19 set 2014

4/8 ITALIANO, STORIA SI... MA.... da IL SALADINO alle FATE

40/                                    IL SALADINO

                        CON CONTORNO DI CROCIATI

                                           SECOLO XII

Tutti coloro che si interessano di storia, più o meno sanno che il fenomeno delle crociate, specie di emigrazioni parziali e temporali di massa, è stato originato da una molteplicità di fattori, politici, economici, psicologici e anche religiosi. Non è il caso ne' il posto qui, ne' l' intenzione di approfondire gran che. Solamente un accenno veloce e quindi superficiale e poi a vedere episodi piluccati qua e là a mo' di illustrazione e magari diversione. Parlando un po' di personaggi che hanno avuto un certo spicco e che hanno toccato la nostra fantasia. L'uomo è un animale che fantasia molto, forse è l'unico a fantasticare. Non lo so. Non ho mai provato ad essere animale di altro tipo.
Il Crociato è sempre stato più o meno, sia per l'europeo d'Europa che per quello d'America, un personaggio misterioso interessante e ha rappresentato un tipo di comportamento reale o immaginario; ed oggi per crociata si intende in senso lato una azione collettiva svolta a salvare o migliorare determinate situazioni. Crociata contro l'analfabetismo, contro la malaria, il fanatismo, etc.
Bene.
Sappiamo il guazzabuglio dal 400 in poi, circa, con la questione delle invasioni barbariche in Europa e la caduta delle leggi dell'unico vero stato esistente, quello di Roma.
Paure... bisognava difendersi, raccomandarsi a la divinità come ultimo ricorso dell'uomo che non sa a chi chiedere aiuto e lo chiede alle stelle. Rintanarsi in case, grotte, villaggi, castelli, monasteri. Il tutto in un ambiente di ignoranza e superstizione.
Ma intorno all'anno mille qualcosa cominciò a cambiare. In parte la voglia di uscire dal terrore superstizioso del mille e non più mille, quando si pensava che la fine del mondo fosse imminente con la resa dei conti a una divinità pronta a castigarci. Ma anche per desiderio di uscire, quasi scappare dal piccolo mondo del feudo, per conoscere terre e genti nuove. Per alcuni, quei pochi che sapevano leggere, le letture fantastiche di Marcopolo avevano infiammato fantasie per ricchezze reali o fittizie di paesi misteriosi lontani, delle quali naturalmente pensavano appropriarsi. Esisteva anche il desiderio fanatico religioso di portare la verità a povere genti all'oscuro e aiutarle per la salvezza eterna. Chissà anche il desiderio di liberare le terre originarie del cristianesimo, dove nacque niente di meno che il figlio di Dio e liberare quelle terre sacre, la Terra Santa, dalle barbariche popolazione di blasfemi incivili. Certamente c'era anche il desiderio di fare qualcosa di diverso, o semplicemente di menar le mani e chissà coprirsi di gloria, di denaro, di donne e magari dell'entrata al Paradiso promessa dal Papa con la remissione dei peccati. Chissà togliersi di dosso la pesantezza del servaggio della gleba con il nobile padrone.  O il desiderio del vassallo minore di liberarsi dal vassallaggio del vassallo maggiore. Chissà scappare da malefatte, da omicidi, da furti, da adulteri, una specie di Legione Straniera che tutto cancella. Il tutto condito con accorate e santi spinte all'azione redentrice ad opera di preti, monaci, religiosi e raccontaballe vari che promettevano ricompense infinite terrene ed ultraterrene. Chissà c'era anche la emozione di sentirsi parte di un esercito liberatore.
Insomma, il sempre vero e necessario ed utilissimo ed umano desiderio di vedere conoscere, migliorare. Di azione.
Così ci furono queste ondate in massa dall'Europa verso quelle terre che sinceramente credevamo usurpate dall'Anticristo. Così ci insegnavano .

La prima crociata fu quella poi chiamata dei Poveri, anzi dei Pezzenti. Ed era solamente una fanatica orgia disorganizzata che attraversò mezza Europa pregando, salmodiando, ammazzando, violando, rubando qualsiasi poveretto che incontravano nel cammino, ebreo o non ebreo e molti con la scusa dell'ebreo e senza molte distinzioni di sesso, ne' di età. Questa accozzaglia, infiammata da un monaco in buona fede ma fanatico psicopatico, Pietro d'Amiens, l'Eremita, arrivò a Costantinopoli.
Però non fu una vera crociata, ma solamente una turba, una esplosione di fanatismo, germinato solo, senza direzioni. Qui fu donde nacque il Deus le volt !... 
E quante puttanate in nome di Dio...
Passato Costantinopoli con grande preoccupazione e poi sollievo del cristianissimo Basileus d'Oriente, la turba finì completamente distrutta con il primo scontro con i turchi. Uno dei pochi a salvarsi fu la guida spirituale, questo Pietro Eremita, che sarà ancora lì, in Terra Santa, quando si incontrò con i Crociati della Prima Crociata, quella vera, quella detta dei Principi, che verrà poco dopo: quella di Francia, Paesi Bassi, Sicilia, cioè con Goffredo di Buglione, Rinaldo di Tolosa, Balduino di Fiandra, Norberto di Normandia, Boemondo di Taranto. Questi principi, della Prima Crociata vera, ebbero la fortuna di incontrare i Musulmani disuniti e quindi Gerusalemme fu conquistata e "liberata" con relativa facilità e cantata in molte canzoni dell'epoca e dopo, come evento eroico, cavalleresco, religioso, bello. Includendo la Gerusalemme Liberata, quella del nostro Tasso:

Ecco Gerusalemme salutar si vede
ecco Gerusalemme salutar si scorge...

I versi, indimenticabili, descrivevano l'arrivo dei Crociati, santi liberatori, alla vista ella Città Santa.
Vorrei ricordare qui una cosa che sanno in pochi, che ci fu un certo Guglielmo, l'Ubriaco, un personaggio importantissimo nonostante il soprannome. Era un Genovese, capitano di mare e capace un po' in tutto e che come marinaio aveva trasportato parte dei Crociati in Palestina. Ma appena attraccato vide il rischio che le sue navi se le prendessero i Mussulmani che li spiavano. Capirai, i Genovesi alle cose lori ci tengono, belandi! Che ti fece 'sto diavolo di Zeneize ? Smontò le sue navi e portò con sé il legname nei pressi di Gerusalemme. Y lì, sapientemente, utilizzò i legni inventando un bel sistema di torri mobili per facilitare l'assedio e la liberazione di Gerusalemme.

...ecco da mille voci unitamente
Gerusalemme salutar si sente...

E ancora mi si accappona la pelle nei ricordi del Ginnasio...dell'Ubriaco... della Gerusalata Liberemme, nei tempi quando le poesie si imparavano a memoria e a 86 anni si ricordano ancora. E si parlava di onore, di amore, di liberazione del Santo Sepolcro. Tutte cose belle e romantiche, alle quali si credeva ai tempi quando si credeva. Pero di quello che non si parlava era che in nome di un uomo di Nazaret, che predicava l'amore, una volta entrati in Gerusalemme, i buoni cristiani ammazzarono tutti quelli che potevano ammazzare solo perché avevano un turbante: ebrei, arabi, cristiani, uomini, donne, vecchi e bambini....E il sangue corse per le strade scrisse un cronista del quale non ricordo il nome... Sì, perché all'arrivare alle vicinanze di Gerusalemme, i Crociati si incontrarono con il superstite Pietro L'Eremita, nel Monte degli Ulivi. Questo Monte degli Ulivi, presso il Getsemani, era ed è tuttora considerato luogo sacro sia da Ebrei come da Cristiani. E da lì quel monaco terribile, tanto aizzò e animò i cristiani, Crociati o no, che si dette inizio alla strage.


Fu una esplosione di rabbia, di fanatismo, di crudeltà, di avarizia, di ignoranza, tipico delle plebi scatenate, ma che i Principi avrebbero dovuto frenare. I Capi devono saper dominare le turbe. Invece non vollero o non seppero o addirittura parteciparono. Fu una vergogna, mancanza di civiltà ed assoluta dimenticanza della pietà cristiana. Fu una strage dell'orrore come le stragi romane, o dell'ebreo  Giuseppe il Conquistatore di Canaan, o  del mongolo Gengis Kan.Ci fu una enorme differenza quando liberare Gerusalemme toccò, per turno della Storia, al Saladino, al Feroce Saladino, come dicevano i cristiani. 
Perchè il  Saladino era un gentiluomo.
Ed invece i principi cristiani erano solamente degli avventurieri o poco più.

Bene. Dopo questa bella impresa i crociati ripresero la strada del ritorno, carichi d'onore, di gloria, di cose incredibili da raccontare ed esagerare e con la convinzione di aver compiuto la volontà di Dio. Forse anche cercavano la chiave del famoso cinturone, ricordando i doveri coniugali.  Erano Eroi.
Altri rimasero per circa un secolo ancora a difesa della Terra Santa
.
 Dopo questa prima Crociata, la eroica, la romantica, del 1096, l' unica che in realtà liberò Gerusalemme per aver preso contropiede i mussulmani, ce ne furono tante altre, ma nessuna con quell'aureola di eroismo cristiano romantico della prima crociata.

La successiva, la seconda Crociata, fu interessante e fu quella di Eleonora d'Aquitania, nel 1147, che no si seppe mai bene cosa andava a liberare perché Gerusalemme era già stata liberata. Chissà solo spirito d' avventura e la croce c' entrava pochino. C'erano Corrado il Salico, tedesco e Luigi VII, il Pio - e cornuto - Re di Francia. Quest'ultimo aveva piamente raccolto le preghiere della sua bella moglie, la colta, vezzosa e piccantina Eleonora d'Aquitania perché la portasse seco. Dissero poi le solite pettegole che durante tutto il tempo che durò la crociata, durò anche la avventura cortese della dolce Leonora, circondata da poeti e trovatori, ragionando di amori, di quello che si chiamava allora l'Amor Cortese, ossia l' amore delle corti dei nobili, che naturalmente era amore platonico. Certo, amore platonico alla presenza del marito, ma chissà un poco meno platonico quando il marito stava in battaglia, brandendo l' arma. E tutti brandivano l' arma. In solidarietà. E c'era anche Cacciaguida, il famoso antenato di Dante Alighieri, che poi il poeta incontrò in Paradiso. Chissà, anche lui forse aveva brandito l'arma.

E tutto contribuiva, secondo la moda della Poesia Romance dell'epoca, a vitaminizzare la crescita delle reali corna nella regia fronte del reale sposo; fronte che naturalmente aveva ricevuto i Sacri Oli in Reims. Re por volontà di Dio, si diceva. Bisogna ammettere che  Dio era un Padrino di certo peso. E se il Padrino non parlava latino, certamente parlava francese.
Però questi bei crociati della seconda crociata dopo qualche avventuretta e qualche bizza tra di loro, un bel giorno sentirono la sirena della nave che partiva per la douce France.
 "" Alùa, scià sce mesce Sciuri  Conti...'nemu a ca', a l’è l’ lua de turnà...""
Cosi i crociati salutarono le amichette che avevano conosciuto in Tterra Santa ai fini di conversione, tornarono a casa; ed Eleonora ebbe un bel bambino.
E non si seppe mai chi era il papà.
 Però con il passar egli anni, successe quello che succede a tutte le truppe di occupazione. Comincia a decadere l'iniziale spirito di integrità, comincia la fraternizzazione o sorellizzazione e ci si adatta per simbiosi alle nuove abitudini. Si orientalizzavano, i Crociatini, con tante vertiginose danze del ventre, indebolendo sempre più il già indebolito spirito religioso cristiano.
Dall'altro bando, invece, dal lato mussulmano, si stava dando il processo completamente inverso: altro sacro spirito religioso, però quello della Jihad, fomentato da predicatori affannati che sbraitavano contro gli empi ed incapaci governanti mussulmani che tolleravano la dominante presenza cristiana a Gerusalemme: la Città del Profeta, profanata dalla Croce! Così che poco a poco in varie zone della Terra Santa ci furono battaglie, scaramucce dove i Crociati poco a poco stavano perdendo terreno; anche se ancora erano i padroni assoluti di Gerusalemme. E fu precisamene in questo periodo, poco dopo la eroica crociata di Eleonora, che entra in scena la grande personalità del Saladino.
Chi era costui?
Salah al-Din Yusuf-al-Ayyubi ( Yusuf = Giuseppe), per noi Il Saladino, era Kurdo, indoeuropeo ed era nato in quella provincia che attualmente si chiama Salah al.Din proprio in suo onore, in Irak, più precisamente a Tigrit, quella città dove mille anni dopo nascerà Saddam Hussein. E  il Saladino fu uno dei più grandi capi del mondo arabo: fu Sultano d'Egitto, di Siria e di Palestina. Governò anche parti di Arabia, dello Yemen, della Libia e della Mesopotamia. I mussulmani lo chiamarono il Gran Difensore dell' Islam. Era un uomo molto capace ed abile, il nostro Saladino. Non solamente sapeva brandire la scimitarra di guerra, ma fu anche un magnifico statista: seppe riformare molto bene la amministrazione dei suoi vastissimi territori, abolì completamente o ridusse sensibilmente le tasse, eliminò gran parte della enorme burocrazia inutile...Seppe anche riformare l'esercito per adeguarlo alle nuove necessità. Eliminò mercenari che sostituì soprattutto con curdi.
In Europa si cominciò con preoccupazione sempre maggiore a sentir parlare del Saladino e delle sue gesta. Ma la prima volta che la notizia fu veramente strabiliante fu in occasione della gran sconfitta dei Crociati che erano rimasti in Terra Santa.
In Europa si consideravano quasi invincibili i Crociati, sia per il loro valore come per l`aiuto di Dio. Tradi essi spiccavano i famosi Cavalieri Teutonici. La notizia della sconfitta ad opera di beduini disorganizzati lasciò allibiti e preoccupati i principi cristiani occupati solo a bisticciare tra di loro e andare a caccia. Fu la gran Battaglia delle Corna di Hattin 4 luglio 1187. Si disse che al apprendere la notizia il Papa Urbano III morì di infarto. Ed il Papa successivo, con la Bolla AUDITA TREMENDI si diresse ai principi, in richiesta di azione.

Cosa era successo? In terra Santa c'era una specie di tranquillità. Re Baldovino, malato di lebbra e ormai vicino alla morte e il Saladino avevano fatto certi patti e questi venivano rispettati da ambo le parti. Ovviamente c'era il desiderio dei Mussulmani di cacciare i Cristiani...ma i patti rimanevano.
Il casus belli fu una azione vergognosa di un Cavaliere Cristiano, in certo Rinaldo di molto potere e prosopopea che con le sue truppe attacca una carovana Mussulmana, diretta alla Mecca, città Santa dell'Islam, in peregrinazione. La attacca e fa prigioniera una donna. Che non era una donna qualunque ma la sorella di Saladino. E questo ribaldo di Rinaldo minaccia militarmente anche la Mecca, la Citta Santa dell'Islam. Il tutto in violentissima contraddizione con i patti di "coesistenza pacifica" con Saladino. Il quale Saladino, tra l'altro, era anche islamico osservante e attaccare un carovana in peregrinazione alla Mecca era una blasfemia. E giura  vedetta.  E vendetta la ebbe,
Al poco tempo ci fu scontro tra Cristiani e Musulmani comandati da Saladino nella zona di Tiberiade, precisamente nei Corni di Hattin. Non fu una lotta facile. Comunque lì il Saladino fu l'indiscusso vincitore. Fece prigionieri tutti i crociati che partecipavano alla battaglia. Erano disorganizzati, stanchissimi demoralizzati e soprattutto morti di sete per il calore del deserto. I capi dei crociati furono riuniti nella tenda del Saladino, presente anche il Re di Gerusalemme che non era più Baldovino morto per la malattia, ma Guido di Lusignan ed altri importantissimi, tra cui il ribaldo Rinaldo. Il Saladino, in un atto di cortesia, offre un calice di acque fresca al Re, assetatissimo come tutti gli altri. Secondo una versione, il Rinaldo fece il gesto come per appropriarsi lui del bicchiere offerto dal Saladino al Re. Ed allora il Saladino, con uno sguardo di fuoco, tratta la scimitarra in un solo colpo tagliò lo capo a tondo a Rinaldo. E vendicò la sorella. E per castigarlo dell`insolenza al suo Re.  
Qui bisogna considerare le crudeli abitudine di allora in tutte le altri parti del mondo: una decapitazione così immediata e indubbiamente teatrale non era cosa di tutti i giorni, però nemmeno era tanto eccezionale in quei tempi di più evidente ferocia fisica.
Peró, nonostante tutto quanto riportato in questo episodio di non facile accettazione oggigiorno, dobbiamo dire che il Saladino si comportava e si comportò  con generosità con i nemici vinti, come un vero gentiluomo, offrendo ai prigionieri la possibilità di salvarsi, a cambio, ovviamente, di certe concessioni. Bisogna far notare che a quei tempi per il nemico vinto la possibilità di salvarsi era pressoché nulla. Si tagliava la testa senza nessuna concessione.
Ci sono casi quindi che è necessario segnalare, adesso,  per illustrare il personaggio tanto differente da altri cavalieri cristiani e soprattutto tanto diverso dall'immagine stereotipata del crudele figlio del deserto.

Per esempio il Saladino concesse libertà al Gran Maestro dei Templari, nemico ferocissimo degli islamici, a cambio della loro fortezza in Gaza. Quella stessa Gaza della quale si parla tanto in questi anni. Offrì libertà anche con tutti gli onori di sovrano al Re Guido, a cambio della città fortificata di Ascalòn, quella stessa città dove era nato Erode il Grande.
E ci fu un episodio incredibile, dimostrazione di estrema cortesia tra nemici.
Uno dei principi cristiani caduto  prigioniero era un magnifico soldato crociato, era il nobile Bailan de Ibelin. Dietro sua richiesta il Saladino gli dette permesso perché entrasse scortato a Gerusalemme, assediata dai mussulmani, per poter liberare sua moglie e i suoi figli che stavano in quella città. Gli dette permesso a cambio solamente della sua parola d'onore che non sarebbe rimasto in Gerusalemme per aiutare i suoi correligionari contro di lui, ma che sarebbe tornato con moglie e figli da lui, da Saladino. Bailan era un magnifico esperto soldato e stratega di guerra e Saladino lo sapeva. Pero questo fu l' accordo tra i due gentiluomini. Una volta in Gerusalemme, riabbracciati moglie e figli, tutti pregarono Bailan che rimanesse con loro ad aiutarli nella battaglia contro i mussulmani, includendo un Vescovo di Atri, credo ricordare, che lo liberò dalla promessa al Saladino. Allora Bailan, in perfetto stile di cavalleria, viste le insistenze dei suoi, mandò un suo messaggero a Saladino chiedendogli e pregandolo che lo liberasse della promessa di tornare e di non combattere contro di lui.
E il Saladino, con altrettanta cortesia cavalleresca, lo autorizzò a combattere contro di lui. Roba da non crederci, oggigiorno.
Certamente il Saladino aveva requisito ai cristiani varie cose;  tra di esse la supposta vera Croce di Cristo, la Reliquia più apprezzata di tutta la Cristianità. Questo si disse. Quella stessa croce che secondo la tradizione era stata incontrata a Gerusalemme da Elena, Santa Elena, la madre di Costantino il Grande, in certi enormi scavi di archeologia con fini religiosi che lei fece, nel Getsemani, circa 900 anni prima.
E fu allora, con Saladino, che quella la croce spari. Forse distrutta, perché si diceva ricoperta d'argento. Era stata ritirata, pare, dal cadavere del Vescovo di Atri, la qual cosa fa sorgere dubbi. Comunque cosi si disse.
Dopo l'episodio di Hattin il Saladino rinforzò l' assedio a Gerusalemme. E utilizzò catapulte, una novità per quella epoca. Tutti si erano dimenticati che le avevano usate i Romani secoli prima. Pero c'era anche un'altra arma segreta.
Quale era?

Il terribile fuoco greco, cioè bizantino, una mescolanza incendiaria a base di petrolio, zolfo, resina, catrame.
E Gerusalemme cadde.
 Pero una volta dentro la città, i mussulmani non si portarono assolutamente come i Crociati nella loro prima crociata. quando fecero stragi inaudite, cento anni prima.
Il Saladino proibì e ed impedì qualsiasi eccesso. E questo non era tanto usuale con i vinti, ne' allora ne' oggi. Decise di perdonare la vita a tutti gli abitanti di Gerusalemme, a cambio di un certo pagamento per ciascuno di loro.
Consegnò i posti sacri cristiani ai Cristiani Ortodossi. Solamente agli ortodossi. Le altre chiese le trasformò in Moschee.
Poi, il Saladino, una volta conquistata Gerusalemme e catturato per seconda volta Ibelin, lui stesso scortò la sua moglie e i figli fino Ttripoli ! E li liberò senza nessun compenso. E poi libererà anche lo stesso Ibelim Baliano aveva offerto se stesso per riscattare i cristiani. Saladino non aveva accettato e come gia detto, lo mandò anche lui, libero, a Tripoli.
aliano di Ibelin  aveva pagato la libertà di 10.000 poveri perché non cadessero schiavi dei musulmani. Molti altri furono riscattati dal fratello di Saladino come elemosina a Allah, il Misericordioso, per la vittoria ottenuta. Dopo, pensandolo meglio, Saladino liberò gratis anche tutti gli anziani di Gerusalemme: probabilmente pensò che essendo vecchietti potevano servigli poco, ma un altro li avrebbe ammazzati così, su due piedi.
Dopo tutto questo, dicono che il Feroce Saladino entrò nella Moschea della Roccia, a Gerusalemme. E inginocchiato alla maniera mussulmana, pregò Allah per un giorno intero per ringraziarlo della vittoria.
Questi furono gli atti di crudeltà del feroce Mussulmano.

Al tornare un'altra volta Gerusalemme nelle mani degli infedeli il papa Gregorio VIII furibondo, convoco un'altra Crociata che sarà la Terza, nel 1189 e si chiamerà la Crociata dei Re. La formeranno le principali testa coronate dell'Europa Cristiana. Federico Barbarossa, Imperatore del Sacro Romano Impero Germanico che volle andare per terra perché aveva paura delle navi e di affogare. C'era il re di Francia Filippo Augusto e Riccardo Cuor di Leone , Plantageneto, re d'Inghilterra e il Duca Leopoldo d'Austria che andarono per mare. Non si affogarono. Per grande fortuna del Saladino il nemico più temuto, come sempre il tedesco, questa volta non fu tanto organizzato come i tedeschi sogliono essere e ad attraversare un fiumetto, in Anatolia, il Serenissimo Imperatore Federico Barbarossa mori come uno scemo, affogato. Non nel sacro Mare Mediterraneo, come lui temeva,  ma in un fiumiciattolo in Anatolia! Pare che avesse mangiato troppo,  come i nobilissimi signori erano abituati a fare senza preoccuparsi ne' di gotta ne' di digestione. E i superstiti tedeschi che, senza il loro capo che dicesso loro cosa dovevano fare, non sapevano cosa dovevano fare, tornarono casa a mangiar crauti. Invece i crociati che erano partiti per mare, dopo certe loro avventurette di svago e ammazzamenti a Cipro, arrivarono a tempo per ricuperare agli infedeli musulmani la fortezza di San Giovanni d Acri.
Però i bravi Crociati, come buoni correligionari e fratelli in Cristo, cominciarono a bisticciare tra di loro: Fatti indietro perché io valgo più di te. Questo era  il lemma.
Soprattutto per Riccardo che probabilmente era superiore agli altri ma ci teneva troppo a farlo pesare e pretendeva trattamenti speciali.... Trattava il re di Francia come fosse un subalterno suo tanto che il re di Francia si seccò al punto da tornarsene offeso alla douce France .
Abbandonó la crociata anche Leopoldo d' Austria, perché Riccardo in un momento di stizza prese una sua bandiera e la sbattè al suolo.
Insomma liti e stronzate da ragazzacci e non da veri re.
Ma così erano i re a quei tempi.
Dopo,come furono i re, in altri tempi.  non lo so bene.  Non mi pronunzio. Ma di veri Re ce ne sono stati molto pochi.

In quel frangente il Saladino volle iniziare delle conversazioni per liberare vari mussulmani in galera nelle prigioni cristiane di San Giovanni di Acri. Però quando finalmente si era già raggiunto un accordo, il poco gentleman inglese, Riccardo, nonostante essere nato a Oxford, prepotentemente e senza mantener fede alla parola data, li mandò tutti a ad ammazzare, perché gli avrebbero ritardato i suoi piani di marciare rapido verso Gerusalemme. Poco dopo Riccardo cercò di guadagnare tempo facendo finta di volere un matrimonio tra sua sorella ed il fratello di Saladino, in segno di pace. Inganni, insomma. 

Pero poco dopo questi eventi e bisticci, a Riccardo arrivarono notizie che le cose non andavano troppo bene a casa sua, in Inghilterra. Erano i tempi di Giovanni senza terre, il fratello  zoppo e rompiscatole; e del famoso  Robin Hood. Così decise di tornare subito a casa. E che i cristiani di Palestina su arrangiassero per conto loro.
Poi qualche indovino gli disse che quella di Robin Hood era solo una leggenda, che sarebbe nato in un prossimo futuro, ma tra molti anni.  Tirò un sospiro di sollievo ma gli altri problemi in Inghilterra c'erano davvero.
 Prima di tornare a casa fece peró un patto con Saladino. Sennò, chi lo sentiva il papa e tutti i vescovi d'Inghilterra?
 Non erano ancora i tempi futuri di Enrico VIII ed al Papa bisognava ancora far finta di obbedire.
Cosicché trovarono un accordo, abbastanza sensato: che tutti i cristiani che volevano potevano andare in pellegrinaggio a Terra Santa a vedere e adorare i loro luoghi sacri e non sarebbero stati disturbati. E questa fu l'unica cosa buona che si ottenne dalla crociata dei Re: L'accordo Saladino - Riccardo.

Però nella dolce strada del ritorno a casa e per colpa di un pollo succulento,  l'arrogante e goloso Riccardo fu riconosciuto, fatto prigioniero in Austria e sua mamma, la ormai vecchietta Leonora di Aquitania, dovette pagare un forte riscatto per liberarlo. E qui s' intreccia anche la storiella romantica di un poeta amico di gioventù di Re Riccardo che lo cercava per tutta Europa di castello un castello, cantando con il suo liuto una canzone che solamente re Riccardo conosceva e che gli rispose al canto. Mi pare che si chiamava Blondel. E fu cosi che fu possibile individuarlo in un bel castello mentre divorava fagiano e cinghiale, buon rimedio contro la gotta.
Però il pesante riscatto in realtà non lo pago lei, la Leonora, ma chiese oro alla patria, come si dette in certi episodi che alcuni italiani vecchiotti ricorderanno ancora.  E quello che non si ottenne lo requisì ai parroci che lo nascondevano in sacristia e ai sempre tartassati ebreucci che furono obbligati a prestare soldi, spontaneamente, per la liberazione del re. Sai quando gliene fregava a loro di Riccardo Cuor di Leone, che furono frustati dal Re al momento della sua consacrazione  a Crociato. 
Quando il resto dei crociati tornarono a casa loro, portarono racconti e fantasie sul Saladino. In generale si parlava di lui come di una persona saggia, di un vero gentiluomo, di serio religioso nella sua fede, niente fanatico e colto.
A livello popolare i soliti preti fanatici lo descrivevano come l'incarnazione di Satana. 
Fu comunque un personaggio che interessò moltissimo in Europa e per lungo tempo.
Il nostro Dante Alighieri, sempre molto esigente con tutti, non mise il Saladino all'Inferno come fece con Maometto, ma lo pose nel Limbo, insieme ai grandi giusti e saggi dell'umanità non cristiana.
Ed il Kaiser Guglielmo II di Germania, guarda caso, fu tanto ammiratore suo che, con i soldi dello Stato, però facendo lui una bella figura, restaurò una povera tomba abbandonata trasformandola in quello che oggi è un bellissimo cenotafio in suo onore, di marmo, a Damasco.

Vorrei aggiungere qui una notizia di quelle per far vedere sempre più come la fantasia aiuti pero spesso accieca. Si tratta di san Francesco. 
Da sempre, da ragazzo, a scuola, avevo sentito dire che San Francesco era andato coraggiosamente  a parlare con il Feroce Saladino, cercando di convertirlo.
E questa versione appare anche nelle ultime pellicole di fantasia- storico- religioso.
In realtà, Francesco, sì, è vero, si inoltrò coraggiosamente nel campo mussulmano...ma a quei tempi il gran feroce Saladino era già morto. Il sultano d'Egitto ai tempi di Francesco era il figlio di suo fratello. Ma Francesco non si incontrò nemmeno con lui, ma con il suo consigliere spirituale, persona importantissima e influente: ma che non era il Sultano e tanto meno il Saladino. Questo, tanto per togliere un po' di fantasia a tutto l'insieme.

La qual cosa per nulla diminuisce il valore e capacità e senso della misura di entrambi i personaggi. Il vero Saladino, il "feroce" gentiluomo da un lato e dall'altro lato Francesco, quel grande Santo Italiano, forse il più autentico..
E che aiutò Innocenzo III, il grande Papa del sogno rivelatore e probabilmente inventato, a rimettere in piedi, magari rattoppandola, la Vera Chiesa di Gesù.



 41/            RICCARDO PLANTAGENETO
                             CUOR DI LEONE

                                   Siglo XII


E chi era Riccardo Cuor di Leone? Parliamo un po' di questo personaggio che non parlava inglese e che gli inglesi venerano. Anche lui, come il Saladino suo contemporaneo e "nemico" d'armi, era un tipo fuori dal comune. Era nato a Oxford come già detto, ma non parlava inglese con accento oxfordiano: l'inglese non lo parlava affatto. Parlava francese, come la maggioranza di tutta la nobiltà dell'Europa che contava. A parte che quasi tutta la sua vita la passò fuori d'Inghilterra, soprattutto in Francia.
Suo padre era Henry II ossia Enrico II, il Plantageneto; la planta-genistae era il fiore dello stemma, pianta di ginestra; nato in Francia, Normandia, Normanno quindi Vichingo ossia di ceppo germanico e sarà il re più poderoso del suo tempo.
Sua madre fu Eleonora d'Aquitania, una delle donne più affascinanti della storia, bella, colta, di molto carattere, coquette e, secondo una leggenda, era anche un fata del tipo fata Melusina. Era stata moglie giovanissima di Luigi VII, il Pio, re di Francia e fu lei che spronò il timido marito a partecipare alla seconda Crociata, in Terra Santa e fu la dama che praticamente inventò l'Amor Cortese, con tutto l'entourage di trovatori, vagabondi, poeta provenzali, tra i quali primeggiava il famoso Jaffrè Rudel. Jaffrè, l'innamorato  di Melisenda la bellissima famosa contessa di Tripoli, figlia di Baldovino Re di Gerusalemme che lui, il poeta provenzale, volle finalmente conoscere prima di morire. L'amò, la cantò, non veduta dice il Carducci. Ed ella, la contessa, la nobil donna di Tripoli, al ricevere il poeta provenzale e vederlo malato in fin di vita e con questo ultimo desiderio di conoscerla dopo averla  cantata, non veduta, per anni, tanto fu presa da commozione, dice sempre il Carducci, che su di lui, sul letto di morte // la donna sul pallido amante //chinossi recandolo al seno //tre volte la bocca tremante// con bacio d' amore baciò//. E il poeta spirò tra le sue braccia.
Jaffrè Rudel spirò. Non il Carducci . Il Carducci non spirò, il Carducci sperò e forse ottenne, ma tra le braccia della Regina. È altra cosa.
E dopo questo ultimo bacio d'amore, Melisenda volle rinchiudersi in un convento e l'effusa di lei chioma bionda, non irraggiò più sul morto poeta, ma cadde per le cesoie del Claustro.
Questi erano i tempi un po' falsi ma romantici e dolci e dell'amor cortese, ma non i più adatti accompagnanti per fare una guerra. Ed infatti, cerca cerca, anche se si cerca non si trova gran chè in questa crociata inutile. Tornati in patria, Eleonora commentò che credeva di essersi sposata con un uomo e si era sposata con un monaco, riferendosi al real Consorte, Luigi VII il Pio. Ed ai 29 anni, dopo aver dato al Pio Marito due figlie, Maria e Adelaide, conobbe Enrico II d'Inghilterra, dieci anni più giovane di lei. Si innamorarono e lui sicuramente forse anche dei possedimenti di lei, in Francia. E convolarono.
Fu complicato ma agli effetti del convolo si erano ottenuti risultati soddisfacenti come la dichiarazione di Nullità del Matrimonio con il Pio, per permettere le giuste nozze. Il matrimonio secondo il Codice Canonico non poteva essere sciolto per volontà umana. Il Papa poteva solamente dichiarare che un supposto matrimonio era nullo e che non era mai esistito. Ergo non lo si poteva sciogliere perché non c'era nulla da sciogliere. Il Papa constatava, insomma. E constatò che era nullo, mai esistito per una scoperta consanguineità tra Eleonora e il Pio. Tutti i nobili d'Europa erano un po' consanguinei tra di loro. E ci fu anche la non conseguente dichiarazione di legittimità delle due figlie, perché... perché noblesse oblige.
La qual cosa non valse, anni dopo, per lo stesso Tribunale Ecclesiastico, a favore di  Enrico VIII. E la Chiesa Cattolia perse l'Inghilterra
Non per cavillare, ma la legittimità del figli nati da presunto matrimonio dichiarato poi nullo dal codice canonico è di molto posteriore a quegli anni.
Cosicché dopo essere stata Cristianissima Regina di Francia, la nostra irrequieta Eleonora si trovò ad essere anche la Cristianissima Regina d'Inghilterra, sposa di Enrico della Ginestra e madre con lui della bellezza di otto figli. Tra di essi spiccheranno Riccardo e il povero Giovanni che oltre a essere zoppo era anche Senza Terre. Il papà si era dimenticato di lasciare qualcosa anche a lui: da lì il Senza Terre.
Bene. Con dei genitori cosi speciali anche Riccardo non poteva non essere una persona fuori dall'ordinario. Era un molto bel ragazzo, attrattivo, chioma leonina,  bionda con lampeggi rosso irlandese, occhi molto espressivi. Scriveva. versi in francese ed occitano ( la famosa lingua d' oc ), e già da molto giovane dimostrò possedere quasi innate abilità politiche e militari, era un tipo molto intelligente, astuto e cavalleresco. Molto attivo sessualmente e quasi sicuramente ambidestro. Ad un certo momento arriva dalla Francia la sua promessa sposa, la bella e giovanissima Adela. Era costei la figliola della moglie che prese Luigi VI, il Pio, dopo la separazione da sua madre, la Eleonora che ormai doveva essere sulla quarantina, però continuava ad essere Regina d' Inghilterra e sposa di Enrico II il Plantagenito che, metodicamente, continuava sempre ad avere sempre dieci anni meno di lei, come quando si sposarono.
 Forse sarà che il Plantagenito s'era stufato della moglie Eleonora che non era più ne' tanto giovane ne' tanto bella come prima, fatto sta che il real Consorte si invaghisce della giovincella, fidanzata del figlio, la corteggia, la coccola, la viola e la trasforma in sua amante e madre di un bel figlio bastardo.
Riccardo s'incazza. Ed anche sua madre, Eleonora. Ovvio.
Il Re libidinoso comprende la reazione del figlio ma schiaffa in prigione solamente Eleonora. E ci rimarrà, costei, per la bellezza di 15 anni. Fino a quando Enrico morì, forse aiutato a morire dal figlio; ed il figlio manderà subito a toglier i ceppi alla mamma. Avrà allora 55 anni la cara Eleonora: molti, per quei tempi. Ma Eleonora era sempre una donna forte e decisa. De armas a tomar, come dicono in Spagna. Riprese a dare ordini, comandi e tessere conciliaboli. Fino a quasi ottanta anni.
Poi, sugli ottanta, decise di ritirarsi dal mondo ed entrò in un convento. Il bellissimo Convento di Fontevrand, nel valle della Loira. Ci andò sua sponte. Si ritirò lei, non la ritirarono. In un' epoca quando le donne le volevano tutte in casa a fare la calzetta, Eleonora stette sempre sulla cresta dell'onda, alla faccia di preti misogini scandalizzati e invidie e pettegolezzi a non finire. Arrivarono a dire che faceva l'amore anche con i saraceni durante la crociata!

Ci siamo certamente intrattenuti forse troppo a parlare di Eleonora. Ma era veramente una persona eccezionale. I due capacissimi e di carattere forte dell'epoca, furono lei e suo figlio Riccardo. Ed anche, pur se molto meno conosciuta, la Giovanna, ex Regina di Sicilia, figlia di Leonora e sorella maggiore di Riccardo.Per riprendere il filo, torniamo ai tempi anteriori, quindi, quando Riccardo, ancora ventenne va a soffocare una ribellione di nobili in Aquitania, la terra di sua madre. Fu molto abile e crudele nel soffocarla. Un paio d'anni dopo, sempre in Francia, in Angoulême, domò altra rivolta. E si disse, che prese alla forza donne, mogli e figlie, con tale che fossero belle... E che dopo, per appagare la lussuria sfrenata , mise "mano" anche ai soldati.
Ovviamente esagerazioni, ad opera dei suoi nemici che erano molti. Ma qualcosa di vero ci deve essere stato.

Poco dopo questi avvenimenti stringe alleanza con Filippo II, il nuovo Re di Francia, quello che sarà Filippo Augusto e che era figlio di secondo letto del Re Luigi VII, il Pio, il primo sposo mezzo monaco di sua mamma, Eleonora di Aquitania
In quest'anno arrivano in Europa le spaventose notizie della sconfitta dei Cristiani in Terra Santa nelle Corna di Hattin, vicino Tiberiade: fu  la gran vittoria di Saladino quando prese prigionieri il Re di Gerusalemme e tutti i pezzi grossi tra i crociati.
 Allora Riccardo decide di "Prendere la Croce" e partire.
Ghe pensi mi. Non lo disse perché non era milanese, ma lo pensò.

Però, prendere la croce non significava partire d' immediato per la Palestina. Significava aver deciso di partire. Riccardo leverà le bianche crociate vele al vento nel 1190 come Crociato; ma anche e gli premeva moltissimo, come Re d'Inghilterra.
E per ottenere questo, insieme al suo nuovo alleato, Filippo Augusto di Francia, vincerà suo padre, il Plantagenito, che gli aveva rubato la fidanzata e messo in prigione sua mamma Eleonora d'Aquitania. Lo vinse nella battaglia di Balan, molto vicina a Coñac. Il padre, vinto e con l'approvazione di Giovanni senza Terre, l'altro fratello, minore, nominerà Riccardo  suo successore. Se la regione del Coñac intervenne in qualche maniera nella decisione reale, non si sa. Quello che si sa è che pochissimi giorni dopo, Enrico II Plantagemito, della Ginestra. morirà nel suo letto. Uno storico inglese, un tal Roger di Hovden. disse che vari indizi indicavano Riccardo come causante o accellerante della morte del padre. Sia vero o no, poco dopo ci sarà la incoronazione di Riccardo in Westminster. Pero non solamente come Re, ma lo consacreranno anche come Crociato, con la sua bella croce rossa del sangue di Cristo ricamata sul mantello bianco della purezza. Molto probabilmente a Riccardo non glene fregava granché né dei cristiani né degli ebrei né dei mussulmani. Si interessava solamente in sé stesso. Qualche volta anche a sua mamma e a sua sorella. Ma sicuramente deve aver considerato politicamente giusto che se lo consacravano per andare a liberare la Croce di Cristo, alla cerimonia non dovessero essere presenti gli ebrei, notoriamente poco amici della croce.
Secondo un altro cronista, un tal Ralph di Diceto, presente alla cerimonia, alcuni cortigiani di Riccardo denudarono la schiena e frustarono religiosamente gli ebreucci che, recando doni al nuovo Re, si erano azzardati a presenziare la cerimonia. La plebe di Londra -- che applaudiva il suo nuovo re, il Coraggioso crociato che andava a rischiare la vita, per Dio....., -- si sentì autorizzata ai soliti casini avvinazzati della plebaglia ignorante e scatenata e bastonarono, saccheggiarono e alcuni li bruciarono vivi...  i poveri spaventatissimi ebreucci di Londra, ma soprattutto di York. Altri furono battezzati a forza, in un generoso atto di pietà cristiana.
Re Riccardo non approvò affatto queste esagerate intolleranze. Non le voleva davvero. Castigò gli istigatori, permise agli ebrei conversi alla forza a tornare alla loro religione ed essere reintegrati nei loro averi dove possibile. Non si trattava di simpatia speciale per gli ebrei ma di tranquillità nel suo regno. Per politica. Certo. Lì si rivelava lo statista. L'Arcivescovo di Canterbury, Baldo di Exeter -- che evidentemente fesso non era ma per il paraocchi del prete non aveva la visione più ampia di Riccardo,  -- non approvò il gesto di perdono. Ma per governare bene un Re saggio abbisogna di calma e ordine. Per governare come Riccardo voleva, occorreva un poco di più.
E mentre nella cristiana Inghilterra si verificavano questi intrallazzi vergognosi, il Feroce Saladino occupava Gerusalemme con le sue catapulte con l'arma segreta del fuoco greco e la fiamma nei suoi occhi.

Così, Re e Crociato,  Riccardo prese la Croce e partì, con le vele bianche spiegate, alla missione sacra di liberare e non di conquistare Gerusalemme. E Riccardo e Filippo Re di Francia sottobraccio, partirono insieme. Nessuno dei due voleva lasciare l'altro solo in Europa per il timore reciproco di rubarsi i Regni.
La confiance n'exclut pas le contrôle,si leggevano negli gli occhi.
Per pagare la Crociata, si aumentarono le tasse. soprattutto agli ebrei, poveretti sempre fregatini....e si vendettero Posti, Poltrone, incarichi speciali di Governo per far su soldi...si vendettero terreni con tutti i contadini dentro. Non fu accettata solamente la proposta di un certo Reinaldo, italiano ricchissimo, che aveva offerto una somma enorme, 3.000 libbre d'oro per il posto di Cancelliere. Evidentemente Riccardo non si fidava degli italiani, già da quei tempi...una specie di TIMEO DANAOS ET DONA FERENTES. Comunque nell'occasione della consacrazione come Re e come Crociato, qualcuno, con un certa ragione, disse che Riccardo poco conosceva l' Inghilterra e nemmeno parlava bene l'inglese. Ed egli, già Re, ammise sinceramente e pubblicamente che in realtà l'Inghilterra no gli piaceva granché perché il sole si vedeva molto poco, che se avesse trovato un compratore la avrebbe venduta; che i posti belli erano quelli del sud della Francia. E che in realtà l'Inghilterra era un possedimento minore rispetto a quelli francesi. Ma gli serviva ma solamente per ottenere il titolo di Re e partecipare alla Crociata alla pari con altri Re.
E così, finalmente, dopo aver raggranellato soldi dove si poteva e non si doveva, il Re Riccardo e il Re Filippo Augusto arrivarono alla bella Sicilia dal cielo azzurro. E godendosi finalmente il sole tanto desiderato il novello Re d'Inghilterra ebbe modo di far tafferugli costì con Tancredi I di Sicilia, d' Altavilla, cioè franco normanno d'origine. La causa del litigio? Raccontiamo:una sorellina di Riccardo, Giovanna, era stata la sposa del precedente re di Sicilia, Guglielmo. Morto il quale, Tancredi, conte, che parlava con un bell'accento leccese, riusci a farsi nominare Re di Sicilia, come Tancredi I d'Altavilla. E la vedova Giovanna? Le prese la eredita e la schiaffò in prigione. Quando arrivò Riccardo con l'imponente flotta per la Crociata e con l'amico socio d'armi Filippo re di Francia, esigé immediatamente a Tancredi la liberazione della sorella Giovanna e la restituzione dei di lei beni. Ma i siciliani sono siciliani con il fuoco nelle vene e la mano facile a difesa del "loro" onore e, venndetta vendetta , si offesero al vedere tanti stranieri a casa loro a guardare le loro donne e a comandar loro, che ribellione ci fù.
Figurarsi Riccardo! Il domatore di rivolte in Francia! E che adesso era Re! Attaccò Messina, la conquistò, la saccheggiò e la dette alle fiamme. Poi tranquillamente si sedette ad assaporare cassate siciliane ed aspettò che Tancredi accedesse. E Tancredi accedette. Si arrivò a un bell'accordo tipico dell'epoca e senza minimamente tener in conto la volontà del popolo perché il popolo allora non esisteva. Dunque si convenne la liberazione immediata della vedova Giovanna sorella di Riccardo, inglese, nata in Francia e che doveva essere una bella donna perché il Re Filippo di Francia fece un pensierino con lei. La liberarono e ci fu restituzione immediata della dote. Riccardo e Filippo riconosceranno immediatamente Tancredi come Tancredi I re di Sicilia. Il giovane Arturo di Bretagna, nipote di Riccardo perché figlio di Giovanna, ma non so con chi, si sposerà con una delle figlie di Tancredi I. Accordo fatto, torta e candeline, battimani e scambio di regali. Tancredi I ricevette in regalo dalle mani del Re Riccardo III Cuor di Leone Plantageneto niente di meno che la mitica spada del Re Arturo, la magica e sacra Excalibur, la spada nella roccia. Cosi per lo meno disse Riccardo Re. Ed era Parola di Re.
E così, finalmente, dopo la doverosa Santissima Comunione, in 1191 i due Re, di Francia e d' Inghilterra, lasciarono la Sicilia per andare a liberare finalmente i Sacri Luoghi di Cristo. E da quel momento il re Riccardo cominciò a far notare ancor più  il suo  carattere prepotete, autoritario e presuntuoso. Non si sa se per il mal tempo o per altre intenzioni, invece di puntar direttamente verso Acri, Gerusalemme, attraccò nella bellissima Isola di Cipro, dove un tempo era nata Venere -Afrodite.
Isacco Comneno era il Despota della Isola. Era cristiano, anche se bizantino. Antipaticissimo. Il gran Riccardo, vestendo il mantello bianco e la croce del Crociato, sbarcò a Cipro. Perché? Non cercava Venere Afrodite. Quasi certamente per vedetta o scusa contro Isacco perché a Cipro era naufragata una nave dove viaggiavano Giovanna, sorella di Riccardo ex regina di Sicilia e la sua fidanzata (o moglie ) Berengaria di Navarra e Isacco le aveva fatto prigioniere. Riccardo sbarcò e conquistò l'intera Isola e mette in prigione Isacco. Siccome Riccardo aveva promesso che non avrebbe mai messo Isacco sotto i ferri, lo mise con catene d'argento, per dar fede alla parola data.Isacco aveva una figlia, " la fanciulla", la chiamavano così. Non si sa cosa Riccardo fece con lei, però rimase sua prigioniera finché lui visse e solamente dopo fu liberata e se ne tornò alla sua Cipro. Si sa invece cosa fece con i ciprioti: quelli che si ribellavano, li massacrava.
E con l'anima in pace ed altra comunione, finalmente salpò ed arrivò ad Acri, in Terra Santa, nel giugno del 1191. Ammainate le vele, raggiunta la riva, inginocchiato, bacia la Terra Santa e decide appoggiare Guido di Lusignano che stava difendendo la sua incerta corona di Re di Gerusalemme. Questo Luigi era vedovo di Sibilla di Gerusalemme, una cugina di Enrico II, il papà di Riccardo. Ma il diritto ad essere re di Gerusalemme gli era contestato da Corrado di Monserrat, che era il secondo marito de la sorellastra della Regina Sibilla.  Infine gli " uniti" Crociati erano arrivati a Terra Santa, con tanto di bacio reverente alla terra di Dio. Però, anche se erano uniti come Crociati non erano uniti come Re. Ognuno badava ai fatti suoi. Riccardo appoggiava Guido; e Filippo Augusto appoggiava Corrado. E cominciarono a litigare. E lì Riccardo dimostrò il suo pessimo carattere. 
Ma gli altri coronati non erano molto da meno. Il Duca Leopoldo d'Austria ebbe la audacia di mettere il suo stendardo, da Duca , al lato dei due stendardi del Re Riccardo e del Re Filippo. Riccardo si infuriò, insultò il Duca, prese il suo stendardo e lo sbatte con disprezzo al suolo. Che fece il Duca? Era un nobile, non sbraitò. Per un litigio con il Re d' Inghilterra si dimenticò del Re dei Cieli e della  Terra Santa. Fece fagotto e se ne tornò in Austria. I suoi, delusi, obbedirono. Nessuna avventura piccante in Palestina da raccontare agli amici in una birreria di Innsbruck. Dopo poco Riccardo andò in baruffe anche con Filippo Augusto, con il quale era stato amico. Anzi, amico   intimissimo secondo alcuni. Così che anche il Re Filippo Augusto abbandonò la Crociata e Riccardo rimase solo. Saladino lo attaccò con astuzia in Arsuf; ma il nostro Riccardo dette prove contundenti di essere un gran soldato anche lui e stratega e vinse il Saladino, considerato fino allora l'invincibile. E franse il suo mito d'imbattibilità. Lo vinse in due occasioni.
 Ma Riccardo voleva negoziare e por fine alla Crociata perché non erano nulla promettenti le notizie che riceveva dall'Inghilterra dove il Re Filippo Augusto, ritornato alla sua Francia e il fratellino Giovanni Senza Terre si stavano confabulando contro di lui.  Allora per tranquillizzare gli animi propose un matrimonio tra sua sorella, la ex Regina Giovanna di Sicilia, con Al-SAdil, fratello del Saladino. Giovanna non aveva nessuna intenzione di essere usata come moneta di scambio e il giovne Musulmano considerava la ex Regina troppo attempatella per lui;  ed inoltre non tanto acettabile per un mussulmano perchè era donna che sapeva il fatto suo, molto distante dalla ideale moglie  coperta di veli, obbediente e sottomessa al marito. Totale, non se ne fece nulla. Comunque per Riccardo era una scusa per guadagnare tempo. Riccardo ebbe modo di riordinarsi un po' e riprese la marcia verso Gerusalemme. Ci furono scaramucce. Peró sia il Saladino come Riccardo si resero conto che le loro posizioni erano insostenibili. Forse Saladino sentiva la sua prossima fine e Riccardo smaniava per tornare a mettere le sue cose a posto. Finalmente il due di settembre si arrivò ad un accordo.  I Cristiani si ritireranno ma d' ora in poi avranno libero accesso a tutti i loro luoghi Sacri cristiani; ma come pellegrini non armati. Nessuno li disturberà, come nessuno disturbava i pellegrini alla Mecca. Era il miglior accordo possibile, che sancì il fallimento anche di questa Crociata. I Cristiani volevano riprendersi Gerusalemme, non la ebbero e si accontentarono di poter comprare il biglietto d` ingresso per la visita religioso turistica. Meglio che niente.
E cosi il Gran Riccardo cominciò mezzo abbioccato il cammino di ritorno. Peggio gli fu al Saladino, che mori poco dopo per una febbre intensissima. E il suo fu cammino senza ritorno.
 Ma anche durante il ritorno il nostro Re Riccardo dette prova di intransigenza e prepotenza, che finirono male e costarono un sacco di soldi all'Isola senza Sole, come lui soleva chiamare l'Inghilterra dopo aver conosciuto la Sicilia. Era partito mascherato da Templario semplice, per non imbattersi casualmente con i Bizantini ed essere riconosciuto. Sapeva che non gli avrebbero mai perdonato i massacri di Cipro. Ma la sua nave, fuori rotta , andò ad incagliarsi ad Aquileia, vicino Venezia. Da lì, per terra . arrivò a Vienna dove fu riconosciuto e catturato dal Duca Leopoldo d'Austria, ancora offesissimo per lo sgarbo del vessillo scaraventato al suolo. Fu riconosciuto per i suoi modi sprezzanti. Si era travestito da miserabile pellegrino. Ma i suoi atteggiamenti lo rivelarono. Aveva al dito un bellissimo e lussuoso anello del quale non volle privarsi. Anello che poco confaceva con la apparenza voluta di Pellegrino povero. Il taverniere avido aveva posto gli occhi sulla gioia. Poi Riccardo rifiutò sdegnosamente i crauti alla viennese, che il taverniere astuto gli schiaffo sotto il naso. E chiese un bel pollo arrosto tutto intero solo per lui. Il pollo a quei tempi era in piatto carissimo e riservato alla aristocrazia. E con questo il furbo trattore intuì che qualcosa di grosso se celava sotto quegli apparenti stracci di pellegrino. Avvisò chi di dovere, ebbe la sua mancetta e Riccardo fini in prigione. Il Duca non volle neppur vederlo e lo mandò diritto filato da Enrico VI, Hohenstaufen, svevo, figlio del Barbarossa e Imperatore del Sacro Romano Impero Germanico. Era padre del futuro geniale Federico II , STUPOR MUNDI. Lo misero in prigione in un bel Castello, in Dürnstein, Austria. Però le sue condizioni di prigioniero furono molto benevoli. Una leggenda racconta che al sapere della cattura di Riccardo Cuor di Leone, il suo amico e trovatore, Blondel cominciò a viaggiare per tutta Europa cercandolo di Castello in Castello, cantando con il suo liuto una canzone che solamene lui e Riccardo conoscevano, perché la avevano composto insieme in gioventù. Finalmente un bel giorno questo trovatore amico e fedele, cantando la famosa canzone, in riva al Danubio, vicino al Castello di Dürnstein sentì la voce di un persona che gli rispondeva da dentro le mura del Castello. La voce di Riccardo era inimitabile e cantaba molto bene, con una voce bellissima di tenore. Blondel, emozionatissimo lo riconobbe.Ma la libertà di Riccardo non interessava a nessuno dei grandi dell'epoca. Il Re Fiippo Augusto preferiva suo fratello Giovanni Senza Terre. Giovanni Senza Terre lo voleva ben lontano, prigioniero o morto. Il Papa non lo appoggiava certamente. Solamente sua mamma, la grande e affascinante Eleonora di un tempo lo cercava, lo ammirava, gli voleva bene, era il suo preferito tra i dieci figli che aveva avuto con i due Re suoi mariti. Tra lei e Blondel si dettero da fare per raccogliere il denaro per il riscatto , 36 tonnellate d' argento ( cinque volte l'ingresso della corona inglese di quei tempi. Si è già parlato di questo.Quando Filippo Augusto seppe ella liberazione di Riccardo dietro pagamento del riscatto, mandò un messaggio "veloce" al suo amico Giovanni Senza Terre: " Attenzione! Il diavolo è libero!!"

Arrivò in Inghilterra. Baci e abbracci con sua mamma, Eleonora, che fece di tutto per fare riappacificare i fratellini. Finalmente Riccardo perdonò a Giovanni Senza Terre per aver cospirato contro di lui, in combutta con Filippo Augusto; e lo nominò suo erede al Trono. Ma fu a Filippo Augusto che non perdonò. Riccardo lo vinse in varie battaglie, per riprendersi i territori che Filippo Augusto gli aveva sottratto approfittando della sua assenza.
Ma un giorno arrivò la sua fine. Non per lotta contro un nemico poderoso, ma per una freccia scagliata contro di lui da un ignoto qualsiasi dalle mura di una città ribelle assediata da Riccardo. L'evento si svolse in questa maniera: Riccardo passava in rivista certe posizioni durante quest'assedio. Da un muro della città, abbastanza lontano, qualcuno tirò con molta maestria una freccia che quasi lo colpì. Riccardo era un cavaliere e levati gli occhi meravigliati dove lontano si scrutava qualcuno con l'arco, pronto a tirargli un'altra freccia, Riccardo lo applaudì, puro stile cavalleresco. Approvò la bravura, la capacita dell'arciere. E la seconda freccia lo raggiunse al braccio sinistro, vicino al collo. Cerco di togliersela lui stesso. Non gli fu possibile, Chiamarono un chirurgo di quelli che a quei tempi facevano anche i barbieri. E gli infettò la ferita. Cancrena. Riccardo, malato, volle conoscere l'arciere. Lo vide. Era un ragazzo francese. 
Perché volevi colpirmi?
Per vendicare mio padre e i miei due fratelli che Sua Maestà mi ha ammazzato.
Riccardo lo guardò, pensando. Poi gli disse:
Continua a vivere, questo è il mio regalo per te.
E ordinò che lo lasciassero in libertà e gli regalassero cento scellini. E Riccardo continuò ordinando le sue cose. Non aveva figli, ne' legittimi ne' non legittimi e decise di lasciare come  erede al Trono suo fratello Giovanni senza terre. Pochissimi giorni dopo, mori, tra la braccia di sua mamma, Eleonora d'Aquitania, che l'amo tutta la vita. Ma l'ultimo atto cavalleresco di quest'uomo eccezionale ed in fin di vita non ebbe il risultato sperato. Un certo capitano di poca importanza, Mercadier, disobbedì gli ultimi ordini del Re e probabilmente, dicono certuni, obbedì  quelli di Giovanna, la sorella di Riccardo, la ex Regina di Sicilia, furiosa contro quell'arciere sconosciuto che aveva osato tanto. E al ragazzetto lo scorticarono vivo e lo appesero a un albero. Giovanna non era donna crudele in sé. Era di molto carattere, questo sì, e affezionatissima a suo fratello. Aveva anche lei il carattere imperioso di suo fratello e di sua mamma.Erano i tempi. Per lei quel ragazzo era meno di zero. Era servo della gleba
Giudizi su Riccardo?
Sono molto discordi. Nel mondo arabo le mamme spaventavano i loro bambini disobbedienti: Il Re Riccardo ti verrà prendere...
Successivamente, nel periodo del romanticismo, la sua figura rinacque come esempio di Cavalleria.
Per altri era solamene un depravato omosessuale.
Altri lo descriveranno come massacratore dei nemici in campo di battaglia e crudelissimo. Nella letteratura infantile europea si descrisse come Cavaliere eroico, giusto, salvatore, buono.
Averlo associato a Robin Hood è completamente invenzione di favole e di cinema. Se Rolbin Hood esistette veramente, fu molto tempo dopo.
Una opinione molto importante però adesso non ricordo più di chi fu, diceva:
Fu un pessimo figlio, pessimo marito, fu un pessimo Re.... pero era un abilissimo soldato, stratega, splendido cavaliere e galante.

Un uomo molto fuori del normale. E come quasi tutti i veramente grandi, aveva grandi meriti e grandi difetti.

Cosa dicevano i Romani?
ALLIS SI LICET, TIBI NON LICET.







 


42/                      YEHUDA HALEVI  


Yehuda Haleví, ebreo, era contemporaneo di Maimonide, ma non si conobbero. Sicuramente si conoscevano per fama. Yahuda fu poeta, filosofo, medico, ebreo della scuola araba ebrea, durante il periodo d'oro della Spagna Araba. Safardi come dicevano gli arabi o anche al-andaluz, da dove viene il nome di Andalusia per quella regione di Spagna dove più a lungo rimasero i mussulmani e che i Mussulmani chiamavano Al-Andaluz, nome derivato da Vandaluz, secondo alcuni studiosi, ossia terra dei Vandali, perchè lì apparvero prima di loro, con Genserico, a spaventare e vandalizzare tutti.  Nacque a Tudela nel 1070 circa, visse in Cordova e poi si stabilì a Toledo perché gli piaceva moltissimo quell'eccellente marzapane di Toledo che io ho provato  e mai più mangiato da nessuna parte, se non a Toledo.
Conosceva la Bibbia ebraica, la letteratura rabbinica, la filosofia greca, la poesia araba e la medicina.
Scrisse una enorme quantità di poesie in ebreo, sacre e profane, sull'amore e sulla redenzione di Sion.
Il suo lavoro più importante, scritto in arabo, è stata la fantasia di una lunga conversazione con un Re pagano, che lui chiama il Re dei Cazari ( saranno i Cazari di una di quelle 12 tribù perdute d' Israele, quella di Simeone,  che arrivò a finire lassù, al nord del Mar Caspio?). E Yehuda immagina che il re dei Cazari si rivolga a filosofi aristotelici, cristiani e mussulmani per incontrare la verità della religione. Cosa che ovviamente trova solamente nelle fonti del giudaismo.
Però, a parte la filosofia e la medicina, divenne famoso per delle belle poesie d' amore, dolci, sensuali, che ricordano un po' il Cantare dei Cantari di Salomone. Una poesia dove l' amore, la dolcezza, il sesso sono presentati in forma vera, naturale, senza sotterfugi, come realmente sono o dovrebbero essere, come insito prodotto all'attività umana senza i pregiudizi del peccato e il terrore della fiamme. Il castigo all'amore non esiste. Invece esisteva secondo quella strana mania della tradizione semi-ascetica teorica cristiana dei primi tempi, quando certi matti si tagliavano le palle per non peccare! Almeno gli ebrei offrivano il loro prepuzio a Yahvè; e chissà poi  in che barattoletti li metteva! Ma era solamene il prepuzio! Ma le palle...vogliamo scherzare? Il Peccato Originale nella Bibbia non è un peccato di sesso ma di disobbedienza a un ordine; un freno alla conoscenza, caso mai. Quasi quasi, azzarderei, ci si potrebbe vedere un inno alla ignoranza. Ma non alla castità, al non riprodursi.
La relazione giudaismo-cristianesimo e stata molto stretta. Dopotutto, il cristianesimo è nata come  setta ebrea e deriva dagli ebrei. Eppure, non si è riuscito a superare quella barriera del sinonimo amorer-peccato. E si è arrivato, tra i cristiani, agli estremi di demonizzare la donna, che se ci sono cose belle  nel creato la donna non è certamente l'ultima. La donna figlia, la donna moglie, la donna amante, la donna madre, la donna nonna che racconta le fiabe. E c'era una volta anche la donna fata, che era una mescolanza di fantasia di tutto questo.
Ma la chiesa divenne gelosa di questa immagine che considerava mezzo pagana; ed immaginare la donna fata che, nuda e bellissima, si faceva trovare nei boshetti, chiare fresche et dolci acque, dai cavalieri andanti e li innamorava, non piaceva affatto a quei vecchi barbogi puzzolenti che non si lavavano per non toccarsi il corpo. E non volevano essere soppiantati dal seduttore richiamo di un bel angelico seno. Quanto dovevi essere  bella, Madonna Laura!
Cosi che le fate belle e giovani le trasformeranno in vecchie streghe sdentate amanti del Diavolo... ed al barbecue!
Però il nostro Yehuda apparteneva ad altra religione, ammesso che fosse veramente religioso.
Fu autore, come abbiamo detto, di una bellissima poesia, religiosa, lirica e amorosa, con metafore Questi erano gli anni quando si iniziano le cosiddette lingue romanze, con poesia d' amore, di trovadores, menestrelli, minnesinger. I suoi versi sono molto belli. Mi domando perché il mondo occidentale, ossia noi, non li conosciamo? Li ignoriamo quasi completamene. Perché a tutt'oggi al mussulmano ce lo presentano alla nostra fantasia impressionabile di adolescenti come kamikaze fanatici con occhi di terrore che dobbiamo temere ? E le impressioni che ci infilano dentro le nostre capoccette di ragazzini, poi rimangono dentro, tutta la via e si formano i pregiudizi.Lo stesso accade tuttora, nonostante la amplia apparente propaganda di distensione con l'ebreo. Perchè  ancor oggi ce lo presentano come uomo avaro dalle dita adunche capaci solo di contar denaro. Ed incapaci di poesia... pregiudizi...
Questa poesia de Jesuda dei tempi dei cavalieri andanti, nell'Al-Andaluz Mozarabe, sono una bellissima mescolanza di tradizioni ebree, cristiane e mussulmane.
Perché continuiamo a voler silenziare la musica della poesia con il fragore delle spade?







43   /                             MAIMONIDE


Cominciamo col dire che Diaspora è una parola greca διασπορά che vuol dire dispersione. Vattene via che al posto tuo ci vengo io, è stato il ritornello di sempre. E di dispersioni, di diaspore per i più vari motivi, nel mondo ce ne sono state tante come la diaspora degli armeni, la china, la vasca ed altre varie. Anche per  gli "indiani" d'America c'è stata dispersione ad opera di europei, a ben vedere, che li hanno limitati in gabbiette di Riserva.
Però nella conversazione comune oggidì gli ebrei si sono quasi appropriati del termine e per diaspora per antonomasia si intende quasi sempre quella ebrea del 71, ad opera di Tito, tanto per fare apparire i Romani più brutti di quello che erano. Però io direi che la vera diaspora ebrea più contundente e quasi definitiva è stata quella delle distruzioni, morti  e deportazioni dell'anno 135 d.C. per il figli di Israele, a seguito degli eroismi belli, patriottici e inutili del primo guerrigliero nel mondo, Bar Coibá. 
Fu una distruzione quasi totale e buona parte del popolo di Israele scappò a a rinforzare la anteriore diaspora ebrea di Babilonia, altri se ne andarono in Egitto, Italia, Francia, Grecia, Spagna, Asia minore, Penisola Arabica. E da allora, da quei tempi nacque l'ebreo povero errante, ramingo per il mondo. In tutti questi paesi. europei, africani o asiatici, furono accettati o sopportati o perseguitati secondo gli umori delle varie genti e governanti dei paesi ospitanti. Ed ebbero varie fortune o sfortune a seconda delle loro notevoli abilità in generale, cercando di non "contaminarsi" con gli altri ed arrivarono poi a posizioni importantissime di primo grado, producendo gelosie, invidie e antipatie e persecuzioni.

Però stavamo parlando egli ebrei in Spagna
 Ci fu un discreto modus vivendi con i primi Visigoti; però cambiò radicalmente quando nel 616 con Recaedro i Visigoti, da Cristiani Ariani, che erano inizialmente, si trasformarono in Cristiani Cattolici, perché illuminati dalla grazia o dalla convenienza politica. In altri termini Recaedro vide la possibilità di fare più carriera come cattolico che come ariano. E sicuramente per fare vedere al Papa che erano cattolici veramente, iniziarono le persecuzioni e ferocissime contro gli anteriori alleati ariani e contro gli ebrei.
Era evidente che gli ebrei di Spagna non potevano, quindi, non preferire la nuova invasione mussulmana, semiti anche loro, quella degli Omayyadi del Califfato di Damasco. Persino i vari principi cristiani nella loro maggioranza facilitarono la entrata dei Mussulmani contro i Visigoti in decadenza, purché li lasciassero tranquilli nei loro feudi. Fu anche per questo che gli arabi conquistarono quasi tutta Spagna in un battibaleno. E ci si avvicinò  con il tempo al bellissimo periodo d'oro di Spagna, con il Califfato di Cordova, quasi l'unica luce di cultura ed arte nel grigiore dell'Europa medioevale, prodotto dalla tolleranza reciproca e felice convivenza delle tre culture: ebrea, cristiana e mussulmana. Però come tutte le cose anche questo cambiò, arrivarono gli Almoravidi, poi gli Almohadi, due gruppi berberi mussulmani, di nord Africa, marocchini, insomma, più rozzi e primitivi e più fanatici e la famiglia di Maimonide come molti ebrei dovette mettersi in turbante arabo e fingere dei essere mussulmano. E se il grande Maimonide e suo padre, rabbino, dovettero fingere, perché non dovrebbero aver dovuto seguirne l'esempio di autodifesa gli stessi poveri ebreucci normali, nei tempi seguenti dei Re Cattolici? Ai tempi dei Marrani ? O in tante altre occasioni nella storia di questo popolo che, a torto o a ragione non voleva fondersi con i nuovi ambienti e mantenere le sue tradizioni e non aveva più una Patria?
Uno dei maestri ed amico dell'ebreo Maimonide fu il grande Averroè, arabo, anche lui semita, mussulmano di religione, nato a Cordova, gran filosofo, medico e giurista che per un certo tempo visse in casa di Maimonide. Insomma, erano amici, un ebreo e un musulmano.
Ed è interessante osservare questo come esempio che  la vera cultura dell'uomo intelligente può unire persone di diversi origini o ambienti o religioni. Dovuto al rincrudire dell'intolleranza degli Almohadi, Maimonide e la famiglia emigrò ed arrivò a finire in Egitto nel 1160 circa. Laggiù, senza soldi per vari motivi, dovette fare il medico per mantenere la famiglia; ed il medico lo fece cosi bene da diventare medico di corte del Saladino, casualmente della sua stessa età. Lavorava come un bestia, diceva di sé stesso, con quella professione di medico di corte e di medico dei poveri che non potevano pagare. Questa professione lo occupava moltissimo, ma non gli impedì di svolgere tutto il lavoro intellettuale di filosofia in generale.
La fama enorme di Maimonide in Europa fu dovuta soprattutto alla la filosofia. Nonostante la sua forte opposizione al misticismo ed alla Cabala, i suoi correligionari lo consideravano una eminenza. Da Mosè a Mosè non ci fu un altro Mosè. Naturalmente i soliti conservatori che esistono in tutte le religioni, lo considerarono eretico. Scrisse, come medico, un preghiera a Dio, che secondo me è di gran lunga eticamente superiore a qualsiasi altra lettera o principio o giuramento di altri maestri della medicina e che i medici di oggigiorno leggerebbero, se la leggessero, con una certa vergogna.

Dio, illuminami l'animo d'amore per l'arte della medicina e per tutte le creature. Allontana da me la tentazione per l'affanno del lucro e la ricerca della gloria perché non abbiano influenza negativa nell'esercizio della mia professione. Sostieni la forza del mio cuore perché sia sempre disposto a servire al povero e al ricco, all'amico e al nemico, al giusto o all'ingiusto. Fai che io possa vedere solamente l'uomo nella persona che soffre di qualche malattia. Fai che il mio spirito rimanga sempre chiaro in tutte le circostanze: perché è veramente grande e sublime questa scienza che ha come scopo conservare la salute e la vita a tutte le creature. Fai che i miei malati abbiamo fiducia in me, alla medicina e che seguano i miei consigli. Allontana dal loro letto i ciarlatani, l'esercito di parenti con i loro mille consigli e tanti altri che si sentono medici e che non lo sono e credono di sapere tutto. Si tratta di una casta pericolosa che per vanità fa fallire le migliori intenzioni. Concedimi, Dio mio, indulgenza e pazienza con gli ammalati ostinati e grossolani. Fa' che io sia moderato in tutto però insaziabile per la mia dedicazione alla professione di medico. Allontana da me l'idea che io possa fare tutto. Dammi la forza, la volontà e la possibilità di aumentare ogni giorno la mia conoscenza della medicina così che io possa procurare sempre più miglioramenti a quelli che soffrono.
Amen
firmato: Mosè ben Maimonide, lo Spagnolo.

Però Maimonide non ebbe solamente fama come medico ma anche come pensatore di grande volo, universale e di grande influenza nella filosofia. Le sue opere sono molte e variate, scritte in arabo ed ebreo: erano trattati non solamente di medicina ma anche scritti teologici e filosofici. Con Maimonide la storia del pensiero ebreo arriva al suo massimo splendore. La comunità ebrea lo nominò Nagid, ossia Capo. Un titolo molto speciale e di grande onore.
Si racconta che suo padre, il padre di Maimonide, rabbino e studioso, non voleva sposarsi per non distrarsi dal suo proponimento di studiare la parola di Dio. Però un giorno, in giardino, gli apparve la figura o sentì la voce niente di meno che del grandissimo Isaia che gli profetizzò che suo figlio sarebbe stato un gran faro, una grande luce di saggezza per il popolo di Israele. Che questo sia certo, non si sa. Però, chissà, la cosa più probabile può darsi che per dar luce al profetizzato faro sia stato necessario l'intervento della bella, giovane, allegra e forse un po' civettuola figlia del macellaio di Cordova, suo vicino di casa. Fare il macellaio era una professione lucrativa e di tutto rispetto a quei tempi.
Il Rabbino passeggiava spesso nel suo giardino pensando alle interpretazioni della Torah e la ragazzetta dal giardinetto contiguo lo stuzzicava con i suoi risolini. Levati gli occhi dai sacri testi, il rabbino, dai e dai, alla fine deve aver pensato che non era troppo sacrificio seguire i suggerimenti del Profeta. Totale si arriva matrimonio,  al ¡Mazal tov! E nacque il "rampollo faro".
E fu tanta, poi, la fama raggiunta da Maimonide, che quando, per i corsi e ricorsi degli eventi, dovette allontanarsi dalla sua terra nativa, trovò impiego, come già detto, niente di meno, che nella corte del Sultano che era Saladino, il Feroce Saladino per i cristiani o il Grande Saladino Difensore dell'Islam, secondo i punti di vista.
Si dice che Maimonide come medico fu quasi obbligato dal Difensore dell'Islam a scrivere un bel Trattatello sulla impotenza maschile e cercare di vincerla.
Trattatello che fu molto consultato nel Medio Evo, in tutti gli ambienti, laici o religiosi, di qualsiasi genere. E letto quasi sempre di nascosto, soprattutto nei pii monasteri cristiani.  E il trattatello si occultava nelle parti di sopra delle biblioteche per renderne più difficile l'accesso, insieme alla Commedia di Aristotele ed altri trattati considerati licenziosi. Si chiamavano "apocrifi", altra parola greca per indicare "messi lassù, nascosti", riservati democraticamente e solo  agli illuminati. O ai  giovani emozionati monachelli che li sbirciavano di nascosto, sussurrando emozioni.
In realtà Maimonide non fu mai orgoglioso di questo trattatello erotico sensuale. Pero, tutto fa brodo; ed anch'esso servi ad aumentare la sua fama, specialmente nei paesi cristiani, dove il sesso era considerato dalla Chiesa propedeutico all'Inferno.

E siccome non si muove foglia che Dio non voglia, anche i buoni cristiani cercavano di rispettare la volontà di Dio







 44/             SAN TOMMASO D'AQUINO
                                   1225-1274


       E CONSIDERAZIONI VARIE SULLE DONNE.                                      


San Tommaso d' Aquino, nato nel 1225 in Abruzzo era di famiglia nobile, discendenti dei biondi Germanici, Goti, Longobardi o Franchi, la classe dominante mescolata già da quattro o cinque secoli con gli autoctoni italici-gallo-romani. Suo padre era Landolfo, dal bel nome tedesco e Conte di Aquino; sua mamma era la contessa di Teano. Teano, quella cittadina che tra un bel po' di secoli sarà ricordata per l' incontro storico del nostro Garibaldi con il candidato a Re d'Italia. La famiglia di San Tommaso erano parenti più o meno stretti con l'alta nobiltà dell'epoca: con l'Imperatore Enrico VI, con Federico II, il grande Federico Stupor Mundi. E con i Re di Castilla, Aragona e di Francia. Insomma il Tommasino era bel rampollo aristocratico. E da ragazzino a 5 anni, i genitori lo mandarono ad educarsi nella famosissima antica ricca Abbazia di Montecassino. L'Abate, cioè il capo della Abbazia, era suo zio. Tutto in famiglia. Abbazia tra le primissime nel mondo, se non la più antica. Costruita appena 50 anni dopo la caduta di Roma e del suo Impero. Distrutta una volta da un terremoto e tre volte dalle armi della guerra, dai longobardi, dai Saraceni e... dagli Americani. Lasciamo andare...
Ma quando il giovane conte, il contino, arrivò ai suoi 15 anni l'abate scrisse al padre, al conte Landolfo, dicendogli che per una mente sveglia come quella di suo figlio, consigliava l'Università di Napoli, più adatta.
E lì, a Napoli, cominciò gli studi del Trivium e del Quatrivium, che era il massimo pensum dell'epoca.
Si disse, ad un certo momento, che l'alunno aveva più profondità e lucidità dei suoi maestri e che era dotato di una memoria eccezionale. Anche se un giudizio così positivo forse sarà anche stato un po' aumentato dai suoi ammiratori posteriori, senz'altro nostro Tommaso, non ancora Santo ma sempre Conte, dimostrava di essere un giovane con futuro. Ai suoi 20 anni, senza sapere perché, volle farsi monaco, dei Domenicani. E la città si meravigliava di vedere un giovane della nobiltà vestito come un povero monachello, con un miserabile saio. Sua mamma, la Contessa, si preoccupava per questi atteggiamenti insoliti ed organizzò niente di meno che un sequestro di persona ai sui danni. Con l' aiuto di altri figli, più grandi, nobili militari con Federico II, per cercare di superare l'umiliazione  di avere un figlio monaco, la signora contessa lo relegò nella loro fortezza di Rocca Secca. Insomma, semi-carcerato, sì, ma nel proprio castello e con tutti i riguardi per il signorino Contino.
Si disse, vero o leggenda, che un bel giorno mandarono nella sua comodissima stanza una giovane bellissima e voluttuosa per tentarlo con il sesso, argomento sempre molto forte per noi poveri uomini. Che fece costui? Si disse che il giovane, con un tizzone ardente in mano, la inseguì per la stanza dalla quale fuggi spaventata. E poi...poi il nostro Tommaso cadde in ginocchio pregando Dio che lo preservasse dalle orribili tentazioni della carne.
Ed allora, continua la leggenda, gli apparvero due angeli e lo cinsero con il cinturone della "verginità perpetua", per non provare mai più il minimo desiderio di concupiscenza.
E apparentemente fu cosi.
Forse come Origene Adamantino per non peccare si auto-evirò? Non è dato saperlo.
Durante questi due anni di prigionia a casa sua Tommaso ebbe modo di leggere e studiare le Sacre Scritture e Aristotele.
E finalmente la Contessa Madre, visto che non poteva ottenere quello che lei e la famiglia volevano, lo lasciò libero di andare, in una rocambolesca fuga, tra le braccia aperte dei bravi e pii frati Domenicani .
Quasi immediatamente fece i voti.
Il Papa, il genovese Innocenzo III, volle conoscerlo personalmente. Nel 1244 volle conoscerlo anche il Maestro Generale dell'Ordine dei Teutoni che con originalità teutonica si chiamava Johannes Hans Wildeshausen Teutonicus: Giovanni Teutone.
Costui lo portò con sé a Parigi. Non al Moulin Rouge, che non era ancora stato costruito. Ma a studiare nell'Università. Poi lo troviamo a Colonia, come discepolo favorito del Grande Alberto Magno, altro tedesco. Ed il nostro Tommaso, anche lui di ascendenza germanica, di corpo alto e forte e taciturno lo chiamavano il Bue Muto. Chissà perché. Forse i suoi colleghi si burlavano un po' lui, per via della cintura di verginità perpetua?
Sta di fatto che un giorno il grande Alberto Mango rimase impressionatissimo per una bellissima e difficile tesi svolta dal suo alunno preferito; e commentò: “Chiamatelo pure bue muto...ma i suoi muggiti dottrinali arriveranno un giorno fino ai confini del mondo”.
E fu una profezia azzeccatissima quella del grande Alberto Mango, anche lui un cervello di primo piano. Così, a soli 24 anni, fu nominato professore dello Studium domenicano di Parigi e da lì cominciò la sua vita pubblica che, in fondo, consisteva in  predicare, insegnare, scrivere, viaggiare. Lo ricercava il papa, lo voleva l'Università di Parigi, anche i vari Studium del suo ordine speravano ottenere benefici dai suoi insegnamenti. Lo vediamo ad Anagni, Roma, Orvieto,Viterbo, Perugia, Napoli, Parigi.  E tanto viaggiare su e giù non era molto semplice a quei tempi. Si è calcolato che quest'uomo, bue o toro o santo o quello che sia stato, ha camminato a piedi la bellezza di 10.000 chilometri! Dall'Europa all'America, se fosse stata accessibile...
Ai suoi 38 anni il papa gli offrì essere arcivescovo a Napoli.
Rifiutò.
Se l' avesse fatto, non avrebbe scritto la sua opera maggiore, la Summa Theologica.
Parliamo un po' di lui, adesso, perché è veramente stato un uomo eccezionale.
Parliamo delle sue estasi. Non dell'estasi come quella di Santa Teresa, la Spagnola del 1500, che tanto bene  descrisse la sua stessa estasi che ispirò a quell'irriverente e geniale Bernini, con quella scultura  sensualissima che parlerà da sola.
Parliamo adesso  dell'estasi religiosa di San Tommaso, l'Aquinate. Sembra ne abbia avute più di una e che furono più frequenti col passare del tempo. Si dice che durante una, nel 1273, a Napoli, tre fratelli monaci  lo videro levitare in estasi. Levitare! e che udirono una voce che proveniva dal crocefisso :
“Hai scritto bene di me Tommaso, che ricompensa vuoi”
E che Tommaso rispose:
“Tu. Solamente tu, Signore”.
Ovviamente nel mondo tutto può essere successo o può succedere, soprattutto a Napoli che è la città di tanti miracoli. E poi i Napoletani sono anche un po' abituati ai miracoli come quando ogni anno il santo sangue di San Gennaro ridiventa liquido. E se non lo diventa i napoletani dalle preghiere passano agli insulti fino a che il miracolo finalmente si verifica e dagli insulti si ritorna alle preghiere adoranti.
Comunque sia , il nostro Aquinate poco dopo ebbe un'altra estasi, durante una messa, ma molto più intensa. Rimase debolissimo per questo. Non scrisse più. Aveva solamente 46 anni. E commentò che durante l'episodio di quest'ultima estasi gli erano stati rivelati dei segreti di tal trascendenza che in confronto tutto quello che aveva scritto in precedenza gli sembrò poca cosa.
E mai, santo Tommaso, mai volle rivelare i segreti riservati solamente a lui.
Morì in Italia. I monaci di Fosa Nova, che non so dov'è, volevano rimanere con il suo corpo. Il Papa Urbano VI, papa di tutti ma francese, da buon francese ordinò consegnare il corpo ai Domenicani, è vero , ma ai Domenicani di Toulouse, in Francia. Fu costruita una bella cappella però il buon francese non poteva immaginare le esagerazioni della Rivoluzione Francese durante la quale in nome della Libertè Egualitè Faternè la bella cappella fu rasa al suolo. La salma fu trasferita in un'altra chiesa, sempre a Tolosa, San Sernin, San Saturnino. Però non "riposa" completa. Per la vecchia abitudine semi-cannibalesca della pietà cristiana, un osso del braccio sinistro è nella Cattedrale di Napoli; il braccio destro, regalato da chissà chi all'Università di Parigi, chissà per quali altre vie tortuose arrivò nella chiesa domenicana di Santa Maria sopra Minerva a Roma, quando l'Europa vibrava ai suoni della Marseillaise.
È stato una mente aperta privilegiata, veloce, cercando opinioni di vari personaggi cristiani o non cristiani. Studiò Platone, Aristotele, volle imparare anche da Avicenna e Averroè, i due saggi mussulmani, persiano uno e arabo spagnolo il secondo, che naturalmente ebbero influenza su di lui. Tutti siamo influenzati da quelli che leggiamo.
In conclusione fu un grande pensatore filosofo. Se fosse possibile fare una graduatoria si direbbe che all'altezza di Aristotele, Leibniz, Kant e Hegel. Guarda-caso, tutti germanici.
E nei secoli successivi ebbe una importanza enorme. Lo chiamarono il Pastor Angelicus. E la sua filosofia la chiamarono Tomismo, da Tommaso, certo.
Non è questa la sede per approfondire lo studio dei suoi scritti, ammesso che io sappia farlo ancora. Sono passati troppi anni da quando leggevo qualcosa di filosofia. A parte che sono argomenti che interessano, caso mai, solamente qualche specialista che, probabilmente, se fosse tale, mai sarebbe interessato a leggermi. Però può darsi che qualche sperduto lettore abbia una certa curiosità, non in complicate elucubrazioni filosofiche fuori di moda, ma solamene in conoscere qualcosina, qualche più modesto pettegolezzo su personaggi dei quali si è sentito parlare a scuola e che mai si è mai saputo o capito nulla.
Non è assolutamente mia intenzione mancare di rispetto a questo o a altri personaggi del suo "genere", ma raccontare episodi per capire e soprattutto comprendere come è possibile che anche dei cervelli privilegiati possano dire cose che adesso anche a uomini comuni come noi appaiono assurdità ridicole. Nella morale sessuale, per esempio, sia il grande Aquinate, Santo Agostino o Alberto Magno sono stati, fino ad ora e per la chiesa Cattolica, una autorità indiscussa. Fino a poco tempo fa, se si divergeva dalle loro opinioni si rischiava l'anatema di eretico e probabilmente il rogo. Adesso sorridiamo di certe opinioni. Per esempio, nella Summa Theologiae (II-II q. 186 a 4) il nostro Tommaso ci dice che "Il celibato permanente è indispensabile per raggiungere la pietà perfetta. E per questa ragione - continua san Tommaso - Gioviniano è stato condannato dalla Chiesa perché mette il matrimonio sullo stesso piano della verginità."
O anche quando (Summa Theologiae, II-II q. 152.a.5-2 ) ci racconta che seguendo certi calcoli statistici di San Girolamo, del secolo IV, " le vergini ottengono nel Paradiso il premio al 100%, i vedovi lo ricevono al 6o% e gli sposati al 30%".
Anche per quanto riguarda la posizione della donna nella chiesa, nulla è cambiato dai tempi di San Agostino, del IV secolo, che fu colui che denunciò che le disgrazie dell'umanità in un certo senso nacquero il famoso giorno quando Eva offrì la mela al marito ingenuo. E ancora fino al 1800 e 1900 i Papi sostenevano che il Peccato Originale doveva considerarsi più o meno letteralmente con la versione del serpente e la bella mela rossa. Il nostro Sant'Agostino,  detto l’Aquinate, (nel Civitate Dei, 14,11) ci insegna che il Demonio si è diretto alla parte più debole della coppia umana e concede attenuanti ad Adamo giacché il pover'uomo cedette all'errore della donna, per amore a lei. E da questo viene la antica condanna della donna come tentatrice e le donne hanno accettato con troppa rassegnazione la idea che il loro sesso fosse una "piaga putrefatta" voluta da Dio. E questo incredibile disprezzo di Sant'Agostino per le donne continua nei secoli seguenti con Alberto Magno e Santo Tommaso d'Aquino che citano niente di meno che Aristotele. Ma cosa diceva lo stesso Aristotele? L' "Ipse dixit" ? Vediamolo un po', anche se leggermente fuori tema, perché questo di Aristotele è un ragionamento che oggigiorno sembra di un allucinato. Sostiene che la donna deve la sua esistenza ad un errore, a una deviazione nel suo processo di formazione, che la donna era una "deviazionista", come avrebbero detto certi politici dei quali non voglio fare il nome. Un deviazionismo; perché la donna è un uomo difettoso. E nel 1200 apparve un altro pensatore, un vescovo di Parigi, che fece questa bella pensata: se la donna la si definiva come uomo fatto difettosamente, si potrebbe arrivare a definire l'uomo come donna perfetta! Però, certo è evidente che questo avrebbe significato dubbi sulla Sodomia. Insomma un gran casino di opinioni strampalate e allo stesso tempo completamente inutili.
Però questo lo diciamo oggi, anche a livelli molto mediocri. Ma allora le opinioni strampalate erano di figure importanti.
Ma non basta. Perché i cosiddetti maschilisti, pagani o cristiani, riducevano la donna solamente a funzioni molto secondarie e passive. E il fatto di considerare solamene l'uomo come attivo e la donna come passiva indusse il grande Aristotele a sostenere seriamente che è l'uomo che genera il figlio e che la donna si limita a coltivarlo. E il nostro Aquinate, che lo ammirava molto, si convince che è il seme maschile, ossia lo spermatozoide, l'unico principio attivo della generazione.
Ci sarà da aspettare le opinioni di scientifici e filosofi del 1800, specie nel 1827, perché qualcuno scopra le funzioni dell'ovulo femminile e che quindi si possa affermare scientificamente e non solo come opinioni filosofiche o credenze religiose, che il figlio è il prodotto di ambedue le parti, del papà e della mammà.
Una specie di dubbio semiserio ci verrebbe, dal punto di vista religioso per lo meno cristiano, che il concepimento ad opera dello Spirito Santo, sarebbe un concepimento solo a metà divino e l' altra metà umano.
Sembra incredibile, adesso, però anche prima del Grande Aristotele, con Esquilo, uno dei tre grandi della Tragedia, l'uomo è considerato come l'unico che può generare. Così che, incredibile dictu, come dicevo, se Oreste assassina sua madre, Clitennestra, non sarebbe cosa tanto grave come se assassinasse suo padre. E qui interviene anche Apollo, che spiega  che la donna non è quella che genera il figlio, ma solamente si prende cura di lui. E come esempio il saggio Apollo cita a Pallade-Minerva che nasce direttamente dal cervello di Giove l'Altissimo e che non fu alimentata nell'oscurità della panza di una donna. E che nacque già adulta, con armatura, elmo e tutto!
Ed allora arrivava un'altra domanda difficile per il bravo Santo Tommaso: come è possibile che l'uomo, capace di generare un essere perfetto come lui stesso, possa generare anche esseri imperfetti come le donne? E allora spiegava il paziente Santo Agostino, in Summa Theologiae ( I q.92 a.1), che una delle cause potrebbero essere i "venti umidi che provengono dal sud, che producono esseri umani con maggiore contenuto acqueo".
Ed anche, spiega un po' più avanti, in Summa Tehologiae (II q.42 a.4 -5). che "nelle donne c'è maggior contenuto di acque, e per questo sono molto più sensibili al piacere del sesso".
Ed anche Alberto Magno ricorre a Eolo quando ci spiega, anche lui pazientemente, che "i venti del Nord ci danno forza mentre i venti del Sud ce la diminuiscono e per questo nascono esseri inferiori, gli uomini imperfetti" e cioè le donne.

A proposito di certe manifestazioni amorose, come le dolcissime carezze, come diceva Orazio, il nostro Santo Tommaso, mezzo tedesco ma anche mezzo italiano, considera che " niente indebolisce tanto lo spirito dell'uomo come le carezze di una donna, cosa che -- meno male che lo ammette, un po' più comprensivo di Alberto Magno, tedesco tutto  -- purtroppo l'uomo non può fare a meno di farlo per possedere la sua donna ed avere la discendenza voluta da Dio." Lo dice in Summa Theologiae (II-II q. 151 a. 3 ad .)
E poi assicura ( Summa Theologiae II-II q. 70 a. 3) che "le donne non hanno capacità di testimoniare in questioni testamentarie o penali, per difetto di ragionamento, come i bambini o i malati mentali."
E poi ci regalerà un altro bel fiorellino, o ciliegina sulla torta, al sostenere  che quando i figli siano un po' più grandi, "dovrebbero amare di più i padri e non le madri" perché il padre è, appunto, il principio della creazione ( Summa Theologiae II q.26 a.10 ).
Sui motivi naturali a favore della indissolubilità del matrimonio evidenzia che "la donna, da sola, non è mai in condizione di educare bene il figlio". E poi, sentite qua:  San Geronimo, un po' di tempo prima di San Tommaso, aveva già sostenuto con logica che le "donne che facevano voto di castità potevano forse arrivare alla dignità dell'uomo" perché già non dipendevano più dai loro rispettivi mariti, ma direttamente da Cristo; il poligamo, in questo caso.
Continuiamo.
Il nostro Tommaso si sente appoggiato da Aristotele quando questi afferma, nella sua Etica Nicomachea, 7,12, che il piacere sessuale impedisce la attività mentale; e quindi il nostro Tommaso, baldanzoso dell'appoggio di Aristotele, dice sicuro che le troppe relazioni sessuali tra gli sposi " mentem enervant", ti fa diventare scemo. In conclusione il povero sesso, cosi bello a seconda dei casi, diventa sinonimo di vergogna, colpa, sporcizia, disonore, uno schifo, insomma.
Ed anche quell'altro bel tipo di San Paolo( 1 Cor.7,1) ci consiglia: " è bene per l' uomo non toccare la donna", cosi che i bravi obbedienti Santo Agostino e Santo Tommaso arrivano a sentenziare che "è più santo un matrimonio senza relazioni carnali ( IV Sententiarum,d.26,2,4)" ed il modello è naturalmente il matrimonio tra Giuseppe e Maria.
Povero Giuseppe, il sacrificato. Chissà per quello lo hanno fatto Santo. A meno che astutamente, giglio o non giglio in mano, abbia fatto ricorso alla vecchia tradizione ebrea del Merecumbè autorizzato dalla moglie...come ho raccontato in altre occasioni e che non è il caso ripetere.  
Questi sono i fatti, cosi stanno le cose. O almeno stavano. Però ho voluto insistere e con una certa ironia, su questi che sembrano pettegolezzi. Però, sia chiaro, non per i gusti quasi libidinosi di questi ultimi tempi di mancare di rispetto alla Chiesa, cattolica o no, o alle religioni in generali, o alle autorità in senso lato. Non si tratta di questo, di accusare sacerdoti e santoni e gurú o ministri. E` un altro discorso. Voglio ricalcare che stiamo parlando di uomini; ma nemmeno per criticarli. Solo osservarli. E di prendere atto come tutti, uomini, donne, chi più chi meno, con più o meno cultura, in tutti i continenti e tempi, non siamo assolutamente originali ne' quindi liberi nelle nostre opinioni, anche se crediamo di esserlo. Siamo completamene influenzabili e influenzati dall'ambiente dove viviamo, dalle opinioni, da quello che ci hanno detto maestri e professori e mamme e  nonne e da quello che abbiamo letto e studiato. Persino la lingua che parliamo ci viene imposta dall'ambiente.
E questo è successo a cervelli di primissimo piani, di persone dotatissime, alcuni addirittura considerati geniali, in buona fede, studiose che hanno detto cose che adesso fanno semplicemente sorridere o scandalizzare. Non erano stupidi loro ne' più intelligenti noi, anche se siamo andati sulla luna.
Siamo semplicemente esseri semi-pensanti e nemmeno tutti. Da tutto ci lasciamo influenzare. E per i nostri pensieri ed opinioni di oggigiorno, tra mille, duemila anni saremo considerati pazzi retrogradi noi, cosi come consideriamo pazzi e retrogradi gli studiosi di qualche secolo fa.

E chissà il peccato più grave che noi uomini, uomini maschi, intendo, abbiamo commesso convintissimi di avere ragione -- e ai primi  tempi la avevamo -- è stato con le donne. Abbiamo addirittura demonizzato le donne dai primi anni del cristianesimo fino ai nostri giorni. Le abbiamo considerate esseri inferiori e ci furono momenti che ci si domandava se le donne avevano l'anima. E nella nostra Europa che consideriamo faro di civiltà e realmente lo fu, nonostante tutto, sono state molto di più le povere donne a finire nel barbecue. E non solo la gleba ma anche vari cervelli privilegiati concordavano con questi orrori.
Certamente molta responsabilità di questo ricade su sacerdoti. E non solo cristiani, ma in generale di qualsiasi religione, chissà per sentirsi importanti.
Molto recentemente  fece piacere sapere di un Papa che volle chiedere scusa per gli eccessi della sua chiesa. Spero lo abbia fatto in buona fede e non solamene per propaganda fede.
Pero tutti gli uomini, assolutamente tutti e soprattutto i più capaci dovremmo chiedere scusa non solamene agli ebrei, ma anche a tanti altri popoli, gli "altri", che abbiamo sempre considerato inferiori a noi; e in un certo senso lo erano, altrimenti non si sarebbero lasciato dominare. Però chiedere scusa non solamene ai popoli, ma ai generi, a tutta quella metà della popolazione del mondo che è il genere femminile, le donne.
Perché il dominio e l'arroganza del maschio, inizialmente necessaria come in quasi tutto il regno animale, solamente in questi ultimi tempi ha cominciato a scoprire i grandi valori delle donne, in moltissimi casi superiori a quelli dei maschietti che continuiamo a sbudellarci come idioti tra di noi.









                      









45 /                              I MESSIA

Gli ebrei sono un popolo che per secoli hanno avuto crisi. Anche gli altri popoli  hanno avuto crisi e successi. Ma si sa molto meno. Invece degli ebrei si sa quasi tutto, perché credo che nessuno abbia scritto tanto come loro. E di loro si sanno più cose, nei successi e nei lamenti. Ed anche perché la religione ebraica è la madre delle religioni  e sette occidentali. Insomma sembra che siano nati ancora prima della creazione del mondo. Ed hanno avuto periodi di crisi. I periodi di crisi hanno prodotto la nascita di personaggi messianici per superare le crisi.  E i personaggi messianici sono stati molti ed in loro si sono cristallizzati gli aneliti di liberazione politica o economica o quello che fosse, specialmente tra i poveri, i deboli e i meno fortunati.Normalmete ci si rivolge a Dio quando si sta male. 
  Nella maggioranza dei casi i Messia sono state persone che, per un motivo o un altro, hanno poco a poco cominciato a credere nella realtà della loro missione divina; pur se spesso questa convinzione li abbia portato a fini violente, poveretti. Si tratta comunque di persone fuori del normale, con grande carisma , intelligenti e forse un po ' matti. Ma a dispetto di non avere avuto i risultati desiderati sono riusciti a stimolare la fantasia e le aspettative più fervide di liberazione. E questo è già molto.

Qui ci sono alcuni dei loro ultimi, in questi ultimi duemila anni:

1 ) Abbiamo già parlato della figura semi mitica di Simone Bar Kojba, capo militare che con l'appoggio di un rabbino altamente considerato come Akiba, nonché di una folla di credenti entusiasti e in buona fede, è riuscito a tenere sotto controllo niente di meno che l'Impero Romano, il più grande del tempo e per quasi tre anni. La sua testa arrivò, orrendo regalo, di fronte agli occhi dell'imperatore Adriano.
2) E a Creta apparve un Mosè, un altro Mosè , non quello dei XII comandamenti, però e desiderava emulare e superare il suo omonimo più grande ed aveva l'intenzione di camminare attraverso il mare. Non un Mar Rosso qualsiasi, ma niente di meno che  il Mediterraneo. Non so che fine abbia fatto, ma i suoi sostenitori potrebbero essere ancora lì su quella spiaggia, in attesa, che le acque si aprano.
3) Al tempo delle Crociate i Messia nascevano come fiori nel deserto dopo la pioggia, ma tutti furono superati da Davide Alroy, al tempo della seconda crociata, quella della bella Leonora d'Aquitania. Ma a quei tempi tutti rimasero affascinati dalla bella francesina. E chi andava a interessarsi di quel povero tipo nato, tra l`altro in Kurdistan?
4) Nel XIII secolo apparve Abraham ben Samuel Abulafia, nato a Saragozza, nel periodo d'oro della Spagna Andalusa, il felice periodo della convivenza tra mussulmani, ebrei e cristiani. Era un tipo simpatico, molto ben informato, avventuroso ed eccentrico ragazzo : studiò filosofia , scienza e medicina. Nel tempo libero studiava la Cabala per trasformarla in Nuova Cabala adattata ai tempi nuovi . Poco a poco cominciò ottenere seguaci. Un giorno andò in Sicilia dove disse, forse emozionato dal bel sole di Sicilia,   di aver avuto un colloquio con Dio stesso, niente di meno. Convinto o non convinto della sua missione ? Ebbe l'audacia di tentare di convertire al giudaismo niente di meno che il papa Niccolò III. L'infarto del Papa lo salvò dal fuoco già preparato per lui. Il povero papa Niccolò III non fu gran cosa, né come uomo né come Papa ; non era stato scelto in base al merito, ma perché apparteneva alla potente famiglia romana degli Orsini e per questo lo Spirito Santo, forse distratto o forse condiscendente, discese su di lui, al momento del Concistoro. Dante, il grande poeta rabbioso, lo mise nel suo Inferno tra i simoniaci perché si sosteneva che avesse pagato commissioni. Era un povero diavolo, pur essendo papa. Ma pensare di convertirlo al giudaismo era qualcosa di difficile, anche per in tipo simpatico e convincente come Abraham Ben Samuel Abulafia, ebreo di Saragozza.
Che fine abbia poi fatto, questo non lo so. Ma ormai dovrebbe essere  già morto.
5 ) Il decreto di Espulsione dei Cristianissimi Re Cattolici e le pessime condizioni in cui si trovavano gli ebrei fu motivo perché specialmente in Spagna dilagassero i Messia, specialmente nel XVI secolo, promettendo un futuro migliore ai disperati, speranzosi e creduli figli di Israele. Ci fu una decisa logica politica con Davide Reubeni al proporre al Papa e all'Imperatore Carlo V un'alleanza militare tra i tedeschi e gli ebrei e cristiani per sconfiggere i Turchi e riprendere Gerusalemme. Ebbe varie interviste con diversi personaggi importanti d'Europa che lo resero famoso.Sia il Papa che lÍmperatore avevano simpatie per lui e le sue proposte: era il Papa Clemente VII, in bilico tra l'Imperatore Carlo V e Francesco, re di Francia. 
E viaggiò un po' da tutte le parte, il valoroso Reubenim, cercando di spiegare la sua idea ed ottenendo consensi. Però la Santissima Inquisizione non poteva certamente accettare nemmeno l'idea che uno "sporco ebreo", anche se discendente della tribù di Ruben, osasse prendere iniziative di quel genere politico- religioso. Appoggiato dal Papa e dall'Imperatore, idea buona o cattiva, ma peggio ancora se buona, quest'uomo, intelligente, intraprendente, energico, simpatico ma ebreo, dava tremendamente sui nervi ai bravi domenicani che temevano che tutte queste iniziative si trasformassero in qualche vantaggio per gli ebrei. Probabilmente qualcosa del genere sarebbe successo. L'Inquisizione preferì che Gerusalemme rimanesse in mano Turca però che non ci fosse nessun vantaggio speciale per gli odiati ebrei. Cosi che l'Inquisizione, sempre Santissima, motu proprio, lo prese, lo spedì in Spagna e lì lo lo schiaffò miserrimamente in prigione: "Statti zitto, tu, vil marrano". Mori dopo poco, probabilmente avvelenato.
6) A causa delle terribili massacri di ebrei in Polonia a metà del XVII secolo, tra i figli d'Israele nacquero speranze che apparisse veramente un Messia reale. E apparve Shabtai Tzvi.
 Questo asceta seguiva rigorosamente i precetti della Cabala Lurianica . Senza battere ciglio affermò di essere il Messia, l'Unto del Signore . Il movimento messianico che si verificò fu uno dei più importanti nella storia dei figli di Israele. Era nato in Turchia, aveva studiato il Talmud e la Cabala, era anche molto bello e cordiale . Ma nonostante la cultura e fascino personale, fu espulso dalla Turchia e viaggiò per diversi anni tra l'Egitto, la Tracia , la Palestina e la Grecia. La sua vita cambiò quando il saggio l'ebreo Natham, di Gaza, in buona fede, lo convinse che fosse lui il vero Messia. E se lo credette anche lui stesso ed anche molti correligionari in Palestina e nella diaspora. 
Finalmente fu messo in prigione dai Turchi, che non credevano troppo in lui come messia e gli offrirono l'alternativa di spontaneamente convertirsi all'Islam o la morte. 
Si convertì all'Islam.
Ma morì lo stesso: in esilio, pare in Montenegro, tra le capre.
7 ) E abbiamo avuto anche altri "Messia" e taluni persino nei nostri giorni, anche senza ormai sponsorizzare magici eventi di liberazione che si debbano alla volontà divina perché, per fortuna o sfortuna, le religioni stanno cadendo in disuso. Ed allora il Messia si è metamorfizzato e ora appaiono personaggi, i politici, che si definiscono a se stessi come mandati da chissà chi.

E continuano ad esserci ancora persone che li ascoltano e idolatrano, imbambolati.



     














46 /                              LE     FATE


Chi sono le Fate ?
Nei miei ricordi d'infanzia le Fate erano belle donne, giovani, bionde e occhi chiari, spesso celesti, abito lungo blu, un cappello a forma di cono carino con molte stelle, con un bianco velo lunghissimo, una bacchetta magica in mano e sempre ci guardavano sorridenti e noi sempre chiedevamo quello che tutti i bambini del mondo chiedono alle fate.
Era la Fata Turchina, si diceva a casa mia. E nella nostra fantasia di bambini era un'immagine mescolata con la mamma e la Vergine Maria: gli stessi abiti lunghi, azzurri e la stessa dolcezza.
 Ma  chi sono? Dove stanno le fate ? Da dove provengono?
 Cerchiamo  di chiarire  che se non ci sono mai dei bei limiti definiti in quasi tutti gli eventi storici più lontani meno ancora ne troveremoe nelle tradizioni, superstizioni, religioni e leggende. Le immagini si sovrappongono. I personaggi cambiano nomi e funzioni nel corso del tempo, secondo i diversi paesi, secondo  antiche tradizioni ereditate da influenze romane, cristiane, musulmane, germaniche, scandinave, celtiche o secondo gli stati d'animo e le capacità intellettuali e critiche di poeti, scrittori, filosofi, cantanti, santi, storici, racconta storie, saltimbanchi ed altri personaggi che hanno raccontato i "fatti" come loro li vedevano o conveniva vederli. Il nostro Medio Evo è un enorme crogiolo in cui hanno converso tradizioni greche, latine, orientali e fantasie nordiche.
Immaginate quanto sia difficile definire le Fate. Ci si dovrebbe chiedere: Fate? In quale paese? Quando? Perché le fate sono apparse già da tempi antichissimi, in molti paesi ed epoche diverse, sono arrivate fino a noi e i bambini credono ancora in loro e non solo i bambini.

Tra le Fate le più lontane sono le Moire greche; e uso il termine nel suo significato etimologico di é in greco, cioè apparire, la persona che appare; o chissà deriva da FATA, destino in latino, il fato. 
Per citare un solo caso di indefinibilità di cui ho parlato in precedenza, secondo Omero la Moira era solo una, invece secondo Esiodo erano tre.
Siccome però come è noto il grande Omero era completamente cieco oltre che grande poeta, ovviamente non può aver visto gran che e quindi che sarebbe meglio credere a Esiodo. Queste tre Moire erano filatrici e filavano il filo della vita di noi poveri mortali. Ancora oggi in molti paesi viene usatala frase: " ... è rimasto con un filo di vita ..." e quasi nessuno sa che il termine deriva nientemeno che dal tempo di Omero. Beh, la terza Moira, l'unica di cui ricordo il nome, era Atropos, quella che, quando sarà il momento, taglierà il filo della vita e si inizia il cammino nell'Aldilà .
Dopo il tempo delle Moire greche arrivano i Romani. Il secondo re di Roma, furbo e sacerdote, ebbe sempre la sua fata personale, la ninfa Egeria, che lo aspettava in un bel boschetto. È lecito chiedersi cosa facesse il Numa Pompilio in quel bel boschetto in compagnia della bella ninfa Egeria ? Lasciamolo alla fantasia di ogni lettore. E questo mi porta alla mente qualcosa che lessi quando ero giovanissimo studente di diritto italiano: una famosissima sentenza di un giudice del Medio Evo, nel sud d'Italia " Solus cum sola in loco solitario non cogitabuntur orare Pater Noster ", che senza prove ma per presunzione certisima condannò per adulterio una coppia denunciata dal marito cornuto. E la dolce ninfa Egeria, grata come tutte le donne di buon cuore quando un uomo mostra loro affetto, dava al suo amante, re e sacerdote, anche saggi consigli su come gestire quella nuova città che era Roma. Poveri i romani se qualcuno osava discutere gli ordini del re! Numa Pompilio con perfetto accento etrusco-toscano, gridava : "Non sai che questi ordini sono stati dati a me dagli dei, da Egeria, la Ninfa del boschetto?" Tutti gli dei che meritavano un certo rispetto si presentavano ai mortali nelle forme di messaggeri divini, come Mercurio, come l'Arcangelo Gabriele, come la Ninfa Egeria.
Così i romani fin dai tempi remotissimi della monarchia avevano una Fata, la bella Ninfetta Egeria, anche se in comodato solamente per il Re.
Ma quando al conquistare la Grecia si resero conto che i greci ne avevano tre di Fate " Per Ercole ! " devono aver sacramentato "Se i greci sconfitti hanno tre fate, perché noi, i vincitori , dobbiamo accontentarci di una sola? " E così nacquero le tre Parche, le TRIA FATA . Ovviamente per ragioni di dignità e patriottismo.
Nel nord Europa c'erano svedesi, norvegesi, danesi, goti: Gotland insomma. Ma non avevano ancora comprato il biglietto per il tour a Roma ed erano occupati a vincere il freddo nei loro boschi misteriosi popolati da gnomi e goboldi. Alla fine decisero di unirsi ad altri gruppi germanici, in cerca di terre più calde e si fecero strada attraverso le Sacre Alpi. Dal quarto secolo iniziò l'invasione di questi turisti. Alti, biondi, baffoni enormi e sporchi, con le corna sull'elmo, qualcuno sulla fronte, portarono con se le loro Norme che erano quasi parenti delle latine Parche-Fate. Ma erano brutte e cattive e vergini. Sicuramente la verginità come risultato della poca domanda del mediocre prodotto. Erano buone lavoratrici, questo si, come certe contadine di montagna, forti che se ti davano una sberla rotolavi per i dirupi, ma senza grazia. Infine, la funzione casalinga, servotta, tutto fare, con la mani a leggero olezzo a  varechina.
Poi, nel corso degli anni, la gente comincia a socializzare. Alle romane piacevano quei bei e vigorosi giganti biondi del Nord e, previa lavatura e stiratura con bagni ed acqua profumata e leggeri ritocchi ai baffoni, li ricevevano nei loro peccaminosi triclini. E le nordiche esplodevano di piacere con i raffinatissimi romani che, anche se non più esperti nell'arte della guerra, erano ben esperti nell`Ars Amatoria.
Questo processo di simbiosi comprende anche le Norme, le Parche, le Moire. Così che queste signore nella dolce Italia perdono gradualmente la rigidità semi-feroce dei barbari iniziali e si trasformano  in Fata, giovane e bella, amorevole, ben vestita, spesso ben svestita, intelligente: amante, comunque. Una fata che porta amore, ricchezza, felicità, a volte il matrimonio e anche bambini all'uomo che ama. All'Eroe che ama, si deve specificare, perché la fata è un essere misterioso, che viene da un al di là, mai ben definito e nemmeno cristiano, ma molto impegnativo; e non si va a innamorare di un povero diavolo qualsiasi, un insipido Monsieur Travet, l'uomo in grigio. Deve essere un nobile, un cavaliere, un eroe, un personaggio.

La letteratura medievale è ricca di storie d'amore tra Fate ed Eroi. L'Eroe va in un bosco a caccia, perde la strada (è la fata che gliela fa perdere), galoppa e galoppa, arriva quasi sempre ad un simpatico e romantico laghetto dove, per caso, scorgerà tra i rami una bellissima donna nuda, quasi sempre accompagnata dalle sue ancelle. E ' la Fata, ovviamente, che assume atteggiamenti dei più sensuali possibili, fingendo di non sapere di essere vista. Malizie ed astuzie femminili. L'Eroe la vede, il sangue gli va alla testa o dove deve andare, freme di desiderio, la vuole sposare. La fata finge paura, accenna a coprirsi scoprendosi sempre più, lui cade in ginocchio, adorante, insiste balbettando sul matrimonio, lei dice ridendo che non c'è bisogno di nessun matrimonio né di nessun prete ma che l'eroe deve promettere e giurare rispetto ad un certo tabù, per esempio, non andare nella sua stanza il sabato e non guardarla durante il bagno, o non guardarle i piedi nudi, o sciocchezze simili. Cosa fa l'eroe ? Promette e giura come promettono e giurano tutti gli uomini quando sono pieni di amore e desiderio e sentono i bollenti spiriti e la donna, insinuante e sorridendo insiste che prima...sì, che però prima... deve giurare qualcosa. E il poveretto, in quello stato di enorme emozione che qualunque avvocato definirebbe stato di incapacità di intendere e volere, giura. Giura tutto quello che lei vuole, senza sapere assolutamente di cosa si tratta. E qualunque giudice sentenzierebbe che una promessa fatta in stato di necessità non è vincolante.
Alla fine, dopo aver vissuto felicemente per anni e magari aver formato anche una famiglia, un buon giorno l'uomo rompe il tabù. A volte per motivi banali o semplicemente perché si dimentica di qualcuna di quelle cose promesse, che sempre aveva considerato cose sciocche di donna. E consciamente o no, rompe il tabù. Rompe il tabù e perde tutto. La Fata e moglie amorevole lo lascia. Si dispera il povero uomo;  e la fata-moglie a volte torna, a volte non torna più.
Esistono infinite varietà di casi. Ci sono Fate che richiedono matrimonio previo a qualsiasi tipo di intimità, come le fate del tipo Melusina. Però ci sono fate più " liberate ", come quelle del tipo Morgana, di quelle che chiedevano all'Eroe vediamo cosa sai fare. Ce ne sono altre che vogliono avere figli, altre che vanno in chiesa, ma escono al momento della consacrazione dell'Ostia. La qual cosa indubbiamente rivela la sua natura demoniaca. Ma questo succederà solo più tardi, intono al 1.000, quando la fata-donna a un certo momento viene accusata di essere di natura demoniaca.
Perché col tempo alla Chiesa piacevano sempre meno quelle storie di belle fate che venivano da un indefinito " al di là " fuori della sua competenza. E che facevano il bagno nude e vezzose in boschetti di riminiscenze pagane per sedurre l'Eroe cristiano e il povero Eroe, sedotto, peccava.
Le antiche e belle poesie di trovatori cantano di questi amori magici.
E` evidente che l' arrivo di una nuova religione non poteva attuarsi con un cambio, netto, immediato, in particolare nelle campagne dove continuarono a vivere per secoli  gli antichi dei con i nuovi compagni, i santi cristiani.
E tutto questo ce lo racconta anche S. Isidoro di Siviglia, dichiarato esperto nel campo. Ma non dobbiamo meravigliarci tanto di questa mescolanza tra divinità pagane e santi di varie credenze durante il Medioevo. Perché anche oggi non abbiamo forse gruppi o nazioni dove sussistono tradizioni e riti "religiosi" di origine africana o indiana o nordica, o rituali demoniaci, soprattutto nei Caraibi e in tutto il Sud America? Tutto mischiato. Una bella ammucchiata.
Quando sorgono nuove religioni, il credente semplice risolve i suoi dubbi di scelta, ammesso che ne abbia, accettando tutto in un gustoso cocktail di superstizioni popolari.
Cosi che la chiesa cristiana, che sempre esigé la supremazia assoluta, demonizzò gli antichi dei, semidei, fauni, ninfe, fate e donne. Anche la donna sì, perché era la più reale, a portata di mani e più era bella e più era pericolosa. E la trasforma in strega, amante sì ma in sfrenate orgie demoniache, il Sabba, gli Aquelarres, di origine basca, curiosamene, che iniziavano con il famosissimo bacio satanico.
Così, con il tempo, la Fata non è più la bella, amorevole, donna  affascinante di prima, ma un essere demoniaco che corrompe l'uomo per rubare la sua anima. Gli esperti di queste cose ci lasciarono scritte nei loro dotti saggi varie cose interessantissime. E ci spiegano che i demoni sono divisi in due categorie : Incubus , in-cubus , che nel peccaminoso atto sessuale hanno la posizione di "sopra", come gli uomini; e succubus, sub-cubus, nella posizione di "sotto" come le donne. Incubus, è il demonio maschio e succubus è il demonio femmina.
Non conoscendosi ancora il Kamasutra, Santo Isidoro di Siviglia, uno degli esperti in materia, ignorava altre posizioni .
 Ma ci sono anche varietà di Fate.
Secondo alcuni sono esseri immortali, ultraterreni, ma senz'anima, però sempre donne. Alcune sono sinceramente cristiane, vivono e si comportano come mogli e madri magnifiche perché aspirano ricevere l'anima tanto desiderata. Quando alla fine come ricompensa per le loro  virtù ricevono l'anima, perdono la "loro" immortalità pagana e nel corso degli anni diventerà  vecchia e brutta e sdentata, come tutti i comuni mortali, ma raggiungerà l'immortalità cristiana e le gioie spirituali del Paradiso cristiano: contente loro, contente tutte. Però, attenzione: se l'uomo-marito-eroe dovesse rompere il tabù , la povera fata dovrà fuggire per sempre.
E nella grande maggioranza dei casi non avrà mai più la possibilità di avere un'anima.
Un'altra versione del racconto della fate ci dice che ci sono le Fate Melusine e le fate morganatiche, del tipo Fata Morgana, come parte del mitologico celta, irlandese, bretone e molte altre versioni che sarebbe troppo lungo enumerare. Per avere un'idea della varietà di versioni, osserviamo che nel bretone e irlandese la Fata Morgana è la sorella di Re Artù, quello della tavola Rotonda. E si differenzia dalla fata Melusina, che in alcune versioni è parente o sorella della Morgana. La differenza tra di loro dovrebbe essere che le Melusine vogliono vivere nel nostro mondo, con l'uomo che amano e gli dà ricchezza e felicità. E lei è sempre bella, seducente e fedele, lavando pannolini per i bambini, obbediente al marito. La Morgana è molto diversa: prende per sé l'uomo-eroe che le piace , se lo porta in una specie di estasi nel suo misterioso castello, una sorta di Avalòn o Palazzo di Ghiaccio dove il tempo ha un'altra dimensione. Se per qualche motivo il marito - eroe - amante vorrà tornare nel loro mondo, con il permesso ella fata, il poveretto si renderà conto che sono passati 200 anni e tutti i suoi amici e parenti sono morti. Ma spesso alla Morgana non piace l'idea di perdere il suo eroe e gli cinge la  fronte con la corona dell'oblio, come nella leggenda di Ogier il danese e starà sempre con lei, metà zombie, mezzo drogato, cento per  cento intontito, ma con lei.
Comunque, favole e storie in abbondanza sulle Fate ce ne sono a bizzeffe e non si fermano qui .
Secondo altri cronisti ed in certi racconti alcune fate sono fondatrici di famiglie nobili. E' stato il caso, secondo Giraldus Cambrensis ( circa XIII secolo) della bella, colta, frivola, intelligente Leonora d'Aquitania, la dama della poesia romanza. Quella della Seconda Crociata con il marito re Francia, portando al suo seguito  poeti e trovatori e forse amanti, che potette ottenne l'annullamento del matrimonio con il re francese e successivamente sposare il re d'Inghilterra  il Plantageneto ed avere un mucchio di figli anche con lui. Questa bella e irrequieta grande signora era Fata del tipo melusinico, ebbe cinque figli inglesi, tra cui Riccardo Cuor di Leone e Giovanni Senzaterra.
. Ma un giorno il secondo marito Enrico II Plantageneto ruppe il tabù e la sposa-regina- fata dovette fuggire,  volare, prendendo solo i figli piu piccoli, i bambini Riccardo e Giovanni (il futuro Cuor di Leone e il futuro Senza Terra ). Ma siccome da anni non faceva pratica di volo, il bambino più piccolo, Giovannino, le scivolò dalle mani, cadde e divenne zoppo per tutta la vita.
Sarà il famoso Giovanni senza terra, perché suo papà si dimenticherà di metterlo nel testamento. Ma nonostante il tabù violato, la bella Leonora resistette e ritornò. Non ricordo le circostanze del ritorno. Ma so che tornò indietro perché anni dopo fece di tutto per salvare suo figlio, il coraggioso e preferito Riccardo Cuor di Leone,  ormai Re d'Inghilterra che stava tornando a casa dalla Terza Crociata, carico di gloria e di debiti. Era stato riconosciuto in una taverna di Vienna per colpa di un pollo e fatto prigioniero dalla Casa d'Austria, nemica occasionale e schiaffato   imprigionato in un bel castello. Lei, la Leonora d'Aquitania, Fata melusinica, ex regina di Francia e regina-madre di Inghilterra, fece di tutto per salvarlo. Ma, che successe? Che  non era più la bellissima donna di prima. Probabilmente aveva ottenuto la tanto desiderata anima cristiana e quindi  perso la pagana eterna gioventù. Del suo sorriso seducente di prima era rimasto solamente la fama. Non erano ancora stati inventati gli impianti dentali. E dovette pagare un riscatto enorme con oro contante e sonante, con grande strepito dei poveri ebreucci inglesi prestamisti obbligati e dei vari parroci che cercavano di nascondere l'oro delle chiese nelle sacrestie per ridurre  le confische.
Ma la mamma è sempre la mamma. Fa qualunque cosa per salvare il figlio prigioniero, anche indebolire l’Inghilterra con debiti enormi che magari poi nemmeno pagherà. E Riccardo tornò nella sua piovosa Britannia  e secondo una  delle leggende incontrò Robin Hood. 
God Save the Queen.



Nessun commento: