30/ ORIGENE ADAMANTINO
e le autocastrazioni.
Anno 250 d.C.
Origene era un uomo integro,
onesto, serio, intelligente. C'è stato un solo dettaglio nella sua vita che
stava spingendomi per un momento a considerarlo oggetto di una certa
ironia. Ma quel gnomo mattacchione che è
in me questa volta si è frenato e mi ha frenato: non ti mettere a sfottere
anche Origene. Ed ho seguito il suo consiglio.
Visse tra il 180 e il 250 dopo
Cristo. Era filosofo,teologo, scrittore. Scrisse moltissimo, realmente in
maniera quasi esagerata. La nuova religione cristiana stava facendo passi da
gigante, specialmente nell'odierna Turchia, anche se c'erano ancora conati di
repressione da parte dei pagani; cioè da Roma. Durante una delle ultime
persecuzioni, quella di Settimio Severo, il papà di Origene, il cristiano
Leonida fu messo in galera, giustiziato e i suoi beni espropriati.
Origene, poco più che ragazzo, si mise a lavorare sodo per mantenere sua
mamma e gli altri sei fratellini, tutti più piccoli di lui.
Lavorava da maestro, vendeva
quello che riusciva a scrivere e fu sempre riconoscente ad una ricca signora
che apprezzava il tuo talento e forse, chissà, da lui si aspettava qualcosa di
più. Appena un po' più grande fu nominato direttore di una certa scuola di
Catechesi ( Catechismo), frequentata da pagani e da nuovi cristiani.
Era di lingua greca, il nostro Origene; lesse
Platone, gli Stoici, volle imparare qualcosa di ebraico. Era uno studioso e
persona colta già da abbastanza giovane.
Un bel giorno leggendo Matteo
i suoi occhi si posero con maggiore attenzione su "...ci sono degli
eunuchi che si sono castrati per raggiungere il Regno dei Cieli..."( Mt.
19.1)
Aveva 25 anni. Rimase colpito,
come invasato... sentì come una grazia scendere su di lui... fu una sensazione
violenta... e si auto evirò.
Anche io, sui miei 25 anni,
lessi Matteo. Ma la grazia non scese su di me. I miei figli dovrebbero
esserne contenti.
Quell'operazione di
auto-castrazione era qualcosa relativamente diffusa tra i primi e fanatici
cristiani per evitare le tentazioni della carne e poter cosi raggiungere più
facilmente il Paradiso. Non so da dove si sviluppò l'idea del sinonimo
amore-peccato. Non certamente dalla religione ebrea, salvo per casi isolati dei
profeti- automaceranti-fakiri, mezzo squilibrati e presenti
un po' dovunque. E nemmeno da Gesù Cristo, che non dette mai prova, che si
sappia, di misoginia.
Non saprei nemmeno dire cosa
pensavano le donne su questa castità ad oltranza anche perché le donne a quei
tempi non opinavano, apparentemente. La fede nelle religioni può portare
a questi estremi. La fede nei capi trasformati in divinità nelle fantasia
giovanili è pericolosissima. L'attuale kamikaze islamico vuole assicurarsi latte
e miele dalle sensuali vergini ( Urie ) che lo aspettano nel paradiso
di Allah. Sissignori, il giovane che si fa esplodere e commette un
strage...avrà a sua disposizione la bellezza di 70 vergini; ed i giovani ci
credono, a tutt'oggi. E saltano per aria e fanno saltare anche altri, he magari
tanta voglia di saltare non ne avevano.
Ritorniamo a Origene. Meno
male che non tutti i cristiani approvavano questa pratica "
rinunciataria".
Certi motivi addotti sono
oggigiorno incredibili, ma esistevano. Avevano il loro peso. Come per esempio
la opinione del vescovo di Origene, un certo Demetrio; costui non lo volle mai
ordinare sacerdote perché considerava la castrazione come un sotterfugio
per raggiungere la castità ed il paradiso. Oggi un buona anima semplice
cristiana, per non dire fessacchitto, mai accetterebbe la autocastrazione. E
con quei fini, meno che meno. Farebbe il bel sorriso das scemotto, ma direbbe
di no.
Secondo altri, il buon Origene
si sarebbe auto-castrato per motivi più terreni ed interessati: per poter
essere confermato come Direttore della Scuola de Catechesi, perché ultimamente
cominciava ad essere frequentata non solamente da pie vecchierelle ma anche da
belle ragazzette che avrebbero potuto essere presa facile di tentazioni carnali. Anche
questo oggigiorno nessuno lo farebbe. Un bel pretino si liscierebbe le mani.
Però, a parte queste
"caratteristiche", Origine è stato un gran pensatore, di
intelligenza acuta e che ebbe moltissima influenza negli autori cristiani che
gli seguirono. Viaggiò molto, conobbe popoli con abitudini diverse, scrisse
moltissimo e un poco di tutto, scritti esegetici, libri dottrinali, opere
apologetiche, filologiche, epistole.
Nei primi anni del
neo-cristianesimo le dottrine, opinioni, scritture sui temi religiosi erano
infiniti: che se esisteva la Trinità, che se il Padre era superiore al Figlio,
che se Gesù era di natura umana o divina, che se lo Spirito Santo era di minor
categoria, che se Maria era veramente vergine fisiologicamente, eccetera. Una
infinità di discussioni tra Origenisti e non Origenisti. Bizantinismi, come
anche si chiameranno con il tempo, portati a un estremo che oggi diremmo
patologico.
Però il nostro Origine
nonostante le automutilazioni fu soprannominato l'uomo di ferro, adamantino, di
diamante e la sua influenza fu enorme; soprattutto tra i suoi successori in
Asia minore ma anche tra Cristiani latini di peso come San Ambrogio di Milano.
Al quale Sant’Ambrogio di Milano, tra parentesi, mai e poi mai, nemmeno
minimamente gli sarebbe ronzataò per la testa la idea de auto-castrarsi. Anzi,
suoi attributi li manteneva ben solidi ed imponeva autoritariamente le sue
dolci dottrine.
Però, con il tempo,
anche ad Origene, uomo di ferro, con o senza attributi, anche a lui
arrivò la fine e violenta.
Una delle ultime frustate del
paganesimo morente, con Decio, gli toncò la vita.
E naturalmente non poteva
immaginarsi che di lì a pochi decenni, i suoi compagni cristiani da
perseguitati si sarebbero trasformati in perseguitanti e con maggior crudele fanatismo durante lunghi
e scuri secoli.
31/ COSTANTINO Iº
il
Grande
Costantino il Grande
nacque nell'attuale Serbia, in una bella cittadina dal nome mitologico
romantico: Naissus, la
città delle Ninfe dove se non ricordo male nacque anche Dionisio, Bacco, il dio
romano del vino; ed era figlio di Costanzo Cloro (Cloro=pallido) e di una certa
Elena. Cominciano ad essere personaggi storici quelli che appaiono in questi
tempi, però le leggende, i racconti, le fantasie li rendono molte volte più
romanzati che storici, senza capir bene la realtà. Per secoli si sono dette
cose e poi scoperte non vere. Comunque il Costantino serbo, Costantino Iº, del
quale parliamo adesso, era un bel pezzo di uomo, altissimo, con un collo
lunghissimo, forte, ed era figlio dell' Imperatore Romano Costanzo Cloro e di
una cristiana, sembra schiava, di nome Elena, come gia detto. Forse ex
prostituta, poi amante, compagna, concubina, però mai moglie di Costanzo Cloro,
che per ragioni di carriera la dovette lasciare per convogliare a nozze con
Teodora. Questa mamma cristiana, Elena, si suppone che deve essere stata anche
molto bella, cosa che fa smpre piacere alle donne, di qualsiasi religione
siano. Ma c'era di mezzo la corona di Imperatore. E Costanzo Cloro la
laciò. E ad Elena rimarrà la
consolazione di diventare in un futuro e per tutti i cristiani, sia cattolici
che ortodossi, niente di meno che una Santa: Santa Elena.
Un bel giorno questa
signora che non era ancora Santa, andò a frugare tra i ruderi di un
tempio di Afrodite a Gerusalemme e lì
trovò la vera croce di Cristo, ancora con un chiodo appeso e la tavoletta
di Ponzio Pilato con la famosa I.N.R.I., inscrizione in ebreo, latino e greco,
per indicare il condannato ed anche il motivo della condanna. Tavoletta,
diciamolo come curiosità, che fu l'origine del super-conosciuto quod scripsi, scripsi, di Pilato, a disappunto dei sacerdoti
ebrei che ne chiedevano la rimozione perché ritenuta offensiva. Tavoletta che,
dopo tante questioni, si venne a sapere nel secolo degli scientifici atei e
con l'aiuto del famoso carbonio 14, nel secolo XX, che era diventata
tavoletta sacra solo poco dopo l'anno
mille. Più o meno settecento ottocento anni dopo, ai tempi delle prime crociate
volute da Dio (Dieux el volt),
quando mercanti e monaci dell'Europa cristiana cercavano e pagavano a peso
d'oro le Sante Reliquie che suppostamente ricevevano dai Crociati e che davano prestigio alle loro chiese e
basiliche. E si disse persino che Elena, pur se non ancora santa, si
scandalizzò al vedere la croce di Cristo tra le fondazioni di un tempio pagaoche, presa da sacro furore, fece distruggere
completamente il colpevole tempio d'Afrodite ed al suo posto ordinò costruire
una santa chiesa cristiana.
Torniamo a
Costatino. A parte certi pettegolezzi e assassinati vergognosi, era un vero
statista. Direi che il personaggio che più si somigliò a lui fu Erode il
Grande, un po´più di 300 anni prima: crudele e delinquente ma grande statista
anche lui, come lo dimostrò il benessere di Palestina ai suoi tempi.
Costantino fu
imperatore durante 40 anni. Ci voleva molta
visione e abilità per rimanere in carica tanto tempo..
Molto
probabilmente non era religioso. Quei tipi cosi non credono mai a nessuno,
solamente a se stessi. Con la madre cristiana, Elena , sicuramente captò che
nel mondo c'erano anche gli altri. E capì nel giusto momento la importanza di
un'alleanza tra lo stato Romano e la nuova religione orientale che si stava
diffondendo rapidamente.
Chissà
cosa c'era di vero in quell' Εν Τουτῳ Νικα(in hoc signo vinces) apparso
nel luminoso azzurro cielo di Roma a Ponte Milvio.
Fu una bella
visione che solo lui ebbe e a tutti impose. E 313 d.C. nasce il
famoso editto di Costantino e Licinio che dava legalità piena alla nuova
religione cristiana: non più persecuzioni. Lo Stato Romano assorbì i cristiani.
E dopo un po' fu tutto il contrario. Però le
teorie cristiane sull'amore non fecero gran presa personalmente su questo
personaggio certamente abilisimo, primitivo e crudele.
Non più persecuzioni
ai cristiani, è vero. Però le persecuzioni le diresse soprattutto alla sua
famiglia. Ordinò la morte del suo primogenito Crispo, figlio della prima sposa.
Poi mandò il carnefice da suo nipote Liciniano, figlio di una sorella. Un
po´dopo ammazzò Fausta, la seconda moglie. Ma per Fausta non fu una esecuzione
rapida. Povera Fausta, colpevole o no, la fece morire affogata nell'acqua
bollente del suo bagno. Perché questi assassinati? Si disse che perché il
primogenito Crispo aveva avuto relazioni con Fausta, la seconda sposa. Tutto è
possibile. Si disse anche che Fausta aveva accusato falsamente il figliastro
Crispo di voler sedurla ma in realtà per dare spazio ai suoi figli carnali. E
può anche darsi che sia vero. Si disse anche che quando Costantino si rese
conto dell'innocenza di suo figlio Crispo che aveva già mandato all'altro
mondo, volle ammazzare anche lei, la presunta colpevole.
La chiesa di
Roma a quei Tempi, poco dopo il 300, non era più formata da sole anime ingenue,
candide e fanatizzate.
Il potere corrompe pure i santi. Munera...capiunt hominesque deosque.
Ma nonostante la Chiesa non fosse più come prima, non ebbe il coraggio di
dichiarare santo a un uomo che sì, ufficialmente, come uomo di stato, aveva
difeso il cristianesimo, ma nella vita privata era un delinquente che aveva
ammazzato il figlio, il nipote e fatto un bel bollito con la moglie. Non
arrivarono al punto di farlo santo.
È anche vero,
però, che certe azioni fanno più impressione oggigiorno: ma come, si direbbe, ammazzare il figlio il nipote, la
moglie? E ci riempiremmo e ci
riempiamo d'orrore.
Però non che
l'uomo adesso sia più buono o più giusto o più evoluto. Apparentemente
rispettiamo di più la vita. Solo apparentemente. Ma non è vero. In un certo
senso eravamo più franchi, prima. E siamo più ipocriti adesso dicendo che
allora eravamo più bestie. Più bestie lo siamo adesso. E oggigiorno cerchiamo
di coprire le nostre attuali nefandezze - delle quali siamo coscienti -
utilizzando solamente quelle altrui come accusa di carattere politico. Le Fosse
di Katin, le Foibe iugoslave, Hiroshima; e il trasformarci in complici al non
voler vedere gli iniziali evidenti indizi dello tzunami razzista di Hitler.
Comunque,
delinquente o no in famiglia, Costantino fu statista di grandi visioni.
Seppe
riconoscere negli straccioni beduini palestinesi l'importanza di una nuova
religione emergente. E ci si alleò per convenienza politica.
Intuì che il
centro del potere si trasferirebbe in oriente perché l'Europa, specie la
mediterranea, era troppo bella, verde, ubertosa terra con dolce sole e buoni
vini, specie la Enotria. E faceva gola a quei forti semi-cannibali che venivano
dal Nord attratti dalla sua fama. Costantino seppe vedere lontano e si anticipò
di cento anni; seppe prevedere le future sconfitte romane e la caduta della
civiltà latina. E pochissimo prima dell'arrivo dei visigoti di Alarico ed il
primo oltraggio a Roma dopo Brenno, volle costruire la Nuova Roma, quella che
sarà la capitale dell'Impero Romano d'Oriente e che durerà 1000 anni: Bisanzio,
Costantinopoli e poi Istanbul.
C'è un'altra
curiosità legata a questo grande uomo di Stato. Durante tutto il Medio Evo,
durante più di mille anni, come base legale per giustificare il Potere
Temporale dei Papi, si attribuì a Costantino l'enorme donazione (Donazione di
Costantino) di quasi la metà d'Italia alla Chiesa Cattolica. Documento
presumibilmente dettato nel 325 a.C. In realta, poi, verso il 1450, Lorenzo
Valla, gran umanista dall'innegabile naso semita, dimostrò che il documento,
conservato preziosamente negli Archivi Vaticani, era un falso colossale. Lo
dimostrò, la Chiesa di Roma lo riconobbe come falso, sia pure a denti stretti e
non si fece assolutamente nulla. E si continuò a considerare il Papa come
legale Principe e proprietario di Roma e dei Territori Pontifici.
Fino quando
entrarono i Bersaglieri di Lamarmora.
Chi, tra i romani
d`oggi, ricorda questo stornello "patriottico"??
Alla breccia de Porta Pia,
c`hanno messo li cordoni
quei boiaccia de`pizzardoni
nun ce vojono fa`passà.....
32/ GIOVANNI CRISOSTOMO
(SECOLO IV)
Era trascorso poco
tempo dall'Editto di Costantino del 313 che aveva iniziato la reversione delle
posizioni tra perseguiti e perseguenti, tra cristiani e pagani, quando apparve
Giovanni Crisostomo. Era un uomo serio, onesto, sinceramente credente e
praticante cristiano. Oltre che scrittore era anche uomo di bellissima
oratoria: il "Criso-stomo" era un appellativo greco: bocca d'oro, per la sua
eloquenza.Di lingua materna greca, intelligente, preparato, ortodosso arrivò ad
essere Patriarca di Costantinopoli ed uno dei più importanti dottori della Chiesa
Cristiana d'Oriente. Denunciò sempre con coraggio, convincimento e passione gli
abusi dell'Imperatore d'Oriente, della Corte Imperiale e la corruzione
dell'Alto Clero. Con questo si evidenziava che i cristiani non erano più i
poveri perseguitati ma che si erano trasformati in signori opulenti; per lo
meno quelli di alta gerarchia. Però Crisostomo, come già accennato, era uomo
onesto e sinceramente religioso cristiano, e non accettava questi cambiamenti.
Ad un certo momento,
chissà mezzo schifato da quello che vedeva, volle rifugiarsi in una specie di
eremitaggio; non passivo ma attivo e di utilità sociale. Però col tempo si
indeboliva sempre più, non poteva superare tanti sacrifici, così che tornò
all'insegnamento e a mangiare un po di più. I chiacchieroni di sempre dicevano
che era stato nominato Vescovo per mangiare
meglio.
Però vescovo o no, il nostro Giovanni
Crisostomo fu sempre preoccupato per le necessità spirituali ma anche materiali
dei più poveretti. Magnifico oratore - abbiamo già detto che bocca d'oro era il
suo soprannome - parlava molto bene, con convincimento e con coraggio su
argomenti sociali e contro gli abusi dei più forti.
Sappiamo tutti che è
veramente difficile essere forti e non abusare almeno qualche volta del proprio
potere.
Invece lui era una
specie di socialista, come lo era stato Gesù con i suoi seguaci apostoli e come
realmente lo erano i primi cristiani ; ma come poi, in avanti, lo sarà - e
quasi solamente - San Francesco.
Vorrei, adesso, per
inciso, far alcune considerazioni sul "mondo" in quei tempi,
verso il terzo e quarto secolo ed osservare alcun coincidenze che non hanno
nessuna importanza in sé, se non come curiosità. Poi torneremo a parlare di
Crisostomo.
Bene. Per sommi capi,
molto per sommi capi, le cose nel mondo andavano da secoli senza troppi
scossoni. Chissà il termine di PAX ROMANA non era tanto esatto e magari
anche un po' esagerato, ma può dare la idea. Pero con il tempo cominciarono
emergere sintomi che rivelavano necessità di profondi cambi.
Costantino intravide.
Il grande statista, senza i paraocchi del religioso e con una mente sveglia,
capi la forza della nuova religione emergente e cominciò a riconoscerla ed a
farla sua. Una indefinita necessita di qualcosa del misticismo orientale c'era
nell´aria. Quell` IN HOC SIGNO
VINCES fu di molta più
profonda estensione della letterale.
Ma anche un altro
fatto, anche di straordinaria importanza, il nostro Costatino capì ed intuì:
che l'Europa stava decadendo. Grecia e Roma, stavano perdendo il loro
fortissimo impeto amalgamante di quella straordinaria inimitabile civiltà che
fu la greco romana; quella che io oserei definire la civiltà dell'Uomo, quella
che per vari motivi emerse tra le altre e ci ha guidato fino ad ora...dicano
quello che dicano le altre civiltà all'Est o all'Ovest o al sud dell`europa.
Costantino vide ed intuì le conseguenze delle turbolenze nei popoli nordici e
di quelli comunque fuori dei LIMES romani. Però con il loro fresco necessario
impeto di primitivi, i semi-cannibali oltraggiavano Roma. E non sentendo più
tanto sicura Roma, Costantino costruì Costantinopoli, nuova sede della Nuova
Roma. E fu l'inizio dell'Impero Romano d'Oriente. Continuazione, teorica, di
quello di Roma e che durerà fino alla scoperta d'America.
E qui, come leziosa
curiosità vorrei anche fare osservare.
Casualmente, il Primo
romano e l'ultimo, ebbero lo stesso nome: Romolo e Romolo Augustolo. Con 1.100
anni di differenza tra l'uno e l'altro.
Ed altrettanto
casualmente il Primo Imperatore romano d'Oriente e l'Ultimo d'Oriente, anche
loro ebbero lo stesso nome. Costantino I e Costantino XI. E, casualmente, con
altrettanti 1.100 anni di differenza tra luno e l'altro.
E quando negli anni si perderà per sempre anche
l'Impero Romano d'Oriente, la vecchia Europa ne ne andrà, con un ebreo
italo-spagnolo, a curiosare al di là del Mare Tenebroso per scoprire patate e
pomodori.
Bene, ritorniamo a
Crisostomo che visse esattamente nei tempi quando Costantinopoli si distanziò
da Roma. Teodosio, il grande, spagnolo, quello del Codice - la cui lettura fa
inorridire qualsiasi moderno - fu praticamente l'ultimo imperatore Romano
"completo", su Oriente ed Occidente. Non era nemmeno tanto male, ma
Santo Ambrogio li ipnotizzò. Alla sua morte, furono nominati imperatore i suoi
due figli: Arcadio per l'Oriente ed Onorio per l'Occidente. Arcadio aveva 17
anni ed Onorio 11 anni. Passa un po’di tempo, Arcadio cresce, conosce
Crisostomo, lo ammira moltissimo e lo nomina Patriarca di Costantinopoli, un
incarico non da poco. Ma il pòtere non corrompe Crisostomo. Non viaggiava in
Patriarca Mobil, come i suoi predecessori ma piedi o a cavallo di somarelli.
Ovvio che i suoi sforzi per migliorare l'alto Clero non furono bene accetti
dall'alto Clero. Suoi nemici acerrimi furono in generale tutti i poderosi tra i
quali, nemicissimi, il Patriarca di Alessandria ed Eudoxia, la bella ed
autoritaria moglie del debole imperatore Arcadio. Crisostomo fustigava anche
lei, per la sua eccentricità nel vestirsi sempre molto elegante.
E probabilmente anche nell'inevitabile eccentricità nello svestirsi.
Finalmente PORTAE INFERI sì, PRAEVALEBUNT ed il rompiscatole di
Crisostomo fu destituito.
Il giovane Arcadio,
debole imperatore, in un eroico e solitario atto di coraggio, volle e seppe
reintegrarlo. Pero fu nuovamente destituito quando Crisostomo osò criticare la
costruzione di una costosissima statua d'argento in onore di Eudoxa e la sua
collocazione proprio di fronte alla Basilica. Crisostomo non si contenne. La
criticò apertamente. E lo mandarono a spasso, definitivamente. Lo mandarono in
esilio nella lontana Armenia.
Intervenne il papa di
Roma, non si sa se per aiutare veramente Crisostomo o rompere le scatole al suo
quasi omologo bizantino.Non successe nulla. Anzi, decisero di mandarlo a
putrificarsi in una ancor più remota regione nel Caucaso.Ma non ci arrivò.
Morì strada facendo.
33/
CURIOSITÀ,
PETTEGOLEZZI E ROTTURE
DI
SCATOLE PER CERTUNI
Le Lettere
di San Paolo
I documenti cristiani più
antichi che abbiamo sono le lettere di San Paolo.
San Paolo scriveva molto, una
specie di grafomania e si dice che si carteggiava anche con Seneca, il famoso
saggio spagnolo che fu maestro di quel bel bimbo che era stato il Divino Nerone
da piccolo.
Ma, attenzione ! Non tutto
quello che nel corso dei secoli si è attribuito a San Paolo erano cose scritte
veramente da lui. Chi decideva sulla autenticità del carteggio? ?
Probabilmente il Saggio, che veniva chiamato a dare la sua opinione, ovviamente
la dava secondo il suo criterio e probabilmente anche favorendo il suo
mecenate. Forse in buona fede? forse che sì e forse che no.
Quindi non tutte le lettere si
considerano autentiche. Si parla di autentiche solamente per quelle a Galata,
ai Tessalonicensi, le lettere ai Corinzi, ai Romani e alcune altre. Se sono
tutte vere quelle considerate autentiche - e dovrebbero esserlo - furono
scritte cinquanta anni dopo Cristo. Comunque sia, queste lettere sulla cui
autenticità come appena detto non dovrebbero esserci dubbi, non fanno nessun
accenno su fatti che opino dovrebbero per lo meno essere starti accennati, sia
pur di sfuggita, come cosa ovvia, per la loro importanza. Almeno accennati. Ed
invece No ! Non si parla assolutamente della nascita "verginale" di
Gesù, che dopotutto non è un caso molto comune; non si accenna nemmeno a
nessuno dei miracoli attribuitogli più tardi. E neppure questi sono tanto
comuni da ignorarli. Ma dirò di più: nemmeno si accenna alla morte associandola
a Poncio Pilato.
Si suppone... certo si
comincia a supporre e forse anche a temere che, non parlandone affatto,
probabilmente quei fatti non siano mai avvenuti. Sarebbe possibile che eventi
tanto straordinari possano essere stato scoperti solamente tanto tempo dopo ?
Tutte balle, quindi? Non per cattiveria direi, ma è possibile che dei
sacerdoti, sciamani, indovini, oracoli, di qualsiasi tipo di religione nella
quale fervorosamente credano, veneremos cernui, abbiano
aggiunto di loro iniziativa particolari più o meno fantastici per rendere la
supposta verità più accessibile all'uomo semplice? E ermettergli in buona fede
il Paradiso. Cosi come la mamma, in buona fede, mente a fin di bene quando dice
al figlioletto che si faccia togliere il dentino da latte e il Topolino gli
porterà un regalo.
Mente la mamma?
Mente il sacerdote?
I Vangeli.
Distinguiamo. Ci sono dei
Vangeli Veri e dei Vangeli Apocrifi ( falsi). Apo-crifo viene
dal greco, la parola significa nascosto, in alto, si suppone venissero nascosti
nell'alto delle biblioteche e quindi semi occulti, perché questi
"falsi" non fossero letti se non dalle persona autorizzate. Nascosti
ai monachelli giovani, chissà. Tipo Misteri Eleusini.
Ed i Vangeli Veri sono quelli
accettati dalla Chiesa. Sono quattro e questi 4 vangeli ufficiali riconosciuti
come validi furono scritti dal 70 al 120. Ossia dopo la distruzione del Tempio
ad opera di Tito nel 70. Vediamoli molto parzialmente uno per uno:
Marco
Il primo è quello di Marco,
probabilmente non scritto a Gerusalemme ma in Siria, per dare animo ai Romani
Cristiani, che Nerone perseguitava. Qui non si parla assolutamente di Giuseppe.
Mai. Si parla di Gesù solo come figlio di Maria. Nessun altro ascendente. È da
far notare che nella società ebraica il nome del padre era importatissimo, al
parlare di un personaggio sempre si menzionava il nome del padre, come si parla
oggi del cognome e se si conosceva solo quello della madre, apriti cielo,
lo si considerava figlio di sconosciuto, illegittimo o peggio ancora.
Non solo. In Marco non si
parla neppure della nascita da madre vergine. E nemmeno dei Re Magi, oro
incenso e mirra, i pastorelli e le caprette. Ovvio che non si ha la certezza,
ma sorge il dubbio che queste ultime cose, omesse in una prima biografia, quasi
contemporanea, siano state aggiunte dopo, per contorno per far parte del mito.
Come la forza di Ercole o di Sansone o la bellezza di Elena. Miti e favole, che
innamorano i bimbi e i semplici.
Matteo il
secondo
È evidentemente scritto per
gli ebrei e per dimostrare loro che Gesù era il Messia aspettato! E quindi
secondo le scritture, che a quei tempi facevano fede, doveva nascere da una
vergine! Quando Matteo scrisse il suo vangelo aveva a disposizione una versione
in greco dell' antico testamento, ossia della Bibbia. Ed in questa versione,
forse quella dei 70, tradotta dall'arameo originale al greco, una parola di
Isaia era stata tradotta male e si era creata la confusione tra giovane e
vergine. Certo le giovani alle volte sono anche vergini, ma non sempre. Cosi si
suppone che Matteo invece di tradurre che Maria era giovane, tradusse che Maria
era vergine. In Arameo si usa stessa parola. In Greco, no. Più esperti di
Etheree e Pornoi, i Greci distinguevano.
Luca il
terzo Vangelo
Ci sono altre piccole
differenze. Piccole, ma ci sono: Nel vangelo di Matteo le genealogie
contraddicono parzialmente quelle dell'antico testamento.
E si notano anche certe
contraddizioni tra gli evangelisti. A quei tempi, anche senza aver dubbi
sulla autenticità sostanziale di un documento, è pur tuttavia ovvio che non
esistendoci biblioteche speciali alla portata di tutti ne' il google di
oggigiorno, è chiaro che sarebbe segno non di autenticità ma di vero miracolo
se non ci fossero contraddizione su dati scritti in luoghi e tempi diversi.
Comunque, ecco qui alcune differenze: secondo Matteo, Gesù è discendente di
Davide; ma attraverso suo figlio il grande Salomone. Invece Luca si
accontenterebbe di qualificarlo discendente di Davide, sì, pero non attraverso
il magnifico Salomone ma da un altro figlio di Davide, il quasi
sconosciuto Natan.
Poi sempre secondo Matteo il
nonno paterno di Gesù è un tal Giacobbe, mente secondo Luca il nonno paterno è
un certo Eli. Insomma un bel pasticcetto che è meglio lasciar stare. Forse
Matteo e Luca non sapevano che Gesù era figlio di Dio? E che non poteva avere
nonno paterno? Non si sapeva ancora? Non si diceva ancora? O si è aggiunto dopo
che era figlio "vero" di Dio e non figurativo?
Un'altra cosa: È evidente che
nel primo vangelo, quello di Marco, sono i soldati romani a frustare Gesù,
mentre in Luca i crudeli frustatori non sono Romani ma i soldati di Erode.
Insomma Luca non voleva parlar troppo male dei Romani. E anche insiste che il
Regno di Gesù non è di questo mondo. Il regno di Gesù sta nei cieli. I Romani
stiano tranquilli. In terra non hanno concorrenti. Non c è contraddizione con
il regno di Roma.
Giovanni il
quarto Vangelo.
È l'ultimo dei quattro
Vangeli. Scritto 150 anni dopo Cristo.
E Gesù appare completamente
differenziato dagli ebrei. Chissà, magari neppure si diceva se era circonciso o
no.
Erano già passati due secoli e
già San Paolo, furbo, aveva capito l'antifona. Soprassedette alla circoncisione
che ai Romani dava così tanto fastidio. Il mondo val bene un
prepuzio. Ed il cristianesimo in piena fase di espansione, cominciò a
considerarsi non più una setta ebraica ma una vera e propria ed originale
Religione, lascando quindi tranuillo il prepuzio. Una religione molto più
ampia, internazionale, globalizzata, destinata a conquistare Roma e il mondo.
Come accadde.
34/ GIULIANO L`APOSTATA
e vari contorni
(332-363)
Verso la metà del IV secolo ( 350 dopo Cristo) il
paganesimo ossia la antica vecchia eroica religione del Secolo D'Oro della
Grecia e della sua versione Romana, Repubblicana e poi Imperiale, era già sul
viale del tramonto. Con Costantino erano state proibite le persecuzioni contro
la nuova religione emergente ed ai cristiani concesse quelle libertà di culto
come alle altre religioni del Panteon Romano. E questa nuova religione stava
dando passi da gigante in tutta l'area mediterranea forse anche per quel tocco
di religiosità orientale che emanava, con una forma ancora vaga di monoteismo,
e che rivelavano nuove esigenze spirituali.
Però ci fu un tentativo di ripresa, un conato del
tardio splendore del vecchio paganesimo eroico, anche se in versione
neoplatonica. Fu il canto del cigno, con Giuliano. E poi il vecchio mondo
spari. Per lo meno in occidente. Sparì ed arrivò la opacità del medio evo; ed
in tutta Europa si sparsero nubi nere di incertezze, paure, superstizioni.
Ovviamente esso non avvenne unicamente per merito o colpa del Cristianesimo
emergente, ma direi principalmente dovuto all'inizio dalle invasioni
barbariche. Orde che arrivavano generalmente dal nord, comunque da fuori dei
confini romani, producendo insicurezza per la caduta delle leggi, dell'ordine e
dell'autorità. Tutti a raccogliersi tremanti di paura nel castello turrito del nobile,
civile o religioso, che li difendeva e ... ci marciava, facendo anche gli
affari suoi. Ma queste paure e superstizioni erano fomentate anche per le
interpretazione dei benedetti sacerdoti secondi i quali, come in tutte le
religioni, se non esistessero loro a salvarci saremmo preda di orribili pene
con fuoco eterno, strazi inenarrabili, streghe, demoni, malattie, carestie. E
tutti ossequianti obbedienti e paganti.
Ma la originaria visione di Gesù di Nazareth non era
così tetra come la presntavano nel Medio Evo . Era amore, comprensione,
dolcezza, perdono. Mai Cristo chiese a nessuno che si auto-castrasse. Al
contrario, il Crescete e Moltiplicatevi è un incentivo che
generalmente mal coagula con la castrazione. Inoltre Gesù non era affatto
misogino, non disprezzava le donne anche perché non disprezzava nessuno ( meno
i suoi nemici...) e donne furono le persone che lo accompagnarono nei momenti
finali e donna chi lo fece rivivere con la resurrezione. La religione di
Cristo era bontà, come bontà era la visione di San Francesco.
Le varianti orrende di terrori religiosi non vennero
da Gesù.
Vennero da fanatici squilibrati, credo in mala fede ai
quali il popolino semplice ha sempre creduto.
Sto divagando, ma voglio dire anche questo: apparve,
però lontana, un po`più avanti nel tempo, una nuova luce di civiltà,
sconosciuta, spesso denigrata, però opera del demonio, dell'anticristo,
dell'infedele, si diceva. Apparentemente differente, verso il 700 fu portata
quasi incoscientemente da invasati guerrieri armati si scimitarre che
conquistarono Hispania, costituirono el Andaluz e
formarono la cultura mozarabe. Che si rivelò tollerante splendida cultura
prodotta da una felice amalgama tra cultura persiana, greca, romana e medio
orientale. Cultura che con il tempo rivitalizzò quella mescolanza di sangue dei
vigorosi popoli europei, latini e germanici, per produrre lo splendore del
Rinascimento.
Ma parliamo di Giuliano,
Chi era costui?
Detto molto impropriamente l'Apostata - perché lui,
apo--stata fuori della chiesa non ci era mai andato perché
nemmeno c'era mai coscientemente entrato - era figlio di un fratello di
Costantino. Ossia il grande imperatore Costantino era suo zio. Quando Giuliano
era bambino vide con i suoi occhi come suo cugino, l'Imperatore cristiano Costante
II (Figlio di Costantino e Fausta, cristiana, la morta bollita, per errore)
aveva ammazzato tutta la sua famiglia, perché erano pagani.
Questo fatto,
evidentemente traumatico specie per un bambino, lo portò a non simpatizzare
troppo con i cristiani. Al massacro della famiglia sopravvissero solamente il
bambino Giuliano e suo fratellastro Galo e li mandarono in un posto bellissimo
elegante dove ricevettero una ottima educazione cristiana e, sembra siano
persino stati ordinati sacerdoti. Misteri di quei primi tempi. Cosa succede?
Che quando suo fratello Galo diventa Cesare ossia diventa il
secondo dell'Imperatore, Giuliano ebbe naturalmente più facilità di movimento e
volle andare a frequentare la scuola filosofica di Atene dove si iniziò al neo
platonismo ed altre liturgie mistiche di moda tra i pagani di classe alta.
Però, si sa come sono gli alti e bassi della politica... un anno dopo averlo
nominato suo vice, l'imperatore Costanzo forse ci pensò meglio e mandò ad
ammazzare il suo vice di fresca nomina ed al suo posto nominò il più giovane
Giuliano e gli da come sposa nientedimeno che sua sorella Elena. Non sappiamo
se a Giuliano piacesse. Ma comunque Giuliano era un tipo che si dava da fare
per conto suo. Tutto in famiglia quindi, ammazzamenti e matrimoni. Le povere
donne mi pare che non opinassero granché. Giuliano aveva fama di uomo di
lettere, tipo intellettuale, filosofia, cultura greca, tutte cose che i rozzi
soldati apprezzano molto solo quando vogliono nominare qualcuno importante che
non rompa loro le scatole.
Che ti succede? Che al poco tempo Giuliano dimostrò di
non essere solo un innocuo intellettuale ma anche un tipo ben deciso,
intelligente capace e cominció con i suoi soldati a menar botte da orbi a
Germanici e Franchi.
Vinse nella bella regione di Shampagne e sicuramente
si rianimò e rianimò i suoi bravi soldatini con i frizzanti vini locali che per
la prima volta si affacciarono alla storia. Poco dopo riconquistò la Colonia
Agrippina, la odierna Colonia, che nella ultima carneficina tra popoli civili
sarà illuminata durante la notte acciocché i poderosi Liberators,
bombardieri con piloti americani, non si sbagliassero e magari la
riducessero in cenere, rischiando di far perdere i voti dei pii votanti
statunitensi oriundi teutonici; e così i bravi yankee non scaricarono le loro
bombette sulle guglie gotiche della Cattedrale; chiesero alla base: Dove
le molliamo? Risposero: Dove volete, tanto son tutti nazisti.
Ma non sulla Cattedrale. Cosi le scaricarono sui civili, tanto erano
tutti nazisti, anche i bambini.
Insomma, questo giovane Giuliano cominció a farsi
valere. Ed ebbe anche la solita fortuna che fa l'occhietto agli audaci. Dovette
passare l'inverno in Borgogna ma chiaramente anche qui il buon vino di borgogna
offrì piacevoli momenti a Giuliano e soldati. La truppa non era molta numerosa.
Vennero assediati. Sapevamo quanti erano i nemici, anche se nascosti: il doppio
di loro. I figli della Lupa si guardarono tra di loro, un po` preoccupati. Però
si sa che chi beve vino vede doppio. I romani si videro doppi, tra di loro,
quanto i nemici. Esultarono. AEQUALES SUMUS. NOBIS VICTORIA! e, con la
convinzione di essere tanti come i nemici, vinsero.
Dimostrando ai tedescotti, bevitori di birra, il
maggior valore del vino di uva.
Dopo queste fatti ci furono altre vittorie ad
ARGENTORATUM, Strasburgo, Alsazia. Magnifica vittoria che fu celebrata con
altro magnifico vino, questa volta del Reno, offerto con allegria dai famosi
nanetti nibelunghi in qualche sosta del loro assiduo lavoro di scavare nelle famose
miniere. Poi si presentarono anche i Belgi, i Chamavos, in piede di guerra.
Nonostante non avessero vino decente per celebrare la vittoria su di loro,
Giuliano generosamente li sconfisse.
Però, i soliti però. Che ti succede a Costantinopoli?
Che l'imperatore Costanzo comincia a essere un po` turbato da quelle vittorie
clamorose del suo intellettualino innocuo. Cosicché un bel giorno, per ridurgli
le legioni a sua disposizione, con la scusa di una guerra in Persia, gli chiese
una buona terza parte delle suo truppe. Pero che ti succede? Che i bravi
soldatini di Giuliano, in maggioranza alpini vinassa vinassa, non
se la sentirono di lasciare quel bel vino del Reno o dell'Alsazia. si
ribellarono all'idea di andarsene in Persia, con quelle persiane che non si
aprivano mai. Ed acclamarono imperatore l'innocuo Giuliano. Il quale, appunto,
obbediente, si inclinò alla volontà delle truppe. E sembra allora che
l´Imperatore sempre più preoccupato abbia addirittura incitato alla rivolta sia
Franchi che Alamanni contro il neo quasi-auto-acclamato imperatore, secondo gli
usi epici di chi aveva più fiato per acclamare.
E Giuliano? Li vinse. Vinse Franchi e Alamanni,
gli uni e gli altri, cosi, su due piedi. Ma nonostante la vittoria,
l'Imperatore Costanzo non poteva accettare questa situazione di
auto-proclamazione. Legalmente aveva tutte le ragioni. Quasi tutte. Giuliano ne
aveva solamente una: quella di essere piu abile.
Giuliano Impertator, auto acclamato o no, aveva anche
l'appoggio della vecchia aristocrazia Romana che, per Hercules! era
quasi tutta pagana. E cominciò anche lui la sua marcia su Roma. Poco dopo,
forse per volontà del dio cristiano o degli dei dell'Olimpo spaventati di dover
fare fagotto e andarsene, l'ormai quasi vecchio imperatore raggiunse l'Ade.
E, ipso facto, circolò la voce che nel letto di morte il
vecchio imperatore aveva designato Giuliano come successore al trono. "Victor
ac triumphator perpetuus semper augustus".
Giuliano, il nuovo imperatore ormai con tutti i crismi
accettò umilmente la investitura onorando cosi la volontà del vecchio
imperatore, la sua propria ed ottenendo l'accettazione da parte di tutte le
provincie sia d'oriente che di occidente, cioè di Roma e di Costantinopoli.
Naturalmente per grazia ricevuta dagli dei pagani cristiani ed ebrei. Tutto
insieme. Anche a quei tempi si accettavano tutti i voti: venissero da dove
venissero,
Però Giuliano ringraziò solamene le divinità pagane ed
in maniera solenne manifestando cosi chiaramente la sua vera e antica fede
pagana.
E qui vorrei fare un piccolissimo parentesi che creo
sia apprezzato: il termine pagano viene dal PAGUS che
significa campo, terra di contadini. E da che mondo è mondo i contadini,
utilissimi in tutto, lo sono anche per ricordarci le antiche tradizioni che gli
altri non osservano più. Sono più religiosi, si vestono a festa per andare a
messa, si tolgono il capello quando salutano qualcuno importante, sono
tradizionalisti, ma non devi toccare la religione e i suoi santi per i quali
hanno antiche venerazione, processioni, eccetera. E quindi i contadini erano e
sono quelle persone rimaste più a lungo fedeli alle antiche tradizioni greco
romane degli dei, delle ninfe e compagnia bella. Sospettosi sempre delle
novità, in quel caso del cristianesimo.
Chiusa la parentesi.
Dicevamo che Giuliano ringraziò solamente gli Dei
Pagani. Poco dopo iniziò a circondarsi di intellettuali pagani tra i più
conosciuti. Volle nominare una Commissione di Depurazione, come secoli dopo
faranno gli americani per verificare e punire le malversazioni del Nazismo e
Fascismo, per poi optare per una amnistia completa per Obbedienza
Dovuta. E cercò, il nostro Imperatore, giovane pagano romantico, di
far rivivere i tempi d'oro degli Dei falsi e bugiardi come
dirà Dante. Naturalmente non fu possibile. I tempi erano ormai diversi ed Hegel
ci insegnò che se le abitudini cambiano è perché devono cambiare. E
tornado a Giuliano, nel famosissimo ed importantissimo anno 313 suo zio
Costantino aveva esteso, per l'intuizione politica dello statista vero, la più
assoluta libertà politica di culto a tutte le religioni dell'impero. Questo
agli inizi. Ma poi, con il tempo, la religione cristiana con i suoi nuovi
sacerdoti, forse più battaglieri e spavaldi perché più giovani e meno
tolleranti, stava conquistando e conquistava sempre più potere. E fu il turno
storico dei bravi cristiani a cominciare a perseguitare i pagani recalcitranti.
Tempi pagani furono distrutti, violenze ad antichi sacerdoti ed oracoli,
deflorazioni di monachelle come si era fatto con le vergini vestali: le
"suore", sorelle, del tempio di Vesta.
Giuliano era un fervente ellenista e non voleva né
poteva accettare questo. Voleva una vera tolleranza e la uguaglianza legale per
tutte le religioni. Era il concetto moderno di Costantino. Ma, vai tu a parlare
di uguaglianza a dei religiosi fanatici! Cercò di fare ricostruire certi
templi pagani distrutti. Ordinò che certi vescovi cristiani condannati per
eresia tornassero a dare le loro opinioni senza mandarli a morte per queste
idee. Voleva persino ricostruire il famoso tempio di Erode distrutto da
Tito, perché lo considerò un atto di intolleranza romana che bisognava
riparare. Glielo impedirono. Bisognerebbe rileggere certe ideucce di
intemperanza di San Ambrogio. Quello si che era un fascista nel senso che s'
ìntende oggigiorno per fascista. La chiesa cristiana si oppose con tutte
le forze a qualsiasi tentativo di essere equiparata agli altri, nemmeno alla
religione madre, la ebraica. Nel Vangelo di Giovanni, Gesù di Nazareth non pare
nemmeno sia ebreo. Questi fatti ed atteggiamenti amareggiavano enormemente il
giovane imperatore che voleva restaurare il passato eroico e tollerante di Roma
e Atene. E cominciò anche lui ad essere intollerante e rabbioso. Si rendeva
conto che aumentava il malessere tra militari e civili e sapeva che lì, in
Oriente, la popolazione in generale era già per la metà cristiana. In Oriente,
non in occidente. Ma a lui premeva più Costantinopoli che Roma. Chissà sentiva
Roma ormai politicamente semi affogata con le maree nordiche, ma voleva
salvare la sua civiltà. E non era una civiltà da niente.
Conclusione si sentiva sempre più solo. Chissà anche
per questo attaccò i Sassanidi. Li attaccò, ma in un episodio dei più stupidi
in una stupida battaglia, fu infilzato da un giavellotto. Alle spalle.
Si parlò molto di questa morte. Che l'uccisore era
stato un sodato romano cristiano. Comunque, vero o non vero, il mito racconta
che, colpito dal giavellotto, l´imperatore furente se lo strappò di dosso, pur
avendogli trapassato il torace. E che con rabbia lo diresse, sanguinante, al
cielo, gridando come una maledizione: VICISTI GALILAE ! e spirò.
Aveva 33 anni, la età di Cristo, casualmente, il suo
nemico. Ed anche quella di Alessando Magno, altrettanto casualmente, il
suo idolo. Tutti e tre avevano la stessa età quando morirono.
Coincidenze...
E cosi terminò anche la favola degli dei dell'Olimpo,
definitivamente cacciati dal Trono, da Roma, dall'Impero, dal Mondo.
Ma per vendetta rimasero fortissimi nella visione di
poeti ed artisti.
35/
SANT' AMBROGIO
Aurelio Ambrogio era nato a
Treveri, Germania, come bel discendente di due illustri famiglie patrizie
romana. Gli Aurelii e i Simmaci. Più romano di così era impossibile.
Da ragazzino lo mandarono a
scuola a Roma così come oggi le famiglie bene (e con soldi)
mandano i loro tesorucci a raffinarsi a Londra, Parigi o negli Stati Uniti. Una
volta laureato (il famoso quadrivium) lo mandarono come Funzionario
di Gruppo A, nella lontana Pannonia-Ungheria, dove ancora non era stato
inventato quello che sarà il famosissimo gulasch ungherese, ma se ne parlava. E
da lì, dopo il tirocinio in provincia, lo mandarono a Milano.
Milano, a quei tempi, ce la aveva
fatta a farsi nominare capitale d'Italia, anche se l' Italia non esisteva
se non come espressione geografica come scrisse molti secoli più tardi quel
figlio di puttana di Metternick, che però aveva ragione. Milano non durò molto
come capitale. Chissà i milanesi sono sempre stati troppo occupati a lavorare
per occuparsi di fare lavorare gli altri come fanno i cittadini per bene di
tutte le capitali. E l' onore di trasferire la capitale più lontano, toccò a
Onorio; bellissima figura di Imperatorello inutile che se ne scappò a Ravenna,
in mezzo alle zanzare pur di stare più vicino all'Imperatore di Oriente visto
che quello di Occidente era lui ma non sapeva cosa fare contro quei cafoni dei
barbari minacciosi. Per lo meno possiamo apprezzare, adesso, i mosaici di
Ravenna. A Milano non li avrebbero saputi fare.
Be', abbiamo saltato un po'
avanti. Torniamo a Ambrogio quando aveva appena lasciato la bella Sirmio e il
buon gulasch che non era ancora stato inventato e se ne va a Milano, per
imparare il meneghino.
Arrivato a Milano, trova un
guazzabuglio, come in quasi tutto l'Impero. C' erano residui di pagani, c'erano
cristiani emergenti, c'erano tedescotti e franchi; e legionari romani che non
avevamo mai visto Roma e parlavano strani dialetti. Insomma, era un gran
momento di transizione, di gran casino come sarebbe il caso di dire, tra
l'impero di Roma e l' impero della Chiesa. E non ci si capiva un tubo.
Cattolici, cristiani, manichei, donatisti, pelagiani, ariani, ortodossi, Montechi
e Capuleti. Di moda gli uni o gli altri secondo gli Imperatori, se d'Oriente o
se d'Occidente.
E talvolta anche secondo le
Imperatrici, come a Milano l' Imperatrice Giustina, ariana, che se la dovrà
vedere con Ambrogio. E lui con lei...E vincerà lui.
Bene, arrivato li, a Milano, il
bravo Ambrogio niente di meno che come Governatore Romano per la Gallia
Cisalpina--Italia settentrionale-- cominciò a operare bene, con efficacia,
ordine e giustizia. Ed il popolo, anche se spesso è testone, questo lo capta. Cominciarono
a stimarlo. Ed Ambrogio, bisogna ammetterlo, se lo meritava perchè
sapeva governare con saggezza ed equilibrio in tutto quel bailamme in
trasformazione.
E passano gli anni.
Ad un certo momento morì un certo
Aussenzio, vescovo di Milano, ariano. Non ariano nel senso hitleriano di razza
ariana ma ariano nel senso di rito, da Ario, quel tipo che poi fu scomunicato
dalla chiesa cattolica. Bene, al morire 'sto vescovo, per un misterioso motivo
di illuminazione delle masse, il popolo di Milano voleva nominare Ambrogio,
civis romanus e Governatore, come Vescovo della Città.
A quei tempi, ripeto, c’ era
dualità tra i poteri: da una parte Roma, in via di estinzione e con il senato
romano che contava sempre meno; e dall'altra parte la forza della nuova religione,
con le sue nuove credenze ed entusiasmi.
E chi era più importante, allora
? Il Vescovo o il Governatore? Mistero delle epoche di transizione dove
l'importanza non è data dal grado cucito sull'uniforme o dalla presunta verità
della ideologia che si professa, ma dalla personalità del singolo soggetto.
Quello che oggi si dice carisma personale.
Totale, contro la volontà della
Imperatrice Giustina, il Governatore Romano Aurelio Ambrogio viene nominato
Vescovo di Milano, senza neppure essere stato battezzato e senza essere,
quindi, nemmeno sacerdote. Per acclamazione popolare.
Il popolo, la plebe, è ignorante
e influenzabile, certamente. Nessuno si offenda ma è così. Però alle volte per
istinto ci azzecca. Un uomo semplice vede poca differenza tra un Governatore e
un Vescovo. Tutti e due hanno una certa prosopopea. Tutti e due lo comandano.
Deve ubbidire a tutti e due. Tutti e due mangiano bene. Tutti e due
sono i signori di fronte ai quali bisogna togliersi il cappello. Però nel caso
dei milanesi, percepiscono che Ambrogio è un uomo giusto. A loro non importa
che sia Governatore o Vescovo. Nemmeno importa loro che sia cristiano, ariano,
ortodosso. Queste differenze sono robe da signori. Il poveretto ha i suoi guai
e non gliene frega niente di quelle distinzioni che non capisce. Solo sa che si
fida di lui. Spera di potere mangiar meglio. Si fida di lui. Lo
acclamano. Lo votano.
Aveva solamene 33 anni.
E qui cominciò la sua carriera
che durò 25 anni.
Però ora voglio chiarire subito,
che da quel momento la mia benevola aspettativa per Aurelio Ambrogio, si
trasforma via via in decisa antipatia per il fanatico religioso. Perché così
diventerà Sant'Ambrogio, fanatico e prepotente. E la chiesa lo fece Santo.
Indubbiamente ebbe anche i suoi
meriti. Ma i soprusi, solo in parte giustificati dai tempi. alienano le
simpatie di qualsiasi moderno.
Vediamo un po'. Qundo il
popolo esultante lo acclamò volendo che fosse lui, il bravo ed efficente
governatore romano, a diventare vescovo e praticamente
padrone di Milano, in una sola settimana fu battezzato, fatto prete e
consacrato Vescovo. Non abbiamo notizie certe di cosa pensasse
intimamente. Sappiamo e lo abbiamo già detto, che nella sua famiglia, ancorché
patrizia di vecchia data con gli Aurelii e i Simmaci, da un paio di generazioni
c’erano anche dei cristiani. Ma come fosse realmente lui non lo si sa di
sicuro e forse non lo sapeva nemmeno lui stesso. Per lo meno certe simpatie per
il cristianesimo doveva avercele. Fossero come fossero le sue idee, o per sincera
convinzione o per un certo senso del dovere verso il "popolo" che lo
aveva eletto Vescovo Cristiano, l'ex Governatore patrizio romano si trasformò
con il tempo in un potente rappresentante valido della nuova religione. La
difese ad oltranza, sia come sia e la impose molte volte con prepotenza. Senza
dubbio era uomo di grande personalità, di quelli che incutono soggezione e
sanno comandare; e si fanno anche ubbidire con un certo piacere da quegli
ubbidienti che spesso per pigrizia mentale preferiscono seguire l'andazzo
più facile: applaudire invece di criticare e magari arrischiare. Di lui si sono
dette una infinità di cose: eventi, azioni, atteggiamenti, persino miracoli. Se
poi sono stati certi, o inventati o ingigantiti, questo non si sa. Però senza
dubbio fu un grande artefice del predominio della Chiesa emergente sullo stato
Romano in decadenza. E se le cose avvengono, una certa ragione c'è sempre. E la
Chiesa, nonostante i suoi grandi difetti, conosciuti, ebbe anche molti pregi,
parecchi, volutamene ignorati e a volte suo malgrado.
Ricorderemo che nel 313
Costantino con il famoso decreto aveva concesso libertà di culto a tutte le
religioni, dimostrando saggezza politica. Ma in poche decadi la nuova tollerata
religione cristiana si trasformerà sempre più in una autocratica intollerante
religione orientale. L'Imperatore Teodosio, spagnolo uomo di indubbio valore ma
succube, in questo caso, della forte personalità di Ambrogio, nel 380
proclamerà il Cristianesimo Religione Ufficiale dello Stato Romano, anche se
già moribondo. Appena l'anno dopo questo decreto di Ufficialità Unica,
il nostro Vescovo intraprendente fece mettere fuori legge anche l' arianesimo.
E dieci anni dopo osò proibire anche i vecchi culti pagani nella stessa Roma.
Proibiti! Kapùtt !
Finì la democrazia e qualsiasi
sintomo di tolleranza, almeno apparente, per l'altro .
Cadde la maschera.
L' Indovino, il Santone, il
Sciamano, il Sacerdote, il religioso in generale quando dice di essere
tollerante, lo dice perché non può fare a meno di dirlo, ma non è tollerante.
Se è in buona fede, ammesso che lo sia, è convinto di essere lui l'eletto di
chissà che divinità. E la tolleranza è solo apparente. Se potesse, strozzerebbe
tutti i suoi presunti nemici.
Questa era la epoca, più o
meno, in cui politicamene si era deciso di dividere l'
ormai molto esteso Impero Romano, creando quattro zone di potere.
Legate tra di loro, ma anche con una certa indipendenza perchè a
quei tempi non c’erano nè telefoni nè telegrammi nè aerei.
Diocleziano inventò allora la Tetrarchia: due Augusti e due Cesari; due
imperatori, due vice imperatori e qualche confusione. Graziano fu uno di questi
imperatori dimezzati e ebbe sede anche a Milano. Forse era cristiano, forse no.
Comunque l'arcigno Ambrogio tanto insistette con lui da obbligarlo, con più o
meno voglia, a far ritirare dal Senato di Roma, la statua della Vittoria.
Non era un statua qualsiasi. Era
un simbolo sacro.
La aveva collocata il grande, l'
Augusto Cesare Ottaviano, il primo Imperatore Romano. E cadde il simbolo di
Roma. E con il simbolo qualcosa di più. La ritirarono nonostante l'opposizione
dei Senatori Romani, pagani nella loro stragrande maggioranza.
Bellissima e triste ed inutile fu
la protesta-necrologio di Simmaco.
La nuova religione stava ormai spadroneggiando,
nella stessa Roma.
Era in buona fede il vescovo
Ambrogio discendente di patrizi romani?
Da una parte aveva atteggiamenti
innegabili di carità cristiana, come fu quando si privò, (si disse) di tutti i
suoi beni in beneficio dei poveretti. Poveretti, sì, ma poveretti cristiani. E
sempre cercò di dare la massima assistenza agli emarginati, ma che fossero
cristiani. E combatteva, lancia in resta, a difesa di quello che considerava il
giusto. Giusto, secondo il suo criterio, naturalmente e secondo quello che
considerava suo dovere.
Ed in questo rivelava il
suo lato tedesco, con atteggiamenti e mentalità chissà
assorbite inconsciamente nei primissimi anni della sua vita a Treviri, in
Germania: obbedire al capo. eseguire gli ordini e difendere con tutte le sue
forze la causa della rivoluzione cristiana.
Però il lato latino
si rivela in atteggiamenti machiavellici, astuzie, bugiette ed invenzioni di
miracoli con fini di conversione.
Per esempio: una volta predicò
tanto che l' Imperatore Graziano poteva anche fare e meno di considerarsi un
"grande imperatore", perché le vittorie delle truppe romane si
dovevano più alla volontà di Dio che all'esercito. E che quindi sia
l'Imperatore come i suoi soldati dovrebbero pregare di più ed osservare gli
insegnamenti della Chiesa; ossia i suoi propri, dello stesso Ambrogi, invece di
andare in giro a pavoneggiarsi.
Però, in un'altra occasione
predicò con tono di rimprovero che una certa sconfitta si doveva ai suoi errori
e alla poca preparazione dell'esercito e che la smettesse di attribuirla alla
volontà di Dio.
In un'altra occasione ancora
dimostrò la sua arrogante volontà a proposito della distruzione di una Sinagoga
in Asia, ad opera di cristiani fanatici e del loro vescovo compiacente. Bisogna
far osservare che l' evento si era prootto ai tempi di vigenza dell'Editto di
Costantino, quando c'era piena libertà di culto per tutte le religioni,
includendo la ebraica, naturalmente. Cosicché le pratiche religiose ebraiche
erano completamente legali e incendiare una sinagoga era atto illegale.
Esattamente uguale come incendiare un tempio cristiano o pagano. L'Imperatore
Teodosio, con giusto criterio interpretativo delle leggi, aveva ordinato al
Vescovo locale che ricostruisse il tempio distrutto a spese della chiesa cristiana.
Al sapere questo, il furibondo Ambrogio levò le braccia al cielo ed armò
un solenne putiferio contro l'Imperatore.
....quel posto che ospita
l'incredulità giudaica dovrebbe essere ricostruito con il patrimonio che i
cristiani hanno per la protezione di Cristo?...bruciare le sinagoghe non è
certamente un crimine ma un atto glorioso!... e che non vi sia nessun posto al
mondo dove Cristo sia negato!...
E l'imperatore Teodosio dovette
vergognosamente ritrattarsi.
In un' altra occasione , come in
parte già detto, tanto confabulò e tanto fece che evitò che l' Imperatore
ricevesse Simmaco, in rappresentanza del Senato Romano. Simmaco era persona
importantissima della vecchia aristocrazia romana. Era stato amico di
Ambrogio in epoche passate e gli aveva fatto anche vari favoretti, perché
oltre alle stime reciproche erano anche amici e erano pure parenti.
Che l'Imperatore non ricevesse Simmaco, per insistenza di Ambrogio, fu una
terribile mancanza di cortesia, di riconoscenza e fanatismo. Simmaco era pagano
come la maggioranza dei Senatori Romani e si opponeva alla rimozione della
statua della Dea Vittoria nel Senato Romano, ed Ambrogio temeva la sua
oratoria. E fu quando, come già detto, Simmaco dette una bellissima orazione
funebre, quasi ad memoriam. Ma la statua venne rimossa.
Un' altra delle sue azioni
machiavelliche e di prepotenza fu quando chiese a Graziano che convocasse un
Concilio ad Aquileia (vicino Venezia) per sentire le opinioni ed eventualmente condannare
due vescovi ritenuti eretici da Ambrogio, perché erano ariani;(ariani
appoggiati dall'Imperatrice Giustina, matrigna di Graziano, ariana fanatica,
sempre in battibecco con Ambrogio).
L' Imperatore Graziano voleva,
giustamente, un Concilio piuttosto numeroso, per poter avere più opinioni su un
argomento che era ritenuto basilare a quei tempi: che se il Figlio(Gesù) fosse
importante come il Padre(Dio) o meno del Padre.
Invece Ambrogio insistette per
ottenere che i vescovi fossero pochetti e di sicura fede cattolica Romana.
Ortodossi, si diceva, ossia come era lui, come Ambrogio. Cioè, in altri
termini, eliminando l' opposizione. Ed appunto, machiavellicamente, ebbe
la faccia tosta di insinuare all'Imperatore che per constatare la verità non c'
era bisogno di tanti vescovi né incomodarne tanti in un viaggio così lungo dal
lontano Oriente. Viaggio costoso per la Chiesa e pesantissimo per vescovi già
vecchierelli. Graziano, spesso incerto, di fronte alla sicurezza di Ambrogio,
acconsentì.
Con il tempo fiorirono una
quantità di leggende, racconti, favole che durarono un bel po' anche dopo la
sua morte. Senz'altro era un personaggio amato dal popolo, lo adoravano, lo
seguivano in tutto. Sarà che il popolo si innamora dei tirannelli? E poi,
magari, nel giro di un generazione, se non sono morti per conto loro, i figli
degli osannanti li accoppano?
Si diceva, con altro esempio, che
da piccolo, nella culla, un mucchietto di api si era avvicinato alla sua bocca
e depositato miele sulle labbra del bebè. Chiara simbologia magica per indicare
che da grande sarà un magnifico oratore...o conta-balle? E che le parole
usciranno dalla sua bocca come miele e convinceranno tutti.
E quasi mille anni dopo, in una
delle tantissime battaglie in Italia, il Santo apparve a cavallo,
improvvisamente e vestito da soldato con la spada in mano, per dar man forte a
Luchino Visconti e suo nipote Azzone.
I milanesi, riconoscenti alla
Madonnina ed evidentemente partigiani dei Visconti, fecero una bella chiesa a
memoria del miracolo e poi, un po' più tardi, porranno un magnifico altorilievo
in una porta di bronzo del famosissimo Duomo, a ricordo perenne dell'evento.
E negli uffici religiosi fu
lui, lui, proprio lui, che inventò il rito che non poteva non chiamarsi
Rito Ambrosiano. E introdusse come grande novità dei canti liturgici di stile
orientaleggiante, bellissimi.
Adesso non sono più tanto novità,
ma sono realmente sempre affascinanti e suggestivi.
A leggere oggigiorno le teorie
cristologiche di Ario, in auge allora, uno non si sente di dargli tutti i
torti. Non potevano non sorgere certi dubbi. A parte che , sentitissimi
all'epoca, quei dubbi sono ormai superati e nessuno più se ne interessa ne li
comprenderebbe. Chissà Ambrogio temeva proprio questo: che sorgessero dei
dubbi. Era uomo di stato. Veramente uomo di stato. E sapeva che il popolo non
deve avere dubbi. Deve aver fede, credere, obbedire e... basta. Veneremos
cernui, dice l'inno.
Il dubbio deve esistere, certo ed
è basico nella filosofia e nel sapere. Ma deve essere aborrito per le masse.
Per un motivo o per l'altro,
intrinseco o per convenienza politica, era comunque acerrimo nemico dell'eresia
Ariana, in auge nella Corte Imperiale di Milano, quando c'era l 'imperatrice
Giustina. E ricorse a sotterfugi e colpi di mano per sottrarre a quella setta
le sue chiese di Milano e concederle al rito cattolico tradizionale.
E non so perché, questo mi
ricorda le azioni di certi manganelli nella decada del 1920/30, in Italia.
Anche in quegli anni ci fu il
cambio di nome del giorno di festa: prima la domenica si chiamava DIES
SOLI, giorno del dio sole nella Roma pagana con tanti belli Dei che ci
accompagnavano nelle buone e nelle malefatte. Si cantava l' Inno al Sole,
trasformato poi in Sole che sorgi...e che ancora emoziona le fibre
di certi italiani anche se ormai vecchierelli. E lo chiamò DIES
DOMINI, il Giorno del Dominus cioè del Signore cioè
Domenica. E Ambrogio ordinò che questo giorno tutti andassero a messa.
Obbligatorio, quindi, andare a messa la domenica e le altre feste
comandate. Comandamento.
E in un'altra occasione accadde un fatto che, chissà
per sghiribizzo, voglio commentare. Durante un suo viaggio, probabilmente per
Propaganda Fide, volle il destino o un certo San Valentino, un bel santo
mattacchione, che il nostro austero ed arcigno Ambrogio s'imbattesse con un
magnifico esemplare di Valchiria, la Regina dei Marcomanni, tribù di tedeschi
pagani e peccatori, destinati all'inferno. Ambrogio, uomo buono che si occupava
delle anime altrui, ci mise tutta la sua forza di convincimento per salvarli
dal castigo eterno. La Regina fu addirittura ammaliata dalla eloquenza dal
virile patrizio romano anche se vestito da prete. E si sottomise a lui. In che
senso si sottomise? Questi particolari non interessano. Le fonti tacciono.
Quello che si sa è che lei ed il suo popolo si convertirono al cristianesimo,
quello giusto, il Cattolico
Romano, ipso facto, in un batti
baleno.
Le vie del Signore sono tante, dicono certuni.
E con Ambrogio ci fu anche un
certo cambio nella liturgia cattolica. Nei primi secoli del cristianesimo la
confessione era un evento sociale. Tutti confessavano i loro peccati
pubblicamente. Ma un certo giorno che succede? Che un donna confessa
pubblicamente di aver commesso adulterio la notte prima niente di meno che con
il confessore, presente. Non abbiamo mai saputo la reazione del marito cornuto
ne` quella del prete galante. Pero da allora si considerò proibire la
confessione pubblica, coram populo, ed accettarla, opportunamente,
molto più privata, seminascosta, quasi confabulata, specie per le donne.
La mia sincera opinione su
Aurelio Ambrogio , Governatore e poi Vescovo di Milano?
Fa parte di quel gruppo di
persone e personaggi che, pur riconoscendo loro grandi capacita in generale e
forse anche necessità sociale di agire come agiscono, io pur tuttavia non
riesco a digerire.
36/ SANTO AGOSTINO
DI IPPONA
(354—430)
Aurelio Agostino nacque a Ippona, Algeria. Suo padre
era romano, pagano e sua mamma berbera, cioè nord africana però già cristiana e
col tempo sarà Santa Monica; e non si sa bene perché. Però io sono d'
accordissimo con la Chiesa che fece santo suo figlio: per aver sopportato per
tanti anni una madre, buona donna certamente, che lo adorava, si, ma molto
ficcanaso e che non lo lasciava in pace e che gli rovinò la famiglia.
Agostino era una ragazzo molto intelligente, i suoi se
ne accorsero subito e lo mandarono a studiare a Cartagine che, nonostante il
DELENDA EST, era poi stata ricostruita. E costì si innamorò della letteratura,
dell'eloquenza, del teatro. Fu bravissimo in tutto. Era anche un bel ragazzo,
capelli neri, sguardo profondi, spesso ironico, con un certo spirito birichino,
gli piacevano le ragazze. A chi no, a quell'età? Insomma da giovane godeva
della vita e dei bei regali che gli aveva fatto madre natura. Però non era
superficiale come la maggioranza dei ragazzi alla sua età. Era sempre un po'
inquieto alla ricerca di qualcosa di nuovo.
Cominciò a notarsi in lui un certo cambiamento al
leggere l' Hortensius di Cicerone. E con questo si innamorò
della filosofia e della speculazione filosofica. La qual cosa non gli impedì
che si innamorasse davvero anche di una bella ragazza con la quale poi visse la
bellezza di 14 anni e con la quale ebbe un figliolo. Chi lo avrebbe detto
che questo giovane estrovertito, simpatico, geniale ed amante della vita si
trasformasse con il tempo in un filosofo insigne, santo e gran Dottore della
Chiesa Cristiana?
Cosicché , innamorato della bella Berebere, però anche
della filosofia e scoperto questo nuovo gioco intellettuale, cominciò anche lui
a porsi il gran problema "della verità", la famosa domanda di
Poncio a Gesù di Nazareth trecento anni prima e rimasta senza risposta. E alla
ricerca della verità si avvicinò al Manicheismo, con gran disperazione di sua
mamma, cattolica ortodossa fervente. Però dopo qualche anno abbandonò la setta
manichea e in discussioni retoriche e filosofiche vinse le teorie del
Vescovo Fausto, gran gurú del Manicheismo.
La vittoria lo lasciò scettico. Lui era cristiano quasi
certamente, però, che tipo di Cristiano ? C' era un mare magum di
teorie e interpretazioni, un pullulare di "eresie", sette, opinioni,
tendenze...delle più disparate, tra coloro che si dicevano cristiani. Ed era
giusto e comprensibile che succedesse questo nello sbocciare in una nuova
religione che pretendeva essere universale però anche valida per tanti popoli
così diversi come quelli che avevano formato l'Impero Romano e che doveva
quindi ancora formasi regole ed i regolamenti dell`universalità. Da setta
di poco più di quattro beduini a diventare religione valida di "tutto il
mondo conosciuto", la strada da fare era tanta. E i dubbi sorgevano e
dovevano sorgere e contrastarsi certamente, la qual cosa è sempre indice di
vitalità. Soprattutto per menti sveglie e ce ne erano molte; e quella di
Agostino, sia pur giovane, non era certamente la meno qualificata. La
immobilità, la ieraticità è la morte di tutto. Cosi che anche Agostino pensava,
ragionava, dubitava, come tutti quelli che, anche se agnelli di
dio, hanno un po' di sale in zucca e arzigogolano.
C' è un bellissimo quadretto descrittivo dei problemi
di allora ed ancora lo ricordo con tenerezza perché a me bambino lo raccontava
mia nonna come una bella favola:
Si racconta che un giorno, passeggiando in riva al
mare tutto pensieroso cercando di risolvere il problema della Trinità, il
grande Santo vide un bambinetto che giocava facendo un buco nella sabbia con un
secchiello che costantemente riempiva con acqua di mare.
"Cosa fai ?"
"Prendo tutta l' acqua del mare e la metto in
questo buco."
Il filosofo, intenerito sorride e gli dice:
"Ma questo è impossibile bambino!"
Ed il bimbo gli rispose:
"È più difficile per la tua piccola mente capire
il mistero di Dio. "
Poco dopo questo evento, favola o no, Agostino ai suoi
ormai 29 anni, volle realizzare un suo sogno: quello di andare a Roma. Siccome
sua mamma non era affatto d'accordo con questo, il bravo Agostino scappò.
Scappò di casa, si portò dietro moglie ( concubina) e figlio, prese un
biglietto di solo andata e con una bella nave arrivò a Roma. Arrivato a Roma
come povero extracomunitario del Magreb cominciò a cercare lavoro. Trafficò un
po', qualche delusione iniziale, l'adattamento, ma finalmente conobbe, chissà
come fece, niente di meno che Simmaco, quel pagano aristocratico romano parente
di Ambrogio, dei quali abbiamo testé parlato. Simmaco era Praefectus
Urbis. Gli piacque Agostino e gli dette un bel posto di Professor di non so
di che a Milano. Forse, chissà, il nostro Simmaco, cercava in tutte le maniere
di frenare in qualche modo l' ambizione, la fama e il potere di San Ambrogio,
amico di gioventù, che adesso atteggiava a padrone di Milano e dava consigli e
ordini anche a due Imperatori.
Ed a Milano, effettivamente quel diavolo di Vescovo
che era Ambrogio cercò di convertirlo, cosi su due piedi. Ma Agostino era un
osso duro da rodere. Era già uomo di grandissima cultura, erudizione, profondi
desideri di conoscere il perché delle cose, voleva dimostrazioni, opinioni
sicure. Insomma anche a Milano cominciò a cercare. Prima si avvicinò agli
Accademici con il loro pessimismo scettico. Poi si avvicinò al neoplatonismo.
Voleva poter vivere una vita dedicata allo studio, alla ricerca della verità
disprezzando onori, quattrini e piaceri. In teoria cercava anche la castità.
Chissà perché esiste questa mania in certe religioni di cercare quella cosa
contro natura che è la castità. Personalmente considero piu contronatura
la canstità che l`uomosessualita. La cercava anche Agostino, teoricamente, ma
era giovane e sentiva forti gli impulsi naturali.
Sua mamma, l' impicciona Monica, lo aveva inseguito
fino a Milano e non lo lasciava in pace. E probabilmente per le insistenze
della mammina bella, si distanziò dalla sua amica, amante, compagna,
concubina...che gli aveva dato il figliolo Adeodato e con la quale aveva
vissuto in santa pace per 14 anni. Si distanziò lui stesso o volle andarsene
lei, da sola, la bella Numidia? Vai saperlo. Non si riesce a capire. Pare che
avesse promesso ad Agostino che sarebbe tornata da lui e dal figlio. Ma
non tornò mai, né si seppe nulla di lei.
Poi sembra che la brava mammina volesse farlo
fidanzare con una ragazza di Milano. Evidentemente non c' era stata mai molta
simpatia tra Monica, Santa o no, e la quasi nuora, la bella Numidia di cui
nessuno sa il nome.
Razzismo perché era scuretta di pelle? Anche Monica lo
era. Chissà, magari forse per quello.
Anche la Vergine Maria la dipingono sempre bianca come
fosse una valchiria, come Brunilde, la valchiria dai capelli scuri. Vai a vedere
come sono ancora adesso le contadine palestinesi ed immagina come erano due
mila anni fa. I chiari di pelle e biondi tra gli Israeliani sono quasi tutti di
origine askenazi. di quelli che con le diaspore del 71 e del 130. andarono a
finire in centro Europa o magari in Russia, per mischiarsi chissà con chi. E se
non si sono voluti ufficialmente mischiare per non contaminare il sangue, le
donne ebree avranno detto ai loro uomini, sempre creduloni, che i figli
biondastri, to',guarda un po', lo erano per simbiosi
ambientale.
Torniamo ad Agostino.
Rimase solo con il suo figliolo Adeodato. Non sappiamo
se cacciò di casa la bella compagna da 14 anni o se lei se ne andò, stufa
o furiosa contro la suocera. Comunque sia, si dedicò a leggere e studiare i
vangeli. E qui si racconta in un' altra favola che passeggiando sempre
pensativo per i bastioni di Milano un bel giorno senti la vocetta di una
bambina che canticchiava" Tolle et lege ...", ossia
in latino prendi e leggi. Agostino prese questa canzioncina come un segno
premonitore, aveva la Bibbia in mano, la riapri a caso e ci incontrò un pezzo
delle Lettere di Paolo di Tarso ai romani. Nelle tre edizioni della Bibbia che
ho io, nella mia biblioteca, le lettere di Paolo non ci sono, ma nella Bibbia
di Agostino evidentemente c'erano. Chissà cosa lesse. Che doveva pagare le
tasse? Paolo scrisse ai Romani che da bravo cittadini dovevano pagare le tasse.
Ma il fatto è che pochissimi giorni dopo se ne andò, con il figliolo Adeodato
ed alcuni amici, a vivere in una bellissima casa di campagna di un amico ricco;
un certo Verecondo, il quale facendo onore al suo nome si vergognava di
chiedere l'affitto a dei filosofi che cercavano la verità ed avevano quindi
cose più serie cui pensare che non esere distratti da un miserabile
affitto.
Dopo un bell'annetto di vivere in campagna all'aria
buona, studiando i vangeli e sempre pensando e meditando finalmente un buon
giorno tornò a Milano. Vide Ambrogio. Gli chiese che lo battezzasse. E
Ambrogio, trionfante per tanto onore, lo battezzò.
E subito dopo prende un'altra bella nave, per
tornarsene in Africa. Per cercare la mamma di suo figlio? Questo non si sa.
Quello che si sa è che un'altra mamma, la sua, la onnipresente Monica che stava
con lui, sulla nave. ad un certo momento smise di essere onnipresente. Si
ammalò però mori felice perché il suo bell'Agostino era finalmente diventato un
bravo cristiano cattolico, apostolico e romano tradizionale. E la Chiesa la
fece Santa.
Arrivato in Africa, Agostino vende tutti i suoi beni,
evidentemente ereditati dal padre ed il prodotto lo ripartì tra i poveretti
riservandosi solamente una piccola proprietà per farci vita da monaco. Dopo
pochi anni la sua tranquillità di monastero terminò e senza troppi entusiasmi
accettò essere consacrato sacerdote e poi Vescovo.
Pero, una volta nominato vescovo, si dette da fare con
la sua attività e continuò a scrivere molto, moltissimo. Mori da quelle parti,
in Hippona. a 75 anni, ai tempi di Genserico con i suoi Vandali. E la parola
vandalismo indica senza dar luogo a dubbi che ci ricordiamo ancora della loro
splendida civiltà.
L'opera letteraria più importante sono LE CONFESSIONI.
Però quella per la quale si è parlato e letto di lui
per più di mille anni è stata la CIVITAS DEI, dove c' è tutto il suo pensiero. La
cominciò a scrivere come cristiano, per difesa dai pagani che accusavano il
cristianesimo responsabile della caduta di Roma; in specifico fu intorno al
410, quando vi irruppe Alarico con i suoi Visigoti. Ed in questa difesa
Agostino aveva completamente ragione. L'Urbe aveva civilizzato e dominato il
mondo politicamente durante mille anni. La debolezza era dovuta perché prima o
poi ad ogni auge corrisponde una caduta. E non per l'avvento del cristianesimo.
Tutto il contrario, direi. Il cristianesimo fiorì in Roma per cercare di
soddisfare certe nuove esigenze spirituali e fu grazie al cristianesimo,
nonostante gli errori e orrori della sua chiesa, che Roma si mantenne ancora
viva e fulcro del mondo soprattutto europeo per secoli ancora, per lo meno fino
al Rinascimento ed alla Riforma.
Il principale lavoro di Agostino da Ippona,
considerato allora importantissimo per il tema trattato, fu DE
TRINIDATE, sulla Trinità Divina, cioè Padre Figlio e Spirito Santo, del quale
oggi non se ne parla più e nemmeno si sa cosa sia: in riassunto se Dio è più
importante di Gesù Cristo o se sono allo stesso livello. E per questo allora ci
si accapigliava. Allora. Adesso ci si meraviglia che ci si accapigliasse.
Scrisse sull'indissolubilità del matrimonio e le
conseguenze sono ancora attuali nella Chiesa Cattolica.
Formulò le più antiche leggi pratiche sulla vita nel
Monastero occidentale, per quelli che saranno i monaci Agostiniani.
E nei suoi scritti in generale fu molto battagliero ed
incisivo affermando le sue teorie contro tutti quei cristiani che non la
pensavano come lui nel pullulare di sette ai suoi tempi. Contro i Manichei,
Donatisti, Pelagiani, Ariani ed altre eresie meno conosciute. Forse, quella che
attualmente potrebbe ancora interessare è la Eresia di Donato ( Donatisti
) il quale, per cercare di combattere la rilassatezza di costumi di certi
sacerdoti, sosteneva che il Sacerdote in peccato no poteva impartire i
Sacramenti. Per un cristiano che crede nei sacramenti, questa affermazione non
manca di logica.
Come può un prete che con le sua mani mezz'ora prima
ha accarezzato il culo di una ragazzina, pretendere di dare con quelle stesse
mani la Ostia che è il corpo di Dio? si chiedeva Donato più o meno in questi termini.
Però Agostino condannò la teoria del vescovo Donato, affermando che il
sacerdote, anche il più empio, è sacerdote IN AETERNUM ! E questa è ancor oggi
la teoria della Chiesa Cattolica.
Fu anche contrario a Pelagio. Costui sosteneva che
ognuno è responsabile dei propri atti ma nessuno è responsabile per gli atti
dei sui genitori. Così, secondo Pelagio, il famoso peccato Originale di Adamo
ed Eva non è trasmissibile ai figli. I bimbi nascono tutti ingenui e puri e non
c' è bisogno di lavare nessun peccato perché non esiste nessun peccato.
Verrebbe da pensare con la mentalità di oggigiorno che Agostino era matto da
legare a non condividere questo. Eppure no. Agostino era intelligentissimo e
cercava in buona fede di essere il più giusto possibile. Per capire questo
atteggiamento in lui c'è solo da immaginare in che stato di arretratezza e
primitivismo si vivesse ancora a quei tempi, se un cervello di primissimo piano
come il suo pensava cose inaccettabili oggigiorno.
Si batté contro l' Arianesimo che fu la dottrina
cristologica apparentemente appoggiata da Costantino e che per poco diventò la
teoria ufficiale della Chiesa cattolica. La discussione era a proposito della
seconda persona della Trinità. Ario sosteneva che essendo Cristo stato creato
da Dio ed avendo quindi un inizio, non aveva la perfezione dell'eternità che
invece aveva il Padre e pertanto era di categoria inferiore. Il concetto di
Trinità con tre persone uguali e distinte, Dio uno e trino, attuale nella
chiesa Cattolica, si afferma con Agostino. I vari popoli germanici, che
in una maniera o nell'altra invadono Italia Spagna e altre regioni europee,
erano cristiani di credo ariano. A Milano, ai tempi di Sant'Ambrogio,
coesistevano le due tendenze, la cattolica tradizionale e la ariana. Nella
lotta, prevalse la Cattolica. Santo Ambrogio e Santo Agostino erano
cattolici. Se c'era qualche santo tra gli ariani, questo non si sa.
I germanici, con il tempo, si convertiranno al
cattolicesimo e, sicuramente, senza capire bene la differenza. E spesso la
conversione fu per ragioni di convenienza politica, ovviamente.
Oggigiorno nessun cristiano cattolico o di altra setta
si pone questi quesiti. Ma quello era un periodo di formazione.
Il nostro Agostino prevalse anche contro il Grande
Origene. E non accettò la sua apocatastasi. Parola difficile questa
apocatastasi: ma significa che secondo Origine l'inferno non è eterno, che le
fiamme sono di purificazione e che al finale dei tempo Dio perdonerà a tutti,
anche a quel povero Diavolo che tornerà felice in Paradiso. Invece ad Agostino
questa idea el perdono finale no gli piacque, diceva che, l' inferno c'era
davvero ed era eterno. Ed anche qui, chissà, un cristiano moderno, anche se
buon cristiano, rimane un po' perplesso: l' inferno eterno...l' è un
po' lunghetta eh?
E magari penserà: Speriamo che Origine abbia
ragione.
E poi 'sto benedetto di San Agostino se la prese anche
con gli ebrei.
Scrisse ADVERSUS JUDAEOS. E li accusava di essere
nemici della nuova religione cristiana, come se la nuova religione non fosse
sorta come setta universalizzata della religione di Jahvè e come se Gesù non
fosse ebreo, circonciso e che certamente non parlava latino ma arameo. Ed
allora sosteneva che tutti i dolori e problemi degli ebrei con le due diaspore
del 70 e del 130 non erano dovuti alla rivolta di Bar Coibá che aveva fatto
uscire dai gangheri un buon imperatore come Adriano, ma perché avevano
crocefisso il Figlio di Dio, senza ricordare che lo stesso Figlio di Dio
cercava il suo proprio sacrificio. Ed allora il nostro Agostino tira fuori
questo ragionamento: Gli ebrei discendono carnalmente dal padre e
patriarca Abramo. Noi, invece, continua san Agostino, discendiamo
a altre genti, è vero, ma imitando le virtù di Abramo ci siamo trasformati nei
suoi veri discendenti. E lo siamo per grazia di Dio, perché Dio non volle più
che i discendenti carnali fossero i veri eredi delle antiche virtù.
È chiaro che un moderno, oggigiorno, cristiano o non
cristiano, religioso o ateo, possa meravigliarsi di un ragionamento del genere
in un uomo ritenuto superiore. Però dobbiamo ragionare alla inversa: se era
cosi influenzato dall'opinione dei tempi un uomo dalle capacita intellettuali
di Agostino, dovremmo anche immaginare quali potevano essere i "ragionamenti"
degli altri uomini normali, mediocri, dei poveretti, della gleba e si capiscono
tanti eccessi spaventosi quando "la gente" si scatena senza saper
bene nemmeno il perché. Magari anche solo, forse, per rubare e mangiarsi due
pezzi di pane invece di uno o per sentirsi importante una volta nella vita.
Sul tempo, il tempo che passa, fece un considerazione
indubbiamente fuori dal contesto dei suoi tempi e che a me piacque molto. Il
tempo è una strana realtà perché è formato dal passato ed il passato non esiste
più. Il futuro nemmeno esiste perché deve ancora avvenire. Ed il presente?
Cos'è se non un istante che fugge?
E sul libero arbitrio fa questo ragionamento,
azzeccatissimo per i tempi. Il libero arbitrio, ossia la capacita-libertà
dell'uomo di decidere il suo destino. deve necessariamente esistere perché, se
non ci fosse, l' uomo non avrebbe nessun merito ne' nessuna colpa ma sarebbe
completamente amorfo. Che Dio sappia chi sarà condannato e chi no, è una delle
sue attribuzioni divine, la onniscienza; ma non è detto che voglia intervenire
o sia intervenuto nelle decisioni di ogni singolo; e quindi lo lascia o lo può
lasciare liberissimo di decidere il suo proprio destino.
Insomma, a quei tempi Dio faceva parte del
quotidiano.Non si ammeteva un iniverso senza Dio. E`anche vero che da tempi
antichissimi, biblici, in Geremia, per esempio, si parla di casi di ateismo; ed
anche in India, in Grecia, in Egitto, in Roma. Pero sono casi
eccezionali. In generale era impossibile immaginare una umanità senza un
dio che si prendesse cura di noi e che noi dovessimo ubbidirgli in qualche
modo, pena un castigo.
La conclusione su Agostino è che non era un fanatico
come moltissimi lo erano includendo il grande e pur intelligente Ambrogio:
troppo autoritario, arcigno, caparbio e sinceramente brutto. Come già
accennato, Agostino fu uomo che da giovane godette la vita con la allegria
della gioventù e si dedico ai piaceri del corpo oltre che a quelli dell'anima e
della cultura. Intelligentissimo, sveglio, bel ragazzo ambiziosissimo. E con il
passar degli anni continuò con i piaceri che la natura riserva a certe età,
dimostrando inquietudini, curiosità e sempre alla ricerca della "verità" in
tutte le direzioni che gli si presentavano, Homo Universalis ,si
potrebbe dire. Non era un fanatico, Non lo fu mai.
Quando arrivò al cristianesimo ortodosso, ossia al cattolico
tanto per intenderci, raggiunse qualcosa che stava cercando con anni di
riflessione. Il suo non fu mai cercare una scusa per giustificare una teoria
preconcetta o di altri. Ma tutto il contrario. Cioè arrivò ad una teoria, ad un
credo, dopo aver cercato tra cento ragioni.
Ed in quei tempi, ancora di passagio e di formazione
della nuova religione, quasi non si poteva vivere, a certi livelli ed ambienti
di cultura, senza porsi il problema della divinità e del soprannaturale.
Certo che il problema di Dio non è più, nella
stragrande maggioranza dei casi di persone di una certa cultura, un problema di
attualità. E qualcosa che francamente non interessa più. Se ne parla forse
ancora da ragazzi, ancora da quasi adolescenti, come si parla di tutte le cose nuove
che il giovanissimo va via via scoprendo nel rapido dirompere degli anni della
giovinezza. Però in generale è un morbillo che non ci affligge ulteriormente.
Siamo più preoccupati ai problemi della fame nel mondo, alle guerre, a
vincere malattie, a cercar di attenuare i vari fanatismi tuttora esistenti tra
i popoli meno civili e tavolta anche tra i ritenuti civilissimi.
Il problema di Dio non è più attuale.
Pero a quei tempi lo era, ed importantissimo. Ed
Agostino pur anche se in talune delle sue riflessioni oggigiorno ci
fa sorridere, lo volle risolvere. E lo risolse. Alla sua maniera, certamente,
non alla maniera di un altro...ma lo seppe risolvere e le sue opinioni
influenzarono l' Europa pensante per secoli. Quell'Europa che non era un
paesettino del terzo mondo, ma un continente che in ben tre occasioni fu
all'avanguardia dello sviluppo umano. Con l' Impero di Roma, con el
Rinascimentoe con la Rivoluzione Industriale. Con i suoi errori, certamente ma
anche con i suoi grandissimi successi.
Per divertita ironia e felicità rabbiosa dei razzisti,
il caso volle che il grande Agostino fosse mezzo africano. Per Jure
Soli e per Jure Sanguinis, di padre latino, di mamma
africana e con moglie africana. Suo padre Patrizio, curiale romano, era
pagano. Sua madre era una Africana - Berebere, cristiana. La Chiesa la elevò
agli altari e la trasformò in Santa Monica. In buona fede? O per razzismo alla
inversa, perché il grande San Agostino, Padre della Chiesa, fosse meglio
ricordato come figlio di una Santa e non di una Barbara? Tutto è possibile.
La compagna per tanti anni di vita di Agostino,
anch'ella di Numidia e che fu la bellissima madre del suo unico figlio, non è
mai nominata da nessuno. Se Agostino, da giovane, nascondendosi da sua madre,
volle portarla con se dall'Africa fino a Roma, questa donna doveva avere dei
meriti e senz'altro doveva esserci dell'affetto tra di loro. Però rimase l'
Innominata. Nessuno ci disse mai il suo nome. Ed anche Agostino lo tacque,
sempre.
Chissà perché, ma sento questo come l'unico vero
peccato di Santo Agostino.
37/
CARLOMAGNO
742—814
Herr Monsieur Carlo, germanico, sub gruppo Franco, è
una dimostrazione di come molto spesso i figli non si somiglino ai padri. Suo
papà era Pipino, il Breve , il piccolino e lui, il figlio, Carlo, volle essere
il grande, tanto grande che arrivò ad essere addirittura Magno. E fu Magno; non
tanto e solo per le conquiste future che essendo future non poteva conoscerle;
ma fu grande anche nella maniera più semplice: da giovane non finiva mai di
crescere. Arrivò alla notevole statura di quasi due metri, con orgoglio ed allo
stesso tempo grande preoccupazione di Bertrada, la sua bella mammina, perché
temeva che suo marito, il Breve, la ripudiasse per adultera. Bertrada anche era
una bella tedescotta, la Fettona, le dicevano, per i piedi grandi.
E ora qui dirò qualcosa che non sa quasi nessuno. La Bella tedescotta,
Bertrada, era affetta da asimmetria pedestre. Cioè, un piede era quasi normale
ma l'altro molto più grande, adatto per tirare calci di rigore. Ma il calcio
del ripudio non glielo dette nemmeno il marito, perché si fidava di lei.
Per questo, dicono, le tedesche si sposano con
tedeschi: perché i mariti si fidano delle mogli. Quello che poi vanno a fare
sole, al sole al sud delle Alpi, in vacanza, non si sa. Ma loro si fidano
sempre, lo stesso.
E Carlo era alto forte, ben proporzionato, con
bellissimi capelli neri.
Il marito, come detto, si fidava di lei, ma...
immaginarsi le amiche, le biondasse franco germaniche, invidiose di qualche
avventuretta di Bertrada con qualche europeo del sud dai capelli neri e sguardo
di fuoco!
Sia come sia, il giovane era estroverso, di gran
personalità, anche un po' chiacchierone, simpaticone, mangiava come un leone e
beveva a garganella, senza, però, mai perdere le staffe . Anche se era figlio
di Re - suo padre Pipino era Re dei Franchi - non gliene fregava niente di bei
vestiti e sete costose. Solamene quando sarà Imperatore, dovrà accedere a vestirsi
come un Satrapo Orientale...però per questo occorrerà del tempo.
Era anche un grande sportivo, cosa che quasi non
esisteva a quei tempi. Gli piaceva il nuoto e sentiva che lo fortificava.
E Carlo, quel fenomeno di uomo, non era mica come noi poveretti ! Di noi non
gliene niente a nessuno, invece lui aveva il suo storico personale, Eginardo e
se lo portava dietro; così racconta una infinità di cose di lui, grandi e
piccole. Per esempio uno si potrebbe chiedere per quali motivi strategici di
gran valore avesse deciso che la capitale dell'Impero doveva essere Aquisgrana.
E giù a ragionarci sopra. E arriva Eginardo e ci fa un bella risata: in un
brano poco conosciuto ci dice che scelse Aquisgrana perché aveva delle
bellissime, ampie, comode acque termali sempre calde, d'estate e d' inverno e
lui ci sguazzava e nuotava felice tutto l'anno. Chissà per questo è stato uno
dei pochi franco-tedesco che non puzzava tanto.
Aquisgrana era stata zona militare Celta prima di
diventare Romana. E da questi ultimi era stata usata per fini terapeutici e per
togliersi la cragna, lo zozzo di dosso. E la
chiamarono appunto Aquis-grana, acqua del dio Granum, divinità pagana che però
insegnò ai Cristiani, puri ma puzzolenti, a lavarsi come Dio vuole. Il papà di
Carlo Magno era Pipino il Breve, come detto. Ma anche se aveva un nome e
soprannome un po' ridicoli, non era assolutamente la macchietta che uno si
immagina. E, considerando i tempi, non era nemmeno tanto ignorante come la
maggioranza della gente. Fu un bravissimo Re e fu quel tipetto della famosa
astuta domanda al Papa Zaccaria: È Re chi ha il titolo di Re o chi
agisce come Re e di fatto comanda lui? Pipino era Maestro di Palazzo,
ossia Primo Ministro del Re, ma il re non contava nulla e faceva tutto lui.
Sembrava milanese. Cosicché, fatta la rispettosa domanda, inginocchiato di
fronte al Papa, ma con una mano sull'elsa, ricevette la risposta che aspettava.
In fondo era la giusta e lo legittimava a mandare in pensione in un bel
Monastero l'ultimo Re Merovingio: quel bravo ragazzo di Childerico III, che non
aveva nessuna voglia di fare il Re e nemmeno ne aveva le capacità. Era colpa
sua? E si arrese alla inevitabile prepotenza dei forti, chinò il capo e i sui
bei capelli lunghi e biondi, simbolo indubbio di potere, caddero sotto le
cesoie dell'obbediente Monaco Barbitonsore. E Childerico sarà l'ultimo di quei
re Fanulloni, les Rois Fainéants, che pretendevano essere
discendenti di Gesù Cristo e della bellissima Maddalena.
E cosi, piccolino come era, questo Re Pipino sapeva fare
le sue domande e fondò la sua dinastia dei Carolingi.
La cultura era qualcosa di secondario, a quei tempi.
Roba da preti. Chi contava era l' uomo forte, la spada, la forma più primitiva
del dominio. Comunque, per uscire dalla mediocrità o dalla servitù della gleba,
c'erano solamene due strade: o fare il soldato o fare il prete. Il prete,
ovvio, con il suo bagaglio di conoscenze, culture e superstizioni. Ed il sodato
che aveva la spada e menava botte a destra e a manca.
E così questo bel pezzo di ragazzone di due metri d'
altezza, crebbe come militare perfetto e come ignorante perfetto. Per
moltissimi anni non saprà ne leggere ne scrivere... però non era niente
fessacchiotto, come in generale gli uomini di cultura considerano i militari.
Era intelligentissimo, intuitivo ed imparava presto. E di tutto.
Però, anche se un po' ignorantello al principio della
carriera, seppe amministrare benissimo i suoi territori che, ignorantemente,
continuava ad aumentare.
Presto cominciò
ad apprezzare le persone colte. Sapeva, aveva capito che erano utilissime, se
ne servì e volle aprire a Aquisgrana la prima scuola del Regno, per togliere di
mezzo un po' di ignoranza. Chiamò professori famosi per insegnare. Naturalmente
seppe circondarsi di persone giuste, di buoni consiglieri. I lecca piedi li
odorava a distanza e li eliminò sempre. Uno dei più famosi Maestri che
contrattò fu a Alcuino di York. Famosissimo. Per suo volere si fondò la Scuola
Palatina:
"...la Schola
Palatina che divenne ciò che Carlo aveva sognato: il centro della
conoscenza e della cultura per l'intero regno e per l'Europa intera. Carlo
Magno stesso, la sua regina, sua sorella, i suoi tre figli e le due figlie
studiarono presso la scuola, un esempio che il resto della nobiltà non mancò di
imitare..."
Questo lo lessi questo da qualche
parte , lo copiai come appunto, ma non ricordo dove lo avevo letto. Succede,
alla mia eta.
Però chiarisco subito questo: la York di Inghilterra
non era certo quella Nuova, la New York d'America, che non esisteva ancora e
dove i quasi autoctoni pellirossa vivevano ancora nella più felice libertà di
scotennarsi a vicenda , ossia dove esisteva libero lo Jus
Scotennandi. E prego mi si conceda questo ex abrupto, ma
rende l' idea.
Insomma con questi atteggiamenti e aspirazioni, a parte
le battaglie che erano il suo pane quotidiano, il bravo Carlo voleva e volle e
potette rianimare l'Europa e iniziò quello che si chiamò poi il Risveglio
Carolingio. Quando un tipo è geniale come lo era Carlo sa fare di tutto. Anche
i fatti suoi. Anche con le mogli degli altri. Ma ai grandi è permesso tutto.
Bene. Così che grazie a Carlo Magno si ricominciò a
parlare e scrivere in Latino tra persone colte, anche se erano di diverse
Nazioni dell'ex Impero Romano, prima che quella bella lingua sparisse completamente
o fosse riservata alle luci incerte dei monasteri... luci di civiltà però anche
spesso luci di tenebre
Ed il popolino ovviamene continuava parlare il suo
dialetto, di vocabolario esiguo, che era il Volgare, il dialetto del volgo,
della gente e ogni paesetto parlava alla sua maniera, mischiando latino e
lingue varie che entravano urlate con prepotenza da tutte le parti.
E la figura di Carlo Mango, Imperatore, entrerà nella
storia, nella leggenda, nella religione, nei miti, in tutta Europa ed anche
oltre, con la Chanson de Geste e in poemi di Cavalleria
cortese, come la Chansón de Roland.
E la figura de Carlo Magno entrerà come un gigante y
difensore del cristianesimo.
Suo padre Pipino il Breve aveva fondato il regno di
Francia. Con la sua coronazione nell'anno 800, Carlo Magno fondò l'Impero
Carolingio, ossia riesumò l' Impero Romano di Occidente. Cosicché, sia pure con
certi screzi soprattutto iniziali, i due Imperi, quello Romano d'Occidente e
quello Romano d' Oriente, si considerarono ambedue come buoni fratellini, eredi
del Grande Impero di Roma.
Carlo Magno
morì ai 12 anni dalla sua incoronazione come Imperatore, all'età di 67 anni.
nell'anno 814.
Suo figlio, Ludovico il Pio, ereditò un gran Impero e
molto bene organizzato e fu un bravo e intelligente imperatore. Pero fu
solamente bravo e intelligente. Non aveva ereditato le supercapacità geniali di
suo padre, una delle persone più importati della Storia, ne' il suo carattere,
ne' la personalità ne' la sua mano di ferro: era un dominatore nato. Alla sua
morte l' Impero venne diviso in tre parti secondo le tradizioni germaniche. E
nessuno dei tre era granché speciale. Nessuno seppe affrontare ulteriori
invasioni, come quelle dei Normanni e degli Unni. Cosicché l'Impero Romano d'
Occidente non trovò una testa adatta per la corona di Imperatore e si disfece.
Però si continuò parlare di lui, del Grande
Imperatore: molto di tutto quello che aveva detto e molto di più di tutto
quello che aveva fatto, nella vita e poi nella leggenda. Aveva battagliato e vinto
sempre contro germanici, bizantini, musulmani, unni, magiari e sassoni. Il
massimo della gloria la raggiunse la notte di Natale dell'anno 800, quando
tutte le campane di San Pietro e in tutta Roma risuonarono per l' allegria e
gli auguri al nuovo Imperatore Romano.
Questa fu la formula:
In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti, Karolus
serenissimus augustus a Deo coronatus magnus pacificus imperator Romanum
gubernans imperium, qui et per
misericordiam Dei, rex Francorum
et Langobardorum. (Romanorum imperator)vita et victoria
Il
personaggio di Carlo Magno è tanto importante che merita un passetto indietro
per illustrare meglio il suo entourage.
Alla morte
di Pipino il Breve, primo Re Franco, benedetto dal Papa, il regno si era diviso
tra i due figli, Carlomanno e Carlo ( quello che sarà il Magno). E Carlo Magno
si sposerà con Ermengarda-Desiderata , figlia del Re Longobardo Desiderio, per
saldare alleanze tra Franchi e Longobardi, entrambi popoli germanici. Dopo un
po' Carlomanno avrà una crisi religiosa e per un motivo o l'altro lascia questo
mondo. Rimane solo Carlo e ti acchiappa anche la parte del fratello,
fregandosene dei nipoti aventi diritto; e rimane il titolare del Regno
completo.
Adesso
andiamo un po' a Roma. Il Papa Adriano I, nobile romano, nonostante sapesse di
contare con certa protezione divina per essere Vicario di Dio, si sentiva però
un po' nervosetto, perché ovunque lui guardasse intorno a se, vedeva Longobardi
da tutte le parti, sempre più minacciosi ed erano cristiani, si, ma a modo loro
ed Ariani.
Certo che i
longobardi erano barbari agli inizi e ricordiamo tutti la ferocia di Alboino,
il primo longobardo in Italia e il " bevi Rosmunda nel cranio di
tuo padre " che dà la idea. Ma insomma, barbari lo erano un po'
tutti chi più e chi meno.
E forse,
chissà, se Desiderio, l' ultimo re longobardo, ormai già un po' ripulito dopo
200 anni da noi, avesse ottenuto l' unificazione d' Italia, fagocitando gli
Stati Pontifici, si sarebbe potuto creare la nazione italiana prima del 1860,
l'epoca delle audaci affrettate patriottiche romantiche scorribande
garibaldine. E probabilmente l' amalgama dell'elemento germánico-longobardo con il
vero latino italiano avrebbe evitato tante altre dominazioni che, in meglio o
in peggio, hanno poi influito sugli italiani, soprattutto quelli del sud,
indebolendoli e obbligandoli a farsi furbetti per sopravvivere. Il che va bene
ma fino a un certo punto.
Pero è anche vero che rinunciando al Dominio Temporale
del Papa, munifico Principe Italiano e di conseguenza anche all'esistenza di
altre corti sfarzose e illuminate, con i suoi bei Principi certamente corrotti
ma anche amanti delle arti per raffinatezza insita alla latinità, chissà,
magari non sarebbe nemmeno fiorito, sia pur corrotto e peccaminoso, il fulgore
delle arti e del Rinascimento. L'arte senz'altro è raffinamento dello spirito e
al raffinamento segue la mollezza di costumi e la corruzione.
Difficile dire cosa scegliere.
Il papa Adriano certamente temeva di perdere quelle
terre "validamente regalate" da Costantino, secondo la
leggenda. Terre che non erano quattro metri quadrarti ma addirittura mezza
Italia. Cosí il Papa Riesumò il DIVIDE ET IMPERA e chiese aiuto ai Franchi
contro i Longobardi. Perlomeno i Franchi non li aveva nel cortile di casa e stavano
ben lontano con le loro beghe con i Sassoni. Ed i Franchi, ossia Carlo Magno,
fu ben felice di esser dichiarato dal Papa nientemeno che Protettore di Roma e
mettere il suo bel nasino curioso nelle cose italiane. Approfittò subito della
situazione e pose termine alla alleanza con i Longobardi e, già che ch'era, le
disse a Ermengarda che s'era stufato di lei dopo appena un anno.
Forse la pia Ermengarda-Desiderata s'era veramente
innamorata di Carlo e non sentendosi più né Ermengarda né tanto meno desiderata
“ sparsa le trecce morbide sull`affannoso petto” , secondo Manzoni
e muore guardando il Cielo.
Carlo, impavido, si sposa con una ragazzina di 13 ani.
Quindi, programmatico, il cristianissimo Re combatterà
contro i Longobardi, contro Desiderio, loro re che stava a Pavia crogiolandosi
alla vista della bella corona di ferro dei Re d'Italia e sentendo il coro
dell'Adelchi. Lo vincerà e i Longobardi sparirono dalla storia, rimanendo solo
nei Ducato di Spoleto e di Benevento; Longobardi di nome ma ,francamente, erano
Franchi. Il tutto con la benedizione del Papa. E il Carlo Magno nostro,
vincitore dei Longobardi, pieno ora di sacro furore contro i Sassoni e di brame
per la nuova sposa tredicenne, va a continuare la sua lotta contro di loro, per
conquistarli o cristianizzarli o ammazzarli secondo i punti di vista.
Naturalmente li vincerà, molti caddero prigionieri, quattro o cinquemila
ingombranti e allora Carlo con atto geniale, li mandò a decapitare tutti ma
alla riva del fiume Aller, per potere poi lavarsi più facilmente le mani del
sangue di quei furiosi barbari pagani che non volevano accettare il
cristianesimo in versione Franca.
Dopo di questo, brandendo a la sua mitica spada, la
Gioiosa, si dirige baldanzoso alla Penisola Iberica, contro gli Infedeli. Ma gli
Arabi, pur se infedeli, erano fedeli alle loro tradizioni e brandendo
scimitarre ed urlando il nome di Allah, il Misericordioso, combattevano con
vigore. Cosi che questa volta il nostro Carlo, sempre Magno ma non
troppo, dovette ritornare nelle sue terre, riuscendo ad arraffare solamente
un pizzico di territorio spagnolo di confine, che si chiamerà la Marca
Hispanica. E lasciò il coraggioso Orlando( Roland) a difendere la
ritirata strategica.
E qui comincia la sua saga, quella del Paladino
Orlando, della sua spada Durlindana, di origini e poteri magici, di acciaio
specialissimo; spada che fu regalata da un angelo a Carlo Magno e da questi a
Orlando e che era stata anche spada di Ettore, il domatore di cavalli
Ettorre, figlio di Priamo,, come dice il Monti e che,
inoltre aveva nell'elsa un dente di San Pietro e un pezzettino della veste di
Maria Vergine. Ma non basta. Orlando aveva anche l' Olifante, l'altrettanto
magico corno acustico fatto con una zanna di elefante che se suonato da Orlando
poteva raggiungere il Grande Carlo Magno ovunque si trovasse, aldilà di monti e
valli. E non basta ancora, perché il coraggioso Orlando ferito a morte per
tradimento, non voleva lasciare la sua spada magica come preda bellica
all'infernale Infedele e cercò di spezzarla sbattendola contro la montagna di
roccia a Roncisvalle. Ma la Durlindana non si ruppe. Si ruppe la montagna
divisa in due.
Questi erano gli eroi di quei tempi. Trucidavano a man
salva i loro nemici o ne erano trucidati. Ma sempre per volere divino. Come Giuseppe
il Sanguinario alla ri-conquista della Terra Promessa,di Canaan.
Come curiosità non posso non dire che il famoso
assalto a tradimento che fini con la vita di Orlamdo a Roncisvalle , no fu per
volontà ed opera dei Mussulmani. Loro rispettarono l'impegno. Furono i Baschi.
Mania di attentati, alla guerrigliera, quella di Baschi: mi nascondo,
tiro, ammazzo, mi nascondo. E mi pare che lo siano ancora.
Dopo la disfatta di Ronchisvalle il Gran Carlo ebbe il
tempo di concepire un' altro dei suoi figli con la tredicenne che intanto era
arrivata alla matura età dei 18 anni. Nessun rischio di processo Ruby. Si
lanciava su di lei ed anche alla conquista o evangelizzazione del territorio
Avaro, attuale Ungheria. Ritorna ovviamente vittorioso e in un tiepida notte di
Natale a Roma tra mille confabulazioni e congetture il Papa Leone III porrà la
corona di Imperatore sulla capoccia del Re dei Franchi. Il Papa Leone III era
meno fesso di quello che sembrava. Che fosse il Papa a cingere della Corona
Imperiale a Carlo Magno Re dei Franchi e dei Longobardi, implicava e indicava
sottomissione del Potere temporale degli Imperatori al Potere spirituale del
Papa. Pero questo giochetto di nominare Carlo Imperatore dei Romani o
Imperatore Romano non piacque tanto a Bisanzio. Disquisizioni e sottigliezze. I
Bizantini si consideravano a ragione e legalmente i veri eredi del vecchio
Impero Romano. Non era forse stato Odoacre, Re degli Eruli e patrizio Romano, a
deporre Romolo Augustolo, Romolo il Piccolo e a mandare le Insegne Imperiali
dell'Impero Romano di Occidente a Zenone, allora Imperatore Romano di Oriente?
Dovuto quindi agli alti e bassi della politica si raffreddarono le relazioni
tra l' Impero romano d' Oriente e quello d' Occidente con Carlo Magno. Però
finalmente le acque si tranquillizzarono qualche anno dopo quando era anche
stata definitamente esclusa la idea del matrimonio tra due angioletti: Irene ,
l' Imperatore-Imperatice-Basilissa di Oriente e Carlo Magno, Imperatore
d'Occidente. Il tutto con sollievo del Papa, che ci aveva messo il solito
zampino, perché la unione teorica dei due imperi diminuiva la sua importanza.
Passa un po di tempo e in Oriente fanno Imperatore un certo Michele Rangavè. E
con nome cosi buffo, cosa poteva fare un pover'uomo ? Governò pochissimo,
nemmeno due anni, ma in quei due anni l'Impero Romano d'0riente riconobbe la
validità dell'Impero romano d' Occidente con Carlo Magno. Ma già di questo non
gliene fregava ormai niente a nessuno e nessuno ci fece caso.L' anno dopo il
riconoscimento ufficiale da parte dell'Oriente, nostro Carlo, che cominciava a
sentirsi vecchiotto, vicino ai settanta, nominò successore suo figlio Ludovico
Pio. E lo incoronò lui, Carlo, in Francia, proprio per evitare le
chiacchierette su chi doveva nominare l'Imperatore.
Mio figlio lo incorono io, para che disse, a voce
bassa, tipica sua...e quasi nessuno capì quello che disse, ma tutti gli
obbedirono. Era un uomo di personalità veramente eccezionale.
Dopo molti anni un altro tipetto con personalità, di
sangue e madre lingua italiana, all'afferrare deciso la corona che un' altro
Papa aveva tra le man, tremanti per il Parkison o per la rabbia: Questa
è mia e guai a chi me la tocca ! minacciò e s'incoronò a sé
stesso.
Dopo tanti fatti guerreschi forse è interessante
vedere qualcosa di personale nella vita di questo Cristianissimo Re dei Franchi
e dei Longobardi e per giunta Imperatore dell'Impero Romano d'Occidente. La
prima ragazza che conobbe fu la nobile Himiltrude con la quale ebbe un figlio,
il primogenito che chiamerà Pipino. Sarà poi conosciuto come Pipino il Gobbo:
chissà perché.
Poi, sui 23 anni, si sposò con Ermengarda-Desiderata,
come già detto, figlia di Desiderio, Re Longobardo. Fu un matrimonio politico;
sicuramente era brutta e la ripudiò dopo un solo anno, al denunciare la
alleanza con i Longobardi. Non si sa quale motivo abbia prodotto l'altro. Poi,
altra sposa legittima fu Hildegarda, di solo 13 anni, sveva, certamente di
buona statura e buon ventre pèrchè ebbe con lui nove figli tra
maschi e femmine. Quando morì Hildegarda, il mandrillo Carlo, ormai di 36 anni,
quasi vecchio per quei tempi, si sposò con Fastrada, altra tedesca con la quale
ebbe due figlie. Un'altra figliola gli arrivò da una concubina di nome
sconosciuto e forse di marito geloso. Vedovo ancora una volta, si sposò con la
tedesca Liutgarda. Morì anche quella e per evitare malocchi decise di non
sposarsi più. E da allora visse in felice concubinato con quattro belle
Valkirie, ma una alla volta perché cominciava a sentire gli anni.
Gli si riconoscono almeno 18 figli. Il suo
biografo personale, il fedele Eginardo scrisse che sempre si occupò della
educazione di tutti i suoi figli e che contrattava i migliori professori. Ci
dice Eginardo che mai cenava senza di loro, tutti a tavola con il papà. E che quando
andava in viaggio se li portava sempre dietro.
Sarà vero? Pare di si.
Pero di verissimo c' è che a tavola sempre si
dilettava con musiche e letture. Chissà le musiche e le letture erano un po
noiosette. Il fatto è che appena dopo mangiato si faceva delle signore
pennichelle di due o tre ore. E poi dicono i Messicani...
Come ha fatto per conquistare mezzo mondo se
dormiva tanto? Forse faceva combattere gli altri.
Come altra curiosità sul suo conto, vorrei dire che il
titolo di Conte e di Marchese nacque per volontà di questo gigante. Creò il
Contado come unità amministrativa basica per tutto l'Impero e il capo ne
ricevette il titolo nobiliare di Conte. Nacquero anche vari Borghi o
Marche, con a capo un Marchese. E sopra tutti questi nobili di nuovo conio, ci
aggiunse i "Missi Dominici" , specie di Ispettori per controllare
tutto.
Insomma fu veramente un gigante: gigante fisicamente
perché aveva raggiunto i due metri, gigante a tavola perché mangiava e beveva
alla faccia della gotta, gigante a letto con tutte quelle mogli e concubine,
gigante per le sue conquiste, gigante per le sue grandi capacità amministrative
che, con un Impero cosi vasto forse era la più importante di tutte. Sapere
amministrare bene.
Abbiamo imparato qualcosa da Alessandro Magno?
Sapendo comprendere certe esagerazioni di quei tempi.
Senza applicare le regole morali o chissà le debolezze e ipocrisie di
oggigiorno per giudicare un personaggio di un millennio addietro. Senza quindi
dimenticare il suo contorno, dobbiamo dire che fu uno dei più grandi statisti
dell'umanità, il più grande condottiero del Medio evo e forse ancor più ebbe il
gran merito di aver dato vita a quello che si chiamerà il Risveglio Carolingio.
Cioè aver voluto saputo e potuto far cominciare a rivivere alla povera strapazzata
Europa quello spirito creativo politico e culturale che era svanito con la
inevitabile caduta di Roma. Carlo Mango fu senz'altro il Primo Europeo. Sarebbe
stato bellissimo se la comunità di stati europei, già quasi in formazione con
Carlo Magno, avesse potuto avviarsi veramente da allora. Ma i Carolingi dopo
Carlo Martello, Pipino e Carlo Magno non furono più in grado di produrre altri
uomini così necessariamente capaci. Né l'Europa seppe trovarli altrove.
Ci provò più tardi il grande Corso, ne aveva le
capacità geniali anche lui. Ma, mi duole dirlo, avrebbe dovuto avere qualche
goccia in più di sangue germanica e qualcuna in meno della latina; e
guardarsi meno nello specchio.
38/ IRENE BASILISSA DI BISANZIO E
L’ICONOCLASTIA.
Tanto per togliere sacralità a quello che potrebbe
sembrare un titolo pretenzioso e pomposetto, vorrei anticipare col dire che il
termine BALISISSA ha qualcosa a che vedere con quell' erbetta speciale, ú
basgiaicò genovese, il basilico, quello che serve per fare il pesto:
il vero pestu a la zeneise. Ed il basilico, per lo meno in
Italia, si chiamerà anche Erba Regia.
Perchè?
Il titolo di Irene, greca, la Basilissa-Imperatrice di
Bisanzio, era il femminile di BASILEUS. E Basileus, in greco
antichissimo, vuol dire Capo, Re, chi comanda. Agamennone e Priamo erano
Basileus, secondo Omero. E poi via via ci sono stati altri Basileus con
funzioni più o meno differenti ma sempre di comando.
Con gli Imperatori d' Oriente si rinnovò la abitudine
di usare questa parola con sapore a leggenda. E, cosa curiosa, Basilica sarà
anche la chiesa più importante e basilico è, appunto , quella erbetta
profumatissima che si usa per quel pesto genovese che nessuno sa imitare; e che
in Italia, non so dove, si chiama Erba Regia. Il Basileus Bizantino ha, quindi,
omonimi illustri. Se poi la Imperatrice Besileus o Basilissa Irene era brava a
fare il pesto alla genovese, questo non si sa. Non possiamo più chiederlo a
nessuno.
Finita la introduzione.
E andiamo adesso a dare una rapida occhiata d'insieme
al mondo di allora, un po' prima dell'anno 1000. Quel MILLE quando si
dirà Mille e non più mille e tutti a tremare per la fine del
mondo; e poi l'umanità irriverente, che se ne frega delle profezie, arriverà al
2000 e passa.
Allora, cosa succedeva in quei tempi nel mondo?
Nell`Europa che non era ancora Europa ma era solo ex
"latina e romana", poco dopo la caduta blasfema di Roma, si andava
zoppiconi, tra la paura delle orde di barbari predatori, il terrore che
seminavano, le superstizioni, le paure dell'inferno, le visioni apocalittiche
sobillate da chissà chi. Le uniche luci di civiltà erano quelle prodotte dal
felice breve connubio delle due razze semite di ebrei e arabi mussulmani in El Andaluz.
Fu un corto pero felice periodo di simbiosi e tolleranza reciproca quello che
si chiamerà la civiltà Mozarabe. Ci vorrebbe adesso nel dilaniato
medio oriente quella simbiosi felice. Anche se gli europei ritenuti cristiani
chiamavamo infedeli i Mozarabi. E costoro, chiamavano infedeli i
cristiani, producendo quelle confusioni per cui durante anni non si sapeva bene
chi era il fedele e chi no e il povero Mio Cyd de Vivar, Campeador,
nell'incertezza della scelta, alle volte sciabolava con gli uni e alle volte
con gli altri.
In Russia, quella che più o meno è la Russia attuale,
stavano per arrivare certi Vichinghi baffuti della tribù dei Ruotzi E il nome
di Russia deriva appunto da questi germanici.
L `Italia, la nostra povera italietta era piena di Contee
Franche ( i Conti), di Marche Franche ( i Marchesi), ossia di germanici con la
nuova acquisita nazionalità franca. Roma e abbondanti dintorni stavano per
"conto loro", proprietà indiscussa della Chiesa Cattolica Apostolica
e, naturalmente, Romana. Cerano rimasti anche due Ducati, nominalmente
Longobardi ma di fatto Franchi, abbastanza estesi, Spoleto e Benevento.
In Sicilia, nella bella e soleggiata Trinacria, erano
arrivati i Saraceni ( mamma, li turchi !), sbaragliando
Normanni e Svevi che avevano lasciato molti capelli biondi tra quelli neri dei
siciliani quasi autoctoni.
C' erano anche spruzzate di Bizantini qua e là,
residui della criticata ed elogiata opera di Giustiniano nel tentativo di
ripresa dell'Impero di Roma.
In questo meraviglioso cocktail di razze e
"culture" differenti si formarono gli italiani, dove, per fenomeno di
geminazione spontanea, apparivano Monasteri come funghi, alcuni buonissimi
altri velenosi. Fenomeno che sia pur con difetti e abusi ebbe l' enorme merito
di contribuire a che si mantenesse occulta però viva quella "cultura
vera"che si sarebbe estinta nel' urlato fragore delle spade. E i monasteri
d' Italia o di Francia e di altri pesi europei non si dedicavano solamente al
commercio, come i loro omologhi bizantini ma anche producevano, lavoravano,
copiavano testi di poeti, scientifici, scrittori, filosofi, classici greci e
latini, opere in greco, ebreo e in arabo, includendo poesia o trattati e
trattatelli licenziosi che sicuramente monaci copisti non capivano o facevano
finta di non capire.
E la Cina? Esisteva la Cina nell'anno 1000 ? Certo che
esisteva e da un pezzo ed era il misterioso e lontanissimo Catay, nell'auge e
splendore della Dinastia Tung, con le sue porcellane bellissime, disegni in
seta e con l `invenzione della stampa.
E il Messico? C'era il Messico? Certo che c'era,
anche se gli europei non lo avevano ancora " scoperto" e costruivano
le loro belle piramidi e le chiamavano del Sole e della Luna. C' erano macchie
di sangue in quei templi, che fecero storcere il naso a un tipetto poco Cortés.
Ma anche in altre religioni c'erano soggetti che pagheranno una commissione a
Dio offrendogli qualche frattaglia del proprio corpo. Montagne di prepuzi e
clitoridi, con fini diversi.
E in Oriente, nel Nuovo Impero Romano d'Oriente, a
Bisanzio, Costantinopoli, la Nuova Roma, cosa stava succedendo? Anche loro
ebbero seri problemi con popoli limitrofi, però assolutamente non comparabili
alle invasioni barbariche che sopportò Roma a partire del 450 circa.
Rimasero quasi immuni. E quando i Mussulmani nella loro epica galoppata
conquistatrice cercarono di avvicinarsi troppo a Bisanzio ruotando le
scimitarre vittoriose con la Protezione di Allah, nella grande battaglia in
Acroinòs intervenne l' Imperatore Bizantino Leone l'Isaurico, con la protezione
di Maria, la Vergine e li vinse.
Ergo, se Carlo Martello, il nonno di Carlo Magno non
avesse vinto a Poitiers e se Leone l'Isaurico non avesse vinto a Acroinos,
molto probabilmente mezza Europa o più, senza sapere perché, sarebbe prostrata
in preghiera verso la Mecca.
A ben guardare certi eventi storici si oservano cose
incredibili.
I Carolingi salvarono l' Europa dai Saraceni
minaccianti dall'Occidente, dal El-Andaluz. E fu cosa bene accetta.
E l`Isaurico la salvò dalla pressione che veniva dall'Oriente.
E fu anche bene accetta.
Però i Carolingi, cioè i Franchi, furono compensati
quando il Papa chiamerà e chiederà l'aiuto al "Protettore" Carlo
Magno contro i Longobardi e, con o senza ragione, lo coronerà Imperatore
Romano, erede di Roma.
Invece gli Isaurici, in particolare Leone III, si mise
nel problema del culto delle Immagini e invece di baci e abbracci si scontrò
violentemente contro la Chiesa di Roma e si prese con la scomunica il passaggio
diretto all'inferno.
Perché?
Perché il culto delle Immagini era un problema serio a
quei tempi. Oltre ad una concreta realtà politico-economica, c'era una
differenza ideologica tra l´ammettere o non ammettere le immagini della
divinità. L'Immagine Sacra è sempre un ritratto di fantasia perché nessuno mai
ha visto Dio, pur sia nelle sue molteplici forme di manifestazione. I greci
immaginavano Zeus e compagnia e cercarono di manifestarli con le bellissime
opere d'arte che conosciamo. Gli Ebrei, no. Ricordiamo l'ira di Mosè allo
scendere dalla montagna e scoprire la scultura dell'idolo d'oro. Si temeva,
probabilmente, che la persona semplice confondesse la immagine con la divinità
stessa. E stesse lì a sbaciuccarla venerandola, in tutte le sue forme
rappresentative. E ancora oggi si usa sbaciucchiare con frementi e avvizzite
labbra di vecchi una immaginetta o il piede di bronzo di un santo. Così
faceva una mia Zia-Nonna, adorante e odorante di Padre Pio. Però,gnerosa,
mi regalava cento lire se io la accompagnavo. E l'accomagnavo,
certamente.
Dal punto di vista del piacere estetico, il culto
delle immagini, sacre o no, è il motivo per cui abbiamo delle bellissime opere
d'arte nelle chiese cattoliche ( Musei Vaticani eccetera ), mentre le
"chiese" di altre religioni o sette sono spoglie, generalmente
austere. (Ebrei, mussulmani, calvinisti...)Rispondono ad un altro criterio.
Ambedue validi, alla vista di oggi. Ma a quei
tempi, in cui la gente apparentemente credeva più nelle religioni e nelle
divinità, questa differenza di vedute produceva sbudellamenti non solo
metaforici e qualche bel barbecue. E venne l' Iconoclastia. Parola greca che
significa “rompere le immagini"; e niente sbaciucchiamenti di
Immaginette Sacre; ne' venderle ne' farle.
Aveva ragione il Basileus che voleva proibirle?
Roma non potevano permetterlo perché sapeva che cosi
sarebbe diminuita la sua influenza sui fedeli.
Era anche certo che la parola scritta a quei
tempi era di poca utilità per il popolo. Chi poteva leggere Aristotele o i
Vangeli o le Lettere di San Paolo? Il popolino , quello che si voleva
illuminare con la nuova religione cristiana fatta apposta per i semplici, cosi
si diceva, era molto più sensibile a quello che poteva vedere e non a quello
che poteva leggere. Semplicemente perché non sapeva leggere. Evidente che le
immagini erano di più facile accesso. Cosi come ancora oggi è più la gente che
guarda filmetti sdolcinati in televisione di quella che legge Umberto Eco e lo
capisca.
Ed è altrettanto certo che gli ineffabili Monaci
bizantini, con il doveroso puzzo per barbe e vestimenti pesanti e poco lavabili
per creare odore di santità, avevano creato una magnifica industria lucrativa
con la iconolatria. Sed pecunia non olet.
E si dava vita a racconti e fandonie sul maggior
potere di una immagine rispetto ad un'altra. I poveri di spirito, cui è
riservato il Regno dei Cieli, credevano tutto e si assisteva a scene di
isterismi collettivi pretendendo che un Santo fosse più miracolante di un
altro.
C' è anche un' altra considerazione per capire questa
avversione dell'Isaurico alle immagini. Dopotutto lui era nato in Siria.
Isaurico voleva dire Siriano. Siria era ed è un paese arabo. Leone era
cristiano è vero, ma senza dubbio l'ambiente decisamente islamico della sua
"patria" deve aver avuto qualche influenza. Mussulmani ed ebrei,
hanno rifuggito sempre, come già detto, dalle riproduzioni visive della
divinità. E lui non se la sentiva tanto di andare contro un atteggiamento
che lui stesso in fondo approvava.
Aggiungiamo anche la probabile invidia per l' enorme
potere economico che stavano raggiungendo i famosi Monaci vendendo immaginette;
e insisteva, il buon Leone Isaurico, che dopotutto si trattava di
superstizione.
Insomma, proibì le immagini sacre e il Papa, lo
scomunicò, così su due piedi.
Scomunicò quello stesso eroe di Acrinos, il
"salvatore" cristiano d'Europa dalla invadenze islamiche in
oriente.Ah un'altra cosa: il Papa, furbacchione come sempre i Papi - meno forse
solo Calestino V - per fare cosa gradita ai Romani di Roma, li liberò da un
antico obbligo di pagare un certo tributo a Bisanzio per "difesa"
della cristianità. E i romani, anche se in fondo erano un po freddi su quello
che succedeva cosi lontano come a Bisanzio, furono indubbiamente toccati nelle
loro borse e applaudirono con sincero e forse anche sguaiato fervore cristiano
la scomunica inflitta dal Cattolico Apostolico, ma soprattutto Romano,
Pontefice.
Cos'ha a che vedere Irene con tutto questo
raccontino?
C' entra, perché qui appare Irene nella scena della
storia.
Lei era greca di Atene, di famiglia modesta e chissà
come fu, però sposò il nipotino dell' Isaurico. Lei era sempre stata molto a
favore delle immagini sacre e si dice che le avesse anche sotto il cuscino.
Quando suo marito morì e qualcuno sospettò qualcosa , fu nominata co-Imperarice
con il figlioletto, Costantino VI, di dieci anni. Aveva l'appoggio poderoso di
Tarasio, Patriarca di Costantinopoli e confabulavano i due per cercare di
ri-autorizzare il famoso culto delle Immagini. Ma i militari lo accopparono.
Poi arrivò uno dei tanti Concili e a Nicea nel 787 si-riautorizzarono le
immagini.
Irene ne fu felice.
Passa il tempo. Il ragazzino cresce come generalmente
succede anche ai figli di Imperatori. E come tutti i figli appena maggiorenni,
vuole fare di testa sua. Si stufa della ingerenza della mamma . Ma la mamma
astuta si rende conto che qualcosa sta per succedere e prima che succede fa un
bel colpo di stato ed assume lei i pieni poteri.
Ma i colpi di stato sono come le ciliege e adesso a
sua volta ce ne sarà un altro e sarà Costantino VI a ricevere i pieni poteri. E
Irene a fare la calzetta.
Però, sai com'è...di mamma ce n'è una sola: meno male
che è una sola, pensa Costantino VI, le perdona e la fa tornare a Corte.
Errore.
Perché Irene è donna prepotente prima di essere mamma.
Si confabula con i Vescovi e, altra ciliegia-colpo di stato; e Costantino va in
galera. Ma non a fare la calzetta perché la mammina bella, gli fa scoppiare gli
occhi. Sisignori: Scoppiare !E si farà incoronare lei, una donna, non
Basilissa, ma addirittura Basileus, ossia Imperatore del Sacro Romano Impero
d'Oriente.
Passa il tempo.
Dopo un po', con l' incoronazione nell' 800 di Carlo
Magno a Imperatore Romano d' Occidente, per dirimere asprezze, si parlò di
matrimonio tra Carlo e Irene. Riunire ancora una volta il Grande Impero Romano
dei Cesari sarebbe stato un bel colpo.
Per chi?
Ma non se ne fece niente.
Il Papa era contrario perché temeva che i due
litiganti unito lo fregassero a lui.
Carlo ebbe paura di finire anche lui con gli occhi
scoppiati e pasto per i gatti soriani, ed Irene cambiò di idea. Totale ognuno
per conto suo e a rotolarsi con i rispettivi amanti.
E finalmente altra ciliegia che l’una tira l' altra,
però l'ultima.
Un altro colpo di palazzo la sbatte in esilio, nella
lontana e bella isola di Lesbo dove era nata la sua paesana Saffo, la poetessa
greca che cantava i suoi amori con le belle ragazze di Lesbo; le lesbiche,
insomma, ma le piacevano anche gli uomini purché giovani e belli .
Ma la nostra Irene, a parte le dimostrzioni di
amore materno, anche se perse un trono terreno conquistò un altro
Trono in Paradiso perché per i suoi meriti la Chiesa Cristiana Ortodossa la
fece Santa. E a Istanbul c'è una bella chiesa in onore di Agia Irene.
Santa Irene Imperatore, Basilissa d' Oriente.
39/
M A R O Z I A
e la Papessa Giovanna
Parliamo adesso di Marozia,
bellissima, biondissima ed intrigante nobil donna della aristocrazia romana.
Siamo intorno all'anno 900. E qui dobbiamo fare un po' di considerazioni per
capire meglio il personaggio che, dopo tutto, rappresentava i tempi e non era
molto peggio di altri. C'è sempre un rapporto di causa ed effetto tra l'uomo e
l' ambiente, cioè di influenza reciproca.
I nostri cari e bei popoli
mediterranei hanno cominciato ad avere da tempo una attrazione speciale per i
biondi... e le bionde. Anche quel poeta Fiorentino che pare sempre
incazzato e che dicono sia il più grande poeta italiano, anche costui scrisse a
proposito d' un tale: "Biondo era e bello e di gentile
aspetto..."
Perché questo complesso con i
capelli d'oro? Biondo e bello...
Indubbiamente non perché le
biondasse siano oggettivamente più attrattive di quelle bellissime
"razze" miste che sono le mulatte con occhi verdi e corpi ondulanti
come nei sensualissimi Caraibi. No. Non è per questo. Si deve semplicemente al
fatto che con la caduta dell'Impero di Roma e per molti secoli, le
"razze" dominanti in quasi tutta Europa erano i famosi popoli
germanici in senso lato: Eruli, Goti, Ostrogoti, Visigoti, Longobardi, Franchi,
Normanni, Svedesi, Vandali...gente del Nord, insomma, e quindi biondi. "Slavati..."
diceva mia nonna, che era di capelli nerissimi.
Invece i mediterranei, gli
italiani nei tempi dei primi Romani, quelli della Repubblica Romana e perciò non
ancora contaminati dall'Impero, erano di occhi scuri, capelli scuri e
ricciutelli. Di corpi relativamente bassi, consideravano giganti gli alti celti
e i germanici.
Adesso, nei nostri giorni, noi
possiamo vedere esattamente come erano i Romani del primissimo impero grazie a
un Vulcano. Sembra un po' cinico dirlo, ma è così.
L'eruzione del Vesuvio del
70, ci ha lasciato, in certe pitture e affreschi antichissimi e
straordinariamente ben conservati per la lava, immagini evidentissime
del tipo fisico dell'epoca che non ha nulla a che vedere con il nordico che
arriverà dopo ( Terentius Neo et uxor, - Caius et Caia - a Pompei, per
esempio). Qualcosa di simile avvenne in Grecia, a proposito dei Pelasgi,
anteriori alle invasione di Achei e Dori: i biondi Achei, come li chiamerà
Omero. Erano alti e biondi, terrorizzavano i Pelasgi però piacevano alle loro
donne. Gli eroi dell'Iliade e dell'Odissea erano biondi. Paride si innamora
della bionda Elena, moglie di Menelao, greca, achea.
Gli dei dell'Olimpo erano biondi:
Afrodite, Atene,Febo, Ares, tutti biondi. L'unico di carnagione e capelli scuri
era Efeso, il marito della bionda Afrodite, un po' cornutello; e gran fonditore
nella sua officina nell’Etna. Era l'unico mezzo negro, tra gli dei greci,
chissà perché.
Da dove venivano i biondi? Sempre
dal Nord ovviamente, dove la melanina si combina per produrre reazioni adattate
alla meno folgorante luce del sole. Per disegni imperscrutabili che farebbero
la felicità di un certo Adolfito di buona memoria, questi popoli bianchi e
biondi del Nord hanno sempre dominato con armi i popoli del sud. Quelli che noi
chiameremo gli Arii invasero quelle terre che oggigiorno sono India. E
biondi germanici di varie famiglie, come gli Achei, invasero Grecia. E
poi, secoli dopo, i biondi visigoti e ostrogoti formeranno il regno Visigoto in
Spagna e gli Svevi se ne andranno in Galizia e Portogallo; e gli ostrogoti con
Teodorico in Italia. I conquistatori biondi sono dunque quelli che cominceranno
a comandare, ad essere padroni e si trasformeranno in conti e marchesi,
duchi...
Cosicchè nella quotidianità
medioevale il biondo diventa quasi sinonimo di padrone, di capo, di nobile ed è
naturalmente bello: magari con viso da caprone, ma vestito con una certa
eleganza, che fa diventare quasi belli anche i brutti.
Marozia, la nostra Marozia, era
una donna, anzi una dama dell'alta aristocrazia romana. Pero nelle sue vene
correva quel sangue di Ostrogoti, Longobardi e Franchi da tempo ormai stanziati
in Italia; il sangue dei biondi nobili e padroni. Quindi era una bella bionda
anche lei e non ossigenata. Il popolo, gli italiani, diciamo i romani,
ormai di dominio e obbedienza con lo straniero, avevano perso le
caratteristiche di fierezza di un tempo. Quello che una volta era il glorioso
S.P.Q.R. s'era trasformato in plebe ed era deferente con il biondo. La storia e
la psicologia ci insegnano che si odia lo straniero che ci domina, però allo
stesso tempo lo si vuole imitare e lo si ammira. Così come succede adesso anche
incoscientemente nella meticcia America dove quasi tutte le mamme sono felici
se nasce loro una bimba "bianca". Quante signore sudamericane conosco
io che chiamano le loro figlie Bianca o Bianchina. E nessuna, che io sappia,
che la abbia chiamate Negra o Negrettina.
Altra considerazione:
all'epoca di Marozia non esisteva Amnistia Internazionale ne' il tribunale
internazionale dell'Aia. E ognuno faceva quello che gli pareva. Sembra quasi
impossibile, ma anche più di adesso. Le necessarie ed importanti regole di Roma
non esistevano più. Si stavano formando le nuove leggi, i nuovi codici, si fa
per dire, che erano mescolanza tra leggi barbare ( più usanze che leggi) e
quelle ereditate da Roma.
Adesso, domandiamoci: come era
Roma, l' ex Caput Mundi?
L’ Urbe, la città con pretesa di
egemonia cristiana, con Papi e Vescovi? ...com'era?
Diciamolo bello e franco alla
napoletana: Roma era una gran schifezza !... una grande vergogna !
Vergogna per il popolino che si
era trasformato in una gleba di straccioni.
Vergogna per i troppi preti
panzoni. Vergogna per tutti i gradi della gerarchia ecclesiastica a cominciare
dai Papi, i più corrotti e volti a far soldi e darsi alle gozzoviglie e far
finta di essere cristiani . E vergogna anche per i cosiddetti nobili, che non
facevano nulla e che con quelle poche gocce residue di sangue romano degenerato
stavano indebolendo anche le forti razze germaniche. Era più facile e
divertente copiare i difetti e non le virtù.
La grande Roma millenaria ed il
papato, che adesso vivevano in simbiosi, mai, mai erano caduti tanto in basso.
Vogliamo dare uno sguardo a
quella Roma Papale, clericale, faziosa, corrotta, blasfema, pigra, intorno
all'anno 900? Questo, il secolo X, fu quel "felice" periodo del
papato che il cardinale Cesare Baronio, studioso e persona seria del 1.600,
chiamerà il Secolo della Pornocrazia Romana. Chi comandava a Roma in quei tempi
erano le antiche nobili famose famiglie romane-longobarde dei Conti di Tuscolo
e dei Crescenzi. Naturalmente in continua lizza tra di loro, per accaparrarsi
il Trono di San Pietro. Si sposavano tra di loro e s'ammazzavano tra di loro. E
sul Soglio sedeva chi volevano loro. Lo Spirito Santo in quel secolo era in
vacanza.
Di quel periodo ci fu il processo
più spaventosamente macabro della storia: peggio dei processi alle streghe,
peggio dei processi di Stalin. Si arrivò al colmo di processare un morto.
Presero il cadavere puzzolente dell'imputato, lo misero su una seggiola di
tribunale e siccome era già morto non potevano ammazzarlo di più; ed allora gli
tagliarono la testa. Poi la plebe, sempre facile alle urlate come distrazione
alla miseria, lo scaraventò tra i lazzi nelle placide acque del biondo Tevere.
Bene. Fino qui era una infamia.
La cosa ancora più grave, anzi,
gravissima, era che il processato era nientedimeno che un Papa: Papa Formoso.
Per macabra ironia al momento
della sentenza, il cadavere, nelle condizioni che ci si immagina fosse un
cadavere riesumato, venne vestito con tutti i Paramenti Sacri e seduto in una
seggiola che imitava il Trono di San Pietro. E cosi, tra gli schiamazzi,
gli tagliarono le tre dita che i Papi solitamente usano per impartire le loro
benedizioni. La fazione politica che deteneva il potere in quel momento volle
il processo e per processare legalmente il cadavere del Papa Formoso si diresse
al figlio di un sacerdote cattolico, cui era precluso il matrimonio. Questo
figlio di prete che tranquillamente succedette al ex Papa Formoso, sarà
l'obbediente Papa Stefano VI; che però anche lui fece poi la fine del morto
ammazzato. Dopo di lui arrivò al Soglio Papa Giovanni IX , nato a Tivoli pero
di sangue completamente germanica; e quindi con acutissimo senso del diritto,
dichiarò nullo il processo ad un morto. Papa Formoso, viene riabilitato, la
stessa plebe che con vituperio lo aveva scaraventato al Tevere, questa volta fu
piagnucolante a raccogliere le povere ossa sparse sulle storiche spiagge
tiberine. E le portò in processione con ceri accesi fino a San Pietro, mentre
tutte le statue dei Santi lungo la via si inchinavano in segno di riverenza.
Questo secondi i Libri Pontificali.
E qui, in questa città ed in
questi tempi, tra intrighi ed imbrogli ma sempre al segno della Croce, appare
Maria, Mariozza, Marozia dei Teofilatti.
Questa giovane aristocratica
romana di sangue germanico e dai bei capelli biondi, si sposerà con Alberico,
altro nobile, Duca di Spoleto. Ai tradizionali nove mesi ebbe un bel bambino.
Ma il bel bambino probabilmente non era il figlio del novello sposo, secondo le
tradizioni, ma di un altro tipo che si chiavava Sergio.
Bene. Fino qui sarebbe solo un
caso di adulterio. Oggi si direbbe lo stronzo che si sposa con la puttana. La
cosa grave è che pare che il non stronzo, ossia il probabile
cornafacente non era un Sergio qualunque ma Papa Sergio III della famiglia dei
Conti Tuscolo. Comunque, figlio dell'amante Papa Sergio III o del marito
Alberico di Spoleto, ( tutti e due erano un po vecchiotti per l'allora giovane
e splendida Marozia), il bimbo che chiamarono Giovani doveva essere un quasi
genio perché diventerà Papa Giovanni XI alla veneranda eta di 11 anni.
Però, bisogna anche chiarire che
ci sono varie versioni di questo periodo losco del papato; e sui
personaggi si è formata una gran confusione. E non si sa bene come sono andate
le cose perché le cose non andavano affatto ed era tutto un guazzabuglio e non
si sapeva chi era figlio di chi.
Comunque passa un po' di tempo e
muore papa Sergio, un po’ vecchiotto. Veleno ? Alcuni dicono di sì, perché
Marozia si era stufata. Non si sa.
Ma con Alberico, Duca di Spoleto,
possibile padre del Giovanni XI, Marozia avrà un secondo figlio, certo, un
certo Alberico, che sarà Alberico II e diventerà famoso.
Ad un cero momento tra Alberico
di Spoleto e il Papa di turno, Papa Giovanni X si formerà una buona alleanza e
sconfiggeranno finalmente certi Saraceni che stavano pirateggiando da quelle
parti. ( Mamma...li turchi, gridavano a Roma...)
Chi era Papa Giovanni X ? Anche
lui un personaggio interessante. Non era di Roma ma divenne amico di
Teofilatto, padre di Marozia e marito di Teodora. La quale Teodora, madre di
Marozia, era anche lei una bellissima donna, con qualche anno più della figlia
come alle volte succede, ma dalle "caratteristiche" molto simili.
Insomma, costei, la moglie del Patrizio Senatore Romano Teofilatto, si innamorò
del Vescovo Giovanni, il quale, cortesemente, accettò le cortesie. Cosi che,
per l'intervento sia della moglie che del marito, Giovanni divenne Giovanni X.
Però, chiariamo, Giovanni X anche se amante di Teodora e anche se fatto Papa
per le amicizie con la nobiltà romana, non fu mai un papa fantoccio. Era deciso
e seppe governare bene. A parte le vittorie contro i Saraceni intervenne anche
con la corona di Imperatore a Berengario I del Friuli , che aveva già cinto la
corona di Re d' Italia, quella del famoso chiodo della Croce di Cristo. Corona
di moltissimo prestigio e mai di nessun reale potere Reale. Ne' allora ne' dopo
ne' all'ultimo Re d'Ìtalia.
Poi Alberico, Duca di
Spoleto se ne andò a fare non so che guerra. Però intervennero certi militari
mercenari. C'è chi dice che sobillati da Marozia che, irrequieta, cominciava a
stufarsi anche del marito. E così, pare, aiutarono lo spoletino a rendere
l'anima a Dio.
Rimane sola, le bella vedovella.
Guarda di qua e guarda di là, subodora profumo inebriante di potere in Guido di
Toscana, fratellastro di Ugo di Provenza e costui, allocco, si lascia odorare e
diventerà suo marito. Il secondo marito.
Cosa ti succede?
Guido di Toscana per i suoi
motivi era nemico del papa Giovanni X, il Papa amante di Teodora, la mamma di
Marozia.
Ed allora Marozia sentendosi più
sicura perché spalleggiata da suo marito, con decisione rapida, acchiappa il
Papa Giovanni e lo schiaffa in prigione.
Pero Marozia era una dama. Non
gli torse neppure un capello. Nulla fece. E nulla gli dette da mangiare. Cosi
fu il primo Papa a morire di fame.
Ed in Roma Santa , cosi si
diceva, Roma Santa, crebbe enormemente il potere di Marozia. Non aveva
opposizione ne' dentro ne' fuori della Curia. Era praticamente una Papessa. E
con o senza l'aiuto dello Spirito Santo fu lei che nei successivi Conclavi
portò al Soglio la bellezza di tre Papi, Leone VI, Stefano VII e naturalmente
suo figlio ancora in attesa di acne giovanile. Divenne Papa, Papa
Giovanni II. Ed essendo puro di anima la mammina lo nominò suo confessore
personale.
Ma la storia di Marozia non
finisce qui.
Passano dei mesi, Guido di
Toscana aveva ormai assolto al suo compito di marito per elevare al Soglio il
figlio di Marozia. E morì. Come morì, non si sa.
Marozia lo pianse tutta la notte
e il giorno dopo diresse il suo sguardo avido a suo cognato, Ugo di Provenza.
Era quell'Ugo che lei, pare,
avesse cercato di sedurre anni addietro e che, nel frattempo, aveva fatto una
magnifica carriera coronandosi Re d'Italia con la famosa e sacra Corona di
Ferro, di Teodolinda, con o senza chiodo. La Corona di Ferro, quel bellissimo
film vecchissimo con Gino Cervi e sono sicuro che nessuno lo ha visto...
Bene. Scusate.
Senza perdere troppo tempo,
Marozia, donna decisa, gli propose matrimonio offrendogli in dote la città di
Roma, la Basilica di San Pietro, le Mura Vaticane, la Curia Romana
addomesticata e i futuri Papi.
Senza perdere troppo tempo, Ugo
di Provenza, uomo deciso anche lui, accettò subito la proposta.
E se ne andò a Roma per il
Santissimo Matrimonio.
Ugo incontrò Marozia vestita come
una regina, piena di gemme e di sete.
Però anche a lei, povera Marozia,
era arrivata la menopausa. TEMPUS FUGIT. La bellezza della gioventù era
sfiorita. Ugo di Provenza, Re d' Italia, evidentemente non usava gli specchi.
La trovò ingrassata e invecchiata. E siccome era anche un bel cafone, si sposò
solo per avidità di potere, ma cominciò a trattarla male. A trattare male lei
che era una donna cosi potente; e a trattare male anche suo figlio,
quell'Alberico che non si sapeva bene di chi era figlio. Fino a che un bel
giorno, cinta o non cinta la corona, con o senza ragione, gli dette uno
sganascione tremendo. Alberico non era un fessacchiotto qualsiasi. Aveva il suo
bel carattere forte. E sangue nelle vene. Si considerò oltraggiato al massimo.
Lui, l'aristocratico romano, di nobile sangue romano germanico, essere
schiaffeggiato da un cafone parvenu provenzale? Si dimenticò di offrire l'altra
guancia, incitò il popolo parlando come un tribuno e gridando improperi allo
straniero nel più popolare accento romanesco. Figurarsi i Romani , che per far
cagnara sono specialisti. E Roma fu tutta un terremoto.
Il povero Ugo si spaventò. E
molto coraggiosamente lui e i suoi quattro gatti scapparono da Roma.
Alberico proclamò la Repubblica.
La seconda Repubblica Romana dopo
tanti secoli.
In realtà era Ducato di Roma ma
volle chiamarla Repubblica Romana.
Mandò a vivere in Laterano il
Papa Giovanni XI, anche lui probabilmente figlio dello stesso padre Alberico
con sua mamma Marozia; o figlio di papa Sergio sempre con Marozia;
fratello o fratellastro secondo i casi. Solamente alla sua morte naturale fece
nominare Papa Leone VII. E a sua mamma Marozia le ordinò di scegliersi un
Monastero. E di lei non si ebbero più notizie.
Pero si, da allora Marozia entrò
nella Leggenda. Dopo un po' di tempo si cominciò a dire che nella Cattedra di
San Pietro si era seduta una donna: la Papessa Giovanna. Alcuni storici
confermarono la esistenza di questo Papa donna che per un incidente stradale
ebbe un aborto in una via di Roma. La folla inferocita per il sacrilegio la
uccise con lapidazione. Un po’ più tardi, Enea Silvio Picolomini, un grande
uomo, studioso veramente e un grande Papa, Pio II, dimostrò chiaramente che la
faccenda della Papessa Giovanna era tutta fantasia popolare. Era esistita una
Marozia e sua madre Teodora e che non erano certamente donne e madri con gran
spirito di purezza cristana; ma che mai nessuna donna esa salita al Soglio di
San Pietro.
Pero i Protestanti, sempre
affetti da certa Libido per le proteste come certe sinistre politiche passate
di moda oggigiorno, i Protestanti, dicevo, sempre confabulandosi pur di
denigrare i Cattolici Romani, antichi, medioevali o contemporanei, riesumarono
questo mito sapendo, in mala fede, che non era vero.
Eppure qualcosa di verità c`'era.
In realtà la nostra bella,
intrigante, assassina, peccatrice, promiscua, intelligentissima Marozia ebbe il
potere di una Papessa. Anzi molto di più di tanti altri Papi. E il fatto di
chiamarla Papessa Giovanna forse venne dalla saggezza popolare che sapeva che
suo figlio, l'adolescente Papa Giovanni XI, non contava assolutamente nulla,
perché il vero Papa, chi comandava insomma e faceva e disfaceva Papi era lei,
sua mamma, Marozia, evidentemente una donna eccezionale, che era più abile di
una vera Papessa. Secondo una leggenda però senza sapere dire quale, la
Chiesa Cattolica, per essere sicura che nel soglio di San Pietro venisse eletto
un uomo e non una donna, un uomo, maschio, virile, con tutti gli attributi di
Adamo, prima di confermare la elezione di un Papa, un volta deciso il nome da
parte dei Cardinali con l' aiuto dello Spirito Santo, esigette
da allora che il Conclave dovesse ricorrere ad una ispezione in
corpore. Ossia il candidato deve sedersi in una seggiola perforata ad
hoc, per poter verificare alla vista e al tatto gli attributi maschili del
candidato, senza importare l'età. Un ecclesiastico era l' incaricato di
mettersi sotto la seggiola, guardare in su attraverso il buco ad hoc e dopo
aver verificato e palpato la esistenza del predetto dettaglio, pardon,
dei due predetti attributi, doveva declamare con voce alta e chiara che
sentissero tutti i conclavisti: DUOS TENET ET BENE PENDENTES. Non credo sia
necessaria traduzione. E dopo questo lo Spirito Santo, tranquillizzato,
scendeva sul Santo Padre.
E da allora si disse che nacque
il detto: e che ha le palle ben messe!
1 commento:
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