13 dic 2010

Come una cravatta


(Testo originale in spagono in “Venezuela, qué vaina”,
Alfadil Ediciones, Caracas, 2001.)

Nel '67 ottenni con il Ministero dei Lavori Pubblici il lavoro più facile di tutta la mia carriera di appaltatore; e che, tra l´ altro, mi rese molto bene economicamente. Forse perché a quell' epoca io avevo un socio direttore di lavori onesto e lavoratore, o forse anche perché non ero ancora arrivato al mio " limite di competenza".

(E´ la teoria di uno studioso americano, un tal Peter, che sostiene che tutti siamo governati, diretti e amministrati da incompetenti. Lui sostiene che l´ uomo sempre aspira ad arrivare un poco più in là delle sue vere capacità e quando ci arriva si rivela la sua incapacità o incompetenza e si mantiene a quel livello. Una gradino più in basso e sarebbe competente, starebbe alla sua altezza.)

-Il nostro contratto di appalto consisteva nel disboscamento del bacino del fiume Tulé, dove si sarebbe poi costruita una diga. A me corrispondevano 4.000 ettari ed altri 4.000 ad un altro appaltatore italiano . Il Ministero supponeva che durante i solo quattro mesi della stagione secca una sola compagnia non ce l´ avrebbe fatta a disboscare gli 8.000 ettari, così che contratto la metà ad un appaltatore e l´ altra metà ad un altro; senza contare che i due appaltatori eravamo grandi amici. L´ appaltatore italiano mi chiese se io ero in condizioni di poter disboscare anche i suoi 4.000 ettari, dissi di si, convenimmo un 10 % di commissione per lui.

Il mio amico e socio Valerio, italiano di Anzio, rimase nel campo come direttore di lavori e si iniziò il disboscamento. Io me ne tornai all´ ufficio di Caracas. Una settimana dopo Valerio mi manda ad avvisare che c'erano gravi imprevisti sul lavoro... e che se era possibile rescindere il contratto...e che lui aveva sospeso i lavori e che non rimarrebbe là per molto tempo ancora.

Mi precipitai a Maracaibo col primo aereo.

-Dottor Macor.- mi disse subito, affannato.- Qui c'è gente cattiva. Gente pericolosa. Questi non sono i venezuelani che abbiamo conosciuto finora , sa.... -

-Che è successo, Valerio? -

Che é successo, che é successo ! Finora non é successo niente, ancora....Si figuri, dottor Macor, che io tutte le mattine porto con i camioncini gli operai sul posto di lavoro; li porto io personalmente, sa, perché senno 'sti tipi qui arrivano sempre tardi; così che sempre li porto io, coi due camioncini. E dalla casa dove dormiamo tutti, mezzo accampati, fino al posto di lavoro , là alla diga, si passa per una stradina di terra; e la stradina passa per un villaggetto, mezzo indio... e allora, sa che succede, eh, sa che succede?....Valerio diventava sempre più nervoso, si emozionava parlandomi. .- Eh, lei non lo sa, però lo so io. Io devo passare di fronte alla casa di un tipo che é mezzo indio, mezzo negro, mezzo bianco, che é il cacique, é il capoccia della zona, sa...

-Gran Capo Indio ?.- Lo interrompo mezzo ridendo. -

-Eh, si , mo lei ride... C'è poco da ride, sa? Ma qui ce só davvero li grandi capi, come dice lei .., e sto tipo m'é zompato fori de casa sua, tutto incazzato, s´e piantato ´n mezzo a la strada de tera e m´ha detto :

-Stai a sentire, italiano. Tu già sei passato troppe volte di fronte a casa mia e m´ alzi ogni volta un polverone della madonna... Adesso basta, eh....Già m' hai rotto le palle. Se passi un´ altra volta, hai capito, un´altra sola volta e mi alzi ancora tutto 'sto polverone, ti cade addosso il Nodo di Cravatta....

Valerio s´ interruppe per scrutarmi ed essere sicuro che io avessi capito bene.

-Si, certo, Valerio , ho capito che lo hanno minacciato. Ma...cos´ è questo Nodo di Cravatta ? -

-Ah, ecco, vede ? Vede che non lo sa ? Certo, perché lei se ne sta a Caracas, in ufficio, l´aria condizionata...io lo so, dottor Macor , che il suo lavoro a Caracas è importante, se lei non prende i lavori, che lavoro c´ ho io? ...pero qui, che cazzo, qui c' ho da sta' io, ´n mezzo a 'sti fregni , c' ho da stà.... E lei nun sa ched' è er Nodo de Cravatta.....

_A Vale'... ma mi dica un po' cosa è questo benedetto nodo di cravatta! - Cominciava a venirmi da ridere perché Valerio era sempre più nervoso e sembrava un ragazzetto quando lo scopri in mezzo a una delle sue marachelle.

-Il Nodo di Cravatta è che ti beccano, ti tagliano la gola qui sotto, vede ? qui, sotto la gola e ti tirano fuori la lingua... e la lingua te la fanno penzolare fuori, come una cravatta. Si, una cravatta con la lingua! Ma te pare possibile ? Ma manco per cazzo....Io qui nun ce stò....Mi dispiace, si cerchi un´ altra persona... figurarsi, il nodo di cravatta con la mia lingua, il nodo con la mia lingua...- E Valerio si allontanava da me sempre di più, come il terrore di un vade retro , fino a formare un gruppo con gli operai che stavano lì, seguendo la conversazione. Anche loro erano spaventati. Mi fece una certa impressione vederli tutti uniti, quasi contro di me, il socio di città, che sta nell´ aria condizionata.

Il giorno dopo andammo insieme sul lavoro. Il gran capoccia della zona aveva detto che voleva parlare con il capo della compagnia, da capoccia a capoccia. In un primo momento avevo pensato di portare con noi qualche ingegnere del Ministero perché ci fosse qualcosa di più ufficiale; ma poi una certa intuizione mi suggerì che era meglio andare soli, Valerio ed io, per vedere se si poteva arrivare a qualche accordo " all´ italiana".

-E cosi fu.

Il Gran Capo ci ricevette nei suoi domini con una faccia seria, poco socievole. E cominciò a sbraitare che per loro, gli indios de la zona, il governo non faceva mai niente. Che la diga era per dare acqua a Maracaibo, che a nessuno gli interessava un villaggio di indios come loro e che dovevano difendersi da soli, come potevano....

-Bene, cosa è che lei vuole che le facciamo, Capo ? - lo interruppi nella sua lista di lamentele. - Se sarà possibile, lo faremo.-

E lo guardai diritto negli occhi, cercando di dare al mio sguardo la espressione più dura possibile, come compete ad un Capo, di quello che loro chiamano " un uomo che si rispetti". E mi viene in mente, adesso, Leila, quella distinzione tra uomini e quaraquaquà, mi sembra di Dicrescenzo.

Bene, per tornare a bomba e farla breve, il pover uomo voleva che spargessimo un po' di RC2, un po' di asfalto liquido su cinquecento metri di quella stradina di terra che passava di fronte alla casa sua e dei suoi amici per evitare tutti i nostri polveroni.

-Lei sta chiedendo molto- gli mentii, sollevato, perché era una richiesta da niente. - Però lo faccio. Lo faccio per lei. Perché lei é un uomo di coraggio, un hombre valiente, che sa difendere la sua gente.

Il Gran Capo rimase soddisfatto, perché gli dissi questo di fronte a tre o quattro compagni suoi.

Qualche settimana dopo tornai alla zona e mi offrì una indiecita perché mi scaldasse il letto durante le fredde notti nella zona.

Forse rimasi con un´ espressione incerta perché considerò opportuno aggiungere:

-Lei può stare sicuro, sa? Perché quella che le sto offrendo è...Vede quella donna là ? - e mi indicò con le labbra, quel tipico gesto venezuelano di indicare con la bocca, una india, già passatella, che stava in un gruppo di donne decisamente vecchie.- La vede ? Bene, quella che le offro é la figlia di quella li, una che io ho avuto da lei. E allora mi indicò, sempre con le labbra, una indiecita caruccetta con degli occhietti cinesini spaventati.

Devo aver avuto subito una espressione di sollievo. In quella situazione nuova per me avevo supposto che mi stesse offrendo sua moglie, la passatella. Diritto di ospitalità india ? Sarei stato obbligato ad accettarla ?

La mia espressione di sollievo fu logicamente interpretata come accettazione, così che il Gran Capo concluse:

- Quando lei avrà finito il suo lavoro qui, se la ragazza le é piaciuta, può tenersela, sa; e se la può portare dove vuole, per qualsiasi cosa. Però se se la porta a Caracas, fuori dalla zona, allora me la deve pagare. Con 100 bolivares se la può portare dove vuole. ( Bs 100 = $ 30 della epoca)

L´ "uso" nella zona era considerato ospitalità; fuori della zona era vendita. Paese che vai.....

Quando tornammo in ufficio il mio amico Valerio, ormai tranquillo con il problema del nodo alla cravatta, cominciò a ridersela come un matto.

-E mò voglio vedere io come fa lei a uscire da questo imbroglio... e se le dava la vecchia ? - E se la rideva perché adesso il problema era mio. - Però l´indiecita está linda , dottor...tiene unas teticas .... E mò che je dice lei a su` moje si se la porta a Caracas ? Ah, però lei e io siamo soci, dottore, è vero ? Daje, daje, che se lei non vuole la indiecita - e si spanzava dal ridere, sto benedetto Valerio,- o se lei non può.....- e giù che se la rideva - alla indiecita ce penso io....

9 dic 2010

Le Santissime Palle


(Testo in spagnolo pubblicato in "Venezuela, qué vaina", Alfadil ediciones, Caracas, 2001)

Nel 1995 venne a visitarmi nel mio studio un sacerdote cattolico. Non con carattere di sacralità, ma semplicemente come amico. Lo stimavo perché era un uomo brillante ed era possibile con lui avere una bella conversazione libera da qualsiasi freno dogmatico ; cosa difficile ottenere da sacerdoti di qualsiasi religione dove il dogma è qualcosa di impenetrabile.

Si detenne di fronte ad una scultura, un altro rilievo di medie proporzioni, che non avevo fatto per incarico, ma semplicemente per fare una prova: un Cristo Risorgente. Volevo che nella rappresentazione una della gambe fosse diffusa come uscendo dalla materia, per dare profondità al rilievo del soggetto che esce da qualcosa; con un movimento verso un determinato punto di prospettiva. Quello che in gergo si chiama prova d' artista.

Al mio amico piacque molto e gli regalai una copia in gesso.

Dopo qualche settimana apparve un` altra volta nel mio studio, ma questa volta accompagnato da due sacerdoti, un laico mezzo prete ed un laico tre quarti prete. Mi chiesero se avrei potuto riprodurre il mio piccolo cristo risorgente a grandezza maggiorata, quasi tre metri, per l´ altare maggiore di una chiesa. Dissi di si.

Ci ponemmo d' accordo sull` aspetto economico. Il finanziatore era il laico mezzo prete con speranza di comprare un' entrata intera al paradiso dei giusti e dei finanziatori.

La scultura venne bene, piacque al parroco della chiesa, ai beati ed ai curiosi. Si inaugurò.

La inaugurazione in caso di immagini sacre o al meno di quelle sacre cattoliche, implica la consacrazione da parte del vescovo. Perché la scultura si trasformi in oggetto di culto è necessario l´ intervento di un funzionario della chiesa. Venne il vescovo, benedisse la scultura, i devoti cominciarono ad inginocchiarsi e siccome tutti i salmi terminano in gloria, terminammo nella gloria di un magnifico capretto in salmì offerto dalle pie cuoche.

Tutti si congratularono con me e me ne tornai a Caracas.

Un mese dopo mi chiamò il parroco. Mi chiese che per favore andassi da lui per risolvere un problemino che era sorto.

Andai immediatamente.

Il parroco mi condusse all´altare maggiore dove il mio magnifico cristo, con le braccia aperte e una gamba uscendo dalla vile materia continuava a risorgere alle glorie del cielo..

-Meno male, pensai- non è successo niente.

Il parroco mi condusse, previa genuflessione, al fondo dell´ altare; appiccicò la sua testa al fondo parete e torcendo il collo verso l'alto mi confessò:

-Vede, Macor, io so che magari lei si metterà a ridere. Alcune delle signore della chiesa mi hanno detto che se uno si mette al fondo dell´ altare come sto facendo io adesso e guarda torcendosi in su, si possono intravedere sotto il...manto sacro....i...i...i testicoli del Signore. Macor, per piacere, lei deve risolvermi questo problema-

Non lo potevo credere. Le rappresentazioni plastiche di quasi tutti i cristi del mondo raffigurano un giovane uomo nudo o seminudo. E così lo modellai io, nudo completo. Poi per prudenza e seguendo la falsa tradizione che vuole coperte le "vergogne", le coprii con lo straccetto di sempre. Ma sotto la tela, c'era quello che doveva esserci. Quindi, certamente se uno, o una, si prendeva la briga di oltrepassare l´ altare, fare un paio di genuflessioni, arrivare al fondo parete, appiccicarvi la testa, rischiare ernie cervicali per torcere la testa in su, non vi era dubbio che si potesse vedere quello che non si doveva vedere.

-Dissi al prete:

-Lei sa cosa mi succederà il giorno che io crepi e mi presenti lassù?

-Il povero uomo non sapeva cosa dirmi.

-Cosa, Macor?

- Il Padre Eterno mi chiamerà al suo cospetto: "Ah, così che lei sarebbe quello scultorello che ha tolto le palle a mio figlio? al mio unico figlio? Pietro! Sbattilo immediatamente là sotto!"

Il mio argomento non valse gran cosa. S` impose il potere delle beghine.

Ridussi i Santi Testicoli.

E adesso vivo con la paura del Futuro Incontro.

5 dic 2010

Lilit o Lillit o Lilith


(anno della creazione o del pitecantropo)

Chi era questa signora o signorina Lilit o Lillit o Lillith ? Prima di tutto bisogna subito chiarire che non si può assolutamente darle una data di nascita. Chissà nel 4.004 avanti Cristo, chissà nel 4.700 o forse ancora nel 5.872? Gli esperti non concordano La faccenda, carissimi, é che stiamo parlando della data di nascita del primo uomo, e quindi della prima donna. E da allora le prime donne sono state sempre un gran problema per tutti. Pertanto i nostri cari espertissimi esperti hanno, ciascuno di loro, la propria versione sulla quale giurano e spergiurano: Il Pentateuco Ebreo dice una cosa; il Pentateuco Samaritano ne dice un`altra; la Bibbia dei Settanta giura e rigiura che la data è un`altra ancora. E' meglio che non andiamo a cavillare sui conti dei Babilonesi, sempre presenti in caso di calcoli; nemmeno dei Sumeri o addirittura dei Veda, per non complicarci ancora di più la vita. Forse un bel giorno troveremo un bel cadavere ben conservato, antichissimo, chissà dello stesso Adamo: faremo il famoso ADN , lo clonaremo, lo lasceremo finire di inghiottire in santa pace quella mela rimasta sul gozzo e gli chiederemo quando è nato. Ed essendosi abbuffato, come è notorio, dell ' albero della conoscenza, saprà tutte le lingue del mondo e potrà rispondere a tutte le nostre domande ansiose. In ogni modo, pur senza sapere la data esatta di nascita per festeggiare il compleanno con chissà quante candeline, qualche centinaio di millenni prima o centinaia di millenni dopo, la nostra Lilith è stata la prima moglie di Adamo. Questo é sicuro perché lo dicono tutti. E se per una volta sono d’accordo Ebrei e Mussulmani, dovrebbe essere vero o ci facciamo HARE KRISHNA.

“Come è possibile?” mi chiederà qualche rompipalle di sempre. “ Non era Eva la prima moglie di Adamo?”

Mi dispiace. Devo dire di no. Certa letteratura rabbinica parla di una indefinita Lilith come prima moglie di Adamo. Pare che le cose siamo andate cosi: sembra che Yehovà abbia creato prima l’uomo e poi Lilith, con lo stesso materiale, ossia polvere o creta polverosa alla quale aggiunse astutamente un po’ d’ acqua. Tutti e due con lo stesso materiale, quasi allo stesso tempo perché vivessero insieme felici e contenti con parità di diritti e doveri. ( anche se per precisione storica si deve chiarire che la “polvere” riservata per Lilit non era esattamente della stessa qualità di quella di Adamo, ma un pochino contaminata; chissà poi perché. Forse il solito machismo anche nel Massimo Fattore che appare persino nelle origini ). Lilith, quindi non sarebbe la famosa donna nata dalla costola di Adamo, quindi parte di Adamo e pertanto sottomessa a lui. Ma a una donna con gli stessi doveri e diritti dell´uomo, emancipata, una femminista ante litteram , una specie di suffragette . E questi diritti li pretendeva anche nelle relazioni maritali. Cosi che nostra amata Lilit, sempre secondo certa letteratura rabbinica, non accettava la sotto missione all`uomo nemmeno nel momento del coito. Niente di Incubus, niente di Succubus ma tutti e due uguali: una volta io ed una volta tu, a turno. Uno sotto e uno sopra. Niente di sole posizioni alla Ministro Protestante Calvinista , come nei secoli a venire avrebbero ironizzato le ragazze della Melanesia. E nemmeno voleva che Adamo le desse ordini con la sua supposta autorità di uomo, perché anche lei era stata fatta ad immagine e somiglianza di Dio. Non indaghiamo qui se Dio era uomo o donna. Lei diceva: “Dio ci ha fatto uguali, allo stesso tempo, con la stessa materia e non vedo perché io dovrei esserti sottomessa in tutto!”.

Chissà non aveva tutti i torti. Però Adamo considerò queste pretese come offese imperdonabili, una insopportabile mancanza di rispetto ai suoi attributi di maschietto.

I sacri testi rabbinici non arrivano a occuparsi di sciocchezze come se Adamo la prendesse a calci e pugni per la mancanza di rispetto. Però la faccenda è che i due si separarono, per sempre. Alcuni dicono che Lilith se ne andò da casa sbattendo la porta. Altri che Adamo la cacciasse a calci nel sedere.

“Lasciami tranquillo! Preferisco stare solo!”

Sia come sia, sembra che Lilith cominciò a darsi da fare nella Penisola Arabica. Certo una donna sola, una bella donna, nel deserto di Arabia...cosa poteva fare? Conobbe, nel senso biblico, ovviamente, una enorme quantità di diavoli o demoni del genere MASCHI e con questi cominciò a fornicare e procreare allegramente figli su figli che si conoscono come LILIM.

Strilliamo, sgridiamo, gridiamo, alle volte ci scappa anche qualche ceffone, meritatissimo, però non possiamo vivere senza di loro. Così che Adamo era rimasto solo, senza compagna. Certo, esisteva il cane, il famoso amico fedele dell`uomo che lo guardava con compassione. C'erano anche le cagnoline e le femmine di tutti gli altri animali. Adamo, poveretto, provò anche un po' con loro ( sempre secondo certa letteratura Rabbinica) ma senza gran che di gusto. Allora si rivolse a Dio, che stava li vicino , si sa, e stava sempre da ogni parte, in cielo in terra e in ogni luogo. "Anche io voglio una compagna che sia come me..." poi ripensandoci un po, disse " Beh, quasi come me... perché mi sono proprio stufato di fare all`amore con le caprettine, anche se sono veramente graziose ".

Allora Dio finalmente comprese che Adamo aveva ragione, che aveva bisogno di una vera compagna, di una donna vera e che il sistema della Parità di Diritti e Doveri non poteva funzionare ancora. Così che l' Infallibile, il Misericordioso, dice il Corano , comprese di aver sbagliato e siccome non c' era nessuno al quale chiedere perdono, lo chiese a Se Stesso. E approfittando del famoso sonno di Adamo, con un bel bisturì mai usato prima gli tolse una costoletta e fece Eva. Però ribadendo che in questo caso chi comandava era lui, l' uomo, fatto a Sua immagine e Somiglianza. E...la petite diffèrence ? I Testi Sacri non entrano in questi dettagli.

Tutto quanto detto fino a qui, secondo certa Letteratura Rabbinica. Andiamo a vedere adesso cosa dice la Coranica.

Dopo la famosa abbuffata di mele, una volta sbattuti fuori dal Paradiso in malo modo, Adamo cadde in Sarandib o Ceylon o Skri Lanka, o come si chiami oggi: e da quelle parti c`é ancora l`orma grandissima che Adamo lasciò con un piede cadendo da quelle altezze. Eva invece cadde in Jidda, in Arabia. Un po' distantini , l`uno dall' altra, tanto è vero che potettero incontrarsi solo dopo la bicocca dei 200 anni. Però. appena incontrati, si abbracciarono felici e contenti e vollero seguire con entusiasmo le istruzioni del Misericordioso, e sotto a fare figli: meglio tardi che mai. E da allora nacquero i primi personaggi con ombelico, i famosi Caino e Abele. Prima uno e dopo l`altro, ma ciascuno con la propria sorellina gemella tutto fare. E così si spiega la popolazione del mondo; e che l' incesto era agli inizi delle civiltá, tutto secondo i Disegni Divini. Dopo altri parti gemellari nacque Set però senza sorellina gemella ed allora si dedicarà all`onanismo e alla vita spirituale. Eva continuerà ad avere figli e da qualche parte si dice che Adamo ne lasciò la bellezza di 40.000 tra figli e figlie. E come cosa curiosa, sia la letteratura Rabbinica come la Coranica, non parlano affatto dei nomi delle figlie-spose-madri: salvo alcune pochissime eccezioni, silenzio assoluto. Così che la discriminacione verso il gentil sesso, data da vecchia data.

L'ambulatorio di Vincenzo



Dottore…mi fa male il dito piccolo del piede…
Si svesta, signorina

Roma: 1954
Mi ero laureato in giurisprudenza, qualcosa che né ansiavo né amavo da matti. Con mia grande sorpresa poco dopo vinsi un Concorso Pubblico che mi darebbe una carriera tranquilla e sicura nell’ amministrazione dello stato. Divenni funzionario Gruppo A del prestigioso E.N.P.A.S. Però all`anno preferii lasciare la sicura monotonia dell´assistenza agli Statali per la venturosa e romantica ricerca di chissà che nel voluttuoso mar dei Caraibi.
Avevo 25 anni. Pochissimo prima di varcare il Mare Tenebroso mi venne il ghiribizzo incosciente e irresistibile di fare uno scherzo ad un caro amico e che per poco terminò con una sincera amicizia-. Vincenzo ed altri tre amici comuni, laureati in Medicina da un anno con i pochi soldi loro e il buon aiuto degli orgogliosissimi padri, affittarono un vecchio garage in una quartiere popolare di Roma.
Dopo 50 anni si può anche dire ! Era al Trionfale.
Lo pulirono, lo rabberciarono, lo pitturarono con un bel bianco ospedale ed anche io partecipai alle operazioni di lavatura e stiratura. Si riuscì a trasformare quello sporco e puzzolente garage in un fiammante ambulatorio. Con mobili tutti nuovi, scrivanie, mobiletti, salottino di attesa con poltroncine e sofà vezzosi, più naturalmente utensili arnesi strumenti cotone e tutto quello che si supponeva servisse alle prime visite ambulatoriali. Vincenzo era comunista spaccato filosovietico, scriveva qualcosa sull`Unità, ammiratore di Stalin e, in quell’ epoca, con un alto senso del dovere sociale. Lo apprezzavo molto.
Ed io? Uscito da poco dalla disillusione del fascismo che mi lasciò attonito, incerto,deluso, scettico, come la maggioranza degli italiani, vivevo in un limbo e nella capoccia avevo alla rinfusa Marx, Croce, Sartre, Hitler, Labriola, Lenin, Marcuse. A quei tempi era di moda il socialismo con varie sfumature nella letteratura, arti plastiche, cine, teatro. Compresi i bordelli, dove la tariffa minima, la celeberrima marchetta da cento lire si chiamava La Proletaria.
Bene. Una volta terminato di allestire il “ nostro “ ambulatorio bisognava inaugurarlo. Varie proposte: come fare una orgia collettiva come saluto a la vita di studente; o addirittura festa seria con papà, mammá e sorelline- Prevalse ed accettammo tutti la opinione di Vincenzo, il comunista con senso sociale. Si pose un bell`avviso sul portone, che scrissi io in caratteri gotici, chissà perché: Prossima apertura dell`ambulatorio trionfale il giorno tale e tale, Nell’ occasione si faranno visite ambulatoriali gratis a tutti quelli che le richiederanno, sani o malati. Firmato : I Quattro Medici. Referendato Il Legale, ( la mia firma ). In questo quartiere popolare non si era mai visto un Ambulatorio tanto bene concepito, pulito elegante, perfino con aria condizionata. Dissero che era all’ Americana. A quei tempi l`americano non era ancora diventato l`Americano Brutto ( the Ugly American, del 58 ).
La cellula comunista, nella quale Vincenzo aveva alcuni correligionari, intervenne quasi completa, orgogliosa che i dottori fossero Compagni dottori. Qualcuno venne anche con il fazzoletto rosso, ma Vincenzo, saggiamente,chiese loro che se lo togliessero perché disse che il medico è medico di tutti, anche dei figli di puttana e delle puttane stesse. E questa chiara allusione alla borghesia produsse una ilarità straordinaria ed una franca simpatia da parte dei veri proletari verso di noi e ruppe certa timidezza di alcuni di loro.
Il massimo dell’ allegria la dette un “compagno” trattore che offrì tra gli applausi una bella porchetta alla Romana con qualcosa di vino bianco dei Castelli.
Bene. L´Ambulatorio funzionava. Gli amici medici si alternavano, facevano cassa comune ed a volte io passavo per li, verso sera, per andare a mangiare una pizza colla foyetta dal famoso trattore che era diventato amicone. Alle volte ci offriva gratis:
-Oggi nun pagate. M`e annata bbene. Je prenderó un po deppiú a quelli milanesi la...-
Ed una sera. Già quasi di notte arrivo all`ambulatorio e Vincenzo era solo.
Mi dice, come sollevato:
- Aldo, per favore, Rimani tu qua,. Non é e ancora ora di chiusura ma mi hanno chiamato d`urgenza a casa di un tipo. Devo vedere di cosa si tratta. Vado e torno. Se viene qualcuno fallo entrare. No so quando, pero arriverò presto.-
E scappò violando con il suo Fiat Giardinetta.
Rimasi solo, a sfogliare le riviste e dopo poco suonano alla porta. Grado dallo spioncino e vedo una ragazza, evidentemente della zona, vestita da casa, carina, con un petto generosissimo, gli occhi alla Gina Lollobrigida. A quei tempi quando una era bona, si diceva: come la Lollo, del tipo appetitosa.
Non so cosa mi successe. Francamente non lo so. Nemmeno a distanza di anni posso spiegarmelo. Sembrava come se dovessi recitare un copione. Prendo un camicione bianco di uno dei medici, mi metto al collo lo stetoscopio e apro la porta.
Entrò la ragazza, niente timida, ma non con l`aria della puttanella.
- Stavo cercando il compagno Vincenzo. Ma immagino che con lei è lo stesso, vero?
- Be´. Si…siamo amici, però…
- Anche lei è compagno?-
Che cazzo potevo dirle?
- Si, certo,anch`io.
- Ah... piacere, compagno. Posso passare? Mi puoi visitare? O sei occupato?
Che cazzo potevo dirle?
- No, no, non sono occupato, stavamo per chiudere. Ma...entra, compagna, in cosa posso esserti utile?
Ma senza quasi aspettare risposta, si mette nel lettino di visite, fa come per svestirsi e mi chiede:
-Devo svestirmi, vero? Compagno Dottore?
-Bene...bene... dipende….dipende da quello che hai.
- Cosa ti senti? E dove ?
Ed io cominciavo a impaperarmi.
- Ah... mi fa male qualcosa qui, nel ventre, nel basso ventre. Vedi? Tocca, Tocca, senti? Senti tu qualcosa di duro?
Qualcosa di duro…
Certo che stava formandosi qualcosa di duro…
In quel preciso momento si apre la porta.
Era Vincenzo che tornava.
La ragazza si alza sul lettino, tranquillissima, si copre il seno con qualcosa...
- E´lei il compagno Vincenzo?
- Si... Sono io... sono io...
E mi guardò.
Non mi dimenticheró mai il suo viso. Era normalmemte di lineamenti gentili, quasi femminili. Ma adesso aveva tutti muscoli della faccia in tensione. I masseteri erano come palline di golf. Noto che stringe i pugni. Guarda la ragazza.
Senza guardarmi mi sibila:
- Grazie, Collega. Mi incarico io del paziente.
Non potevo rimanere nell´Ambulatorio. Cosi che uscii, con la coda tra le gambe. Non ci vedemmo più, perché ai pochi giorni come era già previsto io attraversai il mare Tenebroso per l´America.
Però, nonostante il tanto tempo fuori Italia, ogni fine d`anno ci mandavamo cartoline o bigliettini di auguri.
Lo rivisi da poco. In uno di questi ultimissimi viaggi miei in Italia. Lo cercai sull`elenco abbonati. Professore e Dottore. Specialista...Andai a casa sua. Appartamento elegantissimo, di molto gusto. Lo studio medico al piano di sotto. Non gli chiesi nulla del vecchio ambulatorio, né se era ancora comunista. Da tempissimo era ormai caduto Stalin, il suo vecchio idolo, era caduta la Unione Sovietica, caduto tutto il suo mondo, come era caduto il mio.
Mi presentò sua moglie, una gentile elegante e sobria signora attempatella che ci offrì un Martini con oliva greca nera. Ed andammo solo noi due a cercare una rosticceria come nei tempi passati.
- Andate voi due soli. Sono cinquanta ani che non vi vedete, vero? Avrete tantissime cose da raccontarvi. Vincenzo ultimamente mi ha parlato di lei, talvolta. –
Si ritirò con un sorriso dolce. Aveva degli occhi che da giovane dovevano essere stati bellissimi...
Fummo a la vecchia pizzeria dove la pizza costava 100 lire. Ricordammo cose passate, gli entusiasmi politici, sogni, delusioni, successi, amori. Non so come fu che mi azzardai a domandargli:
- E con quella famosa ragazza dell`ambulatorio, come andò a finire?
Mi guardò un lungo momento.
- Me lo chiedi come se fosse cosa di tre anni. Ed è passata tutta una vita...
Finalmente mi disse che per una pagliacciata cosi potevano radiarlo dal Collegio dei Medici.
E continuava a guardarmi.
Tutti e due, di settant’anni, continuavamo a mangiare supplì perchè la pizza era un po’dura per i nostri denti.

- Aldo, quando sei venuto a casa, oggi, non la hai riconosciuta?