddero prigionieri, quattro o cinquemila ingombranti e allora Carlo con atto geniale, li mandò a decapitare tutti ma alla riva del fiume Aller, per potere poi lavarsi più facilmente le mani del sangue di quei furiosi barbari pagani che non volevano accettare il cristianesimo in versione Franca.
Dopo di questo, brandendo a la sua mitica spada, la Gioiosa, si dirige baldanzoso alla Penisola Iberica, contro gli Infedeli. Ma gli Arabi, pur se infedeli, erano fedeli alle loro tradizioni e brandendo scimitarre ed urlando il nome di Allah, il Misericordioso, combattevano con vigore. Cosi che questa volta il nostro Carlo, sempre Magno ma non troppo, dovette ritornare nelle sue terre, riuscendo ad arraffare solamente un pizzico di territorio spagnolo di confine, che si chiamerà la Marca Hispanica. E lasciò il coraggioso Orlando( Roland) a difendere la ritirata strategica.
E qui comincia la sua saga, quella del Paladino Orlando, della sua spada Durlindana, di origini e poteri magici, di acciaio specialissimo; spada che fu regalata da un angelo a Carlo Magno e da questi a Orlando e che era stata anche spada di Ettore, il domatore di cavalli Ettorre, figlio di Priamo,, come dice il Monti e che, inoltre aveva nell'elsa un dente di San Pietro e un pezzettino della veste di Maria Vergine. Ma non basta. Orlando aveva anche l' Olifante, l'altrettanto magico corno acustico fatto con una zanna di elefante che se suonato da Orlando poteva raggiungere il Grande Carlo Magno ovunque si trovasse, aldilà di monti e valli. E non basta ancora, perché il coraggioso Orlando ferito a morte per tradimento, non voleva lasciare la sua spada magica come preda bellica all'infernale Infedele e cercò di spezzarla sbattendola contro la montagna di roccia a Roncisvalle. Ma la Durlindana non si ruppe. Si ruppe la montagna divisa in due.
Questi erano gli eroi di quei tempi. Trucidavano a man salva i loro nemici o ne erano trucidati. Ma sempre per volere divino. Come Giuseppe il Sanguinario alla ri-conquista della Terra Promessa,di Canaan.
Come curiosità non posso non dire che il famoso assalto a tradimento che fini con la vita di Orlamdo a Roncisvalle , no fu per volontà ed opera dei Mussulmani. Loro rispettarono l'impegno. Furono i Baschi. Mania di attentati, alla guerrigliera, quella di Baschi: mi nascondo, tiro, ammazzo, mi nascondo. E mi pare che lo siano ancora.
Dopo la disfatta di Ronchisvalle il Gran Carlo ebbe il tempo di concepire un' altro dei suoi figli con la tredicenne che intanto era arrivata alla matura età dei 18 anni. Nessun rischio di processo Ruby. Si lanciava su di lei ed anche alla conquista o evangelizzazione del territorio Avaro, attuale Ungheria. Ritorna ovviamente vittorioso e in un tiepida notte di Natale a Roma tra mille confabulazioni e congetture il Papa Leone III porrà la corona di Imperatore sulla capoccia del Re dei Franchi. Il Papa Leone III era meno fesso di quello che sembrava. Che fosse il Papa a cingere della Corona Imperiale a Carlo Magno Re dei Franchi e dei Longobardi, implicava e indicava sottomissione del Potere temporale degli Imperatori al Potere spirituale del Papa. Pero questo giochetto di nominare Carlo Imperatore dei Romani o Imperatore Romano non piacque tanto a Bisanzio. Disquisizioni e sottigliezze. I Bizantini si consideravano a ragione e legalmente i veri eredi del vecchio Impero Romano. Non era forse stato Odoacre, Re degli Eruli e patrizio Romano, a deporre Romolo Augustolo, Romolo il Piccolo e a mandare le Insegne Imperiali dell'Impero Romano di Occidente a Zenone, allora Imperatore Romano di Oriente? Dovuto quindi agli alti e bassi della politica si raffreddarono le relazioni tra l' Impero romano d' Oriente e quello d' Occidente con Carlo Magno. Però finalmente le acque si tranquillizzarono qualche anno dopo quando era anche stata definitamente esclusa la idea del matrimonio tra due angioletti: Irene , l' Imperatore-Imperatice-Basilissa di Oriente e Carlo Magno, Imperatore d'Occidente. Il tutto con sollievo del Papa, che ci aveva messo il solito zampino, perché la unione teorica dei due imperi diminuiva la sua importanza. Passa un po di tempo e in Oriente fanno Imperatore un certo Michele Rangavè. E con nome cosi buffo, cosa poteva fare un pover'uomo ? Governò pochissimo, nemmeno due anni, ma in quei due anni l'Impero Romano d'0riente riconobbe la validità dell'Impero romano d' Occidente con Carlo Magno. Ma già di questo non gliene fregava ormai niente a nessuno e nessuno ci fece caso.L' anno dopo il riconoscimento ufficiale da parte dell'Oriente, nostro Carlo, che cominciava a sentirsi vecchiotto, vicino ai settanta, nominò successore suo figlio Ludovico Pio. E lo incoronò lui, Carlo, in Francia, proprio per evitare le chiacchierette su chi doveva nominare l'Imperatore.
Mio figlio lo incorono io, para che disse, a voce bassa, tipica sua...e quasi nessuno capì quello che disse, ma tutti gli obbedirono. Era un uomo di personalità veramente eccezionale.
Dopo molti anni un altro tipetto con personalità, di sangue e madre lingua italiana, all'afferrare deciso la corona che un' altro Papa aveva tra le man, tremanti per il Parkison o per la rabbia: Questa è mia e guai a chi me la tocca ! minacciò e s'incoronò a sé stesso.

Dopo tanti fatti guerreschi forse è interessante vedere qualcosa di personale nella vita di questo Cristianissimo Re dei Franchi e dei Longobardi e per giunta Imperatore dell'Impero Romano d'Occidente. La prima ragazza che conobbe fu la nobile Himiltrude con la quale ebbe un figlio, il primogenito che chiamerà Pipino. Sarà poi conosciuto come Pipino il Gobbo: chissà perché.
Poi, sui 23 anni, si sposò con Ermengarda-Desiderata, come già detto, figlia di Desiderio, Re Longobardo. Fu un matrimonio politico; sicuramente era brutta e la ripudiò dopo un solo anno, al denunciare la alleanza con i Longobardi. Non si sa quale motivo abbia prodotto l'altro. Poi, altra sposa legittima fu Hildegarda, di solo 13 anni, sveva, certamente di buona statura e buon ventre pèrchè ebbe con lui nove figli tra maschi e femmine. Quando morì Hildegarda, il mandrillo Carlo, ormai di 36 anni, quasi vecchio per quei tempi, si sposò con Fastrada, altra tedesca con la quale ebbe due figlie. Un'altra figliola gli arrivò da una concubina di nome sconosciuto e forse di marito geloso. Vedovo ancora una volta, si sposò con la tedesca Liutgarda. Morì anche quella e per evitare malocchi decise di non sposarsi più. E da allora visse in felice concubinato con quattro belle Valkirie, ma una alla volta perché cominciava a sentire gli anni.
 Gli si riconoscono almeno 18 figli. Il suo biografo personale, il fedele Eginardo scrisse che sempre si occupò della educazione di tutti i suoi figli e che contrattava i migliori professori. Ci dice Eginardo che mai cenava senza di loro, tutti a tavola con il papà. E che quando andava in viaggio se li portava sempre dietro.
Sarà vero? Pare di si.
Pero di verissimo c' è che a tavola sempre si dilettava con musiche e letture. Chissà le musiche e le letture erano un po noiosette. Il fatto è  che appena dopo mangiato si faceva delle signore pennichelle di due o tre ore. E poi dicono i Messicani...
 Come ha fatto per conquistare mezzo mondo se dormiva tanto? Forse faceva combattere gli altri.

Come altra curiosità sul suo conto, vorrei dire che il titolo di Conte e di Marchese nacque per volontà di questo gigante. Creò il Contado come  unità amministrativa basica per tutto l'Impero e il capo ne ricevette il titolo nobiliare di Conte. Nacquero anche vari Borghi o Marche, con a capo un Marchese. E sopra tutti questi nobili di nuovo conio, ci aggiunse i "Missi Dominici" , specie di Ispettori per controllare tutto.
Insomma fu veramente un gigante: gigante fisicamente perché aveva raggiunto i due metri, gigante a tavola perché mangiava e beveva alla faccia della gotta, gigante a letto con tutte quelle mogli e concubine, gigante per le sue conquiste, gigante per le sue grandi capacità amministrative che, con un Impero cosi vasto forse era la più importante di tutte. Sapere amministrare bene.
Abbiamo imparato qualcosa da Alessandro Magno?
Sapendo comprendere certe esagerazioni di quei tempi. Senza applicare le regole morali o chissà le debolezze e ipocrisie di oggigiorno per giudicare un personaggio di un millennio addietro. Senza quindi dimenticare il suo contorno, dobbiamo dire che fu uno dei più grandi statisti dell'umanità, il più grande condottiero del Medio evo e forse ancor più ebbe il gran merito di aver dato vita a quello che si chiamerà il Risveglio Carolingio. Cioè aver voluto saputo e potuto far cominciare a rivivere alla povera strapazzata Europa quello spirito creativo politico e culturale che era svanito con la inevitabile caduta di Roma. Carlo Mango fu senz'altro il Primo Europeo. Sarebbe stato bellissimo se la comunità di stati europei, già quasi in formazione con Carlo Magno, avesse potuto avviarsi veramente da allora. Ma i Carolingi dopo Carlo Martello, Pipino e Carlo Magno non furono più in grado di produrre altri uomini così necessariamente capaci. Né l'Europa seppe trovarli altrove.

Ci provò più tardi il grande Corso, ne aveva le capacità geniali anche lui. Ma, mi duole dirlo, avrebbe dovuto avere qualche goccia in più di sangue germanica e qualcuna in meno della latina; e guardarsi meno nello specchio.




           



 38/           IRENE BASILISSA DI BISANZIO E  

                               L’ICONOCLASTIA.




Tanto per togliere sacralità a quello che potrebbe sembrare un titolo pretenzioso e pomposetto, vorrei anticipare col dire che il termine BALISISSA ha qualcosa a che vedere con quell' erbetta speciale, ú basgiaicò genovese, il basilico, quello che serve per fare il pesto: il vero pestu a la zeneise. Ed il basilico, per lo meno in Italia, si chiamerà anche Erba Regia.
Perchè?
Il titolo di Irene, greca, la Basilissa-Imperatrice di Bisanzio, era il femminile di BASILEUS. E Basileus, in greco antichissimo, vuol dire Capo, Re, chi comanda. Agamennone e Priamo erano Basileus, secondo Omero. E poi via via ci sono stati altri Basileus con funzioni più o meno differenti ma sempre di comando.
Con gli Imperatori d' Oriente si rinnovò la abitudine di usare questa parola con sapore a leggenda. E, cosa curiosa, Basilica sarà anche la chiesa più importante e basilico è, appunto , quella erbetta profumatissima che si usa per quel pesto genovese che nessuno sa imitare; e che in Italia, non so dove, si chiama Erba Regia. Il Basileus Bizantino ha, quindi, omonimi illustri. Se poi la Imperatrice Besileus o Basilissa Irene era brava a fare il pesto alla genovese, questo non si sa. Non possiamo più chiederlo a nessuno.
Finita la introduzione.

E andiamo adesso a dare una rapida occhiata d'insieme al mondo di allora, un po' prima dell'anno 1000. Quel MILLE quando si dirà Mille e non più mille e tutti a tremare per la fine del mondo; e poi l'umanità irriverente, che se ne frega delle profezie, arriverà al 2000 e passa.
Allora, cosa succedeva in quei tempi nel mondo?
Nell`Europa che non era ancora Europa ma era solo ex "latina e romana", poco dopo la caduta blasfema di Roma, si andava zoppiconi, tra la paura delle orde di barbari predatori, il terrore che seminavano, le superstizioni, le paure dell'inferno, le visioni apocalittiche sobillate da chissà chi. Le uniche luci di civiltà erano quelle prodotte dal felice breve connubio delle due razze semite di ebrei e arabi mussulmani in El Andaluz. Fu un corto pero felice periodo di simbiosi e tolleranza reciproca quello che si chiamerà la civiltà Mozarabe. Ci vorrebbe adesso nel dilaniato medio oriente quella simbiosi felice. Anche se gli europei ritenuti cristiani chiamavamo infedeli i Mozarabi. E costoro,  chiamavano infedeli i cristiani, producendo quelle confusioni per cui durante anni non si sapeva bene chi era il fedele e chi no e il povero Mio Cyd de Vivar, Campeador, nell'incertezza della scelta, alle volte sciabolava con gli uni e alle volte con gli altri. 
In Russia, quella che più o meno è la Russia attuale, stavano per arrivare certi Vichinghi baffuti della tribù dei Ruotzi E il nome di Russia deriva appunto da questi germanici.
L `Italia, la nostra povera italietta era piena di Contee Franche ( i Conti), di Marche Franche ( i Marchesi), ossia di germanici con la nuova acquisita nazionalità franca. Roma e abbondanti dintorni stavano per "conto loro", proprietà indiscussa della Chiesa Cattolica Apostolica e, naturalmente, Romana. Cerano rimasti anche due Ducati, nominalmente Longobardi ma di fatto Franchi, abbastanza estesi, Spoleto e Benevento.
In Sicilia, nella bella e soleggiata Trinacria, erano arrivati i Saraceni ( mamma, li turchi !), sbaragliando Normanni e Svevi che avevano lasciato molti capelli biondi tra quelli neri dei siciliani quasi autoctoni.
C' erano anche spruzzate di Bizantini qua e là, residui della criticata ed elogiata opera di Giustiniano nel tentativo di ripresa dell'Impero di Roma.
In questo meraviglioso cocktail di razze e "culture" differenti si formarono gli italiani, dove, per fenomeno di geminazione spontanea, apparivano Monasteri come funghi, alcuni buonissimi altri velenosi. Fenomeno che sia pur con difetti e abusi ebbe l' enorme merito di contribuire a che si mantenesse occulta però viva quella "cultura vera"che si sarebbe estinta nel' urlato fragore delle spade. E i monasteri d' Italia o di Francia e di altri pesi europei non si dedicavano solamente al commercio, come i loro omologhi bizantini ma anche producevano, lavoravano, copiavano testi di poeti, scientifici, scrittori, filosofi, classici greci e latini, opere in greco, ebreo e in arabo, includendo poesia o trattati e trattatelli licenziosi che sicuramente monaci copisti non capivano o facevano finta di non capire.
E la Cina? Esisteva la Cina nell'anno 1000 ? Certo che esisteva e da un pezzo ed era il misterioso e lontanissimo Catay, nell'auge e splendore della Dinastia Tung, con le sue porcellane bellissime, disegni in seta e con l `invenzione della stampa.
 E il Messico? C'era il Messico? Certo che c'era, anche se gli europei non lo avevano ancora " scoperto" e costruivano le loro belle piramidi e le chiamavano del Sole e della Luna. C' erano macchie di sangue in quei templi, che fecero storcere il naso a un tipetto poco Cortés. Ma anche in altre religioni c'erano soggetti che pagheranno una commissione a Dio offrendogli qualche frattaglia del proprio corpo. Montagne di prepuzi e clitoridi, con fini diversi.
E in Oriente, nel Nuovo Impero Romano d'Oriente, a Bisanzio, Costantinopoli, la Nuova Roma, cosa stava succedendo? Anche loro ebbero seri problemi con popoli limitrofi, però assolutamente non comparabili alle invasioni barbariche che sopportò Roma a partire del 450 circa. Rimasero quasi immuni. E quando i Mussulmani nella loro epica galoppata conquistatrice cercarono di avvicinarsi troppo a Bisanzio ruotando le scimitarre vittoriose con la Protezione di Allah, nella grande battaglia in Acroinòs intervenne l' Imperatore Bizantino Leone l'Isaurico, con la protezione di Maria, la Vergine e li vinse.
Ergo, se Carlo Martello, il nonno di Carlo Magno non avesse vinto a Poitiers e se Leone l'Isaurico non avesse vinto a Acroinos, molto probabilmente mezza Europa o più, senza sapere perché, sarebbe prostrata in preghiera verso la Mecca.
A ben guardare certi eventi storici si oservano cose incredibili.
I Carolingi salvarono l' Europa dai Saraceni minaccianti dall'Occidente, dal El-Andaluz. E fu cosa bene accetta.
E l`Isaurico la salvò dalla pressione che veniva dall'Oriente. E fu anche bene accetta.
Però i Carolingi, cioè i Franchi, furono compensati quando il Papa chiamerà e chiederà l'aiuto al "Protettore" Carlo Magno contro i Longobardi e, con o senza ragione, lo coronerà Imperatore Romano, erede di Roma.
Invece gli Isaurici, in particolare Leone III, si mise nel problema del culto delle Immagini e invece di baci e abbracci si scontrò violentemente contro la Chiesa di Roma e si prese con la scomunica il passaggio diretto all'inferno.
Perché?
Perché il culto delle Immagini era un problema serio a quei tempi. Oltre ad una concreta realtà politico-economica, c'era una differenza ideologica tra l´ammettere o non ammettere le immagini della divinità. L'Immagine Sacra è sempre un ritratto di fantasia perché nessuno mai ha visto Dio, pur sia nelle sue molteplici forme di manifestazione. I greci immaginavano Zeus e compagnia e cercarono di manifestarli con le bellissime opere d'arte che conosciamo. Gli Ebrei, no. Ricordiamo l'ira di Mosè allo scendere dalla montagna e scoprire la scultura dell'idolo d'oro. Si temeva, probabilmente, che la persona semplice confondesse la immagine con la divinità stessa. E stesse lì a sbaciuccarla venerandola, in tutte le sue forme rappresentative. E ancora oggi si usa sbaciucchiare con frementi e avvizzite labbra di vecchi una immaginetta o il piede di bronzo di un santo.  Così faceva una mia Zia-Nonna, adorante e odorante di Padre Pio. Però,gnerosa,  mi regalava cento lire se io la  accompagnavo. E l'accomagnavo, certamente. 
Dal punto di vista del piacere estetico, il culto delle immagini, sacre o no, è il motivo per cui abbiamo delle bellissime opere d'arte nelle chiese cattoliche ( Musei Vaticani eccetera ), mentre le "chiese" di altre religioni o sette sono spoglie, generalmente austere. (Ebrei, mussulmani, calvinisti...)Rispondono ad un altro criterio.
Ambedue validi, alla vista di oggi.  Ma a quei tempi, in cui la gente apparentemente credeva più nelle religioni e nelle divinità, questa differenza di vedute produceva sbudellamenti non solo metaforici e qualche bel barbecue. E venne l' Iconoclastia. Parola greca che significa “rompere le immagini"; e niente  sbaciucchiamenti di  Immaginette Sacre; ne' venderle ne' farle.
Aveva ragione il Basileus che voleva proibirle?
Roma non potevano permetterlo perché sapeva che cosi sarebbe diminuita la sua influenza sui fedeli.
 Era anche certo che la parola scritta a quei tempi era di poca utilità per il popolo. Chi poteva leggere Aristotele o i Vangeli o le Lettere di San Paolo?  Il popolino , quello che si voleva illuminare con la nuova religione cristiana fatta apposta per i semplici, cosi si diceva, era molto più sensibile a quello che poteva vedere e non a quello che poteva leggere. Semplicemente perché non sapeva leggere. Evidente che le immagini erano di più facile accesso. Cosi come ancora oggi è più la gente che guarda filmetti sdolcinati in televisione di quella che legge Umberto Eco e lo capisca. 
Ed è altrettanto certo che gli ineffabili Monaci bizantini, con il doveroso puzzo per barbe e vestimenti pesanti e poco lavabili per creare odore di santità, avevano creato una magnifica industria lucrativa con la iconolatria. Sed pecunia non olet.
E si dava vita a racconti e fandonie sul maggior potere di una immagine rispetto ad un'altra. I poveri di spirito, cui è riservato il Regno dei Cieli, credevano tutto e si assisteva a scene di isterismi collettivi pretendendo che un Santo fosse  più miracolante di un altro.
C' è anche un' altra considerazione per capire questa avversione dell'Isaurico alle immagini. Dopotutto lui era nato in Siria. Isaurico voleva dire Siriano. Siria era ed è un paese arabo. Leone era cristiano è vero, ma senza dubbio l'ambiente decisamente islamico della sua "patria" deve aver avuto qualche influenza. Mussulmani ed ebrei, hanno rifuggito sempre, come già detto, dalle riproduzioni visive della divinità. E lui non se la sentiva tanto di andare  contro un atteggiamento che lui stesso in fondo approvava.
Aggiungiamo anche la probabile invidia per l' enorme potere economico che stavano raggiungendo i famosi Monaci vendendo immaginette;  e insisteva, il buon Leone Isaurico, che dopotutto si trattava di superstizione.
Insomma, proibì le immagini sacre e il Papa, lo scomunicò, così su due piedi.
Scomunicò quello stesso eroe di Acrinos, il "salvatore" cristiano d'Europa dalla invadenze islamiche in oriente.Ah un'altra cosa: il Papa, furbacchione come sempre i Papi - meno forse solo Calestino V - per fare cosa gradita ai Romani di Roma, li liberò da un antico obbligo di pagare un certo tributo a Bisanzio per "difesa" della cristianità. E i romani, anche se in fondo erano un po freddi su quello che succedeva cosi lontano come a Bisanzio, furono indubbiamente toccati nelle loro borse e applaudirono con sincero e forse anche sguaiato fervore cristiano la scomunica inflitta dal Cattolico Apostolico, ma soprattutto Romano, Pontefice.
 Cos'ha a che vedere Irene con tutto questo raccontino?
C' entra, perché qui appare Irene nella scena della storia.
Lei era greca di Atene, di famiglia modesta e chissà come fu, però sposò il nipotino dell' Isaurico. Lei era sempre stata molto a favore delle immagini sacre e si dice che le avesse anche sotto il cuscino. Quando suo marito morì e qualcuno sospettò qualcosa , fu nominata co-Imperarice con il figlioletto, Costantino VI, di dieci anni. Aveva l'appoggio poderoso di Tarasio, Patriarca di Costantinopoli e confabulavano i due per cercare di ri-autorizzare il famoso culto delle Immagini. Ma i militari lo accopparono. Poi arrivò uno dei tanti Concili e a Nicea nel 787 si-riautorizzarono le immagini.
Irene ne fu felice.
Passa il tempo. Il ragazzino cresce come generalmente succede anche ai figli di Imperatori. E come tutti i figli appena maggiorenni, vuole fare di testa sua. Si stufa della ingerenza della mamma . Ma la mamma astuta si rende conto che qualcosa sta per succedere e prima che succede fa un bel colpo di stato ed assume lei i pieni poteri.
Ma i colpi di stato sono come le ciliege e adesso a sua volta ce ne sarà un altro e sarà Costantino VI a ricevere i pieni poteri. E Irene a fare la calzetta.
Però, sai com'è...di mamma ce n'è una sola: meno male che è una sola, pensa Costantino VI, le perdona e la fa tornare a Corte.
Errore.
Perché Irene è donna prepotente prima di essere mamma. Si confabula con i Vescovi e, altra ciliegia-colpo di stato; e Costantino va in galera. Ma non a fare la calzetta perché la mammina bella, gli fa scoppiare gli occhi. Sisignori: Scoppiare !E si farà incoronare lei, una donna, non Basilissa, ma addirittura Basileus, ossia Imperatore del Sacro Romano Impero d'Oriente.
Passa il tempo.
Dopo un po', con l' incoronazione nell' 800 di Carlo Magno a Imperatore Romano d' Occidente, per dirimere asprezze, si parlò di matrimonio tra Carlo e Irene. Riunire ancora una volta il Grande Impero Romano dei Cesari sarebbe stato un bel colpo.
Per chi?
Ma non se ne fece niente.
Il Papa era contrario perché temeva che  i due litiganti unito lo fregassero a lui.
Carlo ebbe paura di finire anche lui con gli occhi scoppiati e pasto per i gatti soriani, ed Irene cambiò di idea. Totale ognuno per conto suo e a rotolarsi con i rispettivi amanti.
E finalmente altra ciliegia che l’una tira l' altra, però l'ultima.
Un altro colpo di palazzo la sbatte in esilio, nella lontana e bella isola di Lesbo dove era nata la sua paesana Saffo, la poetessa greca che cantava i suoi amori con le belle ragazze di Lesbo; le lesbiche, insomma, ma le piacevano anche gli uomini purché giovani e belli .

Ma la nostra Irene, a parte le dimostrzioni di  amore materno, anche se perse un trono terreno  conquistò un altro Trono in Paradiso perché per i suoi meriti la Chiesa Cristiana Ortodossa la fece Santa. E a Istanbul c'è una bella chiesa in onore di Agia Irene.
Santa Irene Imperatore, Basilissa d' Oriente.









        39/                     M A R O Z I A

                            e la Papessa Giovanna


Parliamo adesso di Marozia, bellissima, biondissima ed intrigante nobil donna della aristocrazia romana. Siamo intorno all'anno 900. E qui dobbiamo fare un po' di considerazioni per capire meglio il personaggio che, dopo tutto, rappresentava i tempi e non era molto peggio di altri. C'è sempre un rapporto di causa ed effetto tra l'uomo e l' ambiente, cioè di influenza reciproca.
I nostri cari e bei popoli mediterranei hanno cominciato ad avere da tempo una attrazione speciale per i biondi... e le bionde. Anche quel poeta  Fiorentino che pare sempre incazzato e che dicono sia il più grande poeta italiano, anche costui scrisse a proposito d' un tale: "Biondo era e bello e di gentile aspetto..."
Perché questo complesso con i capelli d'oro? Biondo e bello...
 Indubbiamente non perché le biondasse siano oggettivamente più attrattive di quelle bellissime "razze" miste che sono le mulatte con occhi verdi e corpi ondulanti come nei sensualissimi Caraibi. No. Non è per questo. Si deve semplicemente al fatto che con la caduta dell'Impero di Roma e per molti secoli, le "razze" dominanti in quasi tutta Europa erano i famosi popoli germanici in senso lato: Eruli, Goti, Ostrogoti, Visigoti, Longobardi, Franchi, Normanni, Svedesi, Vandali...gente del Nord, insomma, e quindi biondi. "Slavati..." diceva mia nonna, che era di capelli  nerissimi.
Invece i mediterranei, gli italiani nei tempi dei primi Romani, quelli della Repubblica Romana e perciò non ancora contaminati dall'Impero, erano di occhi scuri, capelli scuri e ricciutelli. Di corpi relativamente bassi, consideravano giganti gli alti celti e i germanici.
Adesso, nei nostri giorni, noi possiamo vedere esattamente come erano i Romani del primissimo impero grazie a un Vulcano. Sembra un po' cinico dirlo, ma è così.
 L'eruzione del Vesuvio del 70, ci ha lasciato,  in certe pitture e affreschi antichissimi e straordinariamente ben conservati per la lava, immagini evidentissime del tipo fisico dell'epoca che non ha nulla a che vedere con il nordico che arriverà dopo ( Terentius Neo et uxor, - Caius et Caia - a Pompei, per esempio). Qualcosa di simile avvenne in Grecia, a proposito dei Pelasgi, anteriori alle invasione di Achei e Dori: i biondi Achei, come li chiamerà Omero. Erano alti e biondi, terrorizzavano i Pelasgi però piacevano alle loro donne. Gli eroi dell'Iliade e dell'Odissea erano biondi. Paride si innamora della bionda Elena, moglie di Menelao, greca, achea.
Gli dei dell'Olimpo erano biondi: Afrodite, Atene,Febo, Ares, tutti biondi. L'unico di carnagione e capelli scuri era Efeso, il marito della bionda Afrodite, un po' cornutello; e gran fonditore nella sua officina nell’Etna.  Era l'unico mezzo negro, tra gli dei greci,  chissà perché.
Da dove venivano i biondi? Sempre dal Nord ovviamente, dove la melanina si combina per produrre reazioni adattate alla meno folgorante luce del sole. Per disegni imperscrutabili che farebbero la felicità di un certo Adolfito di buona memoria, questi popoli bianchi e biondi del Nord hanno sempre dominato con armi i popoli del sud. Quelli che noi chiameremo gli Arii invasero quelle terre che oggigiorno sono India. E  biondi germanici di varie famiglie, come gli Achei, invasero Grecia. E poi, secoli dopo, i biondi visigoti e ostrogoti formeranno il regno Visigoto in Spagna e gli Svevi se ne andranno in Galizia e Portogallo; e gli ostrogoti con Teodorico in Italia. I conquistatori biondi sono dunque quelli che cominceranno a comandare, ad essere padroni e si trasformeranno in conti e marchesi, duchi...
Cosicchè nella quotidianità medioevale il biondo diventa quasi sinonimo di padrone, di capo, di nobile ed è naturalmente bello: magari con viso da caprone, ma vestito con una certa eleganza, che fa diventare quasi belli anche i brutti.
Marozia, la nostra Marozia, era una donna, anzi una dama dell'alta aristocrazia romana. Pero nelle sue vene correva quel sangue di Ostrogoti, Longobardi e Franchi da tempo ormai stanziati in Italia; il sangue dei biondi nobili e padroni. Quindi era una bella bionda anche lei e non ossigenata. Il popolo,  gli italiani, diciamo i romani, ormai di dominio e obbedienza con lo straniero, avevano perso le caratteristiche di fierezza di un tempo. Quello che una volta era il glorioso S.P.Q.R. s'era trasformato in plebe ed era deferente con il biondo. La storia e la psicologia ci insegnano che si odia lo straniero che ci domina, però allo stesso tempo lo si vuole imitare e lo si ammira. Così come succede adesso anche incoscientemente nella meticcia America dove quasi tutte le mamme sono felici se nasce loro una bimba "bianca". Quante signore sudamericane conosco io che chiamano le loro figlie Bianca o Bianchina. E nessuna, che io sappia, che la abbia chiamate Negra o Negrettina.
Altra  considerazione: all'epoca di Marozia non esisteva Amnistia Internazionale ne' il tribunale internazionale dell'Aia. E ognuno faceva quello che gli pareva. Sembra quasi impossibile, ma anche più di adesso. Le necessarie ed importanti regole di Roma non esistevano più. Si stavano formando le nuove leggi, i nuovi codici, si fa per dire, che erano mescolanza tra leggi barbare ( più usanze che leggi) e quelle ereditate da Roma.
Adesso, domandiamoci: come era Roma, l' ex Caput Mundi?
  L’ Urbe,  la città con pretesa di egemonia cristiana, con Papi e Vescovi? ...com'era?
Diciamolo bello e franco alla napoletana: Roma era una gran schifezza !... una grande vergogna !
Vergogna per il popolino che si era trasformato in una gleba di straccioni.
Vergogna per i troppi preti panzoni. Vergogna per tutti i gradi della gerarchia ecclesiastica a cominciare dai Papi, i più corrotti e volti a far soldi e darsi alle gozzoviglie e far finta di essere cristiani . E vergogna anche per i cosiddetti nobili, che non facevano nulla e che con quelle poche gocce residue di sangue romano degenerato stavano indebolendo anche le forti razze germaniche. Era più facile e divertente copiare i difetti e non le virtù.
La grande Roma millenaria ed il papato, che adesso vivevano in simbiosi, mai, mai erano caduti tanto in basso.
Vogliamo dare uno sguardo a quella Roma Papale, clericale, faziosa, corrotta, blasfema, pigra, intorno all'anno 900?  Questo, il secolo X, fu quel "felice" periodo del papato che il cardinale Cesare Baronio, studioso e persona seria del 1.600, chiamerà il Secolo della Pornocrazia Romana. Chi comandava a Roma in quei tempi erano le antiche nobili famose famiglie romane-longobarde dei Conti di Tuscolo e dei Crescenzi. Naturalmente in continua lizza tra di loro, per accaparrarsi il Trono di San Pietro. Si sposavano tra di loro e s'ammazzavano tra di loro. E sul Soglio sedeva chi volevano loro. Lo Spirito Santo in quel secolo era in vacanza.
Di quel periodo ci fu il processo più spaventosamente macabro della storia: peggio dei processi alle streghe, peggio dei processi di Stalin. Si arrivò al colmo di processare un morto. Presero il cadavere puzzolente dell'imputato, lo misero su una seggiola di tribunale e siccome era già morto non potevano ammazzarlo di più; ed allora gli tagliarono la testa. Poi la plebe, sempre facile alle urlate come distrazione alla miseria, lo scaraventò tra i lazzi nelle placide acque del biondo Tevere.
Bene. Fino qui era una infamia.
La cosa ancora più grave, anzi, gravissima, era che il processato era nientedimeno che un Papa: Papa Formoso.
Per macabra ironia al momento della sentenza, il cadavere, nelle condizioni che ci si immagina fosse un cadavere riesumato, venne vestito con tutti i Paramenti Sacri e seduto in una seggiola  che imitava il Trono di San Pietro. E cosi, tra gli schiamazzi, gli tagliarono le tre dita che i Papi solitamente usano per impartire le loro benedizioni. La fazione politica che deteneva il potere in quel momento volle il processo e per processare legalmente il cadavere del Papa Formoso si diresse al figlio di un sacerdote cattolico, cui era precluso il matrimonio. Questo figlio di prete che tranquillamente succedette al ex Papa Formoso, sarà l'obbediente Papa Stefano VI; che però anche lui fece poi la fine del morto ammazzato. Dopo di lui arrivò al Soglio Papa Giovanni IX , nato a Tivoli pero di sangue completamente germanica; e quindi con acutissimo senso del diritto, dichiarò nullo il processo ad un morto. Papa Formoso, viene riabilitato, la stessa plebe che con vituperio lo aveva scaraventato al Tevere, questa volta fu piagnucolante a raccogliere le povere ossa sparse sulle storiche spiagge tiberine. E le portò in processione con ceri accesi fino a San Pietro, mentre tutte le statue dei Santi lungo la via si inchinavano in segno di riverenza. Questo secondi i Libri Pontificali.
E qui, in questa città ed in questi tempi, tra intrighi ed imbrogli ma sempre al segno della Croce, appare Maria, Mariozza, Marozia dei Teofilatti.
Questa giovane aristocratica romana di sangue germanico e dai bei capelli biondi, si sposerà con Alberico, altro nobile, Duca di Spoleto. Ai tradizionali nove mesi ebbe un bel bambino. Ma il bel bambino probabilmente non era il figlio del novello sposo, secondo le tradizioni, ma di un altro tipo che si chiavava Sergio.
Bene. Fino qui sarebbe solo un caso di adulterio. Oggi si direbbe lo stronzo che si sposa con la puttana. La cosa grave è che pare che il non stronzo, ossia il probabile cornafacente non era un Sergio qualunque ma Papa Sergio III della famiglia dei Conti Tuscolo. Comunque, figlio dell'amante Papa Sergio III o del marito Alberico di Spoleto, ( tutti e due erano un po vecchiotti per l'allora giovane e splendida Marozia), il bimbo che chiamarono Giovani doveva essere un quasi genio perché diventerà Papa Giovanni XI alla veneranda eta di 11 anni.
Però, bisogna anche chiarire che ci sono varie versioni di questo periodo losco del papato;  e sui personaggi si è formata una gran confusione. E non si sa bene come sono andate le cose perché le cose non andavano affatto ed era tutto un guazzabuglio e non si sapeva chi era figlio di chi.
Comunque passa un po' di tempo e muore papa Sergio, un po’ vecchiotto. Veleno ? Alcuni dicono di sì, perché Marozia si era stufata.  Non si sa.
Ma con Alberico, Duca di Spoleto, possibile padre del Giovanni XI, Marozia avrà un secondo figlio, certo, un certo Alberico, che sarà Alberico II e diventerà famoso.
Ad un cero momento tra Alberico di Spoleto e il Papa di turno, Papa Giovanni X si formerà una buona alleanza e sconfiggeranno finalmente certi Saraceni che stavano pirateggiando da quelle parti. ( Mamma...li turchi, gridavano a Roma...)
Chi era Papa Giovanni X ? Anche lui un personaggio interessante. Non era di Roma ma divenne amico di Teofilatto, padre di Marozia e marito di Teodora. La quale Teodora, madre di Marozia, era anche lei una bellissima donna, con qualche anno più della figlia come alle volte succede, ma dalle "caratteristiche" molto simili. Insomma, costei, la moglie del Patrizio Senatore Romano Teofilatto, si innamorò del Vescovo Giovanni, il quale, cortesemente, accettò le cortesie. Cosi che, per l'intervento sia della moglie che del marito, Giovanni divenne Giovanni X. Però, chiariamo, Giovanni X anche se amante di Teodora e anche se fatto Papa per le amicizie con la nobiltà romana, non fu mai un papa fantoccio. Era deciso e seppe governare bene. A parte le vittorie contro i Saraceni intervenne anche con la corona di Imperatore a Berengario I del Friuli , che aveva già cinto la corona di Re d' Italia, quella del famoso chiodo della Croce di Cristo. Corona di moltissimo prestigio e mai di nessun reale potere Reale. Ne' allora ne' dopo ne' all'ultimo Re d'Ìtalia.
 Poi Alberico, Duca di Spoleto se ne andò a fare non so che guerra. Però intervennero certi militari mercenari. C'è chi dice che sobillati da Marozia che, irrequieta, cominciava a stufarsi anche del marito. E così, pare, aiutarono lo spoletino a rendere l'anima a Dio.
Rimane sola, le bella vedovella. Guarda di qua e guarda di là, subodora profumo inebriante di potere in Guido di Toscana, fratellastro di Ugo di Provenza e costui, allocco, si lascia odorare e diventerà suo marito. Il secondo marito.
Cosa ti succede?
Guido di Toscana per i suoi motivi era nemico del papa Giovanni X, il Papa amante di Teodora, la mamma di Marozia.
Ed allora Marozia sentendosi più sicura perché spalleggiata da suo marito, con decisione rapida, acchiappa il Papa Giovanni e lo schiaffa in prigione.
Pero Marozia era una dama. Non gli torse neppure un capello. Nulla fece. E nulla gli dette da mangiare. Cosi fu il primo Papa a morire di fame.
Ed in Roma Santa , cosi si diceva, Roma Santa, crebbe enormemente il potere di Marozia. Non aveva opposizione ne' dentro ne' fuori della Curia. Era praticamente una Papessa. E con o senza l'aiuto dello Spirito Santo fu lei che nei successivi Conclavi portò al Soglio la bellezza di tre Papi, Leone VI, Stefano VII e naturalmente suo figlio ancora in attesa di acne giovanile. Divenne Papa,  Papa Giovanni II. Ed essendo puro di anima la mammina lo nominò suo confessore personale.
Ma la storia di Marozia non finisce qui.
Passano dei mesi, Guido di Toscana aveva ormai assolto al suo compito di marito per elevare al Soglio il figlio di Marozia. E morì. Come morì, non si sa.
Marozia lo pianse tutta la notte e il giorno dopo diresse il suo sguardo avido a suo cognato, Ugo di Provenza.
Era quell'Ugo che lei, pare, avesse cercato di sedurre anni addietro e che, nel frattempo, aveva fatto una magnifica carriera coronandosi Re d'Italia con la famosa e sacra Corona di Ferro, di Teodolinda, con o senza chiodo. La Corona di Ferro, quel bellissimo film vecchissimo con Gino Cervi e sono sicuro che nessuno lo ha visto...
Bene. Scusate.
Senza perdere troppo tempo, Marozia, donna decisa, gli propose matrimonio offrendogli in dote la città di Roma, la Basilica di San Pietro, le Mura Vaticane, la Curia Romana addomesticata e i futuri Papi.
Senza perdere troppo tempo, Ugo di Provenza, uomo deciso anche lui, accettò subito la proposta.
E se ne andò a Roma per il Santissimo Matrimonio.
Ugo incontrò Marozia vestita come una regina, piena di gemme e di sete.
Però anche a lei, povera Marozia, era arrivata la menopausa. TEMPUS FUGIT. La bellezza della gioventù era sfiorita. Ugo di Provenza, Re d' Italia, evidentemente non usava gli specchi. La trovò ingrassata e invecchiata. E siccome era anche un bel cafone, si sposò solo per avidità di potere, ma cominciò a trattarla male. A trattare male lei che era una donna cosi potente; e a trattare male anche  suo figlio, quell'Alberico che non si sapeva bene di chi era figlio. Fino a che un bel giorno, cinta o non cinta la corona, con o senza ragione, gli dette uno sganascione tremendo. Alberico non era un fessacchiotto qualsiasi. Aveva il suo bel carattere forte. E sangue nelle vene. Si considerò oltraggiato al massimo. Lui, l'aristocratico romano, di nobile sangue romano germanico, essere schiaffeggiato da un cafone parvenu provenzale? Si dimenticò di offrire l'altra guancia, incitò il popolo parlando come un tribuno e gridando improperi allo straniero nel più popolare accento romanesco. Figurarsi i Romani , che per far cagnara sono specialisti. E Roma fu tutta un terremoto.
Il povero Ugo si spaventò. E molto coraggiosamente lui e i suoi quattro gatti scapparono da Roma.
Alberico proclamò la Repubblica.
La seconda Repubblica Romana dopo tanti secoli.
In realtà era Ducato di Roma ma volle chiamarla Repubblica Romana.
Mandò a vivere in Laterano il Papa Giovanni XI, anche lui probabilmente figlio dello stesso padre Alberico con sua mamma Marozia;  o figlio di papa Sergio sempre con Marozia; fratello o fratellastro secondo i casi. Solamente alla sua morte naturale fece nominare Papa Leone VII. E a sua mamma Marozia le ordinò di scegliersi un Monastero. E di lei non si ebbero più notizie.
Pero si, da allora Marozia entrò nella Leggenda. Dopo un po' di tempo si cominciò a dire che nella Cattedra di San Pietro si era seduta una donna: la Papessa Giovanna. Alcuni storici confermarono la esistenza di questo Papa donna che per un incidente stradale ebbe un aborto in una via di Roma. La folla inferocita per il sacrilegio la uccise con lapidazione. Un po’ più tardi, Enea Silvio Picolomini, un grande uomo, studioso veramente e un grande Papa, Pio II, dimostrò chiaramente che la faccenda della Papessa Giovanna era tutta fantasia popolare. Era esistita una Marozia e sua madre Teodora e che non erano certamente donne e madri con gran spirito di purezza cristana; ma che mai nessuna donna esa salita al Soglio di San Pietro.
Pero i Protestanti, sempre affetti da certa Libido per le proteste come certe sinistre politiche passate di moda oggigiorno, i Protestanti, dicevo, sempre confabulandosi pur di denigrare i Cattolici Romani, antichi, medioevali o contemporanei, riesumarono questo mito sapendo, in mala fede, che non era vero.
Eppure qualcosa di verità c`'era.
In realtà la nostra bella, intrigante, assassina, peccatrice, promiscua, intelligentissima Marozia ebbe il potere di una Papessa. Anzi molto di più di tanti altri Papi. E il fatto di chiamarla Papessa Giovanna forse venne dalla saggezza popolare che sapeva che suo figlio, l'adolescente Papa Giovanni XI, non contava assolutamente nulla, perché il vero Papa, chi comandava insomma e faceva e disfaceva Papi era lei, sua mamma, Marozia, evidentemente una donna eccezionale, che era più abile di una vera Papessa.  Secondo una leggenda però senza sapere dire quale, la Chiesa Cattolica, per essere sicura che nel soglio di San Pietro venisse eletto un uomo e non una donna, un uomo, maschio, virile, con tutti gli attributi di Adamo, prima di confermare la elezione di un Papa, un volta deciso il nome da parte dei Cardinali con l' aiuto dello Spirito Santo,   esigette    da allora che il Conclave dovesse ricorrere ad una ispezione in corpore. Ossia il candidato deve sedersi in una seggiola perforata ad hoc, per poter verificare alla vista e al tatto gli attributi maschili del candidato, senza importare l'età. Un ecclesiastico era l' incaricato di mettersi sotto la seggiola, guardare in su attraverso il buco ad hoc e dopo aver verificato e palpato la esistenza del predetto dettaglio, pardon, dei due predetti attributi, doveva declamare con voce alta e chiara che sentissero tutti i conclavisti: DUOS TENET ET BENE PENDENTES. Non credo sia necessaria traduzione. E dopo questo lo Spirito Santo, tranquillizzato, scendeva sul Santo Padre.
E da allora si disse che nacque il detto: e che ha le palle ben messe!



1 commento:

Anonimo ha detto...

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