16 set 2014

2/8 Storia si,ma. Da DIDONE a BAR KOIBÀ-

12/        D I D O N E    DI   TIRO   E    ENEA

                           SECOLO VIII A.C.


Oh...Dido Didonis...Come mi ricordo di quando nel nostro liceo Mamiani a Roma leggevamo di te!
La sua data di nascita è incerta. Chissà nell'ottavo secolo avanti Cristo. Il suo vero nome, in fenicio, era Allyyzah, cioè Elisa, la Gioconda. Come la famosa Monna-Lisa ( Ma-Donna, mea domina ) di Leonardo. Mai un nome fu tanto in contraddizione con il destino, considerando come Didone terminò la vita.
Però prima dei giorni fatali, era un bellissima principessa fenicia, intelligente e astutissima. Suo padre l'aveva fatta sposare con un certo Sicardas, suo zio, sacerdote e ricchissimo. Essere un povero morto di fame non è mai stato un gran onore per nessuno e  nemmeno ha mai ha offerto speciali vantaggi. Però è anche vero che essere ricchissimo può presentare alcuni inconvenienti. Tra gli svantaggi, pochi, ce n'è però uno che può ingarbugliare le cose: l'invidia. Vi racconto. La bella fenicia aveva un fratello, Pigmalione. ( Niente a che vedere con il Pigmalione dello scultore famoso innamorato della sua statua). Questo fratellino era cosi invidioso delle ricchezze dello zio-cognato che un bel giorno lo mando a accoppare. E si appropriò delle sue ricchezze e ...pare avesse l'intenzione di appropriarsi anche di sua sorella, con fini non ben chiari. Ma la sorellina sapeva benissimo quali fossero questi fini non ben chiari. E scappò senza un centesimo ma con la virtù salva, con pochi amici nobili di Tiro, nella bella isola di Cipro. L'isoletta dove era nata Venere- Afrodite.
E lì, i giovani nobili, non si comportarono troppo nobilmente. Con la scusa che erano soli e nubili, rapirono le belle cipriote perché...sapevano suonare l'arpa. Naturalmente ci furono problemi. E allora Didone con i suoi pochi e galanti vassalli scappò da Cipro ed arrivò in Africa. Ed in Africa incontrò un bel principe, che non era azzurro ma un po´ negretto. Si chiamava Hiarbas. Non era nero nerissimo, ma quel tanto per fare arricciare il nasino alla sofisticata Didone e rimanere fedele alla memoria dello zio-marito, morto ammazzato dal fratello.
La fedeltà femminile dipende sempre alla capacità di seduzione di un altro aspirate.
Ma capacità di seduzione ne aveva tanta la bella Didone e in abbondanza che tanto imbambolò il povero Hiarbas che finalmente  le concesse il diritto ad avere un pezzettino di terra. Pezzettino di terra?
Sai cosa combinò quelle furbacchiona di Didone? Con uno dei suoi più invitanti sorrisi, gli sussurrò all'orecchio:Non desidero tanta terra, mio principe, solamente quanta ne potrà circoscrivere un bella pelle di toro. E Hiarbas, uomo dominato dai sensi, prestava più attenzione alle belle e sempre più scoperte forme della insinuante Didone che alle sue parole. E disse di si.
E il tutto confermato dal guardasigilli con un bel decreto, compresa la ceralacca. Allora Didone, trovata un bella pelle di toro, chiamò le sue ancelle e fece tagliuzzare  quella benedetta pelle di toro in fettuccine finissime... E cosi, inventate le prime fettuccine della storia, mettendole l'una dopo l'altra, segnò una circonferenza abbastanza grande per potervi costruire dentro una città.( sic !)
Della quale città ovviamene si coronò regina e la chiamò Quart Hadast , ossia Cart- Ago ossia Città nuova. E lì visse e regnò contenta con i suoi laboriosi sudditi che non si sa bene da dove venivano, però che comunque stavano li, la amavano, la rispettavano e la servivano, come a una regina. Niente male.
Però, il solito però... un bel dì si vedrà venire da aldilà dei mari, con o senza filo di fumo, un poveretto, un tipo scassatissimo, brutto, sporco, puzzolente, con quattro gatti di marinai anche loro facce da teppisti morti di fame.
Era un gran tipo, con un gran destino a venire, marcato dal Fato. Gran tipo però anche gran figlio di puttana...
Era il Pio Enea. Così lo chiama Virgilio. Ed era figlio di puttana anche perché era anche figlio della Dea Venere che di certe cose se ne intendeva. E come autentica professionista dell'amore, fece sì che il figlio, il Pio Enea apparisse agli occhi di vedova di Didone, più bello, più virile, più seduttore che mai. E cosi apparve alla regina quando la mandarono a chiamare per vedere e decidere cosa fare con quei tipastri arrivati dal mare.
Che successe allora? Che alla vedova Didone, sempre bella e voluttuosa, la cosiddetta fedeltà al marito morto le passo completamene di mente.
Lo accolse a corte, ordinò di trattare bene anche i marinai forestieri....
Ed Enea, sempre pio, poté rifarsi di molte astinenze e non solo alimentari. E così passò del tempo. Tutti felici e contenti.
Fino ad un certo giorno. Sappiamo come siamo noi uomini. Dopo un certo tempo ci stufiamo della routine e si ricordano i doveri voluti dal Fato.
Perché, chiaro, il Pio Enea, finalmente si  ricordò dei sacri destini:.  sarà il mitico iniziatore del Era Romana.
Ed allora dopo aver farfugliato qualche scusa vergognosa alla innamorata Didone, la lasciò, disperata e spiegò le vele verso i suoi Destini Fatali, verso il Latium, dove nascerà Roma, Caput Mundi.

La povera Didone, sedotta ed abbandonata, non poté resistere al dolore e alla vergogna e si lanciò, urlando, tra le fiamme della pira accesa. maledicendo Enea e tutti gli uomini, i Troiani e i Romani, che ancora non c'erano ma che lei sapeva ci sarebbero stati.
























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 13/                       ELIA  E  JEZEBEL. 
                                                                                   
                                   ( 1.000 A.C. )


Il Profeta Elia era un profeta con tutti i crismi del profeta. Nato in una setta ultra-ortodossa, vicinissima al deserto, lui stesso era austero, non rideva mai. Era anche ben pelosetto ed in più si "vestiva" come si vestirà San Giovanni Battista. con una bella e puzzolente pelle di capra. Forse non la stessa, ma senz'altro con la stessa puzza.
Chiedo scusa ai credenti, ma la puzza è sempre puzza e moltissimi anni fa volli andare a odorare il famoso odore di santità in Italia. Non dico dove, ma la puzza è sempre puzza. Scoprii che l'odore famoso di santità non è altro che puzza. E se proprio si vuole sentire l'odore di santità del pio uomo, si può  andare d'inverno ma ben tappati dal raffreddore.
Torniamo a Elia.
Questi, nella sua più austera buona fede, volle combattere la tolleranza religiosa nella quale stavano convergendo sempre più i figli di Israele per i molteplici matrimoni con mogli straniere e considerate idolatre. Come, appunto, successe con Jezebel.
Questa bella fenicia non era una qualsiasi fenicia idolatra, ma la figlia del re di Sidone. E si era sposata con Ajab, re d'Israele, il nuovo Israele del Nord,  per sigillare un'alleanza tra Fenici e Israeliti contro gli Assiri che stavano cominciando a farsi sentire da quelle parti. E fino qui tutto normale. Però si da il caso che la bella fenicia-cartaginese era anche una fedele del dio Baal e insistette molto con suo marito perché consentisse, al lato del rito per Jahvè, anche il rito per Baal. Il marito acconsenti, forse distrattamente, forse perché non gliene fregava niente né di Ball né di Jahve. O chissà, forse è possibile, che considerasse questo una giusta conseguenza dell'alleanza. Vai tu a sapere.
Però, vai tu a parlare di tolleranza a un militare o a un sacerdote.
L'austero Elia, ovviamente intollerante,  montò su tutte le furie e da allora nacque l'odio ferocissimo tra il profeta e Jezebel. Ma anche Jezebel era un figlia del suo tempo oltre che  figlia di re, moglie di un altro re e lei stessa non era una donnetta qualunque che si accontentava di mettere una candelina al suo dio. Cosi che la dolce ma decisa Jezebel, ottenuta l'autorizzazione maritale-.regale, non solamene si accontentò di erigere un tempio a Baal, ma anche mandò a massacrare non so quanti profeti o sacerdoti di Jahvè. Cosi, detto fatto. Interviene allora Elia, incazzatissimo. Non veva tutti i torti.  Sfida 450 profeti-sacerdoti di Baal , tra quelli appena nominati da Jezebel, in una specie di tenzone pubblica per vedere chi, tra Jahvè e Baal, è più poderoso. Da osservare: chi era il più poderoso, non chi era il vero Dio o chi era il falso. E tutto rabbioso ti scaraventa sull'Ara del Sacrificio il solito povero agnellino belante. E invita sprezzante y nuovi sacerdoti di Ball a pregare il loro Dio perché, con la sua sola volontà divina, accenda il fuoco di rito. I novelli sacerdoti pregano e pregano e non succede niente. E l'agnellino continua a belare e sembra quasi di scherno.
Allora Elia, solo, alza le magre pelose braccia al cielo, lo sguardo di fuoco e dal cielo scende con grande strepitio tutta la parafernalia della barbecue e l'agnellino rimase succulento, perfettamente preparato a disposizione e per la delizia di tutti i presenti, credenti o non credenti. I quali presenti, credenti o non credenti, abbuffandosi d'agnello, le gote gonfie, ma in ginocchio adoranti come si deve, biascicano con l'agnello tra i denti: .Jahvè è il nostro Dio, Jahvè è il nostro Dio.
Ed il vincitore Elia, approfittando il delirio collettivo, lì stesso mandò a sgozzare, come offerta a Jahvé, i poveri 450 nuovi sacerdoti nominati da Jezabel.
Immaginarsi la furia di Jzebel. Anche lei, qui,  non aveva tutti i torti ad infuriarsi.
Ed Elia che la temeva, scappò a nascondersi nel solito deserto, che tanto deserto non poteva essere se ci si poteva  nascondere dentro. E in quell'occasione lancerà una delle sue più apocalittiche profezie:"" I cani divoreranno la carne di Jezebel cosi che il cadavere di Jezebel sarà sparso come sterco di cane nel deserto e nessuno mai potrà dire :questa é la tomba di Jezebel"" .

Bellezza sublime dei Tempi Biblici, dei bei Tempi Antichi, pieni di amori, odi, superstizioni, crudeltà.! Ma non molto doversi agli attuali, a guardar bene. E senza avere la scusa dei tempi antichi.

Continuiamo con Jezebel.
Circa dieci anni dopo questi eventi, morì Ajab il marito di Jezebel, re del Regno del Nord. E in un colpodi palazzo viene nominato re un certo Yehù. Questo Yehù ovviamente conosceva Jezebel, in quanto moglie del re morto.
Me non si erano mai avuti in simpatia. Inoltre Yehù era devotissimo a Jahvè. In conclusione risulta che un certo giorno il nuovo re Yehù si trova passare proprio sotto le finestre del palazzo dove viveva la vedova Jezebel. Abbiamo già detto che questa signora non era un donnetta tranquilla, ma un donna con il suo bel carattere. Al vederlo passare proprio sotto casa sua, Jezebel lo apostrofa dalla finestra, gridandogli non so che improperi come golpista e simili. E la bella fenicia non era più tanto bella come dieci anni prima. Fatto sta che Yehú, con calma reale, ordina tranquillamente ai suoi eunuchi che salgano alla casa di Jezebel e la sbattano giù dalla finestra. Detto fatto. E la bella Jezebel morì defenestrata e " il suo sangue si parse ". Poi, con calma olimpica, come se non fosse successo niente, andò a mangiare con il suo seguito poco lontano da li. Pero dopo poco, già con la pancia piena, ci ripensò. Dopotutto si trattava della moglie di un re e figlia di un altro re. Bisognava avere un certo riguardo, bisognava darle sepoltura adeguata. E manda i suoi soldati a prendere la salma.
Però del corpo di Jezebel non era rimasto assolutamente un bel niente perché era stato divorato dai cani selvatici del deserto che, si sa. mangiano anche le ossa. .
E tutto secondo la profezia di Elia.
Allora Yehù, orgoglioso per aver ammazzato Jezebel, ordinò che ammazzassero anche tutti e settanta i figli di Acab, marito di Jezebel. Mandò a distruggere una colonna in onore del dio fenicio; ma il famoso tempio di Ball, quello costruito da Jezebel, ebbe una fine più utile: fu trasformato in latrine pubbliche.
Intervenne anche Elia, in tutte queste faccene; e ringraziò Yahvè per la giusta azione di vendetta del nuovo re Yehù, timorato di Jahvè.
Arrivato il suo tempo e soddisfatto della sua missione, il profeta Elia ascese al Cielo in un carro di fuoco.  



14/                                 I S A Í A 


                                     ( 600 A.C.)

Isaia fu il più grande di tutti i profeti di Israele ed il miglior scrittore di tutto l'Antico Testamento. Io personalmente lo ho molto in simpatia e lo considero uno dei personaggi più validi di tutta la Bibbia.E non solamente della Bibbia. Non era un povero miserabile come quelle centinaia di profeti fanatici che pullulavano tra gli ebrei abbaiando come cani rabbiosi contro tutto. Era nipote di Amasia, re del Regno del Sud, del Regno di Giuda. Aveva avuto una buona educazione. Sapeva che a terra era rotonda, cosa che pochi sapevano, dimostrando così che aveva letto Anassimandro, quel filosofo e studioso greco che aveva intuito che la vita animale era cominciata dal mare o dal fango, limo, riscaldato dal sole e che dal mare si passò alla terra e che quindi anche l'uomo discende da creature acquatiche. Una antichissima anticipazione alla moderna teoria della evoluzione.
So che ho divagato un po, ma lo ho fatto per far risaltare che Isaia era un uomo intelligente, moderno, aperto alla cultura. Non solo gli ebrei ma anche i cattolici e poi i mussulmani lo stimeranno molto. I Cristiani in particolare lo venerano perché nelle sue profezie Isaia allude ad un personaggio che con una certa dosi di fede cristiana e molta buona volontà potrebbe assimilarsi a Gesù Nazzareno.
In politica si opponeva in generale ad alleanze con popoli stranieri come il Protettorato di Assiria e l'alleanza con Egitto. Preferiva l'alleanza con Jahvè.
Infatti, quando Sennacherib, l`Assirio, di ritorno dalla campagna in Egitto, mise assedio a Gerusalemme, non riuscì ad espugnarla. Una quantità enorme dei suoi soldati morirono improvvisamente per una specie di peste che Jahvè, appunto per questa alleanza con Israele, avrebbe  mandato tra le truppe del nemico: centinaia di topi pestiferi e il regno di Giuda fu salvo.

Mai dei topolini ricevettero tanti ringraziamenti.

Però a parte questi fatti miracolosi attribuiti a Isaia, la cosa importante fu il cambiarsi e il maturarsi della primitiva religione di Jahvè. Da dio tribale, regionale, mescolato e coesistente ad altri idoli tribali, Jahvè si trasforma in Dio. Dio universale. Il Dio di Isaia si preoccupa per la giustizia. L'individuo è quello che crede o non crede, qualsiasi sia la sua razza, tribù o lo stato. Ognuno di noi, di qualsiasi etnia, ha dentro la voce della sua propria coscienza.
Nei tempi di Abramo di parlava del dio più forte. Non si pretendeva l'assolutismo e nemmeno si negava valore a divinità straniere. Che non le si dovessero adorare era un altro conto. Erano divinità di altri, non le nostre. Noi, ebrei, abbiamo il nostro Jahvè. Ancora nei tempi di Mosè, quando il serpente di Jahvè vince il serpente del dio egiziano, lo vinse non perché l'Egiziano non fosse un dio, ma perché era un dio con poteri inferiori, Di grado inferiore, si potrebbe dire, come nel politeismo greco e poi romano. Anche se Jahvè, trasformandosi poi in Dio Cristiano, avrà anche lui la sua bella corte di ufficiali e sottufficiali, messaggeri, eccetera Ma questo succederà qualche secolo dopo. 
Adesso, ossia con Isaia, Jahvè-Dio è l'unico, universale, onnipresente, onnipotente. Non c'è posto per un altro dio perché un altro dio non esiste. Jahvè-Dio è la unica forza motrice, l'unico fattore e certamente Israele forma parte del suo piano; però come formano parte del suo piano anche gli Assiri e i nemico futuri di Israele. Tutto, assolutamente tutto quello che anche altre genti faranno è per volere divino.
Cosi che con Isaia la primitiva religione di Abramo e Mosè si va trasformando in una raffinata religione universale, in tutto il mondo, in tutto l'universo.
Certo, ovvio che Isaia predicava dal Tempio di Gerusalemme. Ma non era affatto partitario degli infiniti cerimoniali sacrificali, ma di un religione etica del cuore. Il cambio di atteggiamento è veramente enorme. Assicurava che con il vero pentimento Jahvè-Dio avrebbe perdonato tutti i peccati. E predicava e sperava che si arrivasse a un vero tempo di pace dove le spade si trasformassero in attrezzi per lavorare la terra. E neppure gli piacevano granché quei sacerdoti ortodossi, padroni nel Tempio, che pretendevano, come tutti i sacerdoti, essere gli unici interpreti della volontà divina.

Isaia morì poco dopo la estinzione del Regno di Giuda.

      Fu veramente un grande uomo, il profeta Isaia.
       Assolutamente nessun fanatismo e molta comprensione.





 15/                                GEREMIA
                              (  SECOLO  VII a.c. )


Poco dopo Isaia, si presentò in scena il profeta Geremia. Quello delle lamentazioni, quello che si lamentava sempre, il piagnone. Una bella differenza con Isaia! Comunque, quasi contemporaneo alla sua nascita abbiamo lo sfumarsi nel nulla del gran imperio Assirio che, con Sannacherib, non era riuscito a conquistare Gerusalemme, certamente per l'aiuto dei topi pestiferi mandati da Jahvè. Ma come sappiamo, dopo gli Assiri arrivarono i Babilonesi. Nabucodonosor fu il loro grande re. Grande Eroe per i babilonesi e grande Oppressore per gli israeliti. Israeliti in senso amplio, vorrei chiarire, in quando figli-discendenti di Giacobbe-Israele figlio di Isacco. Che poi con la morte di Salomone si divisero in due: Regno del Nord o d'Israele, con le dieci tribù che poco dopo spariranno dalla storia per entrare nella leggenda; e il Regno del Sud, o regno di Giuda, con le altre due tribù, di Levi e di Beniamino che resistettero al potere Assirio ma non al Babilonese. Il Nabucodonosor conquistarà facilmente Gerusalemme perché questa volta non ci sará l'aiuto dei topi pestiferi.
 Distrusse completamente il Tempio di Salomone e sbaragliò anche l'esercito Egiziano che era molto forte a quei tempi ma non abbastanza per Nabucodonosor. Il quale portò con se, a Babilonia, tutta la élite del Regno di Giuda, re compreso. Forse per far vedere loro i suoi giardini pensili, dei quali era orgogliosissimo, e la non meno famosa Torre di Babele.
Portò quindi prigioniera quasi tutta la tribù di Levi, ma quella di Beniamino la lasciò quasi tranquilla, chissà perché erano pochi o chissà perché erano quasi tutti contadini e ai contadini nessuno li vuole se non per sequestrare grano  in nome della Patria o di Dio. Però almeno Nabucodonosor non installò altra gente nella terra di Giuda come aveva fatto il più drastico assirio. Li portò con se, certamente, ma di certo al suono della musica di Verdi, il "va pensiero" del coro del Nabucco (donosor). Ed in Babilonia questi superstiti della tribù di Giuda si adattarono abbastanza bene al punto che quando, circa  cinquant'anni dopo, venne loro restituita in regalo la libertà da parte di Ciro, il Persiano, non tutti tornarono nelle vecchie terre di Giuda. Moltissimi rimasero e  buona parte si erano già spersi, verso il nord, in paesi vicino; e fu una diaspora e al tempo stesso un esilio.

Al povero Geremia per poco l'ammazzano perché, fatalista e piagnone, si lamentava nelle sue "lamentazioni" che Nabucodonosor no era altro che la mano di Jahvè che castigava per suo mezzo i figli di Israele e  i loro peccati. Che era inutile resistergli. E che il nemico, anche il più feroce, era il giusto castigo di Jahvè. Da accettare, insomma.
  Alcuni per poco lo ammazzano. Però  è anche vero che molto di questo atteggiamento di sottomissione, di soggiacenza inevitabile alla volontà di Jahvè -- come nell`Islam, fatalismo inerte cioè sottomissione a Allah, --  accompagnò nei secoli seguenti una quantità di poveri ebrei sparsi raminghi per il mondo,  il più delle volte perseguitati, forse in parte rassegnati e forse addirittura orgogliosi di essere stumenti della volonta di dio.  Così come alla rassegnazione alle disgrazie ricorreranno anche i cristiani, come mezzo per aspirare a compensi ultraterreni e a un tasso di interesse sbalorditivo: che sono 30 anni di sofferenze contro un`etermtà   di piena felicità in Paradiso? 

Insomma, quel poveretto di Geremia, per non finire morto ammazzato dai suoi compatrioti, scappó in Egitto.
E in Egitto, chissà per scongiuro, la stessa fine del morto ammazzato gliela fecero fare loro, gli Egiziano,  per lapidazione.

Certamente non era un uomo fortunato!
E` che chi  si lamenta troppo, non piace a nessuno.






















6/                CIRO-CRESO-SOLONE    e  

                          LA  LIBERAZIONE 

                 DEGLI EBREI DI BABILONIA.

                                   (600 a.c. )

Con Nabucodonosor, il gran Re che spodestò gli Assiri, comincia la servitù in Babilonia del Regno del Sud, l'unico rimasto, perché quello del Nord, il Regno di Israele, si era già dispero e perduto per sempre con gli Assiri. Di quello che, chissà impropriamente, si chiamava Regno di Giuda, ossia del Sud, era rimasto solamente qualcosa della Tribù di Simeone insieme a quelle tradizionali proprie di Beniamino e di Levi.
Perché poi lo chiamassero Regno di Giuda se la tribù di Giuda faceva parte delle tribù del Nord, ossia quelle del Regno di Israele, andate perdute, questo non si sa. Non lo ho potuto capire. Comunque il Regno del Sud, di Giuda, fu quello che resistette più a lungo e fu il Regno "traslocato" da Nabucodonosor a Babilonia. E dal nome del Regno si estese poi il termine di Giudeo nel mondo a tutti gli ebrei presenti, passati e futuri.
 E con Giudecca si indicheranno certi aggruppamenti coatti umani di Ebrei (Ghetto) in varie città italiane e non solo italiane. Così come il termine Giudeo passerà all'italiano, soprattutto di Roma, ma spesso con connotazione dispregiativa di usuraio. E nacque poi  addirittura anche il termine "sei un Giuda", che arrivò a rappresentare a figura del traditore, ma in un altro contesto, derivante dalla figura del traditore Apostolo di Gesù di Nazareth che si chiavava Giuda anche lui ed era il tipo delle trenta monete, che si pentì e s`impiccò, ma che il nostro Dante non perdonò e lo schiaffò all`inferno. 
Insomma in un contesto o in un altro il termine Giuda fu col tempo abbastanza dispregiativo durante lunghissimo tempo nei fanatismi europei e contribuì, sia pur subluminalmente, a fomentare il razzismo anti semita.   
Tornando al punto, in realtà ci furono due razzie di Nabucodonosor. La prima trasferì a Babilonia solamente la élite del Regno del Sud. E un seconda razzia, dieci ani dopo,  che terminò di trasferire tutti o quasi tutti quelli che erano rimasti. Lasciarono liberi solamente i poveretti, y contadini, di nessuna importanza, allora e come sempre.  E da lì comincio il disfacimento di tutto il popolo di Israele, inteso in senso amplio.
Però... poi ci sono i corsi ricorsi della storia e dopo cinquanta anni si estingue l'impero babilonese sotto la spada di Ciro II, re di Persia; Ciro il Grande che riuscì a formare il maggior regno fino allora conosciuto. Era Re di Persia, Re di Babilonia, Re di Acad, Re del Mondo.
Il suo Impero durò circa duecento anni, si rinforzò ancora di più con Dario I, altro Grande. Ma cadde definitivamente anche l'impero persiano per mano di Alessandro di Macedonia che non era solo Grande ma Grandissimo.
Ma torniamo a Ciro II. E raccontiamo un paio di cosette interessanti che ci dice Erodoto. Ci dice che Creso, Re di Lidia, era l'uomo che aveva fama di essere il più ricco del mondo. Era ricchissimo, astuto e superstizioso. Prima di fare la guerra a Ciro, si rivolse all'oracolo. Non a uno qualunque, ma all'oracolo di Delfo, il più prestigioso. E l'Oracolo, come tutte le visioni profetiche di sacerdoti e cantastorie di tutti i paesi e tempi, dette una risposta, appunto, sibillina e che poteva interpretarsi in differenti maniere: “Se tu vai in guerra, sarà la fine di un grande impero". Contento dell'oracolo dell'Oracolo di Delfo, Creso attaccò Ciro ed effettivamente fu la fine di un impero: il suo proprio!
E c'è anche un altro raccontino, sempre su Creso e Ciro dove interviene anche Solone. uno dei famosi sette saggi.
Ci dice Erodoto: "" Un certo giorno l'uomo più ricco del mondo e il più saggio cenavano insieme. Creso, il ricco re di Lidia chiese al saggio Solone chi fosse l'uomo più felice nella terra; convinto che dicesse che era lui, il re Creso, per le sue ricchezze. Però Solone gli rispose che stava pensando a un uomo semplice, un certo Telo, di Atene, uomo onesto, che lavorava seriamente, che poteva educare i suoi figli e quando loro furono abbastanza cresciuti, lui andò volontario nell'esercito di Atene e mori per la difesa della Patria. Creso ci rimase male e gli chiese un altro esempio. E il saggio Solone sempre gli parlava di onestà, di moralità, di attitudini serie. Allora Creso gli chiese, mezzo seccato, che perché non parlava di lui, di Creso e continuava a portare esempi di poveretti morti di fame. Allora Solone gli rispose che nessuno può dire se è stato vermene felice se non quando si trovi  sul punto di morire.
Alcuni anni dopo, Ciro conquistò la Lidia, vinse Creso, gli tolse tutte le sue ricchezze e lo stavano portando nella piazza per ammazzarlo bruciandolo vivo! Il povero Creso spaventato, trattato male, già al punto di essere lambito alla fiamme, si ricordò di Solone. Ahi .. Solone! Solone!!...comincio a piagnucolare lamentandosi.
In quel momento il grande Ciro passava da quelle parti, sentì i suoi lamenti e gli chiese perché stesse invocando Solone. E allora Creso, con voce tremolante, spaventato, infelice, gli raccontò quello che il saggio gli aveva detto pochi anni prima.
Ciro prestò attenzione. Ciro non era solamente un barbaro guerriero ma anche uomo di certa preparazione culturale, di buon senso...e chiese a se stesso se in qualsiasi momento potrebbe anche lui, Ciro, trovarsi nelle stesse condizioni disgraziate di Creso. E disse a voce alta:
Farò con Creso quello che vorrei facessero con me se mi ritrovassi un giorno nelle sue stesse condizioni.
La frase anticipò una certa massima religiosa che tutti conosciamo e che pochi pratichiamo: Non fare agli altri... eccetera eccetera.Allora Ciro liberò subito Creso e lo ricevette nel suo palazzo, con tutti gli onori di un re, vinto, ma sempre Re.

E cosi possiamo anche dire noi che Ciro fu in un certo senso un gran democratico nel significato odierno e che si anticipò moltissimo ai suoi tempi. Mai volle usare il sistema della deportazione in massa o della distruzione del nemico vinto, come si usava in quei tempi e come gli Assiri erano soprattutto abituati a fare. Tutto il contrario. Permise, per esempio agli ebrei tornare casa loro, così come agli aramei tornare in Siria. Si caratterizzò per una politica di concessioni ai popoli vinti e faceva loro pagare un tributo molto ragionevole. Permise molte libertà a vari popoli soggetti, come alla Cilicia, a Lodi e a varie città Greche. Era tollerantissimo in questioni religiose. Il profeta Isaia, chissà il profeta più saggio e più intelligente tra tutti i profeti apparsi nella Bibbia, lo considerava quasi come un inviato da Jahvè. E Senofonte, quel caro Senofonte che tanto ci fece tribolare con le sue Anabasi al liceo, quello stesso Senofonte lo qualificò monarca ideale. Certo che le cattive lingue che sempre ci sono potrebbero anche dire che lasciò andare gli ebrei per toglierseli dai piedi. Può anche darsi che sia in parte vero. Però sta di fatto che gli ebrei non stavano tanto male sotto il suo dominio, al punto che quando li lasciò liberi per tornare a casa loro, moltissimi non tornarono affatto e rimasero belli tranquilli a scrivere il loro Talmud di Babilonia. Quegli ebrei che tornarono a Gerusalemme, nell'antico regno di Giuda che avevano dovuto lasciare più di 50 anni prima, ricominciarono con pazienza la ricostruzione del Tempio che si terminarà nel 404 a.C. e che sarà il secondo Tempio, dopo quello di Salomone. E vissero con un certa indipendenza sotto i persiani, anche con Dario I.

Fino a che arrivò la grande stella fugace del grandissimo Alessandro di Macedonia, con il conseguente Big Bang della ellenizzazione di tutto il medio oriente e di mezzo mondo.

E  Alessandro di Macedonia non era solamente un conquistatore barbaro come Temucin-Genghis Kan,  abilissimo anche lui, ma che  non aveva idea di cosa fosse la cultura vera ne`  lasciò niente di cultura con il suo scorribandare pero l`Asia e l`Europa...se non il sia pur famoso steack alla tartara: troppo poco. 
 Perche l`Europa deve moltissimo della nostra cultura attuale “occidentale, greco-latina-germanica”,  ad Alessandro, dicepolo di Aristotile, figlio di Re,  giovane greco di 33 anni, bellissimo, intelligente, geniale, capace, di maniere sbrigative, prepotente e mezzo gay.








  17/                        B E R E N I C E     Iª
                QUELLA DELLA BELLA CHIOMA 
                                        (300 a.c.)

Cominciamo col dire che di Berenici che a noi  interessano ce ne sono due e scriveremo su tutte e due, perché nessuna si senta offesa. La prima, la più antica, è di 300 anni prima della nostra era. Nel trecento avanti Cristo, quando i Romani avevano già cominciato a fare gli strafottenti in Italia e a rompere le scatole ai paesetti vicini con la scusa di quel poetastro mantovano che insisteva sui loro sacri destini e che diceva che erano discendenti e figli di Troia; e in questo per lo meno avrà avuto ragione. Di quell'epoca, insomma era la nostra Brenice.
Vuoi vederla, la bella Berenice? O per lo meno vedere una parte di lei, per la quale passò alla storia ed alla leggenda? Dico leggenda, perché è più valida la leggenda della storia. La leggenda ricorda sempre i suoi eroi, non finisce mai. La storia fa dimenticare dai politici di turno i personaggi che a loro non interessano. La parte interessante di lei che puoi vedere lassù nel cielo non è quella che la tua mente lubrica ti fa immaginare...ma la sua bellissima chioma. Niente di più delicato, femminile e leggero come una bella sciolta chioma di donna. Non è la via Lattea, chiariamolo subito. La Via Lattea è un altro episodio sulle tante violenze maschili: è il racconto di una certa giovane mamà che stava allattando il suo piccino e dovette fuggire spaventata dalle brame di un cafone che si era innamorato del suo seno. E scappa che ti scappa, sparse il suo latte per tutto l'Universo. Bello, vero? Pero arrivò Democrito, un certo Democrito, se non ricordo male quello degli atomi che non si potevano dividere. E che invece si divisero come lo seppero migliaia di poveri Giapponesi dalle gambe storte. Non ci azzeccò, il povero Democrito. Ci azzeccò invece a togliersi la vista quando, diventato vecchio non sopportava l`idea di non poter vedere, o chissà solo vedere, tante belle ragazze rigogliose. Ma questo strambo di greco a proposito della mamma allettante, allattante e fuggente nei cieli, riuscì a intuire, prima di morire, che non si trattava di goccettine di latte, ma di un mucchio di stelle, contraddicendo il professor Aristotele, che di cose ne sapeva tante ma che  di balle ne contava anche molte.
Non è la via Lattea, come dicevo. Si tratta ella Costellazione di Berenice. E qui la leggenda è forse ancora più bella. Se vuoi vederla, questa costellazione romantica, devi andare in una spiaggetta solitaria nel tropico, nel Mar dei Caraibi, meglio ancora se vai in compagnia di una bella donna, la donna dei tuoi sogni, senza luci e rumori che disturbino; solamente lo sciaquio delle onde tra i coralli  e  il cielo immenso senza nubi e con milioni di lucettine sopra di noi. Ti stendi sulla sabbia, con lei al lato, le prendi una mano e guardi lassù ,verso l'Orsa Maggiore.  Nella coda del carro vedrai un mucchio di stelline in forma di "V". Questa "V" è appunto quella che i nostri antenati Romani chiamavano romanticamente la chioma di Berenice.
Ma chi era Berenice? Chi era costei ??
Era un principessa figlia di un re e non poteva non essere bella anzi, bellissima. Tra i vari attributi della sua bellezza -- e erano molti -- c'era una stupenda chioma nera, lucente, più bella delle sete di Damasco. Naturalmente la fanciulla ci teneva moltissimo alla sua chioma, che manteneva sempre sciolta e che vagamente copriva due attributi da sogno, perché gli altri vedessero quanto era bella ed avessero quei pensierini che tanti piacciono alle ragazze, innocentemente insinuanti da quando le fece Iddio. E Berenice oltre a essere bella, voluttuosa e femminilissima, era anche una ragazza ben sveglia, molto intelligente e di carattere: pregi o difetti che molto difficilmente si danno tutti insieme in una donna.
Però era anche figlia del suo tempo, oltre che del re di Cirene.
Andiamo vedere cosa ti fece questa Lady Godva dell'antichità.
Per ragioni politiche sua madre voleva che si sposasse con un certo Demetrio, il Bello, di Macedonia. Però a Berenice non le importava un tubo la decantata bellezza del Macedone. Diceva che la sua bellezza, quella di lei, era sufficiente per due persone. E lei voleva sposarsi con l'uomo del quale era innamorata, un certo Tolomeo, egiziano. Tutti gli Egiziani si chiamano Tolomeo. Che ti fece allora questa bella e intraprendente ragazza? Senza pensarlo due volte mandò ad accoppare  il povero macedone e si sposò col suo Tolomeo. Il quale Tolomeo, dopo un tempo, per quella inveterata mania degli uomini di giocare i soldatini, decise di partire per la guerra per vendicare una certa offesa fatta a una sua sorella morta.
Pettegolezzi, allora. A corte ci fu chi disse che il giovane vendicatore voleva solamente appropriarsi dei beni della sorella. Ci fu chi disse che aveva bisogno di prendersi certe meritate vacanze dalla sue amata ma troppo esuberante Berenice. Berenice era veramente innamoratissima di suo marito. Lo adorava e si infuocava solo al vederlo. Lo amava furiosamente anche se ultimamene lo vedeva un poco sciupatello. E la donna, seguendo le tradizioni, andò dal prete. Ma i preti a quei tempi non erano come quelli di oggidì che sanno solamente dire messa. I preti di quei tempi sapevano predire il futuro, leggevano chissà cosa nelle stelle, sapevano un mucchio di cose e soprattutto avevano sempre uno stuolo i gente che credeva ciecamente in loro. E di fronte al sacerdote massimo, a corte piena, zeppa di curiosi e astronomi ufficiali, Berenice fece voto, fece promessa che se suo marito fosse tornato dalla guerra tra le sue braccia sano e salvo, lei, la futura Regina avrebbe fatto offerta della sua chioma gli Dei.
E cosi successe. Tolomeo tornò abbronzato dal sole delle battaglie e più virile e riposato che mai agli occhi della sua bella. Occhi sempre più amorosi per la prolungata astinenza.
E Berenice , fedele al voto, di fronte agli occhi esterrefatti di Tolomeo, si tagliò con delle inesorabili forbici i bellissimi capelli lunghi e li offrì al suo Dio sull'altare del Sacrificio. 
Non sappiamo le reazioni che possa aver tenuto Tolomeo a vedere su moglie tutta spelacchiata. Pero quello che sappiamo di certo è che nella notte la chioma spari dall'altare per essere assunta in cielo. Esatto: Assunta nei Cieli.
Dove?
E formò appunto quella costellazione che se tu te ne vai in una spiaggia dei Caraibi, di notte, con cielo stellato, accompagnato dalla donna dei tuoi sogni, tu potrai vederla lassù, dolcemente svolazzando brillante negli abissi siderali.






18/ 19/  DARIO Iº, SERSE, FILIPPIDE, LEONIDA, TEMISTOCLE,  PAUSANIA E LA NINFA MILETO, I  MACABEI.
                                        (500 a.c.) 

Dario I.
Chi era costui?
Anche lui della grande famiglia di Ciro II, il persiano, si era sposato con una figlia di lui, Atosa e con lei avrà, a suo tempo un figlio,Serse, che sarà anche lui famoso. E anche Dario I ricevette il titolo di Grande, e senz'altro era ben meritato. Ovviamente da osservare che il Grande per l'uno può essere il grande figlio di puttana per l'altro. Ma cosi è l storia, così i vari punti di vista secondo i casi. Per i greci del quinto secolo, il loro secolo d'oro, per i greci formatori della nostra cultura e civiltà, Dario I, re di Persia, era il nemico, il cattivo, il barbaro.
Tutto il problema della guerra persiana o medicea, come si dirà, nacque quando in Turchia -- terra della mitica lotta tra Troiani e Achei per colpa dei bei capelli biondi di una adultera -- i greci che abitavano la colonia di Mileto si ribellarono ai persiani. E imbaldanziti dal supposto aiuto della famosa Ninfa Mileto che giocherellava con loro e il più consistente aiuto  della madre patria Atene, costoro fecero a pezzi la satrapia persa di Sardes, lì vicino. Figurarsi se Dario, genero di Ciro II, altro grande, il re dei re, padrone di mezzo mondo, poteva accettare un offesa di questo genere e ad opera di pezzenti commercianti e venditori ambulanti di una colonia greca. Giurò vendicarsi. E siccome diceva di non essere forte di memoria, per non dimenticarsi incaricò uno schiavo di ricordargli, tre volte al giorno, che doveva vendicarsi degli Ateniesi. 
Una speciedi CarthagoDelenda est, di catoniana memoria. E fu cosí che nel 499 a. C. mandò un bell'esercito di 50.000 soldati per vendicare l'offesa. Però i greci erano i Greci, a quel tempo, ariani puri, magnifici soldati e discendenti dei Biondi Achei. Non parlavano solamente di arte e filosofia e nonostante l'orgoglio gay erano uomini sul serio. Comandati dal famoso generale Milziade, nel 490 vinsero, contro i pronostici, i persiani nella famosa battaglia di Maratona, vicino d Atene;  e con tutto quello che poi avvenne. La eroica mortale corsa dell`emerodromo Filippide durante i 40 chilometri che separavano Maratona da Atene, per avvisare della grande vittoria! E fu questa la prima vera "maratona" della storia.
E così il grande esercito persiano, sconfitto, tornò con la coda tra le gambe nella sua Asia. Si ritirò l'esercito persiano, però non era diminuito il fermo proposito di vendetta dei persiani.
E Serse, il figlio di Dario, pochi anni dopo, nel 484, mandò un altro esercito, la bellezza di tre milioni di persone, stando a quanto ci dice Erodoto; pero anche sappiamo che il caro Erodoto alle volte è un po spaccone. Forse erano "solo" seicentomila. Esercito immenso, comunque. E con questo bell'esercito l'intrepido Serse attraversò lo stretto dei Dardanelli, che tanto stretto non era, preparando un doppio ponte di barche che fece costruire e che fu un enorme successo di ingegneria per quei tempi. Un ponte mobile per attraversare i Dardanelli. E questa fu la prima impresa annibalica della storia.

Nel 480 a. C.,arrivato questo immenso esercito al passo delle Termopili,  una specie di gola nel nord della Grecia,  si verificò un altro evento, che per il suo eroico amore alla patria passò come esempio alla storia di tutti i popoli. Meno dei persiani. Leonida con i suoi trecento Spartani e settanta di Tespi e Tebe, offrirono una resistenza disperata fino al cosciente sacrificio di tutti, assolutamente tutti. Sapevano che non potevano vincere, ma si immolarono con la spada in pugno per dare tempo alla flotta greca di poter ripiegare ordinatamente, salvando navi e soldati. Quando l'ultimo vero eroe cadde, il gran esercito di Serse continuò la sua marcia, arrivò ad Atene e dette la città alle fiamme. Ma il gran Temistocle, grazie al sacrificio di Leonida e dei suoi, poté presentare battaglia alla flotta dei Serse e astutamente farla passare per uno stretto passaggio obbligatorio in Salamina, prossima ad Atene, e lì distruggerla di fronte agli occhi increduli, esterrefatti, attoniti del Re Serse.
E al poco tempo ci fu la battaglia terrestre. Fu in Platea vicino Atene, dove  l'esercito greco era comandato da Pausania, spartano. Bravo soldato ma anche astuto e intelligente. Capisce, si rende che l'esercito persiano, numeroso e bene armato, non era un esercito omogeneo ma formato da vari reparti di numerosi stati satelliti o dominati dai persiani. Non erano coesi, come lo erano i greci che combattevano per difendere la loro casa e famiglia. E questo spartano capì che l'unico che teneva uniti e organizzava i vari gruppi persiani era il loro capo. Doveva ammazzare la testa. E solo proteso a questo scopo immediato riusci ad ammazzare il grande capo persiano. Effettivamente, come auspicato e previsto da Pausania, l'esercito persiano, acefalo, si sbandò e Pausania entusiasmò i suoi per poter intervenire con la foga di chi difende la propria terra.
E il comandante persiano riportò in Asia gli sconfitti  resti di quell'esercito immenso, di Ciro, Dario e Serse, che aveva attraversato con tanto orgoglio lo stretto dei Dardanelli.
Come aneddoto, chissà fuori o non fuori di luogo in questo contesto di guerre eroismi e di morte, vorrei ricordare un fatto divertentissimo. Alla prima rappresentazione nella Scala di Milano dell'Opera I Persiani, inizi del 900, arriva il momento che il Generale Pausania si rivolge gli abitanti di Salamina: Oh Salamini !!, grida il Generale con la accorata e bellissima voce del tenore. Oh Salamini !! ripete ancora più fortemente, secondo il libretto. Ma il pubblico era quasi tutto di italiani. E al sentire quel grido eroico Oh Salamini!!, tutti scoppiarono ridere.
E l'autore lasciò furibondo il teatro della Scala.
Però  a parte questo beack ridanciano è anche bello ricordare che in quella zona dell'est europeo, fu la prima volta che l'Europa si difese da invasioni di "barbari" come,  a quei tempi , veniva considerata l' accozzaglia di truppe persiane, asiatiche e alleati vari di tutto il medio Oriente. E in questa stessa zona, confine tra Europa ed Asia, più di mille anni dopo, la stessa cosiddetta Civiltà Europea dell'Impero Romano d'Oriente si salvò da altre invasioni asiatiche e africane, di religione mussulmana, che furono vinte nella celeberrima battaglia di Acroinós. E vinse l'Imperatore Leone l`Isaurico, con o senza il fuoco greco e con o senza l'intervento della Vergine Maria. E quasi contemporaneamente ci fu la vittoria e difesa cristiana europea in Poitiers conto gli stessi nemici dell'epoca, i mussulmani arabi di Spagna. E nacque la bella idealizzata epopea poetica dei Cavalieri di Carlo Martello e di Carlo Magno. Anche se terminò, poco dopo, quel periodo la civiltà mozarabe, dove la collaborazione tra ebrei e i primi mussulmani,aveva prodotto lo splendore culturale di El Andaluz che la Spagna non raggiunse mai più.
Torniamo però adesso sull'argomento di Ciro, Dario e Serse perché sia y greci come i romani e più tardi anche noi europei non sempre a ragione, o per lo meno non a piena ragione, consideravamo barbari quelli che semplicemente non erano come noi. Perché questi Re, soprattutto Ciro II e Dario I, visti dall'angolo visuale dei popoli asiatici che formavano l'Impero Persiano, non erano assolutamente i barbari come li consideravano i greci, ma anche magnifici amministratori, ottimi governanti e organizzatori dell'Impero.
 Si ha sempre la tendenza a vedere la barbarie in casa degli altri e non quella di casa propria. In fondo, si tratta della famosa parabola della paglietta nell'occhio del vicino. Per esempio, dal punto di vista della religione, che era argomento importante nei primi tempi dello sviluppo culturale dell'umanità, c'era la più assoluta libertà di culti differenti e nessuna persecuzione religiosa,  come invece si vedrà poi, soprattutto dopo la caduta dell'Impero di Roma. Ed anche, grande novità per la epoca, c`é da ricordare che Ciro II e Dario I cominciarono per la prima volta nella storia a pagare gli operai che lavoravano nelle loro costruzioni. Non sappiamo se si formarono in quelle occasioni i primi sindacati della storia, anche se la relativa velocità nelle costruzioni dovrebbe far supporre che non esistevano ancora. Dario era veramente uomo di ampiezza di vedute. Dette inizio alla costruzione di quella bellissima città che sarà Persepoli, la Città di Persia e fece fare un progetto ai suoi ingegneri che comunicasse il Nilo con il Mar Rosso, per evitare la lunga circonvallazione dell'Africa. Cosi che il Canale di Suez fu studiato e progettato dal barbaro asiatico duemila e cinquecento anni prima che lo facessimo noi, i civilizzatissimi Europei.
E la bella Ninfa Mileto? Chissà responsabile delle cosiddette guerre persiane o medicee, continuò a nascondersi e mostrasi, civettuola, tra i dolci boschetti di Mileto.
E un bel giorno arrivò, come una grande esplosione, il meteorite di Alessandro di Macedonia, non il Grande, ma il Grandissimo, figlio di Re e di una madre con fama di maga, alunno niente di meno che del geniale Aristotele. Chissà il più grande conquistatore di tutti i tempi, anche se forse con un impero meno esteso di quello di Gengis Khan, ma che con la sua pur brevissima vita lasciò impronta indelebile nella storia dell'umanità.
Arrivò Alessandro. Conquistò, forse soddisfece il suo grande ego, amò l'arte, la cultura, le battaglie, gli uomini, le donne, sparse la civiltà greca e mori giovanissimo. Gli succedettero i suoi amici amanti e i loro discendenti , dando inizio a quell'importantissimo periodo che si chiamò dell'Ellenismo. Della cultura e civiltà greca facevano parte anche gli umanissimi dei dell'Olimpo.
Chissà i circoncisi, uomini al fine, avrebbero potuto accettare le grazie di Venere Afrodite. Ma non  digerire tutto l' inevitabile entourage. Troppa differenza tra Yahvè e Zeus.
Troppa differenza tra la mentalità ellenistica e quella molto piu tradizionale degli ebrei, anche se era impossibile che non ci fossero contatti e assimilazioni.
Così arrivò il turno dei fratelli Maccabei a sollevare il popolo di Israele contro i filo greci-seleucidi.
La festa ebrea della Janucà commemora questi eventi. Si accendono le candele di un candelabro a 9 braccia, che rappresenta la piena autonomia dello stato Ebreo. Prima governarono i Farisei, dopo i Seducei, pero continuavano tensioni interne, lotte intestine fino al 63 a.C quando le aquile romane arrivarono in Palestina. Pompeo conquistò Gerusalemme e con il tempo tutto si trasformerà nella Provincia Romana di Siria. E con i Romani arrivò Erode, il grande. Altro Grande.





























                       20/    ERODE IL GRANDE 



                                        (73 a.c. )

Erode il Grande non era Ebreo propriamente detto cioè figlio-discendente di Israele perché suo padre era Idumeo, ossia discendente di Esaù, quello delle lenticchie; e quindi non era discenente di Giacobbe-Israele, il fratellino gemello che gli offrì il famoso piatto e ricorse alla  pelle di capra per ingannare il vecchio padre mezzo cieco e mezzo scemo. Tra l'altro nemmeno la mamma di Erode era ebrea ma una bella e flessuosa araba che trasmise a suo figlio un bell'aspetto ma non il sangue d`Israele. Però quando si vuole, si trova sempre un buona scusa per eludere certe leggi, giuste o ingiuste. Così si "scoprì" che quando gli Idumeni furono dominati e assorbiti dagli ebrei, questi ultimi, molto democraticamente secondo le leggi del tempo,  avevano imposto loro la propria religione di Jahvè. Per cui gli Idumeni, obtorto collo,  si erano trasformati per lo meno legalmente in Israeliti, anche se non si sa se con o senza prepuzio. 
La qual cosa del prepuzio, è doveroso dirlo, lasciava completamente indifferente un certo Caio Giulio Cesare, occupato solamente a crearsi una fama che opacizzasse quella di Alessandro di Macedonia. Aveva conosciuto Erode, che considerava un valido alleato e, giudeo o no giudeo, prepuzio o no prepuzio, lo nominò Governatore di Giudea. Erode, furbacchione, si era guadagnato la stima dei romani e con la stima anche l'appoggio per distruggere la stirpe ebrea degli Asmonei. sua nemica. E non basta: perché nel 4O a. C., ottenne da Marco Antonio -- il nuovo marito di Cleopatra, Triunviro di Roma e padrone della parte Orientale dell'Impero Romano  --  niente di meno che il titolo di Re di Giudea.

Chi era questo Erode, detto poi il Grande?
Era un po di tutto. Una mescolanza di ebreo e di anti-ebreo. Grande statista e con partecipazione nella cultura Greca e Romana: per esempio, riscattò i Giochi Olimpici e lui stesso era uno sportivo appassionato. Però fu  anche la stessa persona che si comportò come un crudele barbaro orientale e che oggi non dubiteremmo a qualificare  delinquente per i vari omicidi da lui ordinati nella sua sua stessa famiglia. Mandò a eliminare la famiglia reale rivale, includendo il nonno e il fratello di sua moglie, Marianna. Anche la moglie, poco dopo, la fece condannare a morte e un po dopo ancora la stessa sorte sbrigativa toccò alla madre di lei. Unico esempio nella storia di qualcuno che abbia avuto  il coraggio di ammazzare la suocera. Ma Erode aveva dieci mogli e rimanevano le altre nove: sufficienti per rendere felice o infelice qualsiasi uomo. Non ci pensò due volte a mandare all'altro mondo anche due dei suoi figli, per certi rumori di cospirazione fomentati da Antipatro, altro figlio ma con un'altra moglie. E poi mandò a accoppare anche costui, quando altri rumori a loro volta lo indicavano come cospiratore contro di lui.  Insomma, non si fidava di nessuno.

Uscendo un poco fuori di tema, vorrei dire, per inciso e senza responsabilità, che da qualche parte lessi che questo Antipatro avrebbe avuto come sposa, o come una delle spose,  o chissà come , una certa Maria di Nazareth, niente po po di meno! Si, certamente, quella Maria di Nazareth che in seconde nozze avrebbe sposato il falegname Giuseppe. Ma il cui primo figlio sarebbe stato nipote del re di Giudea. E  quindi  di stirpe reale ed eventuale successore al regno. Al regno terrestre, naturalmente, perché il Regno Celeste è qualcosa che arrivò dopo.
Chiusa la parentesi "irriverente".  Molto probabilmente è una balla. E se il contrario fosse altrettanto balla? Tu ne quaeseris,scire nefas...

Riprendendo il tema del Erode pubblico, bisogna però non dimenticare che accanto ai suoi enormi difetti “familiari”, il nostro Erode il Grande i suoi meriti “ pubblici” li aveva. Era un politico molto brillante, uno statista saggio, lucido e generoso, anche se con il vezzo della superstizione al bordo della pazzia. I Vangeli cristiani parlano di lui solamente come assassino crudele. La arci-famosa Strage degli Innocenti è attribuita a lui. Eppure sembra un poco strano che nessuno storico dell'epoca di Erode abbia riportato un evento di questo genere: i Romani erano meticolosi nel mantenere al giorno i loro archivi. Così che sembra più probabile che sia un racconto appiccicato dopo, nei vangeli, con fini di propaganda filocristiana -- insieme alla cosiddetta adorazione dei Re Magi, di cui non si ha sentore storico - approfittando della fama di sanguinario di Erode tra gli ebrei; fama di sanguinario in molta buona parte meritata.

Questa storia della Strage degli Innocenti, come evento storico o di leggenda, si trova anche in altre mitologie come ad esempio quella indù a proposito della nascita di Kriscna. Si dice o si diceva allora che quando nacque Kriscna, un suo zio cattivo, che era il Re Kamsa, fece sgozzare tutti i bimbi del paesetto perché una profezia gli aveva detto che suo nipote lo avrebbe ammazzato ed usurpato del potere. Molto probabilmente nulla di questo sia realmente avvenuto. Nè in un caso nè nell`altro. Pero il solo fatto di divulgare una notizia del genere ci fa presumere per lo meno la possibilità dell'evento. A quei tempi eravamo più vistosamente bestie di oggigiorno. Dico "bestie", perché gli animali non ammazzano i rampolli della loro specie
Comunque strage o non strage, il Senato Romano lo declamò SOCIUS ET AMICUS POPULI ROMANI. E il nostro Erode, brillante, crudele e mezzo pazzo, era anche uomo di grandi pregi, come accennato.
Per esempio grazie a lui, la Palestina durante il suo regno arrivó a condizioni di benessere mai visti prima....ne´ dopo. E questo è senza alcun dubbio un successo economico importantissimo per un capo di governo o di stato che sia.
 Cercava di portare le abitudini di un popolo conservatore ed ostinando all'illustrato mondo moderno. In questo fu sempre appoggiato dagli dagli ebrei della Diaspora ossia da quelli che stavano o erano stati all'estero ed aveano una mentalità molto meno campanilistica.
 Fu  generoso con fondi per Sinagoghe, per biblioteche e per...i bagni.
Regalò soldi ad Atene, a Pergamo, a Sparta che stavano maluccio ai suoi tempi. Ricostruì Samaria.
 E dove mostrò doti di statista, fu nel suo progetto di internazionalizzare la città di Davide, Gerusalemme, perché non fosse solamente la capitale della Giudea, ma di tutta la razza ebrea, dei figli di Israele.
 Volle ricostruire il Tempio. Ci impiegò quasi cinquant'anni per farlo, però terminò la stupenda costruzione . Il Tempo di Erode era bellissimo però fu sfortunato. Durò pochissimo. Nel 71 d. C il Tempio di Gerusalemme fu distrutto, per la terza volta, dai Romani, ai Tempi di Tito.

Come era questo famoso tempio? Più sontuoso e imponente di quello di Salomone, con pareti di marmo bianco e riflessi d'oro che si vedevano da lontanissimo. Terminata la costruzione,  Erode, tutto contento e soddisfatto, volle porre nel frontone del Tempio una bellissima aquila dorata. Agli ebrei della diaspora piacque l´idea e l`approvarono. Ma i tradizionalisti vecchioni e puzzolenti non accettarono assolutamente questo simbolo che non era il loro tradizionale e che consideravano peccaminoso e pagano. Così che istigarono gli studenti. E gli studenti, giovani, esuberanti, in buona fede, infuenzabili e fessacchiotti come tutti i giovani di tutti i tempi, fecero una brutta fine. Il Re Erode li mando a bruciare vivi!
Non ai conservatori...agli studenti.

Cosi era Erode il Grande. Con i suoi grandi meriti e i suoi terribili difetti.

E da non confondersi con un altro Erode, Erode Antippe, suo figlio, il tipo ella sensuale danza el ventre di Salomè, la figlia di sua moglie.

E del tragico minuetto "da Erode a Pilato".






  21/                        ISA IBN MARYAM
                 Gesú, figlio di Maria Visto dal Corano.

Isa è il nome in arabo islamico di Gesù di Nazareth. È il figlio di Maria, donna virtuosa. Isà ben Mariam è citato più volte nel Corano e una delle Sure ( Capitoli ) è dedicata completamente a sua madre. Nel Corano non si parla mai di Giuseppe che, secondo i cristiani, è il padre terrestre di Gesù; però si parla di Zaccaria, padre di Giovanni ( il Battista ), che si incaricherà di lei. I Mussulmani credono nella concezione divina di Gesù. Ossia Maria, sua Madre, lo avrebbe concepito senza avere mai avuto relazioni sessuali con un uomo. E` stato un angelo, anche qui, ad annunziare a Maria la prossima nascita del figlio. Le disse:
Maria, Allah ti favorisce con un "verbo" emanato da Lui. Ed il suo nome sarà l'Unto, Isa ben Mariam, Gesù figlio di Maria. Sarà famoso in questa vita e sarà sempre tra i più vicini a Allah; comincerà a parlare con gli uomini già da Bebè e con maturità di adulto; e sarà tra i giusti."
Maria, che era abbastanza ingenua ma non stupida, lo dubita.
" Signor Angelo, come potrò avere un figlio se nessun uomo mi ha nemmeno toccato?"
Pero l'Angelo disse:
" Allah, il Misericordioso, il Todopoderoso crea quello che vuole. Quando decreta qualsiasi cosa,, basta che dica --SIA !-- y questo sarà. " (Corano, 40-42)
Al ricevere la notizia la giovane Maria se ne andò a viver sola in una oasi, durante nove mesi, senza nessuno che la accompagnasse.  E lì nacque il bambino e Maria lo portò subito alla sua famiglia perché lo conoscesse. La famiglia si scandalizzò perché Maria non era sposata. Però Maria fece vedere il bebè. E il bebè parlò agli attoniti presenti!  E disse:
" Io sono servo di Dio. Mi ha dato il Libro e mi ha fatto Profeta. ( Corano, 19,30-32 )"
Però...anche se il mussulmano crede che Gesù, figlio di Maria, sia un gran profeta e nato per concezione sopranaturale, nega che sia stato o sia Dio egli stesso. Sarebbe una contraddizione al monoteismo e quindi rifiuta assolutamente quella Trinidad, Padre, Figlio e Spirito Santo, che tanti problemi ha prodotto tra le varie sette e credenze cristiane, soprattutto nei primi secoli di vita della chiesa cristiana. Inoltre i mussulmani sostengono che il messaggio di Gesù, Isa ben Mariam, è la continuazione ad altri vari  messaggi di Allah ad altri buoni mussulmani, come Noè, Abramo, Giosuè. Mosè, Davide. Anche Gesù, Isa ben Mariam, è lui stesso mussulmano ed è l'ultimo grande precursore prima di Maometto, Muhammad.
"Figli di Israele, dirà Gesù, io sono stato mandato da Allah per confermare la Torah, la Bibbia, che mi ha preceduto e per dirvi che dopo di me verrà un grande inviato e che si chiamerà... Ahmmad, Maometto "( Corano 61,6 )
E quest'annunzio, secondo i mussulmani, appare nel Vangelo si San Giovanni dove Gesù annunzia l'arrivo di un Paracleto o Avvocato o Invocato. Di modo che i mussulmani rispettano il vangelo come qualcosa ricevuto da Gesù da parte di Allah, però riconoscendo che l'originale è stato corrotto.  In generale si può dire che il Corano coincida con i Vangeli e gli Apostoli; e parla di un complotto per dare morte al Profeta. Però e lì sta la differenza, Gesù non è stato crocefisso. Non c'è stata nessuna crocefissione e quindi nessuna resurrezione. Isa Ibn Mariam, Gesù, è salito ai Cieli in corpo e anima. E nella croce i confusi romani ci misero a morire un'altro povero cristo. E mai si seppe chi fu, per dirgli almeno grazie.
Quindi l'Islam crede in Gesù come Gran Profeta ma senza prerogative divine... e quindi non poteva essere il Messia.
Un'altra versione è quella dei Manteisti dei primi tempi che credevano che il Profeta fosse Giovanni Battista e Gesù solamente un raccontaballe.
Per la maggioranza dei cristiani Gesù si presenterà alla fine dei tempi in tutto il suo splendore e sarà la sua seconda volta che viene su questa terra. L'evento è quello che gli esperti chiamano Parusia.
Vogliono dare la loro preziosa testimonianza anche i Testimoni di Geova che sostengono cose meravigliose: per esempio, al principio della 1ª Guerra Mondiale, nell'anno 1914, assicurano che Gesù Cristo è andato su, nel Regno dei Cieli, per governare la Terra. Solamente il Pianeta Terra, non l'Universo. Pero ci assicurano, i Testimoni,  che il nostro bel Pianeta durerà per sempre e si trasformerà in Paradiso. Ma non tutti ci potranno andare. Quelli che non ci vanno, li butteranno  nella spazzatura, nel nulla.
 Prudentemente, per evitare contaminazioni, proibiscono in maniera assoluta qualsiasi tipo di trasfusione di sangue.Tutte cose, queste, che meno i privilegiatissimi Testimoni di Giova, i poveri cristiani non hanno mai potuto sapere.
Come hanno potuto vivere senza conoscere questi dettagli importantissimi?
Ci rivolgiamo, angustiati,  la domanda.




22/   FRATELLI E SORELLE DI GESÙ DI NAZARETH.

Un apparentemente preciso riferimento ai fratelli e sorelle di Gesù, ce lo da Marco, quando nel suo Vangelo, il primo che fu scritto, ci dice esattamente:
""( 6:3 ) Non è questi il falegname ? Non è il figlio di Maria? e questi non sono i sui fratelli, Santiago, Giuseppe, Giuda e Simone? e queste donne che stanno qui non sono le sue sorelle?""
Bisogna però anche osservare che un altro Evangelista, Giovanni, ci racconta che al piede della croce c'erano sua madre e la sorella di sua madre, Maria di Ceofà. Senza dubbio il nostro caro evangelista usa il termine sorella. Ma... è poco probabile che due sorelle carnali si chiamassero con lo stesso nome, vero? E da questo si dovrebbe dedurre che il termine sorella si possa intendere in senso molto più ampio, come familiare o amico.
Non diciamo anche noi, adesso: Come stai caro fratello? caro compagno o anche brother ? Quindi nemmeno su questo v'è alcuna certezza. Anche Paolo di Tarso, nelle sue epistole famose, come per esempio a Galata 1:19 si riferisce a Santiago fratello del Signore.
Insomma, nel mondo delle religioni, o della politica o delle guerre, o anche dell'amore dove apparentemente tutti hanno ragione e dove la realtà si mischia con fantasia e misticismo, si possono avere le più differenti interpretazioni chissà in mala fede e magari anche in buon fede, per dare ragione a un determinato punto di vista. al quale, appunto, in buona o male fede crediamo o vogliamo credere.
Pero, in fondo che importa se una determinata cosa è stata vera o esagerata o addirittura inventata? Quante volte certe fantasie ci hanno sorretto nella vita, così come il cretinetto di sempre sinceramente crede che tutte le donne sono puttane meno sua mamma e sua sorella. Sulla moglie è più difficile che qualcuno ci metta la mano sul fuoco.
Pero tornando al nostro caso serissimo, può una religione o una filosofia avere dei valori etici di comportamento più o meno validi secondo che il propagatore di essi sia un figlio unico?
O sia invece in compagnia di uno stuolo fratellini e sorelline, che magari gli tolgono certi complessi di Unicità?
Che Importa?
Vuoi tu, caro lettore, sapere quale sia la mia personale opinione su tutto questo guazzabuglio di opinioni dal quale non si uscirà mai e poi mai e non ci importa un fico secco che se ne esca?
Te lo dirò, sperando che non mi prendi in giro per dire cose ovvie e stupide. Sarà l´età.
Supponendo che la Divinità, la Mente del Primo Fattore, la Mente Cosciente y Creatrice, la mente di Dio, in fine, o come la vogliamo definire, abbia esistito o esista realmente; supponendo la ipotesi de questa Augusta y Sublime esistenza alla quale non riesco sinceramente a credere ...però, supponendo questo, la domanda sarebbe : se la Divina Volontà volesse mescolarsi in qualche maniera con un prodotto della sua volontà, come ovviamente sarebbe l'uomo, per dare all'umanità gli insegnamenti che la tradizione attende da una Divinità Buona, questa Divinità al momento di mescolarsi ossia de incarnarsi in un uomo ( uomo o donna, suppongo che il genere non avrebbe importanza) non potrebbe assolutamente -- senza mancare a certi principi che noi consideriamo di equità -- non potrebbe assolutamente, lo rimarco, non mescolarsi con un Personaggio Normale, trasformarsi in individuo preso come esempio della grande maggioranza di persone. Non potrebbe incarnarsi in chi considereremmo un genio o un povero idiota. Non potrebbe incarnarsi in un personaggio fuori dal comune, anche nel senso degli opposti, perché in questo caso non sarebbe incarnazione ma una specie di appendice, nel meglio o nel peggio, della divinità.
Quindi secondo il nostro modo di vedere, la Divinità si mescolerebbe con un uomo o donna della epoca, con mentalità della epoca, con gli usi e costui della epoca e del luogo di apparizione... Non potrebbe apparire un uomo nero in un paese di bianchi o nel Congo un asiatico con epicanto. La Divinità si mescolerebbe in un uomo o un donna della epoca, con mentalità della epoca, con gli usi e costumi del luogo dove apparirebbe.
Y come era la famiglia normale in Palestina in quei tempi? Lo possiamo immaginare?
Certamente ! E non è poi tanto cambiata in questi ultimi duemila insignificanti anni.
La donna, da secoli, da sempre, povera donna, la femmina, era considerata poco di più che un attrezzo per fare figli, specialmente maschi, ( ancora adesso esiste la ridicola frase: Auguri e figli maschi!!) per aiutare il padre nei suoi lavori tipici, come la caccia, la pastorizia, la agricoltura, la guerra... E oltre alla fabbrica di braccia per lavorare, era anche la maniera per risolvere il problema dell'appetito sessuale in tutti i generi di vita nel pianeta. Probabilmente i primi "uomini" facevano sesso per desiderio proprio e non con la coscienza di procreare: come i cagnolini. Lo fanno per gusto. E le donne? Le femmine? Poverette, di loro nella stragrande maggioranza nemmeno si conosceva il nome. Completamente dedicata alla maternità e sottomessa al volere del maschio. In conclusione contavano molto poco. E la donna, ovviamente anche in Palestina, era una donna con una infinità di figli e forse non sapeva bene nemmeno di chi fossero.
La teoria del figlio unico non esisteva, Avere più figli maschi era come avere più pecore. Aumentava la ricchezza! L'avere un figlio unico era la prerogativa della divinità. Budda e Cristo erano figli unici... Non so quanti altri. Perché ? Chissà l'uomo non voleva che si profanasse la divinità, mettendola in concorrenza con altri uomini-mortali, per avere figli che sarebbero fratelli del figlio di Dio. Non era possibile. Il Figlio di Dio doveva essere solo.  E non solamente solo, ma Unico, per tutta l´eternità. Ed allo stesso tempo avere le caratteristiche umane dell`uomo di quei tempi, di quel quel gruppo etnico, di quella nazione, di quel continente, di quel pianeta.  Senza queste caratteristiche non vi sarebbe stato incarnazione ma solamente estensione della divinità.
Ok. E tutto quando detto e scritto qui, adesso, mi produce qualcosa di molto simile alla vergogna, perché sinceramente credo completamente superati questi temi e problemi che potevano essere veri e sentiti nella lontana adolescenza quando a 16 anni, al liceo, ci si poneva il grande interrogativo della vita.
E poi, con gli anni,  ci accontenteremo di poter solo cambiare il mondo.
E poi ancora, con i decenni. non faremo nemmeno quello.Solo ci cambieremo noi stessi e sempre in peggio.                         



23/                                 CLEOPATRA           



Ed ora, cari amici, dovremmo parlare di Cleopatra, regina (faraona ?) d'Egitto. Sì, quella famosa del "naso di Cleopatra", alla quale ricorrono a volte certe gentili signore che in qualche maniera cercano somiglianze per consolarsi di certe piccole imperfezioni fisiche.
Si chiamava Cleopatra Tolomei, costei, ed era la VIIª.
Molte persone parlarono di lei: un certo Plutarco, un tizio che si chiamava Dion Cassius e un altro tipetto che si chiamava Guglielmetto Muovilancia; vedremo chi era costui. E` apparsa anche in una serie di film quasi tutti di pessimo gusto e senza troppo rispetto alla realtà storica.
Cosa si può aggiungere alle tante fandonie raccontate sul suo conto da tanti cantastorie? Proverò a dire qualcosa anche io per le persone che non hanno letto ne Plutarco ne Dion Cassius e nemmeno l`inglesino famoso, dal nome per me impronunciabile.
Era regina come già detto ed anche figlia di Re. Non era bellissima secondo i canoni riservati alle principesse e regine. Era semplicemente affascinante. Insomma una donna fatale, fatalissima, la femme fatale, la più fatale della storia. Lo storico Dion Cassius scrisse di lei, impressionatissimo, che affascinò i due uomini più grandi del suo tempo e che per colpa del terzo uomo,  distrusse a se stessa. Naturalmente quel Cassius lì si riferiva a Giulio Cesare, a Marcantonio e a Ottaviano Augusto, il primo imperatore romano. Evidentemente non era assolutamente modesta nelle sue aspirazioni. Da alcuni ritratti che abbiamo di lei, appare come donna dalle labbra sensibili, carnose, mandibola forte rivelatrice de carattere imperioso, ampia fronte, un naso deciso e prominente, quello che poi passò alla storia; due meravigliosi occhi vellutati che le davano, quando voleva, lampi di seduzione. Ma oltre ai due occhi aveva altre due magnifiche cose che esibiva il più possibile, secondo la moda del tempo, accentuata da lei e che inebetivano persino per gli eunuchi di corte.
Cosi dice Don Cassius.
E la voce?
Plutarco. altro pezzo grosso di insospettato discernimento, ammette che quella voce, a volte appena sussurri, aveva la "grazia di uno strumento musiche a varie corde, con delicate sfumature insinuanti." Ed aggiunge : Se Platone aveva insegnato ai suoi discepoli che nelle donne esistevano quattro tipi di seduzione, la fatale Cleopatra doveva averne per dozzine!
E se lo disse Platone e lo confermò Plutarco qualcosa di vero doveva esserci.
Ma, ditemi voi, cosa può fare un povero uomo quando si imbatte con una donna di quel genere ?
Bene. Cleopatra era regina d'Egitto, nata in Egitto, ma non era egiziana. Non aveva nemmeno una goccia di sangue africano, diceva lei. Era Macedone, Greca insomma, discendente di Tolomeo il Diadoco di Alessandro, quello che ormai da trecento anni si era beccato in eredita l'Egitto e zone adiacenti. Era la sorella-sposa di Tolomeo XIII, secondo una antica tradizione incestuoso faraonica  - ad imitazione di  Abramo e sua sorella Sara  - per evitare contaminazioni di sangue
E poi vengono rimproverarci se abbiamo fatto i razzisti...
Non divaghiamo. Ma quasi tutti i fatti storici sono complicati dai diversi punti di vista. La verità del vinto e quella del vincitore è la più appariscente e poi ci sono una infinità di altri punti di vista. E se si comprende troppo, va a finire che si giustifica tutto. Anche la verità su Cleopatra dovrebbe essere già appurata, se esistesse. Vorrei qui solamente chiarire che la nostra eroina, schiaffata dal sempre rabbioso poeta italiano nel suo inclemente inferno, in realtà aveva ben poco da farsi perdonare. Cercava di fare quello che più poteva essere utile alla sua terra e alla sua gente, anche se con qualche vantaggio personale. Come più o meno lo stesso succede anche ai più bravi politici di tutti i tempi. Che ti frega se Caterina di Russia aveva decine di   amanti se poi otteneva la Crimea per prenderci il sole? Di che mezzi si valse, Cleopatra? Ognuno utilizza le armi di cui dispone. Se Hitler  fosse arrivato prima, Nagasaki starebbe in New Jersey. E Cleopatra si valse delle sue: la sua enorme capacità di seduzione. Sedusse Cesare e sedusse Marcantonio. Non Ottaviano perché forse era refrattario. Cesare, il grande Giulio Cesare si innamorò di lei come un ragazzo. Le fece una statua d'oro! E la collocò nel tempio di Venus Genitrix a Roma. E nella stessa Roma la ricevette come vera regina e non come vinta. Le offri la sua Villa Romana, per i piacevoli conversari. Ebbe un figliolo con lei, Cesarione, senz'alcuna rilevanza storica. E quando Cesare cadde ai piedi della statua di Pompeo, nel Senato, Cleopatra ritornò al suo Egitto. Tranquilla, apparentemente, fino a quando apparve Marcantonio o Antonio come lo chiamerà l'inglesino Muovilancia . Però se Cesare le aveva regalato la statua d'oro, Antonio volle addirittura sposarla ! E visse con lei la bellezza di una decina d' anni, dimenticandosi della moglie Fulvia e della seconda sposa, Ottavia che era la sorella di Ottaviano, il futuro Ottaviano Augusto, primo imperatore romano. Insomma Marcantonio si era innamorato.  Cotto, cottissimo. Per non entrare in tanto dettagli, Marcantonio arrivò a suicidarsi per lei, si lanció sulla sua spada e i giapponesi impararono il karakiri. Nemmeno questo hanno inventato!
Poi arrivò Ottaviano, vincitore di Marcantonio. Però Ottaviano el Buon Augusto, come lo chiamerà il poeta scorbutico di sempre, era refrattario. Difficile dire se a tutte le donne o solamente a Cleopatra. Il fatto era che anche lui voleva portarsela a Roma, però non come regina affascinante; ma legata in catene alla sua Biga di Vincitore, alla vista e sollazzo vergognoso della plebe.
 Cleopatra sapeva questo e non poteva permetterlo. E morì da regina. Una morte onorevolissima.
Si vestì con i migliori paramenti regali ed offri il petto - e che petto ! - al morso dell'aspide, simbolo egiziano del potere faraonico. Ed Ottaviano arrivò, come un allocco, appena in tempo per vederla così, nel suo letto d'oro, mentre quell'anima superiore, orgogliosa, sprezzante, intrigante e seduttrice abbandonava per sempre il corpo di quella Femme Fatale, la più Femme Fatale della Storia.













 24/               B E R E N I C E  II ª  ( La Judia)

                                        ( 52 d.c.)

La seconda Berenice della quale parleremo adesso, è di un'epoca decisamente storica, non ci sono assunzioni in cielo ne´ di chiome ne´ di corpi ne´ di spiriti. Però era una principessa anche lei. Sembra che, come nelle favole, se non sono principesse non interessano. E, naturalmente, era anche bellissima. Nacque nell`anno 28, quasi contemporanea di Gesù Cristo.
Seguendo la antica tradizione ebraica la fecero sposare molto giovane con un certo Marco. Si sposò. pero prima di poter "consumare" il matrimonio, il giovane Marco morì. Di che, non si sa. Marco non è nome ebreo, ma questo non dovrebbe esserne motivo. Sarà che vedendola nuda e bellissima la notte di nozze gli scoppiarono le vene per l'emozione? Per non lasciarla vergine e vedova la fecero sposare con un certo Erode, re di Calcide. Il tempo giusto per avere due figli, ed il tipo crepò anche lui. Povera Berenice! Con leggera fama di malocchio, se ne andò a vivere in dolce concubinato con un altro Erode, Erode Agrippa II. E fino qui tutto normale. Quasi normale. Quello che complicava un poco le cose era che l'Erode Agrippa II era anche suo fratellino. Certo, anche il Gran Padre Abramo era convolato a nozze con sua Sorella Sara. Ma, si sa, erano altri tempi e comunque quod licet iovi non licet bovi. Furono molto criticati per questo e non accettarono l'incesto. La povera Berenice allora fu a chiedere consiglio ad un certo Polemone sacerdote importante di Cilicia. Sentite le lamentele e soprattutto viste le sue grazie il buon Polemone le offrì matrimonio perché terminassero quei mormorii irritanti. Per farle un favore, disse e giusto perché era lei. Però anche questa unione sotto il manto protettore dell'uomo sacro a Dio, -- dal SACER latino -- anche questa unione dicevo, non fu bene accetta nei cieli dove si tessono i destini umani. E Berenice tornò dal suo bel fratellino. E con lui rimase more uxorio,fino ad arrivare al 65 dopo cristo, anno tristemente ricordato nella storia egli Ebrei per il gran massacro ad opera degli odiati Romani in Gerusalemme. Es in questa occasione Berenice dimostrò di non essere solamente una bella e desiderata fanciulletta apparentemente stupidarella. ma di essere una donna sul serio, decisa, forte,di molto coraggio e determinazione. Una donna con i controcazzi si diceva una volta in Italia e non si considerava una volgarità ma un complimento. Chissà poco femminile ma complimento. Più di una volta rischiò veramente la sua vita per difendere il suo popolo, gli ebrei, dal "crudele" Procuratore Romano.
I quali ebrei, come è doveroso esserlo certi casi di emergenza, si dimenticarono dei peccati, delle lapidazioni e se fossero stati cattolici la avrebbero fatta Santa, come Giovanna d`Arco.
E poi? Cosa ti succede in Palestina?
Arriva un certo Tito figlio dell'Imperatore Vespasiano. E questo Tito, allora giovane, bello, e che rappresentava il potere di Roma, si innamora della bella ebrea. Del suo coraggio, della sua intelligenza, della sua forte personalità e probabilmente, penso io, anche della sua bellezza come donna e che non era il minore degli attrattivi. E doveva esserlo se a quasi 40 anni un generale romano si innamora perdutamente di lei. Ma l'amore fu corrisposto. E si innamorò anche lei di lui, non per interesse o chissà non solamente per interesse, ma si innamorò di lui come uomo.
E lui la invitò a seguirlo a Roma e lei lo seguì, accompagnata da suo fratello con il quale da tempo era terminata la relazione incestuosa. E a Roma, tra i sette sacri colli di Roma, il loro amore crebbe rigoglioso.
Al punto che Tito voleva sposarla. Il Senato romano sempre condiscendente in fatti di gonnelle, aveva già dato il suo consentimento.
Ma, sapete cosa è la gelosia e l'invidia ? Specie tra donne ?
Le eleganti aristocratiche dame romane non potevano accettare che una qualsiasi ebreuccia venisse a Roma a far loro concorrenza e trasformarsi magari in Imperarice ! E doverle fare anche l'inchino di corte! Per Giunone! Non sia mai detto. E si opposero. Ma non direttamente come avrebbero fatto quei grossolani di uomini; ma con la tipica insinuante astuzia femminile sobillarono la plebe. La plebe romana alla quale non gliene fregava niente chi fosse l'imperatrice di turno e che era interessata solamente alla porchetta e al famoso circo che non era ancora di futball ma ci somigliava. E la plebaglia, aizzata, fa di tutto.
Così che Tito dovette rinunciare al matrimonio, ma continuò ad amare la sua bella dama dai ricci neri. E continuarono a vivere insieme.
Pero anche i bei sogni finiscono.
E quando Tito fu incoronato Imperatore dei romani, la bella Berenice fece il fagottello e se ne tornò al suo paesetto di provincia, in Palestina. Alcuni storici sostengono che si dileguò per non interferire con il destino fatale dell'Imperatore. Ci fu chi disse che...non era più la bellissima donna di prima... e gli uomini, si sa, questi porci, hanno sempre voglia di ragazzette giovani anche se stupidelle.
Ed il bel sogno d'amore tra l´Imperatore del mondo e la bella ebrea durò il tempo che poteva durare.
E con Tito? Che successe poi con Tito? Quello del famoso Arco di Tito, a Roma? Chi non lo conosce? Almeno in fotografia?
E già che siamo in argomento parliamo un po bene di questo Tito perché gli ebrei lo trattano peggio che a un nazista per la faccenda della distruzione del Tempio di Erode in Gerusalemme. Sì, è vero. Il Tempio fu distrutto un'altra volta durante il suo periodo imperiale. Pero è anche vero, secondo certi fonti storiche, che Tito fosse contrario a distruggere i Simboli Sacri di una religione di un popolo vinto: lasciateli che credano in quello che vogliono. E realmente la politica romana era di non mettersi affatto con gli usi e costumi religiosi altrui. La esistenza del Pantheon a Roma, il tempio che albergava i simboli di tutte le religioni dell'Impero, ne è dimostrazione evidentissima.
La distruzione del secondo Tempio, quello appunto di Erode, sarà stato pure quello dimostrazione della volontà di Jahvè che tutto vede e tutto sa? Cosi dicevano gli Ultra-ortodossi.
Tito fece cose apprezzatissime dai romani, come terminare la costruzione dell'Anfiteatro Flavio, quello che poi si chiamerà Il Colosseo.
E qui vorrei permettermi un fuori tema: da poco ho saputo che il famoso Colosseo ha un nome usurpato! Si chiama cosi, non per sé, ma perché vicino all'Anfiteatro, nella Domus Aurea, si erigeva il COLUSSUM che era una statua colossale di Nerone. Morto Nerone, morì anche la statua. Ma rimase il nome. Usurpato, appunto. E passò all'Anfiteatro, che anche si meritava il qualificativo, dopotutto.
Ma un'altra storiella che ho letto e pare sia vera, è che solamente la tradizione - ma non la realtà storica - voleva il Colosseo come zona di martirio santo ed eroico dei primi cristiani. Sembra, anche qui, appunto, tradizione usurpata. Altra delusione.
Tornando a Tito ed alle sue benemerenze, pur trattenendo un certo sorriso bisognerà alludere anche ai "vespasiani" che costruì a Roma: erano latrine pubbliche, costruite nell'angolino di una piazzetta, per soli uomini, per fare pipì in piedi. Messi in semicircolo, un cliente di fronte all'altro e solo si vedevamo i piedi divaricati dell'altro che stava di fronte. Eravamo ragazzi e ci si divertiva da matti a fare pipi sui piedi dell'opponente, soprattutto se si sapeva che era un vecchio di più di trent'anni. Bene, a parte l'ironia nel ricordo personale, Roma fu la prima città nel mondo che non puzzasse a orina nei sui angolini più deliziosi. E Tito mandò a infliggere multe di staffilate sul groppone a quelli che volevano mantenere le loro tradizioni di Libertas Mingendi 
A parte questi casi comici, Tito seppe davvero fare molte cose utilissime delle quali la più importante fu di sapere amministrare bene, senza soprusi, la enormità delle finanze pubbliche dell'Impero. Quando morì, nel 91, il popolo romano lo pianse come amor ac deliciae generis humani. Forse magari un po troppo, però significa che aveva saputo governare bene. E per uno statista questo è determinante. Eppure le folle non si innamorano mai dei buoni amministratori. Nessuno si ricorda di Tito o di Antonino Pio. E tutti sanno chi erano Nerone o Caligola. E di Tito, solamente come il distruttore del Tempio.
E in questa maniera con un po di romanticume termina la storia della seconda Berenice e dell'Imperatore che si innamorò di lei, pur essendo già al tramonto della sua splendida gioventù. E quasi al punto di diventare la prima ebrea Imperatrice dei Romani.

































      
           25/               PAOLO E TECLA


Sono sicuro che il Padre Eterno è uomo. Quando ero ragazzino alla scuola, al ginnasio, ci facevano vedere per la prima volta certi quadri, disegni, affreschi; cosi li chiamavano, robe d'arte ci dicevano. E noi sui 14 anni vedevamo sempre quel Vecchio Signore con barba bianca che somigliava un po’ a Babbo Natale. A Papà Natale si direbbe oggi, che non si rispetta più niente. Allora si rispettava di più anche la lingua e ci dicevano che la parola PAPÀ era una parola straniera y la bella parola italiana era BABBO. Non è vero ne´ l'una né l'altra cosa, ma da ragazzi si crede a tutto. Anche in Mussolini, certo, che era uomo e maschio: la maschia gioventù si cantava.
Però insomma, Padre Eterno, Babbo Natale o Santa Klaus  o San Nikolaus si trattava sempre del solito vecchio generoso e buono, ma uomo. Ed allora ricordo che da ragazzini alcuni di noi pensavamo che non era vero, che non era giusto...che il padre Eterno poteva anche essere una Madre Eterna.
Ma eravamo in errore. Ci siamo poi ravveduti.
Ce lo ha spiegato poi il prete, quello della scuola che faceva il saluto romano alle adunate.
Il Padre Eterno è uomo, senza dubbio.
Ed è certissimo, perché altrimenti non ti spieghi come è possibile che il machismo, la teoria dell'uomo superiore alla donna, sia valido dai tempi dei tempi, quando invece abbiamo visto che tra i due generi il più capace è il femminile ? Si trattava di nepotismo, bello e buono. Infatti adesso vediamo che questo atteggiamento protagonista dell'uomo sta cambiando. Lentamente senza tante chiacchiere, insinuante, con astuzia tipicamente femminile,  ma sta cambiando. E l'uomo ha fatto sempre la figuraccia  dell'allocco. A cominciare da Eva con il giochettino della mela: vuoi un po’ della mia meluccia? 
E poi con  Venere che si insinua al fessacchiotto di Paride. La bella triste storia d' amore di Francesca che è la protagonista, mentre il suo Paolo, altro fessacchiotto, se ne sta li senza dir nulla e a piagnucolare. E poi anche le storie di cavalleria, del medio evo, quando le fate seduttrici disponevano dell'uomo cavaliere andante come di un peone negli scacchi. Si facevano trovare tutte nude e vezzosette a fare il bagno in un bel laghetto romantico nel bosco, il cavaliere le guardava tutto imbambolato e faceva quello che voleva lei.
Così che con tutto questo bel preambolo, la storia di Paolo e Tecla dovrebbe chiamarsi la storia di Tecla e Paolo perché, per lo meno in questo caso, negli Atti di Paolo e Tecla, l`uomo è una figura molto poco eroica e secondaria; e sia detto senza scalfire  il dovuto rispetto all'Apostolo delle Genti. Tecla era ragazzina, è vero, però era anche donna che sapeva quello che voleva. E quello che voleva lo otteneva. Come Giovanna d` Arco. E come Giovanna la verginità era il suo stemma. La bandiera da combattimento di tutte e due avrebbe dovuto avere come simbolo una vulva di vergine, ben chiusa alle imprese dell'amore. La verginità era anche per Tecla, con il passar degli anni, un mezzo, un fine, un inno al potere femminile. Chissà. Forse... prodotto di una delusione e come mezzo di consolazione per raggiungere vette di amore sublime niente di meno che con la divinità. Chissà... Tecla sfida abitudini di machismo di epoche anteriori e posteriori a lei. Riesce a confondere, pur non proponendoselo, atteggiamenti di personaggi contemporanei o successivi; come lo stesso Paolo, ex funzionario delle tasse, che si spaventa del bellissimo corpo della giovane Tecla. E sempre tremebondo, non sarà mai protagonista in sua presenza. Il grande Apostolo sarà succube degli avvenimenti, rassegnato più che audace. E Tecla sarà sempre la negazione del Proclama di Pericle, ripreso da Sofocle: secondo loro le donne dovrebbero rimanere in casa senza fare tanti casini. E due secoli dopo la sua morte, la fama di lei confonderà persino Tertulliano, l'apologista africano misogino ad oltranza.
Alle volte potrebbe anche sorgere un dubbio: quelle manifestazioni di quasi feroce odio alle donne, quella misoginia ad oltranza dei primi secoli dell'era cristiana, non saranno stati prodotti, almeno in alcuni casi, da menti malate di uomini che odiavano le donne perché non sapevano o non potevano amarle? La volpe e l'uva verde?
Parliamo di lei. La ragazzina Tecla, di 14 o 15 anni, era una fanciulla di buona famiglia, educata, molto carina, con dei capelli lunghi bellissimi, giusto nell'età per andare a nozze con il suo fidanzato, il bel giovane Tamiris. Viveva tranquilla e serena a Iconio, cittadina nella moderna Turchia, probabilmente ricamando il suo corredo da sposa.
Però un giorno fatale passa vicino alle sue finestre uno straniero.
Non era nessun principe azzurro, nessun bel giovane dalla sguardo brillante di gioventù. Era un tipo di mezza età, un po bassotto, sopracciglia unite, un bel naso uncinato semita, gambe un po storte, calvo e con pancetta. Insomma, per una ragazzina caruccia di 15 anni non poteva che essere un vecchio brutto e racchio, da vedere senza guardare assolutamente. E la ragazzina realmente non lo vide nemmeno. Solamente senti la sua voce. Però la sentì parlando di cose che infiammarono la sua fantasia pura ed il suo cuore di adolescente. Tipico dei giovani sognatori, soprattutto se donne. E si innamorò così, di una voce. Rimase attonita per tre giorni e tre notti, dicono, senza neppure mangiare, alla finestra, sorda alla mamma che la chiamava preoccupata. Come drogata e ipnotizzata da quella voce che s'insinuava poco a poco in lei. E gli occhi della fanciulla videro poi sempre, nella sua vita, quello che sentiva la sua anima. Immaginarsi la povera mamma ed i fidanzatino, il giovane Tamiris, che bolliva d'amore per lei. E giù a dirle che riconsiderasse, che non era conveniente che una giovane a punto di nozze stesse a sentire le fandonie pericolose di una straniero di passaggio. La povera mamma la pregò, la implorò.
Ma la giovane, con la testa dura dei ragazzini soprattutto nella fase del pre innamoramento, sentiva solamente il predicatore misterioso. Ed il giovane Tamiris, arrabbiato come una bestia, andò a denunciarlo al proconsole romano, la suprema autorità a quei tempi. Che quello straniero andava catechizzando i giovani con le sue teorie bislacche sulla verginità. con la sua opposizione al matrimonio che è la base della societa, senza la quale non esiste famiglia non esiste morale non esiste nemmeno lo Stato: risultato? la piu scellerata anarquia. Il proconsole forse si gratta la capoccia, manda a chiamare Paolo per sentire cosa dice. Lo sente, non gli sembra niente di tanto pericoloso, tutte frescacce, rimane indeciso su cosa fare e per fare qualcosa lo schiaffa in prigione in attesa che l'Olimpo lo illumini d`immenso sapere.  Che succede con Tecla? La ragazza non si arrende. Si da da fare, vende i suoi gioielli, forse anche quelli di sua madre, corrompe il carceriere che la fa entrare nella cella semibuia dove Paolo, solo in un angolo, trema dal freddo. Forse cosi, allo scuro, non lo vede bene; ma lo sente. E sta con lui tutta la notte. A fare che? Gli apologisti cristiani lo chiariscono subito e bene: tutta la notte Paolo predicò la sua dottrina a Tecla, felice di ascoltarlo.
La povera mamma e Tamiris la cercano di qua, la cercano di la e finalmente vengono a scoprire la verità: che da tre giorni e tre notti se ne  stava sola soletta con il suo stravagante straniero. Sorge il dubbio, scppia lo scandalo e la rabbia.
SOLVS CUM SOLA IN LOCO SOLITARIO NON COGITABVNTUR ORARE PATER NOSTER.
E denunciano Paolo come corruttore di minorenni! Loro non lo sapevano, ma più o meno come era successo con Socrate, a parte la cicuta. Ed il buon funzionario romano, anche lui un povero Travet, continua a grattarsi la capoccia, incerto sul de farsi.
E per continuare a fare qualcosa lo condanna a ricevere sul groppone non so quante frustate e che poi se ne vada lontano da qui a raccontare le sue panzane da un'altra parte. E parla con Tecla e le consiglia di sposarsi presto per calmare i suoi bollenti spiriti. Più o meno le disse così. Ma la ragazzina, testa dura, insiste. No vuole sposarsi e meno con il fidanzatino Tamiris. Allora scoppia la rabbia. E i due furibondi, mamma e fidanzato ,chiedono al magistrato che condanni a morte la ragazza ribelle.
Be`, se proprio lo volete, pensa il proconsole e controvoglia, ordina per lei la pira, il fuoco, la parrilla. Un altro Ponzio Pilato?
Il giorno dopo la ribelle Tecla viene portata alla pira, nuda come previsto, per il bel barbecue. Tecla invoca Cristo. Non Paolo, che era scappato chissà dove, ma addirittura a Cristo. Cristo la sentì e mandò delle belle fiammelle pudiche che la ricoprono senza farle danno. Si, ricoprirono il suo corpo nudo,  forse con disappunto dei presenti. Ed immediatamente dal cielo, limpidissimo, cadde improvvisamente una pioggia torrenziale che non solo spense il fuoco della pira, ma allagò completamente la cittadina e migliaia di poveri cristi s'affogarono. Erano responsabili anche loro. Non chiediamoci perché. Non lo sapremo mai.
E Paolo ? Non tutti e non in tutti i momenti possiamo essere degli eroi. E Paolo, tra le staffilate sul groppone, la stanchezza, il dolore per le frustate e la paura, andò a nascondersi, mezzo morto, tra i morti completi, in un cimitero dove lo raggiunse Tecla. Non si sa se dal cielo sia piovuta anche una tunica per poter coprire la sua dirompente bellezza. La fonte, come la folla prima, chissà ammutolisce ma non dice. Il fatto è che al povero Paolo, tutto scassato com'era, al vederla cosi bella e giovane, gli viene una paura da matti anche per future probabili complicazioni. Ma Tecla è decisa. Gli dice che non dica stronzate e chiaramente aggiunge che vuole stare con lui e seguirlo. E detto fatto, per mascherarsi un po, si taglia - male, a proposito - i bellissimi capelli per somigliare di più a un maschiaccio; getta la gonna e si veste da ragazzo. Si sporca un po il, viso, si laverà meno perché gli uomini sono sempre più sudici delle donne. Forse puzzerà un po, ma Paolo metterà del suo per consolarsi.
Più di mille anni dopo la Donzella di Orleans ricorrerà alla stessa mascherata.
Ma tornando ai nostri due personaggi, cammina che ti cammina, Paolo e Tecla arriveranno ad Antiochia, in Siria. E lì si imbatteranno con un principe.
Un principe ellenizzato, di nome Alessandro, che vede la "persona" che sta con Paolo. Capisce che è una persona giovane, si incapriccia e la desidera all'istante, la concupisce senza capire bene se è ragazzo o ragazza, dimostrando cosi di essere ellenizzato.
Che fa? Siccome è un uomo prepotente si lancia sulla persona come un ossesso...però... però...la dolce Tecla, con una rapida mossa di Karate...ed un calcio ben dato dove si deve dare...paralizzò l'assaltante.
Lo paralizzò...pero il tipo si riprese e tutto zoppicante e tenendosi le palle in mano per paura che scappassero, cominciò a gridare come un pazzo, arrivarono i gendarmi, naturalmente asserviti ai poderosissimi aristocratici. Lui la accusa di essere una prostituta, viene condotta a forza dinnanzi il tribunale che, asservito alla plutocrazia decadente,  la condanna alle belve feroci. Però qui interviene una ricca vedova romana, disperata per la perdita di sua figlia, tre giorni prima e della stessa età di Tecla. La vede, sente la sua storia, si commuove, piange ancora di più, la invita a casa sua, bella dimora patrizia romana, per per difenderla e difenere la sua verginità in attesa del giorno dell'esecuzione. Arriva il giorno previsto e  conducono Tecla al Circo, però ...meravilla...una leonessa la guarda, la annusa e si sdraia al suo lato per difenderla, ruggendo minacciosa alle altre belve.
Si avvicinano un orso ed un leone, leccandosi i baffi. Ma la leonessa riesce ad avere il sopravvento sui due, ma poi muore anche lei, per le varie ferite riportate. Allora interviene il carnefice. A strapponi spinge la fanciulla in una una specie di laguna dove si vedono coccodrilli con intenzioni molto aggressive. Però, altra meraviglia, scende dal cielo una fiamma luminosissima che avvolge il corpo sempre nudo della sacrificanda  e cosi protetta lo immerge nell'acqua della laguna... per il battesimo per immersione. Il primo ed unico auto-battesimo nella storia della chiesa. Ma non è finita qui. La famigerata autorità ricorre allora ad un altro tipo di supplizio che ricorda certe bravate di Sansone: mandano nell'arena dei tori furiosissimi...perché avevano legato carboni accesi ai loro i testicoli. Con i tori c'è sempre stato poco da scherzare. Se aggiungiamo i carboni accesi, immaginiamo che furia scatenata. Ma i tori muoiono tra muggiti di agonia. Non esisteva, allora la Protezione Animali. La vedova ricca, che assisteva al processo, sviene dall'emozione. Il governatore romano teme che la vista dei supplizi minino la salute della vedova che è parente dell'Imperatore; e che questo possa intorpidire la sua carriera. Cosi che, non per un atto di generosità o di giustizia o di compassione, ma solamente per il suo tornaconto personale, il Governatore Romano cancella la sentenza, grazia la giovane e la lascia libera di andare dove vuole. Tecla allora va a visitare la vedova ricca, già recuperata dal malessere, rimane un po con lei e la converte alla verità di Cristo. E converte persino le altre matrone romane che la vedova riceve mano a mano nella sua domus aurea.
Cosi che in Antiochia si fonda il primo centro di PROPAGANDA FIDE.
Poco dopo andò a cercare il coraggioso Paolo che non aveva fatto assolutamente nulla per difenderla e che, con la coda tra le gambe, era andato a nascondersi chissà dove. Dopo un lungo viaggio per terra e mare, lo incontra in Licia. Paolo rimane ammiratissimo per la costanza ed il coraggio della giovane. E sai che ti succede? Che dopo aver fatto tanto per trovarlo, tra viaggi e rischi di vario genere, Tecla lo vide... lo guardò ben bene, gli disse addio e se ne tornò a casa sua, a Icono.
Perché ?
Perché questo improvviso cambio di atteggiamento con il suo maestro? Disillusione in qualcosa? Si accorse allora che era brutto?
O si rese conto che lo aveva posto in un piedistallo superiore al meritato?
Succede spesso tra uomini e donne. Che la donna ponga l'uomo che ama in un piedistallo ideale e poi si delude quando si accorge che non era come lei credeva che fosse.
Misteri della mente femminile. Chissà, forse anche perché accompagnata o complessata da una fervente e innaturale aspirazione alla verginità?


Insomma, Tecla ritorna a casa. Ed in Icono rincontra sua madre. Non si sa esattamente quello che accadde. La madre aveva chiesto al procuratore romano la pena di morte per sua figlia. Non sappiamo cosa accadde; ma sappiamo che converti sua madre al cristianesimo. Le fu impossibile convertire il povero Tamiris, l'ex fidanzato, perché era già morto.
Ma Tecla, donna irrequieta, non rimane tranquilla in Icono e se ne va a Seleucia e fonda un Santuario in una collina vicino. E li rimarrà, a Seleucia, durante anni, predicando la parola di Cristo, curando malati, facendo miracoli, dicono e converte e battezza.
Però questo successo di Tecla, successo religioso, politico, sociale, forse anche economico, produce invidia; probabilmente  anche perché era donna. Insomma i sacerdoti degli oracoli pagani e medici di tutti i tipi non la sopportavano perché vedevano diminuire sempre di più i propri clienti, probabilmente paganti.
Ma comunque  andò avanti cosi per un certo numero di anni. Fino a quando la donzelletta arrivò ad essere donzella ma di novanta anni. E non si sa bene chi, decisero di farla fuori. Alcuni di "loro" contrattarono dei delinquenti a soldo, mercenari insomma, ma non per ammazzarla bensì per violare la donzella nonagenaria. Convinti, si disse, che la Vergine Dea Diana non avrebbe più concesso la sua protezione alla Tecla deflorata.
Sembra da non crederci ma cosi è scritto. E dettaglia lo scritto che quando i sicari, con l'arma puntata sono sul punto di violarla, la vecchierella si inginocchia nonostante i reumatismi, chiede aiuto a Gesù e Gesù fa sì che si apra una specie di grotta dove lei potrà nascondersi e salvarsi. E dalla stessa grotta, sotto terra e sotto i mari, Tecla potè arrivare fino a Roma dove sapeva che c'era Paolo. E Paolo c'era sì, ma bell`e morto.
Allora come prova di veramente sublime amore del quale sono capaci solamente le donne, Tecla ordinò che, al morire, la seppellissero accanto a Paolo, l'uomo del quale si era innamorata 75 anni prima. Che evidentemente la deluse come quasi sempre noi uomini deludiamo le donne che ci amano...Ma che, nonostante la delusione, lei, Tecla, continuava a sentire per lui quello strano sentimento che non si sa bene cosa sia...
e che forse noi uomini non capiremo mai.












    26/      FLORILEGIO DI SAN PAOLO

         l'ebreo ex esattore di tasse, cittadino romano.

Voglio copiare qui qualcosa che disse e scrisse l'ex esattore di tasse Saulo, inizialmente nemico dei cristiani, richiamato poi Paolo da Gesù di Nazareth e più tardi conosciuto come Apostolo delle Genti perché più che convertire al cristianesimo gli ebrei o solamente gli ebrei, volle diffondere la Nuova Novità in tutto il mondo che a quei tempi quasi coincideva con l'Impero di Roma. E capì che per conquistare il mondo bisognava conquistare Roma.
E, sia pure con alcune concessioni, considerate ormai senza importanza, trasformò il Cristianesimo da piccola setta ebraica in una vera religione. E quella iniziale modesta setta ebraica conquistò Roma, l'Italia, tutta l´Europa e poi si diffuse ampiamente in tutto il mondo. E Paolo di Tarso fu il gran divulgatore del Ebraismo e del Cristianesimo. E, in un certo senso, anche dell'Islamismo che verrà dopò di lui. Era un gran diplomatico, Paolo e concesse dove non poteva fare a meno di concedere e come in realtà, visto con la saggezza del "poi", era anche doveroso concedesse. Perché una cosa sono regole di comportamento per un piccola regione abitata da tribù semi-nomadi e semi- desertiche ed altra cosa è la ricerca di valori universali. Naturalmente era anche lui figlio del suo tempo e certe affermazioni ci sembrano non attuali. E non lo sono, naturalmente. Ma lo erano.
Non era persona gran che colta come, per esempio, lo fu Isaia e non ebbe mai quella visione amplia come la può dare, ma non sempre, solamente la cultura vera. Ma ebbe la sua funzione nella storia dell'umanità.
Il Cristianesimo si è esteso durante secoli non per Gesù di Nazareth ma per la spinta internazionale che seppe dargli Paolo di Tarso con la conquista di Roma ed al momento opportuno.

Ed ecco qui qualcuno dei suoi fiorellini che ho scelto, ma con una certa benevola ironia.  Come curiosità en certo senso. 

"OGNUNO DEVE OBBEDIRE ALLE AUTORITÀ SUPERIORI, PERCHÈ NON C`È AUTORITÀ CHE NON VENGA DA DIO,...E QUELLE CHE ESISTONO LE HA VOLUTE DIO, COSI CHE CHI SI RIBELLA ALLE AUTORITÀ SI RIBELLA ALL`ORDINE STABILITO DA DIO E RICEVERANNO LA LORO CONDANNA. E`PER QUESTO MOTIVO CHE VOI PAGATE LE TASSE PERCHÈ È UNA MANIERA DI SERVIRE DIO. RESTITUITE A CIASCUNO CIÒ CHE GLI DOVETE. PAGATE LA TASSA A CHI DEVE RISCUOTERLA. ABBIATE TIMORE DELLE PERSONE CHE DOVETE TEMERE E DATE RISPETTO A CHI DOVETE DARE RISPETTO ( ROMANI- XIII - 1- 7 )

COSÌ COME LA CHIESA È SOTTOMESSA A CRISTO, COSI LE SPOSE DEVONO ESSERE  IN TUTTO  SOTTOMESSE AI LORO MARITI ( EFESO V - 24- 30 ) 

NELLE ASMBLEE LE DONNE DEVONO STARE ZITTE, SE VOGLIONO SAPERE QUALCOSA, LO DEVONO CHIEDERE AL MARITO IN CASA. NON È CONVENIENTE CHE LE DONNE COMINCINO A PARLARE NELLE ASSEMBLEE. (I. CORINTO XIV-34-35)

L`UOMO DEVE STARE SEMPRE CON LA TESTA COPERTA PERCHÈ È L`IMMAGINE E LA GLORIA DI DIO. PER QUANTO RIGUARDA LA DONNA, È LA GLORIA DELL`UOMO PERCHÈ L`UOMO NON È STATO CREATO PER LA DONNA MA LA DONNA È STATA CREATA PER L´UOMO ( I, CORINTO. XI - 5 - 10 : 13-16) 

PER QUANTO RIGUARDA ALLE GIOVANI VEDOVE, SICOME NON HANNO NIENTE DA FARE DANNO GIRAVOLTE INUTILI PER LA CASA. NON SOLAMENE DIVENTANO PIGRE MA ANCHE PETTEGOLE E CURIOSE. PARLANO DI QUE E DI LA. COSI CHE IO VOGLIO CHE LE VEDOVE GIOVANI SI SPOSINO, ABBIANO FIGLI E TENGANO IN ORDINE LA CASA- ( TIMOTEO v 10-15 )

Per qualcuna di queste opinioni o frasi si è considerato Paolo come pro- dittature, fascistizzato, machista. Per come si portò con Tecla, se sono veri gli episodi narrati da me, non inventati ma commentati da me per la lettura degli Atti di Paolo e Tecla ( Acta Pauli et Theclae), si direbbe che era un pusillanime.
Non era ne l'uno ne l'altro. Come accennato dianzi, Paolo di Tarso fu uomo di grandi visioni e propagatore delle iniziale buona novella di Gesù di Nazareth nella quale fermamente credeva; e per questo passò alla storia. Nonostante lui non fosse uno dei 12 apostoli tradizionali, lo Spirito Santo deve avergli dato, eccezionalmente anche a lui, il dono delle lingue.
Parlava fluentemente il greco come lingua materna, l'arameo, l'ebreo e naturalmente il latino perché era anche cittadino romano.
Se poi, poco dopo, nel medio evo, la chiesa, oltre alla sua utilissima presenza a difesa della cultura classica, avrà anche la triste capacità di trasformare la dolce iniziale idea di umiltà, tolleranza ed amore in un accozzaglia di paure, superstizioni, crudeltà, soprusi, streghe e demoni, questo non fu la eredità di Gesù di Nazareth e nemmeno colpa di Paolo.
La colpa è nostra, dell'uomo, che spesso insudicia le cose belle e pure della vita.

Per  stupidità, egoísmo e incoscienza. 
















 
27/               LO STORICO FLAVIO GIUSEPPE
                                          ed altri.


                                         1º secolo dopo Cristo. 

E` uno storico Ebreo Fariseo. Naturalmente parlava anche latino e greco.Non era cristiano. Era nato nel 40 d. C. ossia dieci anni dopo la morte di Gesù di Nazareth. Nel 90, sui cinquant'anni scrisse Antichità Ebree e in quelle c'è qualche riferimento a Gesù di Nazareth. È il primo documento, il primo scritto, il più antico dove appare qualche riferimento a Gesù di Nazareth. Il primo dato storico. Eppure su questi riferimenti di Flavio si è parlato, si è scritto moltissimo, si è affermato e si è negato. Ci si è chiesto se sono veri o sono falsi o parte veri o parte falsi. Riferire tutte le opinioni è un lavoro inutile; chiarire i punti dubbiosi, quasi impossibile.

L'esperienza ci insegna che  --  nel corso della storia dell'umanità in generale, in tutti i paesi, tra le varie genti e popoli, in fatti di storia, di guerre, di religioni  --   ci sono una quantità di fatti riportati, dati, documenti, scoperti, visti, letti copiati, interpretati, modificati anche in buona fede, quasi sempre in mala fede per tornaconti personali o di gruppi, per glorificare, per denigrare, per innalzare ai cieli o scaraventare negli inferni.

E venendo al nostro mondo europeo e mediterraneo, i Saggi Dottori della Legge ebrei, come più tardi monaci e studiosi, religiosi e non religiosi, non possono essere considerati immuni a queste abitudini "interpretative". Ed in conclusione non si sa niente di sicuro.
 E tutto è possibile.Tra le tantissime domande che uno si pone, per esempio:
1) Come è possibile che, a parte il dubbioso Favio, non vi sia nessun altro documento romano, ufficiale, delle epoca, che faccia riferimento a quello che succedeva in Palestina?
2) Come è possibile che Flavio, l'unico storiografo presente della epoca, scrittore così meticoloso da scrivere pagine e pagine sull'esecuzione di un personaggio secondario, che scrive, incluso con molti dettagli, su Giovanni Battista, come è possibile, ci chiediamo, che uno storiografo come lui dedichi solamente due corti paragrafati a Gesù di Nazareth? E i due paragrafi non sono neppure sicuramente riportabili a lui? Ovvio che per i Romani Gesù di Nazareth non fu agli inizi il personaggio importantissimo che fu posteriormente, quando le sue dottrine desacralizzarono Giove Massimo con tutto il contorno dell'Olimpo gaudente. Ammesso che lo considerassero, non poteva non essere visto come uno dei tanti palestinesi, beduini, fanatici ed incolti che si automutilavano per offrire il prepuzio a Dio. Però sembra strano che a Flavio non abbia interessato nulla o quasi nulla o molto poco, se paragonato a Giovanni Battista, il semi-fachiro che andava in giro vestito con pelle di capra. Flavio non cominciò a scrivere quando Gesù era appena nato e figlio di modesti artigiani. Cominciò a scrivere quaranta anni dopo la presunta morte di Cristo. E di Cristo pertanto si sarebbe dovuto parlare con un certa maggiore attenzione. E gli altri capi dei gruppi cristiani? I cosiddetti lider, per usare una terminologia moderna? Nessun riferimento a Pedro ne a Paolo, tanto meno a Maria. Qualcosa solamente su Santiago fratello di Gesù. D'altronde noi sappiamo che gli scritti di Flavio sono arrivati a noi solamente attraverso fonti cristiane. Non posiamo non porci il dubbio e quasi certezza che in qualche maniera possano essere stati manipolati. Chissà in buona fede, chissà per farci andare tutti in Paradiso ma probabilmente manipolati. Tutto è stato sempre manipolato, sempre da tutte le parti. Perché no qui?
 



























  
28/                FLAVIO NERONE E POPPEA


Lo storico Favio non è stato solamente l'erudito topo di biblioteca che scriveva tranquillo nel suo tavolo da lavoro.
Nel 64, quando Gesù Cristo era morto, sepolto e resuscitato da 30 anni circa, Flavio era un giovane di 24 anni che andò a Roma a chiedere audienza niente di meno che all'Imperatore Nerone. Voleva intercedere per la libertà di certi ebrei accusati di ribellione a Roma . Per motivi sconosciuti Nerone volle che lo sfacciato palestinese fosse imprigionato e poi processato. Flavio era un bel ragazzo, di modi gentili, niente affatto un cafone e provocò certa curiosità in Poppea, la moglie di Nerone. Bisognerebbe ricordare che, a parte la probabile simpatia della donna per un bel ragazzo, era anche vero che Poppea dalla sua prima infanzia aveva certe simpatie per la religione ebrea. Sia quale sia stato il motivo il fatto è che per intervento di Poppea il bell'ebreo fu liberato. Con consentimento del marito? Di nascosto? Lo invitò al suo yacuzzi, dove la bella Poppea si faceva il bagno con il latte di asina? E che aveva inventato, dicevano,  una crema di bellezza per la pelle a base di sperma di giovani ragazzotti?
Se ne dicevano tante, sia su Nerone come su Poppea. Stinchi di santi non lo erano certamente, ma è anche vero che il diavolo non è mai tanto brutto come lo si dipinge. E di santi, con o senza stinchi, mi pare non ce ne siano rimasti che pochini. 
Comunque andiamo un po a vedere cosa diceva Tacito: Che Poppea aveva tutto. Tutto, assolutamente tutto... meno onestà ! Era di buona famiglia si direbbe. Sua mamma si era suicidata per gli intrighi di Messalina, la puttanissima e ninfomane moglie del vecchio Claudio, che come sappiamo venne subito dopo Caligola -- altro buono -- e subito prima di Nerone. La nostra bella Poppea era sposata in seconde nozze con un certo Ottone, un bel generale favorito di Nerone che la offrì gentilmente al Divino come amante speciale per le sue lussurie muliebri. Già, perché il forte e Divino Imperatore andava alla vela ed al vapore come diranno poi i francesi e sempre alla ricerca di varianti sessuali. E con il tempo la astutissima Poppea aumentò sempre più il suo potere di convincimento con il Divino. Al punto che arrivò il momento che la dolce Poppea, convinse il Divino che per motivi ineluttabili di gerarchia era necessario che mandasse ad ammazzare sua mamma Agrippina; altra "buona donna ", intrigante e incestuosa, che però fece di tutto perché il saggio Seneca fosse l'educatore di suo figlio Nerone. Sì, Seneca quello che apparentemente scambiava letterine con Paolo di Tarso. Pero la sempre più dolce Poppea, già che si trovava per di là, convinse ancora  una volta il Nerone, sempre Divino, perchè divinamente mandasse ad accoppare anche sua moglie, la ufficiale, la Imperatrice Claudia Ottavia. Il divino, tra una variante e l'altra del Kamasutra, autorizzò il dolce disio e la bella Poppea si trovò, guarda caso, ad essere Imperatrice dei Romani.
Pero un giorno -- un brutto giorno per Poppea -- l'Imperatore, il Divino, appunto-di-vino-ubriaco fradicio, le dette un calcio nel pancione a lei che era in stato di dolce attesa.  Arrivó l’aborto e morì. Nerone pentitissimo disperato, perché a modo suo la amava, cercò rifugio... tra le natiche di un altro omosessuale, Esporo. Era costui un giovane bellissimo e somigliava moltissimo a Poppea. Che succede? Roba da non credere. L'Imperatore si innamorò del ragazzo ed il ragazzo si innamorò dell'Imperatore. Cosa ti fanno?
Entrambi d'accordo decidono sulla castrazione di Esporo, perché sia il più donna possibile. E Nerone lo chiamerà "Popeita", la mia piccola Poppea in ricordo di sua moglie. Bella maniera per venerare la moglie morta. La plebe romana, sempre ironica e scanzonata, commentava che sarebbe stato meglio se la mamma vera di Nerone fosse stata come Esporo. Meglio per Roma, naturalmente cosi Nerone non sarebbe mai nato. Che sia vero questo, o non vero, chissà, fa tanto schifo che nemmeno importa.
Quello certo è che la famosa eruzione del Vesuvio del 79, con tutti i danni che ovviamene produsse, ebbe però il merito, diciamolo cosi, di mandarci a noi scene di panico e d'orrore "congelate" dalla lava infuocata di duemila anni fa; e che riflettono la quotidianità di quei tempi cosi lontani. Y sotto la lava abbiamo scoperto anche una delle magnifiche case di piacere della bella Poppea con tutti i suoi suppellettili e ninnoli. Naturalmente arrivò il decreto di Patrimonio dell'Umanità,  per salvare tutti i dettagli: meno il latte di asina perché quello purtroppo si è seccato.
Mi sento però in dovere di aggiungere questa considerazione.  
Certe moderne teorie storiche sembra che scarichino completamente lo stravagante Nerone della responsabilità per il famoso incendio di Roma. L'Imperatore in quei giorni si trovava ad Anzio città dove era nato. Svetonio è sicurissimo in questo. L'Imperatore era amato dalla plebe romana e pare accertato che si dette molto da fare per aiutare come poté i rimasti senza tetto e senza alimenti por l'incendio. Sembra certo che, manu militari, mandò a requisire grano ai signoroni di Roma, per darlo alla plebe affamata. Ed i nobili questo non glielo perdonarono mai. Tra l'altro i sacerdoti pagani erano invidiosi dei successi ebrei e cristiani e vedevano paurosamente diminuire le donazioni ai loro santuari. Confabulazioni ed intrighi. Bisogna sempre  trovare un responsabile. E se lo siamo noi stessi i resnsabili di qualcosa, inventare che è un altro. Vai tu a sapere. Ma di Nerone, comunque, da secoli, si parla come di un anticristo. I soliti punti di vista, che divergono.
Ma come era allora questo benedetto Nerone? Come era realmente?
Oltre alle nuovissime teorie che in parte lo scagionano per farci vedere le cose buone che fece e ci sono e molte, mi sono riletto Tacito e Svetonio. 
E i dubbi, invece di diminuire, aumentano.
Che bella è la cultura! Cogito ergo sum.
Ma cosa cogitiamo? Piu si sa e più si vorrebbe sapere; e poi in fondo si scorpe che in realta non sappiamo niente.  Toh, viene fuori anche Socrate, adesso.


Flavio e Vespasiano  ---  Alcune spine.

Torniamo al giovane Flavio. Anche sapendo che Poppea era una donna pericolosa, chissà per la incosciente sicurezza che dà la gioventù, volle correre il rischio nella città eterna e se la cavò abbastanza bene. Dopo le sue vacanze romane tornò a casa sua, partecipò alla grande rivolta contro Roma, fu condotto prigioniero al cospetto del Generale Vespasiano al quale predisse, non si sa come, che sarebbe diventato Imperatore. E, guarda un po` che fortuna, al poco tempo Vespasiano fu realmente acclamato Imperator.  E volle premiare l’ indovino; gli dette del denaro, una pensione e la cittadinanza romana. Sicuramente Vespasiano, ormai Imperatore, già non pagava di tasca propria.  

Un`altra spina: Il Censo-

Si dice che Maria di Nazareth e Giuseppe andarono a Betlemme perché dovevano censarsi. Nel Censo Romano ovviamente. Nel territorio dell'Impero il fatto di registrare eventi era qualcosa di comune e diffuso, e formava parte  della prassi romana.
I registratori romani erano anche abbastanza meticolosi; ricordiamo che più tempo impiegavano e più durava la congrua trasferta.  Però, guarda caso, non c'è nessuna riferimento a nessun censo in quel tempo in Palestina.
L'Evangelista Matteo, il secondo in ordine di tempo, sapeva molto bene che le profezie ebree dicevano che il Messia sarebbe nato a Betlemme. Ed in tutto il suo vangelo, si nota chiaramente che Matteo si sta dirigendo agli ebrei per convincerli che Gesù era il Messia profetizzato. Quindi non poteva assolutamente nascere in Nazareth ma in Betlemme. Non doveva essere il Nazzareno. Sorge quindi il legittimo dubbio che il buon Matteo, in buona fede, per non privare gli ebrei del vantaggio di farsi cristiani e così salvarsi per l'eternità, abbia forzato un po` l'evento della nascita facendo fare tanti chilometri sull'asinello alla povera Maria ed al suo angustiato Giuseppe in cerca con il di un posto dove riposare e dare alla luce il figlioletto. Il tutto con contorno di pastori, Re Magi d'Oriente, suoni di cornamuse e stelle comete.
Però è anche vero che Matteo ha regalato tanta tenerezza e gioia a tante mamme e a tanti bambini. E anche se con il tempo diventiamo uomini cattivi che non crediamo più a niente, la Notte di Natale ha sempre una certa dolce magia.


Un`altra spina: Il processo a Gesù.

Un altro caso simile all'anteriore è quello del Processo a Gesù. Non c’è assolutamente nessun documento dell'Impero, contemporaneo  che faccia riferimento ad un processo che dovrebbe avere avuto una certa importanza locale almeno per la pena capitale imposta. E che con il mondialmente adesso famoso lavarsi le mani, passò alla storia.
Alla storia? O alla leggenda? 

Un'altra spina semi-comica: I Mormoni.

A proposito di leggende, non è una cosa pazzesca, lasciatemelo dire,  che in pieno secolo XIX, anno 1800, epoca della rivoluzione Industriale e delle teorie di Freud e Darwin, in quel benedetto paese che sono gli Stati Uniti d'America sia apparso un giovane, un certo Giuseppe Smith, con la storiellina di aver ricevuto una nuova luce che gli rivelava le avventure di Gesù Cristo; perché, apparentemente dopo la sua resurrezione, il predetto Gesù Cristo avrebbe preso una bella nave da crociera della Costa C per andare a fare una visita ai Pellirossa? E l'interessante è vedere come le fantasie si trasformano in realtà. Perché questa nuova luce, in origine patrimonio solamente di pochissimi eletti, si è giustamente diffusa tanto che ormai  ci sono 13 o 14 milioni di Mormoni tra i quali, pochi anni fa, un candidato alla presidenza dei quel bel paese di libertà e modernità  di cui accennato poc'anzi.
                                                    





    29/                           BAR COIBÀ.
                L'inventore della guerra di guerriglia, la guerra partigiana


                            
                                       DIASPORA
                                             ( anno 135 d.C.)


 In realtà sia le fonti romane come quelle ebraiche parlano poco di Bar Coibá. Così come quando si allude alla distruzione del Tempio, si pensa a quella del 71, con Tito e non al totale annullamento del 135 ai tempi di Adriano.
Cerchiamo di vedere perché. 
Bene. Cominciamo col dire che su Bar Coibá non si riesce ad avere nessuna notizia di carattere personale che sia sicura, ma solamente racconti che si confondono con la fantasia.
I Romani parlarono poco di lui. E gli Ebrei lo stesso.
Molto probabilmente i Romani cercarono di parlare il meno possibile di lui solamente per vergogna. La sua rivolta dette gatto da torcere al più grande esercito dell'epoca e per abbastanza tempo. Quasi una terza parte delle forze romane dovettero andare laggiù perché quei miserabili straccioni di palestinesi erano riusciti a vincere una Legione Romana completa e a distruggere completamente la seconda che andò, baldanzosa, in aiuto alla prima, proveniente dall'Egitto.
A quei tempi c'era Adriano, che fu uno dei migliori Imperatori Romani e che, in altro campo, anticipò la munificenza dei principi italiani del Rinascimento. Con tutta la sua cultura e raffinatezza si pose furioso al ricevere le notizie incredibili delle sconfitte romane. E persino dalla Dacia e dalla lontana Britannia tolse legioni per schiacciare quella ribellione inconcepibile.
La guerra partigiana degli ebrei - la guerra di guerriglia -  risultò efficacissima conto l'ordinato esercito dei legionari e Bar Coibà ottenne niente di meno che la libertà e l'indipendenza per Israele. Indipendenza che durò poco, ma era indipendenza. Ci fu persino emissione di moneta locale ! Ebbe l'appoggio entusiasta di tutti i suoi, naturalmente, felici di applaudirlo e di tantissimi altri sostenuti da Akivà. il gran Rabbino della epoca ed uno dei più grandi di tutti i tempi di Israele. Akivá arrivò a considerarlo no solamente come mandato da Dio, ma come il Messia che tutta Israele aspettava, basandosi anche su un profezia del grandissimo Isaia.
Pero, poi, profeta o Messia, dopo tre anni durissimi di lotta, il grande Impero di Roma lo vinse. Il ribelle Bar Coibà morì. Gerusalemme fu distrutta completamente. Ed al suo posto si costruì la Aelia Capitolia, con le statue imponenti di Giove Capitolino e dello stesso imperatore Adriano, seguendo le tradizioni del culto alla personalità. Solamente in campo di battaglia morirono mezzo milione di ebrei. Oltre Gerusalemme anche altre città furono completamente distrutte. Quelli che non morirono di fame o per le spade romane si dispersero raminghi, affamati, terrorizzati. Furono bruciati tutti i libri sacri, proibita la religione ebrea e le loro abitudini a cominciare dalla circoncisione che i romani avevano sempre considerata una automutilazione da popoli primitivi.
Ma i romani evidentemente non vollero dettagliare molto su eventi che considerarono vergognosi per Roma e che volevano dimenticare.
E d'altro canto anche moltissimi Rabbini, con l'eccezione di Akivà. non vollero mai parlare molto di questi tristi eventi perchè nella loro stragrande maggioranza i Rabbini avevamo sempre considerato una pazzia cercare di ribellarsi tanto apertamente all'Impero più grande del Mondo. Ottennero si, è vero, la tanto sperata indipendenza, ma solamene per tre miserabili anni, e a un costo realmente sovrumano, esageratamente alto.
Cosi che da quel tristissimo anno del 135 d. C. comincerà la vera diaspora ebrea, che spargerà per tutto il mondo quel popolo tenace, orgoglioso, che le avversità rinforzeranno e forse contribuiranno a trasformarlo tra i più intelligenti del mondo e senz'altro il più perseguitato.
I Romani erano stati sempre tolleranti con usi, costumi e religioni di popoli sottomessi militarmente. Lo abbiamo già detto e più di una volta e questo lo dimostra anche l'esistenza a Roma del Panteon, luogo di culto per tutti gli dei dell'impero. Ma in questo caso la ribellione di Bar Coibà fu di tal successo e umiliò così profondamente l'orgoglio di Roma che tutta la forza dell'Impero cadde sulla povera Palestina. E si distrusse tutto quello che si poteva distruggere.
La vera Tabula Rasa.


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